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Autore: _malikseyes    02/05/2015    16 recensioni
“Fallo per me. E' il calciatore più forte della squadra e la sua immagine deve essere perfetta. Alla società non vanno bene le foto con una ragazza diversa ogni sera e i suoi comportamenti. Dobbiamo trovargli una ragazza che sappia tenergli testa almeno per un po'. Si tratta di qualche mese, il tempo di far capire che è cambiato e poi finirà tutto”
In che guaio mi stavo cacciando?
Sarei stata la fidanzata di Jonathan Filippi, il calciatore più forte del momento e la persona più arrogante al mondo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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LEGGETE LO SPAZIO AUTRICE ALLA FINE DEL CAPITOLO. E' IMPORTANTE.
“Allora hai visto la partita?” mi chiese Jonathan.
“No” dissi buttandomi sul letto.
“Perché? Ho segnato e siamo in semifinale in coppa Italia!”
“Lo so, guarderò il goal su internet” dissi sbuffando.
“Aurora che succede?” chiese Jonathan preoccupandosi.
“Nulla, mi fa malissimo la testa. Ci sentiamo domani che ora voglio solo dormire” dissi sospirando.
“Va bene, a domani, buonanotte pulce” disse titubante.
“Buonanotte Than” dissi per poi attaccare.
Buttai il telefono affianco a me e sbuffai. Non avevo visto la partita del Napoli, non ero uscita, non ero stata con Nicole, ero rimasta a casa sul divano, per tutta la giornata, con un mal di testa assurdo e una tristezza improvvisa. Ero triste, senza un motivo. Volevo solo chiudermi in casa e non vedere e sentire nessuno. Avevo bisogno di dormire ma non ci riuscivo. Volevo piangere ma non riuscivo. Non avevo nemmeno mangiato, cosa alquanto strana visto il mio amore per il cibo. Decisi che la cosa più saggia da fare era chiudere gli occhi, chiudere la luce (tranne quella vicino al letto, avevo bisogno sempre di un po’ di luce), svuotare la mente e cercare di dormire. Non so quanto ci misi per addormentarmi ma fu davvero difficile.
 
Il mattino seguente mi svegliai con un mal di testa ancora più assurdo di quello della notte precedente.
“Mamma non ce la faccio ad andare a scuola, ho la testa che mi scoppia” dissi sedendomi a tavola dove c’era la colazione.
“Ultimamente stai facendo troppe assenze” dissi sospirando.
“Lo so” dissi semplicemente.
Girai il latte per qualche secondo ma non avevo fame e quindi posai tutto in cucina.
“Non fai colazione?” chiese alzando un sopracciglio.
“No, non mi va.”
“Torna a letto e dormi” disse sospirando. La ringraziai e tornai a dormire.
Mi svegliai con il mal di testa ancora più pesante, mangiai qualcosa e presi una bustina di Oki, la mia unica salvezza in questi casi.
Mi squillò il telefono e controvoglia risposi.
“Pronto?” dissi scocciata.
“Abbiamo preso il Barcellona, ti rendi conto? Il BARCELLONA” disse Jonathan urlando.
“Non urlare e fammi capire” dissi sbuffando.
“Come fammi capire? Non hai seguito i sorteggi?”
“Che sorteggi?” chiesi confusa.
“Au i sorteggi per la semifinale di Champions!”
“L’avevo dimenticato” dissi facendo spallucce.
“Stai dimenticando parecchie cose ultimamente, che ti succede?”
“Nulla di tanto importante o grave.”
“Non ci vediamo da quattro giorni” disse sospirando.
“Mmh si” dissi distrattamente.
“Oggi ci sei?” chiese cambiando tono di voce.
“No, devo studiare e ho mal di testa” dissi spezzando le sue intezioni.
“Solo un’ora!” disse con un tono supplichevole.
“Siamo quasi a metà aprile, devo recuperare matematica e fisica, devo studiare.”
“Mi manchi” disse semplicemente.
“Anche tu” ed era vero. Jonathan mi mancava parecchio ma non volevo vedere nessuno.
“Jonathan devo andare, ci sentiamo per messaggi! Buona giornata” staccai prima che potesse dire qualcosa e senza un motivo preciso scoppiai a piangere. Sembravo una bambina, non riuscivo a smettere, mi sentivo così vuota.
Studiai tutto il pomeriggio, ogni tanto rispondevo ai messaggi di Jonathan e Nicole controvoglia ma mi stavano assillando.
Il giorno seguente mi svegliai con un senso di vuoto unico. Non sentivo nessuna emozione. Non mi sentivo triste, non mi sentivo felice, non sentivo nulla. Le ore in classe passarono molto lentamente, cercai di essere normale con Nicole e mantenere la calma. Il quattro in latino mi fece crollare il mondo addosso. Ero sempre stata brava in latino, mi impegnavo e il mio voto più basso a latino fino ad allora era stato il sei. Dovevo restare calma e cercare di non far notare la mia emotività.
“Allora Aurora come va con Than?” chiese Sofia cercando di rovinare  le mie buone intenzioni.
“Bene, grazie” dissi semplicemente. Solitamente mi sarei arrabbiata per il modo in cui l’aveva chiamato. Solo io potevo chiamarlo Than, era una cosa personale ma quella mattina non mi importava di nulla.
Fuori scuola vidi la macchina di Jonathan e sbuffai. Volevo far finta di non vederlo ma contando che aveva posizionato la sua Ferrari proprio di fronte l’uscita era impossibile.
Lo vidi sorridere e mi avvicinai.
“Pulce” disse abbracciandomi. Ricambiai a malapena l’abbraccio.
“Jonathan” dissi sforzandomi di sorridere.
“Non ci vediamo da cinque giorni e mi dici solo Jonathan?” disse entrando in macchina. Lo seguii.
“Sono stanca” dissi sospirando.
“Aurora vuoi spiegarmi che succede?” chiese mettendo in moto la macchina.
“Nulla, non succede nulla” dissi poggiando la testa sul finestrino.
“Smettila di mentirmi, credo di conoscerti un minimo” disse innervosendosi.
“Per quanto tu mi possa conoscere non hai ancora capito che non voglio vedere nessuno, allora” dissi sospirando.
“Che cosa ti succede?”
“Jonathan voglio andare a casa” sussurrai velocemente mentre gli occhi si riempivano di lacrime. Non sarei scoppiata a piangere davanti a lui, dovevo resistere fino a casa. Il viaggio verso casa durò più del previsto e cominciai ad odiare il traffico di Napoli.
Arrivati sotto casa tirai un sospiro di sollievo e mi preparai a scendere ma Jonathan non me lo permise.
“Andiamo Jonathan, devo scendere” dissi riferendomi alle sicure che aveva messo.
“Non ti faccio scendere finchè non parli” disse deciso.
“Jonathan cosa cazzo non capisci del <>, non mi sembra tanto difficile come frase. Lasciami stare, non so cosa cazzo ho e voglio stare da SOLA” dissi scoppiando a piangere. “Ora, ti prego, puoi aprire questa cazzo di macchina?” dissi guardandolo con sguardo supplichevole.
Lui non disse nulla, mi diede un bacio sulla fronte e poi aprì la macchina. Lo ringraziai mentalmente per avermi capita.
 
Il mattino seguente mi svegliai con un mal di testa atroce e la febbre a 38 e ne fui stranamente felice, almeno ora avevo un motivo per tenere tutti lontani da me. Passai quattro giorni con la febbre, me ne stavo sempre sul letto a dormire oppure guardavo qualche serie TV. Jonathan non mi aveva più cercato e ne fui felice. Avevo una confusione nella mia mente incredibile. Stavo rivalutando tutto, a partire dalle persone che mi erano più vicine.
Furono giorni davvero difficili per me, ero debole e cominciai ad esserne consapevole soprattutto in quei giorni. Non riuscivo a ritornare in me, a riprendere il controllo della mia vita. Volevo fare tutto da sola ma non ci riuscivo.
“Stupida, stupida, stupida, sei solo una stupida” dissi guardando la mia immagine riflessa allo specchio. “Sai solo piangere, non riesci a prendere in mano la situazione e uscirne. Sei una debole che non fa altro che piangere.” Mi fermai un attimo per guardare la mia immagine riflessa. Avevo gli occhi gonfi e rossi, avevo un viso stanco e bianco cadaverico. Mi ero trascurata parecchio. “Ti sei davvero ridotta a questo? Smettila di piangere e fai qualcosa! Cerca di essere felice, di trovare la serenità e basta piangere” dissi stringendo i denti e asciugando le lacrime. Basta lacrime.

Il ritorno a scuola fu traumatico, mi ero ormai abituata a stare nel letto fino a tardi senza dover preoccuparmi di compiti o interrogazioni. In classe mi davano ormai per morta, perfino i professori si erano preoccupati per me.
“Aurora, finalmente sei tornata” disse Nicole abbracciandomi. Ricambiai l’abbraccio e sorrisi.
“Mi sei mancata davvero tanto” disse sorridendomi.
“Anche tu Niki” dissi ricambiando il sorriso.
I professori furono clementi ed evitarono di interrogarmi.
“Non vedo Jonathan da quasi una settimana, stasera voglio andare allo stadio! C’è il posticipo contro la Sampdoria” dissi durante l’intervallo.
“Lo chiedi pure?” disse sorridendomi.
Durante la giornata mi sforzai di pensare solo a cose belle. Per distrarmi cominciai a studiare e cercai di concentrarmi del tutto. Mi stavo auto convincendo che stavo bene. Cercai di resistere fino all’arrivo allo stadio. Appena misi piedi al San Paolo mi sentii subito meglio. Quanto mi era mancato! Presi un bel respiro e sorrisi involontariamente.
“Sono felice che ti stia riprendendo, tesoro” disse papà baciandomi la fronte.
“Anche io” dissi sorridendo.
“Per ogni cosa sai che io sono qui e non voglio più vederti in quello stato. Sei troppo bella e preziosa per piangere sempre” disse guardandomi con occhi dolci. Lo abbracciai fortissimo.
“Ti voglio bene” dissi stringendolo.
“La mia piccola ultras” disse scompigliandomi i capelli.
“Papà!” sbuffai sistemandoli. Lui rise e andò a parlare con qualche membro della società.
“Allora il Napoli come sta messo in classifica?” chiese Nicole per capire qualcosa.
“Se vince questa partita diventa primo ad un punto dalla Juve che affronteremo a Torino tra cinque giornate.”
“Due giorni prima del tuo compleanno, giusto?” disse dopo averci pensato un po’.
“Un regalo perfetto per il tuo 18esimo compleanno!” aggiunse dopo contenta.
“Magari! Papà non mi manda mai a vedere le partite fuori casa, dice che sono troppo pericolose” dissi alzando gli occhi al cielo.
Lei sbuffò e mi chiese un po’ della formazione.
“Quante volto devo ripeterti che Jonathan è attaccante? Non può stare in porta!” dissi ormai esasperata.
“Ma se il portiere si fa male come fanno?” chiese confusa.
“C’è il secondo portiere sulla panchina ed entra lui! Non può andare un attaccante a parare” dissi sbuffando.
“Il calcio è troppo complicato per me” disse facendo spallucce.
“Sei tu che lo fai diventare complicato” dissi facendole la linguaccia. Lei alzò gli occhi al cielo e fece finta di non avermi sentita.
“Domenica prossima conoscerò i genitori di Matteo” disse di punto in bianco Nicole.
“Cosa, cosa, cosa?” chiesi strabuzzando gli occhi.
“Ho una paura matta! Andiamo a Roma, loro abitano lì” disse prendendo un bel respiro.
“Andrà tutto bene! Ti adoreranno, non si può non farlo!” dissi sincera.
“Oh non fare la dolce che mi fai commuovere” disse abbracciandomi.
Le feci la linguaccia e ricambiai l’abbraccio.
 
 
“Oh andiamo, ma cosa combina quel deficiente di Albiol? Ha fatto autogol” urlò mio padre lamentandosi. Cercai di mantenere la calma ma cominciai ad urlare insieme a lui. Non potevamo partire in svantaggio per un autogol.
 Fortunatamente il pareggio del Napoli non tardò ad arrivare. Segnò Gabbiadini, con un gol che mi fece ridere tantissimo. Il portiere della Samp aveva preso la palla ma non l’aveva afferrata bene e la palla passò sotto le gambe entrando in porta. Poco dopo Jonathan segnò con un gol meraviglioso che fece rimanere tutti a bocca aperta. Il San Paolo era in delirio, Jonathan andò sotto la curva e cominciò a fare cuori con le mani. Era tenerissimo, non mi aveva visto quando era entrato in campo quindi non sapeva che fossi uscita dalla mia tana.
Durante l’intervallo mentre Jonathan raggiungeva il tunnel che portava verso lo spogliatoio guardò verso la tribuna d’onore e appena mi vide sorrise e mi mandò un bacio. Sorrisi e mi feci sicuramente rossa.
Il Napoli vinse 4-2, Jonathan segnò un altro gol su rigore e poi ritornò al gol Lorenzo Insigne che emozionò tutto lo stadio. Lorenzo per colpa di un infortunio fu costretto a fermarsi per un mese e quel gol era il simbolo del suo ritorno. La vera vittoria della serata fu quella per tutti i tifosi del Napoli, me compresa.
 
“E tu cosa ci fai qui?” chiese Jonathan avvicinandosi a me. Lo avevo aspettato fuori dagli spogliatoi per quasi un’ora.
“Non è la prima volta che vengo allo stadio e ti aspetto qui” dissi alzando gli occhi al cielo.
Lui sorrisi, posò il borsone per terra e mi abbracciò.
“Quanto mi sei mancata, pulce” disse stringendomi. Questa volta ricambiai l’abbraccio e mi lasciai cullare dalle sue braccia enormi. Sciolse l’abbraccio e mi baciò. Quanto mi erano mancanti i suoi baci. I suoi baci pieni di amore.
“Pulce, come stai?” chiese staccandosi dalle mie labbra.
“Ci sto lavorando” dissi sincera.
“Promettimi che non mi allontanerai più” disse guardandomi negli occhi. Non risposi.
“In due le cose diventano meno pesanti e io sono disposta a prendermi il tuo dolore se serve” aggiunse non staccando il suo sguardo dal mio. Mi aveva lasciato senza parole. Non sapevo che dire. Lo abbracciai facendomi scappare qualche lacrima per l’emozione(aggiungiamo che avevo la lacrima facile in quel periodo).
“Jonathan senza di te sarei persa” dissi sincera.
“Lo stesso vale per me e ora andiamo che voglio stare solo con te” disse per poi prendere il borsone e mettere il braccio destro sulla mia spalla.
 
“Non posso fare tardi, domani ho scuola” dissi entrando a casa sua.
“Che palle” disse sbuffando.
“Sono stata praticamente una settimana casa, sono ritornata oggi” dissi buttandomi sul divano. Jonathan mi raggiunse subito e si buttò subito su di me.
“Jonathan pesi” dissi respirando a fatica. Lui mi fece un po’ di solletico e mi fece cadere dal divano.
“Sei uno stronzo!” dissi buttandomi su di lui.
“Uno stronzo che ti piace troppo” disse sistemandomi meglio su di lui. Alzai gli occhi al cielo.
“Non esserne troppo sicuro!”
“Almeno su questo ne sono sicuro” disse dandomi un bacio a stampo.
“Pulce, voglio solo dirti che quando hai bisogno di parlare e sfogarti con qualcuno io sono qui. Per te ci sono sempre, anche alle due di notte” disse sorridendomi.
“Lo so, grazie” dissi per poi baciarlo.
 
 
Non so come iniziare. Mi scuso per l’immenso(o forse pure di più?) ritardo. Mi dispiace così tanto e mi sento tanto in colpa. Voglio farvi capire cosa mi sta succedendo. Sto passando un periodo molto brutto e non ho voglia di fare nulla. Mi sento esattamente come Aurora, ho cercato di farvi capire meglio come mi sento raccontandolo attraverso Aurora. Purtroppo io non riesco ancora a superare il tutto, non sono come lei e magari fosse tanto facile. In questo periodo non ho fatto nulla, non avevo proprio voglia di fare nulla. Ho abbandonato la lettura, la scrittura e il canto. Mi sono chiusa in un mondo composto dal mio letto, cibo e serie tv. Mi sono allontanata da tutti e non ho permesso a nessuno di aiutarmi. Non so cosa mi sta succedendo, ancora non lo capisco. Sono nel momento più critico dell’adolescenza e mi riesce difficile superare molte situazioni. Ho chiuso perfino con un ragazzo molto ma molto importante e questa cosa mi ha spiazzato. Alcune scene tenere tra Than e Aurora sono state scritte facendo riferimento ad alcune cose successe tra me e questo ragazzo. In un certo senso Jonathan mi ricorda un po’ lui ma non smetterò di scrivere. Appena aprivo il PC e aprivo la pagina di Word mi saliva una tristezza assurda. Le recensioni sono diminuite e questo mi ha fatto passare ancora di più la voglia. Ho scritto questo “capitolo” per darmi forza e non abbandonarvi. Tengo davvero tanto alla storia e spero che voi possiate capirmi e abbandonarmi. Vi chiedo ancora scusa. Questo capitolo non è il massimo, ne sono consapevole e mi scuso anche per questo. E’ pieno di tristezza e mi dispiace farvi leggere cose tanto tristi ma non riesco a scrivere cose tanto felici. Vi prego di lasciare una recensione, che sia negativa o positiva poco importa. Lasciatemi anche dei consigli, se vi va.
Un grazie immenso va alle ragazze che hanno aggiunto la storia tra i preferiti\seguiti e ricordati. Un grazie ancora più immenso alle ragazze che recensiscono ogni capitolo e che mi danno ogni volta una gioia immensa. Ancora grazie alla lettrici silenziose, nella speranza che un giorno lascino una recensione.
Spero che questo capitolo vi piaccia, nonostante tutto.
Un bacio e alla prossima, I xx
Ps. Scusate gli orrori.

 
  
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