La
camminata attraverso le catacombe si stava facendo più lunga
del previsto: la
principessa lo stava guidando in un intricato labirinto di camere
mortuarie e
corridoi infestati dai ratti, che tra le ossa avevano trovato il luogo
ideale
per fare la loro tana.
Quello
che però più di tutto teneva in allerta il dio, i
cui sensi continuavano a
cercare furiosamente una traccia della terrestre, era
quell'oscurità
impenetrabile: come aveva già potuto constatare dai
precedenti attacchi ad
Asgard e ad Eitur Myri, Phoneus amava agire nell'ombra, cercando campi
di
battaglia in cui il nemico avesse difficoltà a trovarlo e
possibilmente
facendolo combattere contro consanguinei o guerrieri formidabili
precedentemente soggiogati.
Aveva
fatto presto Phoneus ad acquisire la forza necessaria per sottomettere
persino
i nani e, Loki ne era sicuro, quegli assalti tra le tribù
barbare del Vanaheim
erano serviti proprio a quello scopo, a testare il controllo che quel
mostro
poteva esercitare su delle creature adulte.
Eppure,
si chiedeva il Dio degli Inganni mentre attraversava l'ennesima stanza
puzzolente di muffa e polvere, perché un essere cosi
potente, avvolto da una
simile aura di terrore guadagnata nei secoli, avesse bisogno di
infestare i
corpi e piegare le menti di altri individui per combattere?
Perché un simile
mostro agiva solo se poteva nascondersi agli occhi del nemico?
Stufo
di camminare al buio e con la sgradevole sensazione di essere
osservato, il dio
creò numerose altre fiamme magiche, illuminando a giorno
l'ambiente intorno a
sé. Dapprima pensò che quel lento movimento nel
buio fosse dovuto a bizzarri
giochi di luce sulle pareti scabrose della stanza, ma quando le fiamme
iniziarono a risplendere fulgide attorno a sé vide
chiaramente decine di
bambini elfici, barbari, nanici e Vanir, alcuni anche piuttosto
piccoli,
sdraiati nella polvere e nel sudicio; alcuni dormivano, altri, invece,
lo
osservavano con occhi vuoti, al pari di tanti animali tenuti in
cattività.
"Ecco
la corte di Phoneus" pensò amaro Loki osservando quello
spettacolo
impietoso; quella creatura lo disgustava: lui in prima persona sapeva
cosa
significava strappare la vita ad un uomo, diffondere il terrore su una
terra e
creare il panico, ma i bambini... loro erano intoccabili e Phoneus,
prendendosi
anche loro, aveva oltrepassato ogni limite.
"Da
quando mi faccio scrupoli di questo genere?" si chiese Loki.
Un
sogghigno gli sfuggì dalle labbra sottili: forse aveva
passato troppo tempo a
indagare nella mente di quella sciocca ragazza e aveva preso da lei
più di
quanto avesse voluto, così come Chiara, in qualche modo,
aveva avuto da lui più
di quanto avesse potuto immaginare.
Giocare
con la mente degli altri era un’operazione rischiosa;
deviarla, soggiogarla,
condurla a proprio piacere con l'uso delle parole per Loki era
diventato col
tempo un'arte (in cui lui, ovviamente, eccelleva), ma entrarvi era
tutta
un'altra storia, perché per quanto si possa cercare di non
rimanere coinvolti,
il punto di non ritorno è facile da oltrepassare e, allora,
si rischia di non
riuscire più ad uscirne.
Loki
aveva trascorso le ultime due lune a cercare, scavare e indagare in
quei
pensieri così estranei ai suoi, condividendo con lei e in
lei ogni esperienza
che la ragazza aveva vissuto, anche a costo di lasciare aperte delle
porte, da
cui la fanciulla avrebbe potuto facilmente
sbirciare. E così era stato.
Le
stava dando di nuovo troppa importanza: gli umani erano creature
fragili, era
nella loro natura essere facilmente suggestionabili e influenzabili e
quella
ragazza non era certo diversa da qualunque altro ottuso e debole
midgardiano.
Lei era nata per essere governata, come tutti gli altri, e la sua
misera
volontà non avrebbe mai potuto opporsi alla forza dell'animo
e della mente di
un dio.
Lei
aveva subito e assorbito l'ira di Loki, facendola propria nei momenti
di
difficoltà, ma lui era forte, lui era migliore e non avrebbe
mai potuto essere
influenzato da una mente tanto fragile.
Ma
quanto quella ragazza era simile a tutte le altre creature che
popolavano
Midgard? Per quanto Loki cercasse di negarlo, era rimasto colpito dal
modo di
agire della terrestre: ella, infatti, non lo aveva mai respinto.
Sia
conoscendolo come la sua paura, sia come il Dio degli Inganni, sia come
Jotun,
Chiara non aveva mai cercato di allontanarlo, ma al contrario, lo aveva
accettato arrivando al punto di salvargli la vita.
Ma
alla fine cosa importava? Lei era come tutti gli altri e quando avrebbe
compreso davvero chi lui fosse e cosa avesse fatto
su Midgard, avrebbe
visto un mostro. Esattamente come tutti gli altri.
Ora
lui camminava in quelle catacombe solo per pagare il suo debito,
salvare la
vita a chi gli aveva donato una parte della propria, e poi sarebbe
tornato
tutto come prima.
Poi
sarebbe tornato a regnare su Asgard, come era sempre stato suo diritto.
Immerso
in quei pensieri, Loki non si era accorto che Orpimen si era arrestata
e lo
stava fissando con i suoi grandi occhi dorati.
-Dov'è
Phoneus?- chiese impaziente il dio alla bambina.
-Devi
prima pagare- rispose quella, completamente assorta.
"Pagare?"
-Spiegati
mocciosa!- ordinò imperioso, presagendo già
quello che lo aspettava.
-Sangue-
disse la piccola principessina elfica, indicando con il dito sottile
uno
spunzone acuminato della roccia.
Loki
osservò la cuspide di quella roccia sporgente, affilata come
la punta di una
freccia, e la sfiorò appena con il dito; percepì
una potente forza magica e
allora capì qual era il gioco di Phoneus: chiunque quel
mostro credesse che lui
fosse, lo temeva, soprattutto dopo essere sopravvissuto al veleno di
Âlfheimr,
e, prima di incontrarlo, voleva assicurarsi che fosse indebolito
abbastanza da
non risultare una minaccia. Chissà quale veleno o
maledizione avrebbe colpito
chiunque si fosse ferito con quella pietra?
Se
non avesse attaccato Asgard, quella creatura astuta avrebbe potuto
addirittura
piacergli! Se non avesse coinvolto anche Chiara...
Loki
allontanò la mano e meditò su come agire; in un
primo momento pensò di lasciare
che fosse la mocciosetta elfica a pungersi con quella roccia, ma
scartò subito
l'idea: non si sarebbe abbassato al livello di quel mostro.
Estrasse,
così, un pugnale dall'armatura e ne fece scorrere la lama
sul palmo della mano
in un unico, preciso e rapido gesto. Fu un taglio netto e pulito, ma
d'altronde
nessuno sapeva maneggiare i coltelli come lui.
Non
appena dalla ferita cominciò ad uscire un sottile, ma deciso
fiotto di sangue,
allungò la mano sulla pietra e lasciò che il
liquido ne bagnasse la superficie,
finché non ne fu coperta; allora, nel crepitio delle rocce
che sfregavano le
une contro le altre, l'intera parete si ritirò e
svanì nel nulla, mostrando
un'enorme sala illuminata dal fuoco di numerose fiaccole, che si
alternavano ai
loculi scavati nelle pareti.
In
fondo alla sala, intento ad osservare l'interno di una vasca di pietra,
la
figura scura di Phoneus gli dava le spalle, frustando l'aria con la
coda.
-Finalmente
sei arrivato, vecchio amico- sibilò la creatura attraverso
le zanne -Cominciavo
a diventare impaziente. Dimmi, ti è piaciuto il mio regalo
per la Festa
d’Estate?
"Mi
crede Odino, lo stolto"
-Come
osi chiamarmi ancora amico dopo quello che hai
fatto e me e al mio
regno?- domandò Loki.
-Non
sei cambiato per niente, figlio di Börr- continuò
Phoneus, ignorando la sua
domanda -Sempre così orgoglioso e pieno di te, ma anche
così stupido. Dimmi,
Odino, credevi davvero che non avrei riconosciuto la tua voce? Che non
avrei
cercato la ragazza dopo che me l'avevi sottratta con il tuo ridicolo
trucchetto
di magia?
Si
voltò ad a osservare in volto il suo interlocutore, gli
occhi che lampeggiavano
di folle odio.
-Solo
questo mi chiedo: se avevi percepito la mia presenza, perché
non sei venuto a
cercarmi subito? Perché rubarmi il mio giocattolo e
nasconderlo ad Asgard per
tutto questo tempo? La vecchiaia ti ha forse reso folle? O sei
così sicuro
della tua misera forza da credere davvero di potermi sconfiggere
stavolta?
Di
cosa stava parlando Phoneus? A quale trucchetto si riferiva? Quale voce?
Doveva
saperne di più, così il Dio degli Inganni decise
di rimanere coerente con il
suo titolo e di continuare a rivestire, da eccelso attore quale era, il
ruolo
del Padre di Tutti: -Avevo compreso le tue trame, Phoneus, ma ho atteso
prima
di agire, ti ho lasciato il tempo di riflettere su quello che stavi per
fare e,
in nome di quella vecchia amicizia che tu stesso hai declamato
poc’anzi, ti ho
concesso l’opportunità di arrenderti. Non
è un privilegio che molti possono
vantare di aver ricevuto.
Dalle
fauci di Phoneus scivolò un sibilo, qualcosa che avrebbe
dovuto essere una
risata, ma che suonava ben più minaccioso: -Un privilegio,
tu dici? Ma quale
onore, nobile Odino, essere un tuo privilegiato, esattamente come
quando
eravamo giovani: il benedetto da Odino, mi chiamavano. Lo sapervi
questo? Come
se avessi avuto bisogno della tua benedizione per essere qualcosa di
grande.
Ebbene, vecchio pazzo, guarda cosa ha portato la tua benedizione.
Ciò
detto, Phoneus indicò l’interno di quella strana
vasca di pietra, i cui lati
erano stati scolpiti per raffigurare a bassorilievo una danza macabra,
e Loki,
guardingo, si avvicinò per osservarne il contenuto: dentro
un liquido
giallastro era immersa Chiara, gli occhi chiusi e la bocca semi aperta.
Spaventosamente immobile.
Per
un attimo il dio trattenne il respiro e spalancò gli occhi,
incredulo: era
forse morta? Eppure un legame tra loro c’era ancora, avrebbe
dovuto
accorgersene… ma se non fosse stato cosi?
Allungò
la mano, intenzionato a toccarle la giugulare e scoprire se in lei vi
era
ancora vita, ma gli artigli di Phoneus si frapposero tra lui e la
ragazza: -Non
puoi toccarla- disse la creatura, un ghigno sghembo disegnato sul volto.
-Tu
l’hai uccisa…- sibilò rabbioso il dio,
stringendo le dita lungo il fusto di
Gungnir fino a farle sbiancare.
-Non
sono stato io- ridacchiò Phoneus, divertito dalla rabbia
del’anziano sovrano -È
stata lei.
-Cosa
vuoi dire?- abbaiò Loki, nella cui voce sfociava tutta la
furia che gli stava
crescendo in petto.
-Si
è tagliata di proposito con una lama elfica- rispose calmo
il mostro, godendosi
voluttuosamente la vista del volto dell’uomo sbiancare quando
si accorse del
piccolo taglio che si intravedeva sulla coscia di Chiara, poco sotto a
uno
strappo dei suoi jeans.
-Sperava
che il veleno sarebbe stato più veloce di me-
continuò quello, lanciando ogni
singola parola come un coltello nelle carni del dio -Ma non mi sarebbe
servita
a nulla da morta, così ho adoperato le acque di Eitur Myri
per posticipare il
suo trapasso. È affascinante, non è vero? Il
veleno di Jordmungand
che contrasta quello di Âlfheimr;
riesci a cogliere l’ironia che il destino si diverte a creare
tra le sue
creature? Ora nel collo di questa stupida ragazza
c’è un uovo che porta non
solo la mia natura, ma anche la sua e, quando si schiuderà
avrà quella forza
che prima si opponeva al mio controllo. Sarà invincibile e
totalmente al mio
comando. Âlfheimr sarà la prima a cadere, poi
toccherà ad Asgard.
Le
parole di Phoneus a mala pena raggiunsero le orecchie di Loki, la cui
mente
correva all’impazzata, mentre i suoi pensieri si susseguivano
veloci, intenti
ad analizzare la situazione: il veleno di Jordmungand
agiva sul sistema circolatorio, atrofizzando le arterie e riducendo il
battito
cardiaco, e sul sistema nervoso, bloccando la comunicazione tra i
nervi; Chiara
ne era immersa, il che significava che tutto il suo metabolismo stava
rallentando, aumentando i tempi d’effetto del veleno elfico, ma non stava vivendo,
stava solo morendo più
lentamente: se fosse rimasta dentro a quel liquido giallo, sarebbe
stata uccisa
da un infarto, se fosse uscita, sarebbe morta per effetto del veleno di
Âlfheimr.
Non
si sarebbe salvata in ogni caso, l’unica variabile era: quando.
-Tu,
mostro- la voce fremeva folle dalla
rabbia che gli scorreva come ferro fuso nelle vene -Non avresti mai
dovuto
uscire dall’oscurità in cui ti eri nascosto.
Avresti potuto continuare a vivere
da larva quale sei, ora hai varcato l’ingresso della tua
sorte e, quindi,
guarda in faccia l’uomo che ti ucciderà.
Ciò
detto batté Gungnir al suolo e riacquisì le sue
sembianze.
-E
adesso- riprese Loki, puntando la lancia alla gola di Phoneus,
visibilmente
sorpreso -Inchinati a Loki, Dio degli Inganni e legittimo re di Asgard.
“Loki”
Fu
solo quando lo strano vecchio
ebbe pronunciato quel nome che Chiara smise di urlare e di agitarsi:
quelle
quattro lettere erano state in grado di attirare completamente la sua
attenzione e convincerla, almeno in parte, che quell’uomo,
per quanto assurda
fosse tutta quella storia, non parlasse in preda alla demenza.
-Chi
è Loki?- domandò la ragazza.
-Mio
figlio- rispose l’uomo,
avvicinandosi a lei -E, ti prego, aiutami a salvarlo.
L’espressione
sul volto del vecchio
si era fatta dolorosa e affranta, disegnandogli nuove rughe che lo
facevano
apparire ancora più anziano e, anche se Chiara sapeva che
non lo fosse affatto,
debole. Era il volto di un padre disperato e avrebbe voluto aiutarlo,
ma come
poteva fidarsi di lui?
-Come
faccio a sapere che non stai
mentendo?
-Perché
tu l’hai visto- rispose il
vecchio, un leggero sorriso gli incurvava le labbra sottili -Nonostante
quello
che Phoneus ti ha fatto, tu lo stai cercando. Phoneus sta provando ad
annullare
la tua volontà e privare la tua testa di ogni pensiero, ma
la tua mente si
oppone, aggrappandosi ad ogni più piccolo ricordo che hai di
lui. I sogni che hai
fatto, le voci che hai sentito, le sensazioni che hai
provato… tutto ciò è
dovuto al tuo desiderio di non dimenticarlo.
-Non
è possibile…- sussurrò
smarrita la ragazza: come poteva quell’uomo sapere delle
stranezze che le erano
capitate nelle ultime ore? E perché, cosa ancora
più inquietante, qualcosa
dentro di lei le suggeriva che avesse ragione?
-Sei
una fanciulla incredibile, mia
cara- riprese l’uomo, sorridendole cordiale -Ho visto in
passato quanto le tue
doti possano essere uniche e straordinarie e so che puoi opporti al
controllo
di Phoneus, ma devi prestare ascolto.
-Io
ti sto ascoltando…- esordì la
ragazza, domandandosi cosa volesse dire quell’uomo bizzarro.
-Non
me, bambina mia- disse l’uomo,
scuotendo leggermente il capo e poggiandole una grossa mano sulla
spalla,
mentre con l’altra le faceva gesto di rimanere in silenzio
-Ascolta.
Restarono
in silenzio per un po’,
tempo in cui la ragazza si chiese se non fosse stato meglio
allontanarsi da
quello strano tipo con una scusa e tornarsene a casa, ma
all’improvviso un’eco
le arrivò alle orecchie: -Inchinati a Loki, Dio degli
Inganni e legittimo re di
Asgard.
Totalmente
spiazzata, rimase a
bocca aperta, cercando con lo sguardo chi avesse potuto pronunciare
quelle
parole, ma la piazza attorno a lei era completamente vuota, persino
quelle persone
che poco prima facevano colazione nei Caffè erano scomparse;
rimanevano solo
lei, il vecchio e la fontana zampillante in cui si riflettevano le loro
immagini.
Non
poteva esserci altra
spiegazione: quell’uomo la stava prendendo in giro e, di
sicuro, nella giacca
del completo nascondeva un cellulare, che aveva usato per farle sentire
quella
voce.
Ma
allora, perché le sembrava di
averla già udita?
L’uomo
sembrò comprendere le
domande che si affollavano nella testa della ragazza, così
le strinse
amichevolmente la presa sulla spalla e disse piano: -Mi dispiace molto,
bambina
mia, ma quello che vedi, per quanto tu possa averlo desiderato durante
tutta la
tua permanenza ad Asgard, non è reale.
-E
adesso mi offrirai di scegliere
tra una pillola blu e una rossa?- chiese sarcastica Chiara, liberandosi
dalla
mano dell’uomo -Sono stata una stupida a darti retta. Ora
lasciami in pace.
“Che
assurdità!” si disse la
ragazza mentre si allontanava dal vecchio, ma in quel mentre
sentì un’altra
voce, più cavernosa e minacciosa, ridere in una maniera
tanto brutale e crudele
da farle accapponare la pelle, poi la frase: -Io che temevo di dover
affrontare
il Caprone, mi trovo davanti un gattino inerme.
Si
voltò di scatto in direzione
dell’uomo, il cui viso aveva assunto la stessa espressione
preoccupata di poco
prima: -Stanno per affrontarsi- disse egli, osservando il cielo -Loki
non può
vincere da solo contro un nemico del genere.
Che
cosa voleva dire con quella
frase? Questo fantomatico Loki era in pericolo? Era tutta una
messinscena e non
doveva lasciarsi condizionare dai vaneggiamenti di un pazzo... ma
allora perché
si sentiva così agitata? Perché il cuore le
batteva freneticamente nel petto,
fino a farle quasi male, e la fronte le si stava bagnando di sudore
freddo?
Perché
stava provando paura? Che
cosa avrebbe mai dovuto temere? Era nella sua città, con la
sua famiglia e i
suoi amici. Era tornata alla sua solita vita.
“Tornata
da dove?”
Era
tutto così strano e confuso e,
sebbene cercasse di trovare una soluzione logica e razionale a tutta
quella
situazione, non riusciva a impedire ai suoi polsi di tremare; poi
sentì di
nuovo la prima voce urlare a squarciagola, un grido doloroso e
straziante e
allora non ebbe più dubbi: -Dimmi cosa devo fare per porre
fine a tutto questo.
Angolo
dell’autrice: salve
a tutte ragazze e ben trovate alla fine del capitolo 27 J
un abbraccio fortissimo alla nuova arrivata che ha aggiunto la storia
tra le preferite
^-^
Finalmente
si è scoperto cosa accidenti è capitato alla
nostra Chiara, ve lo aspettavate? E cosa ne dite dei pensieri di Loki?
Qualcosa
in lui sta cambiando?
E
Phoneus? La sua crudeltà sopraffarà il Dio degli
Inganni?
Cosa
accadrà adesso?
Spero
davvero che questo capitolo vi sia piaciuto e abbia
da un lato soddisfatto le vostre curiosità e,
dall’altro, ne abbia create di nuove
;)
Come
sempre, se vorrete lasciarmi un’opinione e/o qualche
suggerimento per migliorare il mio stile di scrittura, sarò
lieta di leggere tutto
quello che avrete da dirmi ^-^
Vi
mando un forte abbraccio e ringrazio tutte coloro che continuano a seguire la mia storia, silenziosamente o facendomi sentire la loro voce nelle recensioni! :)
Alla
prossima!