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Autore: _Aly95    02/05/2015    1 recensioni
(REVISIONE in corso capitoli)
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"Durante quel racconto aveva ricordato ciò che il corpo non aveva mai dimenticato: la sua pelle, le sue mani fredde, che si infilavano sotto la propria carne, quel suo sangue di ghiaccio, da predatore paziente e calcolatore, implacabile. E quel suo senso di superiorità e di potere che sprigionava con ogni parte del suo essere, la sua natura possessiva e misteriosa: sbagliato, forse morboso, ma era ugualmente eccitante. [...] Era rabbrividita, con un certo timore: un essere del genere, avrebbe mai trovato la pace, in particolare nella sua folle vendetta..?
Si stava sciogliendo. Sciogliendo tra la neve."
[Pre-Thor] / [Post-Avengers] - [Thor: The Dark World] - [Post- Thor: The Dark World]
Il destino mescola le carte e noi giochiamo _ Arthur Schopenhauer
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Jörmungand.*
La serpe che si annidava nelle profondità dell’oceano di Midgard, che strisciava sui fondali, causa sovente di terremoti scambiati per dubbia attività naturale.
Denti lunghi e affilati, tanto fitti da ricordare le setole morbide di una spazzola di morte, verde e d’avorio, dalle gocce di veleno che scendono tra i capelli ingenui e ramati, ignari, e poi succhiano la pelle, avvelenando prima il corpo e poi l’anima, una fine in agonia, prematura. Immediata.
Squame appuntite e schiacciate come un foglio di carta, eppure dure come una roccia. Taglienti come forbici, come una lama di esperto fabbro, lo sguardo che Odino è solito riservare in pochi solitari incontri.
Una creatura destinata a scomparire dalla volta dell’Universo per la sua letale pericolosità, ma che per affetto, o forse mera ingenuità, era stata lasciata vivere.
La ricordava più piccola, Thor.
Un serpentello che Loki, in gran segreto, stava allevando. Non un animale qualunque, ma una serpe, quasi la materializzazione fisica di quella che teneva in seno, sul cuore.
Non aveva mai capito l’attaccamento forse morboso che lo legava agli esseri viventi: sembrava detestare quella creatura, eppure continuava a nutrirla, a potenziarla come cavia per i suoi incantesimi, a nasconderla a tutti, geloso, o forse terrorizzato dalle voci che si sarebbero irrimediabilmente sparse per il regno.
La cresceva, odiandola; esattamente come doloroso era quell’odio che lo scavava dentro ma che continuava a nutrire personalmente goccia dopo goccia.
Si era guadagnato di fatto il nome di “Madre” per quel rettile, vista l’attenzione con cui l’allevava - era stato chiamato in tanti modi, Loki, nomi di cui ovviamente era meglio non vantarsi.
Non lo capiva, Thor. Per lui, quel dio era diventato un mondo a sé, misterioso e chiuso a chiunque, eccezion fatta per Frigga, che purtroppo a mano a mano veniva cacciata da un’altra gelosa madre, terribile e d’ombra, che lo ghermiva tra le sue braccia di tenebre.
E ancora non capiva, mentre Loki, dopo aver manifestato il suo sprezzo per la creatura, se ne stava immobile sulle scale che portavano all’alto scranno, ad occhi bassi si mangiava le labbra da una rabbia furente, da un odio che stava masticando tra i molari. Esso stringeva talmente forte da far uscire il sangue.
“A causa della sua potenziale pericolosità, la creatura viene condannata a morte”
Se lo ricordava bene Jörmungand; era stato il suo primo avversario dopo il sollevamento di Mjölnir, giorno di festa e bisboccia, pranzi interminabili e fiumi di vino e di divertimento, il giorno dell’inizio del “Dio del Tuono”.
Il giorno dell’inizio, anche, di tutti i mali che avevano preso forma di serpe.
E non riuscendo a decifrare quell’enigmatica espressione, fatta di smeraldi attenti e labbra leggermente incurvate, aveva deciso di risparmiare la bestia, confinandola nelle acque di Midgard.
Un seducente sorriso aveva reso ancor più misteriosa l’interpretazione del suo reale pensiero, le sue dita gli avevano accarezzato una spalla ferita e gonfia, tumefatta.
Grazie, Dio del Tuono, per aver dimostrato la purezza e la bontà del tuo cuore
Ancora oggi, la sensazione che ne aveva ricavato era piuttosto inquietante e sibillina.
Thor rotolò verso sinistra, per schivare il morso, intanto Volstagg attaccava le spalle del rettile che però pareva dotato di mille occhi, niente, nessun movimento potenzialmente dannoso sfuggiva ai suoi riflessi repentini e lucidi. In quel momento avrebbe dato qualunque cosa pur di essersi liberato in maniera definitiva di quella bestia oscena, a suo tempo.
‹‹Loki, mostrati a me! So che sei qui!››
Solo tu puoi fermare questa cosa immonda.
Evitò questa volta il colpo di coda del serpente, che andò ad infilzarsi violentemente nella terra nuda di Svartalfheim. Aggiunse un colpo di martello, che affondò maggiormente l’estremità di Jörmungand nel terreno, grida e sibili contorti, dolore di creatura ferita e arrabbiata.
Ansimò, riprendendo fiato prima che esso sferrasse un ulteriore attacco. ‹‹Loki! Non ti ammorbidisce il mio richiamo..?››
Un rumore ben scandito e diverso dal caos che lo circondava si delineò come una melodia armoniosa in una sinfonia scoordinata.
Clap, clap, clap.
Nel disordine di polvere e strida, dinanzi all’enorme rettile, e alle grida di battaglia dell’ardente Leone di Asgard, si voltò verso la propria destra, individuando la sua sottile figura scura.
Eccolo, vivo e vegeto, come gli era stato raccontato da coloro che avevano avuto l’occasione di vederlo prima che fuggisse da Asgard con i suoi sorrisetti da commiato.
Occhi brillanti, pelle liscia e bianca, che si prendevano gioco del mondo che lui stesso stava schiacciando; e di lui. Di Thor, Dio del Tuono e protettore di Midgard, che rincorreva ancora, sciocco, in ogni sogno, un fratello che non era riuscito a salvare, morente, immobile e spento.
Cercò di regolare il respiro, scostò il mantello rosso porpora.
‹‹Bravo, mio caro fratellino. Trovo con piacere come le tue capacità deduttive siano incrementate. Hai la mia piena ammirazione››. Un sorriso derisorio, denigratorio, l’enigma della sua espressione.
Thor recuperò prontamente Mjölnir accogliendolo nel palmo destro, mentre il Miðgarðsorm si dibatteva famelico e infuriato sotto il colpo della potente arma e degli attacchi brutali dell’ascia bipenne di Volstagg.
‹‹Sei tu che comandi questa bestia demoniaca? Richiamala..!››
Niente da fare; un ghigno familiare si disegnò sul volto del Dio dell’Inganno e del Caos, che alzò le spalle, divertito, col suo solito atteggiamento aristocratico e nobilmente calmo. O meglio, teatralmente gnorri e fintamente stupito.
Sospirò nell’animo: almeno ci aveva provato.
‹‹Non ha padroni. E' libero›› precisò con voce soddisfatta e ispirata, non degnandosi nemmeno di gettare uno sguardo sulla battaglia che aveva davanti. Guardava lui.
Libero da cosa, Loki?
Tu, da cosa vuoi essere libero?
‹‹Perché è qui..? Come ha fatto a fuggire dalla Terra?››
A Loki piaceva vantarsi delle sue trovate, delle sue idee complicate ben congegnate e tessute, come a un felino piace ricevere complimenti sulle proprie doti di cacciatore; magari, girandoci intorno, avrebbe potuto ottenere inavvertite informazioni.
C’era Padre da salvare, Anirei da liberare. Un piano da sventare, qualunque esso fosse.
Il dio camminava cauto, soppesando ogni passo come ogni parola, una gamba lentamente, stancamente, davanti all’altra. Accentuò il suo sorriso di compiacimento. ‹‹Noto con piacere che Odino mantiene sempre la buona abitudine di non mettere il suo prezioso figlio a conoscenza di eventi tremendamente importanti››. Gli scoccò un’occhiata, marcò ‹‹Delicati››
Thor, rilassati un momento i muscoli del braccio che brandiva il Frantumatore**, alzò un sopracciglio: di cosa stava parlando? Stava delirando, oppure credeva di stuzzicarlo?
Conoscendolo, meglio non dargli molta corda. ‹‹Certamente gli è impossibile dal momento che non possiamo interloquire di persona››. Strinse le labbra, allargò le iridi celesti e brillanti. ‹‹Che ne hai fatto, Loki? E' nostr-››
‹‹Non. Osare. Dirlo›› lo interruppe il dio con l’indice puntato verso di lui, le labbra strette nello sprezzo.
La verità sulle sue origini ancora bruciava sulla sua pelle; e Odino era ancora fonte e meta del suo odio più concentrato, di quello annidato nelle viscere, il più nutrito e appiccicoso. Si limitò ad assecondare il cerchio che andavano disegnando con i loro movimenti circospetti, annunziatori, ne era amaramente conscio, di tempesta e battaglia.
Loki guardava la propria mano, studiandola come se la vedesse per la prima volta. ‹‹Quel vecchio ha sempre saputo, eppure non ha fatto niente per cambiare il corso degli eventi. Anzi›› allontanò l’arto dalla vista ‹‹li ha favoriti. E che non venga a raccontarmi la storia del re imparziale, perché non regge sotto alcun punto di vista››.
Il Dio del Tuono comprese immediatamente l’allusione; suo fratello aveva sempre accusato, che lo dicesse o meno, il suo favoreggiamento agli occhi del Padre degli Dèi. ‹‹Loki, non so cosa tu stia vaneggiando. La tua mente è deviata, smarrita nei meandri di un’illusione che tu sei stesso hai creato. Sei vittima delle tue stesse insidie››. Mjölnir tremò appena, percependo l’atmosfera tesa. ‹‹Ma ti ricordo che è stato indotto un giudizio poco estremo per i crimini che hai commesso contro Midgard››
Uno scatto di lingua, un sibilo persino più credibile del serpente vero. Gli occhi verdi vomitavano odio. ‹‹Voleva uccidermi, quel vecchio! Se non fosse stato per..››. Non finì la frase. E nemmeno Thor lo fece per lui.
Nessuno dei due riusciva più a pronunciare il suo nome.
‹‹Basta comportarti da vittima per il resto della tua esistenza, Loki. Volta pagina, e sii il re che sei sempre voluto essere; che Madre avrebbe voluto tu fossi››
“Frigga”.
“Frigga”.
Era l’altro nome che chiamava nei suoi sogni, che inseguiva una volta assistito alla morte inevitabile del fratello. Loki intanto aveva distolto lo sguardo, forse temeva che avrebbe visto lo stesso riflesso del suo dolore.
Protese il braccio, cercando di avvicinarsi. ‹‹Cessa questa follia. Dimostra che puoi voltare pagina››
Per un attimo calò il silenzio, tra i due. Il dio spostò le iridi verso la sua mano tesa, e la studiava, la valutava; prendeva un respiro e tornava a guardarsi le dita.
Thor era già rassegnato, e senza speranza, morta insieme a quell’immagine falsa, di tormento, con la quale Loki si era divertito a prenderlo in giro; era arrabbiato, con lui, e probabilmente, anche se il fratello avesse preso la sua mano, l’avrebbe colpito col martello l’attimo successivo.
Era stanco, Thor, e sempre più pessimista nei suoi confronti.
Cosa credi di ottenere quando strappi un cuore dal petto per ben due volte, e solo per puro divertimento?
‹‹Risparmia le forze e il fiato, figlio di Odino›› consigliò abbassando le palpebre per poi riaprirle, in direzione di un pezzo della nave aliena, un lungo tubo nero e viola. ‹‹Il tuo avversario ti aspetta››
Lo immaginavo. Ho tentato più che altro per abitudine.
Irrigidì la stretta su Mjölnir, prima di cominciare a farlo roteare.
Non c’è più speranza.
Si voltò appena, accertandosi delle condizioni dell’amico: non era ancora sfinito, ma aveva perso parecchie energie, e quel serpentone sembrava instancabile nonostante quegli innumerevoli movimenti sinuosi.
‹‹Perché quel muso lungo, fratello? Non hai sempre amato l’odore della battaglia..?››
“Non hai sempre preferito un’arma a me, alle parole che avresti dovuto rivolgermi?”
Si girò appena in tempo per notare Gungnir svelarsi all’improvviso e il colpo che lo prese in pieno petto, diminuito in potenza dal Frantumatore, che aveva interposto tempestivamente.
A causa dell’impatto, sbatté con violenza contro un monte che si poneva sulla sua traiettoria.
Un dolore indicibile alla schiena e alle spalle, mentre sprofondava a fondo, i detriti che spaccava con le reni gli ferivano le guance, battevano contro la testa, affondavano nella carne scoperta delle braccia.
Rallentò in velocità, lanciato su pietra dura, sommerso dalla parte soprastante della montagna.
Rimase immobile, fermo; sepolto.
A Svartalfheim lui e Loki avevano combattuto insieme: aveva visto un barlume, una piccola speranza che il dio aveva deciso volontariamente di soffocare. Era giusto che cancellasse quella sua svista, quella debolezza.
Loki voleva distruggere tutto ciò che lo faceva sentire debole e scoperto, vulnerabile, odiabile.
Mosse le dita della mano, percepì la dura foggia dell’impugnatura del potente martello.
Mjölnir sapeva, quando secoli prima Loki aveva provato ad alzarlo? Sapeva che cosa nascondesse nel suo animo oscuro?
Solo io ero il cieco che non vedeva?
Stava ripagando la sua ingenuità, il suo affetto incondizionato di fratello.
Ma era l’ora di finirla.
Se il loro conflitto doveva coinvolgere un intero universo, allora basta.
Basta, Loki.
Mjölnir.. portaci da lui.
L’arma vibrò, lo risollevò dai detriti. Nel buio di quel fondo cumulo avvertiva l’impatto della pietra di ferro. Altre ferite sul viso e le braccia, leggeri tagli sull’armatura, il mantello probabilmente rovinato. E poi, finalmente, la luce spenta del regno, e l’aria immobile, che gli rendeva difficile il respiro.
Loki lo stava aspettando, l’armatura d’oro indossata come una giacca, l’elmo che amava prendere in giro, Gungnir tesa e diretta contro di lui.
Un grido improvviso.
Il grido di Volstagg..!
Scattò lo sguardo nella direzione del serpente, pronto ad intervenire. Il Dio dell’Inganno ne approfittò per centrarlo definitivamente.
Ancora, si parò, all’ultimo, quello saltò verso di lui, cozzano la punta e la parete liscia; Loki venne scaraventato dallo slancio che aveva dato a Mjölnir per bloccare l’estremità appuntita dell’alabarda.
Rialzandosi, rivelò una smorfia di dolore e rabbia, mentre lo perforava con i suoi smeraldi.
Si tolse l’elmo, dal momento che il corno sinistro si era spezzato in seguito alla colluttazione, e spostò il mantello verde scuro dietro di sé, mentre cercava di rimettersi in piedi.
Thor intanto si mordeva le labbra, diviso tra Loki e lo scontro che si svolgeva dall’altra parte, dove il Miðgarðsorm stava avendo la meglio. Se almeno ci fosse stata la spada valente della guerriera a coprire il Leone di Asgard, sarebbe stato tutto più semplice, ma al momento quell’opzione non sembrava disponibile.
Il peggio era chiedersi dove fosse finita, e se stesse bene.
Dividere gli avversari, smarrirli, e poi sconfiggerli godendo della loro completa confusione: sapeva tanto di tattica di Loki.
Respira, Dio del Tuono.
Dilatò i polmoni, cercando di tranquillizzare la mente, intanto il suo avversario si passava Gungnir da una mano all’altra. Doveva mettere fine, al più presto, al suo incontro col fratello, poi sarebbe passato a dare una mano a Volstagg; insieme avrebbero cercato Sif.
Si massaggiò il collo, schiarendo un poco la voce roca. ‹‹Ti invito a svelarmi il luogo in cui si trova Odino, con un linguaggio chiaro che non raggiri la mente››
Il Dio dell’Inganno schioccò la lingua, deliziato, un sorriso in tralice. ‹‹Ah, mi deludi, Thor. Mi credi davvero così ingenuo? Mi rimangio ciò che ho detto sul miglioramento delle tue cellule grig-››.
Thor lo centrò in pieno petto col martello. Corse velocemente verso di lui, riprendendo l’arma al volo, e colpì di nuovo.
Tuttavia il materiale di ferro e pietra della testa di Mjölnir si schiantò sulla terra cruda, in quanto Loki era svanito come polvere al vento, utilizzando uno dei suoi trucchetti magici. Thor fece dietrofront, caricò la dose di forza al massimo, colpì laddove sapeva Loki sarebbe ricomparso, ma la figura si rivelò di nuovo un’illusione.
Accidenti. Diventa sempre più bravo.
Aveva il fiatone, i respiri si susseguivano l’uno dopo l’altro, ma l’ossigeno che portavano nell’organismo era sempre troppo scarso.
Lo schiocco delle fauci riverberò nei timpani, si voltò di scatto.
Jörmungand aveva strappato di mano al guerriero dalla barba rossiccia la sua ascia bipenne: probabilmente l’aveva ingoiata. Volstagg, anziché indietreggiare, era corso contro la pelle ruvida e verde, e aveva usato la sua seconda arma più potente: i denti. Il rettile soffiò, si allungò verso l’alto, prendendo lo slancio per calare su di lui.
Non pensò, agì: aveva già scaraventato Mjölnir sui denti dell’animale, prima che potessero raggiungere la meta. Parte dell’arcate superiore si frantumò, mentre il serpente, tramortito, cadeva a terra, dibattuto, frustrato, ma non ancora sconfitto; si contorceva come una furia sinuosa, onde di un mare agitato.
‹‹E’ orribile la sensazione di impotenza, vero, caro fratello?››
Mollò istantaneo un pugno alla propria destra, ma Loki lo schivò, scartando di lato: fintanto che non aveva il martello tra le mani, poteva solo sperare in un incontro ravvicinato, perché il fratello non possedeva la sua stessa forza fisica.
Pugno sinistro contro il suo viso cereo. Fermato dall’asta dell’alabarda.
Ginocchiata nello stomaco da parte sua. Subita.
Resistette al colpo e, anzi, usò per contro la testa. Letteralmente.
Loki, stordito, perse per un attimo la concentrazione, quindi Thor ne approfittò per prendergli di mano Gungnir. Senza la lancia, non avrebbe potuto danneggiarlo mortalmente.
Ma non fece in tempo ad impugnarla che essa subito si dissolse come un’immagine disturbata nell’acqua, rivelandosi un’illusione perfetta.
Colpo sulle reni, si ritrovò schiantato a terra.
Graffi su tutto il viso, subito rotolò via, immaginando un colpo di Gungnir, che prontamente si ripercosse sul terreno, nel posto dove fino a un istante prima si trovava lui. Ignorando il dolore alle spalle muscolose, si alzò subito, afferrando Loki che si era appena voltato dopo il colpo che aveva sparato.
‹‹Possibilità..?›› rise improvvisamente il dio, fermo nella morsa delle sue mani. ‹‹Ti illudi davvero che qualcun altro la possa vedere nel tuo stesso modo? Nessuno appoggerebbe il tuo incredibile progetto..››
E ghignava amaramente, come se avesse captato la scarsa fiducia che lui stesso aveva posto nelle proprie parole.
Per un attimo, una scintilla di speranza si accese come un cero solitario in una stanza buia.
‹‹Solo io, Loki?›› lo strattonò, trasmettendo il limpido degli occhi azzurri nei suoi verdi. ‹‹Solo io..?››
Vide i suoi specchi ammorbidirsi, la bocca sottile stringersi appena, come punta sul vivo.
Sembrò riscuotersi, almeno all’apparenza, si voltò nuovamente in direzione del lungo cilindro nero.
Respirava in silenzio, con la bocca schiusa.
Era come si fosse svegliato nel sonno ottenebrato della sua pazzia, gli smeraldi scattavano in ogni direzione, bassi e ciechi, mentre in realtà vedevano ciò che si distendeva nella sua mente.
Consapevolezza?
Thor cercava di aggrapparsi a quel barlume di speranza resuscitata che tratteneva con i denti.
Addolcì appena la voce, cercando di smorzare ogni tono del suo timbro profondo. ‹‹Dov’è lei, Loki..? Dimmi come fermare tutto questo››. Loki continuava a guardare alla propria destra, senza degnarlo di uno sguardo, muto e assorto. Smarrito dietro di sé, di nuovo dentro di sé.  ‹‹Così da poter tornare a casa tutti insieme..››
Gli sfuggì un sibilo basso e profondo, il labbro superiore ebbe uno scatto e mostrò i denti.
Perfetto. Quella scintilla si era spenta per sempre.
Pensavo che almeno lei ti avrebbe fatto tornare il senno; a quanto pare non c’è più niente che possa sciogliere il tuo cuore divenuto ghiaccio come quello di un morto.
Stese il braccio allungandolo lateralmente.
Uno.
Loki apriva gli occhi verdi, il viso sbucciato e pieno di rancore.
Due.
Afferrava l’alabarda che gli era caduta di mano.
Tre.
Gungnir sparò, Mjölnir si frappose, divergendo il potente raggio di energia, che distrusse ciò che ebbe incontrato sulla via.
L’impatto tra le due armi li divise, entrambi rotolarono a terra, allontanandosi l’uno dall’altro.
Prima buio, poi sfocato; vedeva la stessa immagine, che le palpebre fossero abbassate o meno.
Tossì la polvere che aveva ingoiato, si pulì la bocca dai rimasugli che si erano posati sulle labbra.
Respirò, deglutì più volte.
Non appena alzò gli occhi, individuò il serpente che tornava all’attacco sul suo amico indifeso.
Adesso basta.
Alzò il martello verso il cielo.
 
Mjölnir, ti chiedo umilmente di scatenare tutta la tua potenza.
 
Il cielo nero e perennemente al tramonto divenne più scuro.
Rombi, boati, fragore che annunciava la tempesta.
Fragore che annunciava i fulmini.
Fragore che annunciava il Dio del Tuono.
Il cielo si riempì di folgori, l’aria carica di elettricità.
Il flusso a lampi blu e bianchi si caricò su Mjölnir; Thor tenne duro, sotto il peso di quella potenza enorme.
I suoi zaffiri si illuminavano a tratti assieme ai suoi fulmini.
 
Scatena la tua potenza su questa terra abbandonata.
 
Abbassò con tutta la propria forza il martello, ogni muscolo si irrigidiva, percosso dal tremore dell’energia, la testa di metallo e pietra risuonò all’impatto col terreno.
Fluiva nelle vene e attraverso le ossa. Ne toccava perfino l’anima.
E ogni volta ne usciva indenne.
La potenza dei fulmini dilagò per miglia, distruggendo ogni cosa.
Incenerendo i resti del monumento di Malekith.
 
 
                                                                                 ***
 
 
Una grotta lunga e buia, nascosta allo sguardo distratto dei pochi viandanti da numerose frasche di alberi enormi: lì conducevano le indicazioni del maestro.
C’era il nero, là dentro. Certo non avevano potuto scegliere un posto meno inquietante.
E sicuramente non poteva attraversarla senza prima distruggere quella barriera energetica, la stessa che le aveva impedito di uscire dalle stanze del principe.
Deglutì, stanca e provata.
Non sapeva da quanto si trovasse lì, ma il flusso di energia che fluiva con difficoltà dalle sue mani non era sufficiente per spezzare la barriera; e la maggior parte dell’energia si disperdeva, sprecandosi.
Concentrati!
Il flusso si interruppe, e Anirei cadde in ginocchio, battendo una mano sulla terra, carica di frustrazione.
Perché..? Perché non le riusciva?!
Perché non posso raggiungerti..?
Raggruppò un poco di terra davanti a sé, giocando con le dita, senza pensare, terribilmente arrabbiata con se stessa.
Perché non riesco a starti accanto..?
Pianse una lacrima che non scese.
Si guardò le mani, sporche di terra, le sue unghie che poco curate sembravano mangiate sulla sommità, divenute scure per il terriccio umido.
Chiuse le dita, cercando la determinazione che aveva smarrito chissà dove.
Non posso continuare a perpetrare i miei soliti errori.
Alzò la testa, e tentò di nuovo.
Più volte e più volte, fino a quando il flusso non riprese a fluire, per poi perdersi di nuovo.
Staccò e riprese ancora, fino a quando la rabbia e la frustrazione non si mescolarono a una crescente adrenalina.
Avanti, combattiti!
Allargò con uno scatto le braccia, il suo estro energetico impattò con l’aria, la poca familiarità le fece perdere il controllo del potere, che fluì troppo velocemente, quasi scoppiando.
E poi si interruppe nuovamente.
Con un singhiozzo si protese in avanti per sorreggersi. La barriera c’era ancora. Strinse le dita nella terra, volendosi fare del male per il tradimento del suo corpo, inutile quando doveva contarci.
Voglio essere con te..
Un rumore improvviso, assordante. Familiare.
Si voltò, mordendosi il labbro inferiore.
 
‹‹Vieni››
 
 
                                                                                     
 
                                                                                     ***
 
 
Figurarsi.
Thor aveva fatto le cose in grande.
Per proteggere quell’insulso scheletro di midollo, Loki aveva dovuto consumare gran parte delle proprie energie, arrivando quasi a prosciugarsi; Mjölnir era di gran lunga più potente di quel che si aspettava.
Passò il dorso della mano sotto il naso, individuando un rivolo di sangue.
I soggiorni su Midgard non avevano rammollito il Dio del Tuono nemmeno un po’.
E la sua carne, le sue ossa, lo avevano testato perfettamente.
E' il figlio di Odino d’altronde, no?
Zoppicava appena, mentre stimava i danni interni ed esterni: ferite e pesti viola, niente di troppo dannoso, e due costole rotte che gli pungevano gli organi.
Facevano male ad ogni passo, ad ogni respiro. Erano spine che si infilzavano sempre più a fondo nella carne, levando più aria di quanta potesse necessitargli. Tuttavia non poteva permettersi di soffermarsi, men che meno di distendersi e riposare.
Una luce verde illuminò i polpastrelli del pollice e dell’indice, che poi passò sul naso, fermando l’emorragia.
Jörmungand era scappato, ferito e arrabbiato, dopo aver assaggiato la furia del Dio del Tuono e delle sue tempeste. Lui, Loki, doveva approfittare di quel momento di attesa e smarrimento generale per dileguarsi.
Che si prendessero pure l’Aether, che lo trovassero.
Non gli importava.
Da quando sono così debole e sentimentale? Non cambierà niente comunque.
Eppure... Sospirò.
Perché l’ho fatto?
Una voce roca e smorzata gli ravvivava l’orecchio.
 “Solo io, Loki..?”
Sbatté piano le palpebre, più volte, mettendo a fuoco la vista. Quelle maledette costole gli toglievano il respiro; si portò una mano sul petto, tentando invano di sorreggersi.
Ebbe un capogiro improvviso, che lo costrinse a fermarsi, a chiudere gli occhi e ossigenare il cervello. Perdeva intanto, temporaneamente, la vista, vedeva il nero.
Ma il nero non era nero.
Era scuro, ma non nero. In bilico sulle tenebre, ma mai dentro. Un colore morbido e profumato.
La vista tornò, d’un tratto come se n’era andata. I danni interni parevano abbastanza gravi.
Sono solo un miserabile. Thanos è ancora là fuori, pronto a schiacciarmi alla prima occasione..
Forse avrei dovuto fargli colpire quello stupido midollo energetico.
Cosa ho guadagnato in questo modo..?
Si passò le mani tra i capelli corvini, portandoli dietro la testa.
L’intera situazione pendeva a suo sfavore.
Abbassò le palpebre, cercando di calmarsi, sospirando lievemente.
Troppi pensieri, troppe poche risposte per azioni irrazionali, troppe immagini, troppe sensazioni, piani stravolti da ritrasformare.
Si ritrovò ad annullare ogni segnale di dolore, lo relegò in un angolo del cervello; ora, non rimaneva che riordinare tutte le informazioni impazzite che aveva in mano, e creare un nuovo piano, per ribaltare la situazione: doveva fondere il precedente per rimodellarne uno nuovo.
Portò gli occhi verdi verso il cielo, in silenzio, mentre la mente lavorava.
Le nubi si erano ridistribuite nella volta sempre più nera e tenebrosa, sempre più bassa, come un soffitto di tenebre che cola piano senza fermarsi, in maniera costante ma fatale, inesorabile.
Una ciocca spettinata gli solleticò d’un tratto il volto, il labbro inferiore e il mento.
Vento.
C’era il vento.
Una piccola, leggera, brezza..
Sorrise, sornione e compiaciuto. Non sarebbe mai stata abbastanza silenziosa da sorprenderlo.
‹‹Non molli l’osso..››
Sif si fermò, piantando gli stivali di cuoio nero nella ghiaia.
‹‹Ho una missione›› rispose secca.
‹‹E una domanda›› aggiunse guardandola con un ghigno. ‹‹Ma immagino che tu ne conosca già la risposta..››
‹‹Ti caverò di bocca tutto quello che c’è da sapere›› lo derise lei puntandogli la punta della spada alla gola, gli occhi blu che incutevano letale timore.
Loki inclinò la testa, per vedere meglio la chioma corvina che la dea teneva stretta in una coda; bevve un sorso di ambrosia quando individuò la ciocca tagliata in malo modo, e allungò il sorriso di sadico piacere che la innervosì, facendola tremare di collera. Arricciò le labbra. ‹‹Immagino che trovare ragione delle tue teorie faccia tremare la tua lama di eccitazione, cara Sif››.
Un fruscio dietro le spalle.
Sogghignò maggiormente, voltandosi, e prendendo per il collo esile Lorelei. ‹‹Oh, le due acerrime nemiche si sono alleate per l’occasione.. dovrei forse sentirmi onorato da cotanto gesto di disperazio-››
Avvertì Lady Sif braccarlo da dietro, immobilizzarlo temporaneamente, mentre Lorelei gli toccava il petto con un dito, disegnando una runa.
Capì subito di quale si trattasse.
E no, non era possibile. Non poteva averlo fatto davvero.
Provò a liberarsi, divincolandosi, tentando di dare un calcio a Lorelei, ma la guerriera premette sulle costole, piegandolo come un bambino capriccioso; resistette al dolore lancinante, cercò di fare pressione sul collo della strega; ma era ormai troppo tardi.
La rossa gli mostrò i denti, sorridendo contenta, dando conferma dei suoi peggiori pensieri.
Sì, l’aveva fatto davvero.
Aveva cambiato alcuni simboli del suo cerchio di seiðr, quello che aveva preparato per Thanos, completandolo in altro modo.
Rendendo lui il bersaglio del sigillo. Vittima della sua stessa trappola.
Imprecò amaramente mentre percepiva la stessa sensazione del sangue che non fluisce più. Cadde in ginocchio, cercando di non dar loro soddisfazione alcuna del suo orribile tormento, del ritiro della marea di potere e magia. Si sentiva profondamente scoperto, quasi nudo, mentre tutte le ferite tornavano a fare male, il processo rigenerativo interrotto.
Fu travolto dagli spasmi, mentre si accasciava a terra, come si stesse liquefacendo.
Maledizione, maledizione! Come è riuscita a fregarmi di nuovo..?
Graffiò le unghie nella terra, piantandocele e facendo uscire il sangue. Tossiva profondamente, mentre il cervello inviava tutti i segnali del corpo in tremenda agonia, i polmoni annaspavano in cerca d’aria.
Siano maledette entrambe..
Si rannicchiò appena, una posizione decente e passabilmente comoda, dopo aver strisciato nel terreno, essersi contorto come il Miðgarðsorm.
Poté riprendere fiato.
Ma non durò molto, il sollievo.
Sif lo girò verso di sé, peggiorando la sua situazione al livello delle costole a causa del movimento brusco, gli strattonava la casacca, sollevandogli il busto appena da terra, decisa e ferma. Ma egli non perse il suo contegno di prepotenza. ‹‹Alla fine anche tu ti sei abbassata alla vigliaccheria che tanto detestavi.. cosa direbbero i discepoli che stravedono per te?››
Il bel viso fu solcato da una smorfia. ‹‹Dirò loro che era troppo umiliante darti una spada e batterti per l’ennesima volta››. Lo strattonò di nuovo, costringendolo a mangiarsi un gemito. ‹‹Adesso parla o, le Norne mi siano testimoni, ti ammazzo seduta stante››
Probabilmente non stava scherzando. Però, era veramente divertente.
Bastava dare un lieve calcio a quello che tutti chiamavano ordine e tranquillità, e tutti mali, tutte le bugie, i lati peggiori saltavano subito fuori.
Tutti che cercavano di fare gli eroi, quando in realtà fuggivano il marcio che avevano dentro, credendo di nasconderlo tra la gloria delle battaglie.
Sono assassino io, siete assassini voi. Cosa abbiamo di così diverso?
Voi potete nascondervi e giocare a fare i misericordiosi e i giusti. Sono tutte menzogne.
Vivete nella menzogna. E voi siete degli ipocriti.
Purtroppo, la vita sembrava arridere a più bravi, tra gli ipocriti. Non che dovesse farlo per lui, in ogni caso, lui era un mostro.
Arrivò l’ennesima strattonata, il dolore alle costole, questa volta il lamento uscì spontaneo e improvviso. Lorelei sembrò godere di tutta quella situazione, e del dolore che stava provando.
Quella ignobile strega.
‹‹Hai perso la lingua? La mia spada potrebbe trovare la voglia di ispezionare di persona››
Adocchiò la punta della lama, minacciosa  quanto più vicina alla propria gola, e ricordò le innumerevoli lotte all’arena, sotto gli occhi di tutti i guerrieri, quando era contenta di umiliarlo davanti al sangue del proprio sangue; o almeno, quella era la bugia cui tutti si sforzavano di credere, viste le profonde divergenze di capacità tra i due principi.
Sif, la bella. Sif, la veloce. Sif, la forte. Sif, la letale.
Sif, la puttana, avrebbe aggiunto volentieri.
Le andavano tutti dietro neanche fosse un cavallo di pregio. E quello sciocco di Thor, si era fatto abbagliare dai suoi boccoli d’oro e dai suoi occhi blu.
“Se ti impegnassi di più, forse..”
Si massacrava ogni giorno, fino a notte fonda, in allenamenti estenuanti, lontano dagli occhi di tutti, perché era sicuro avrebbero trovato il modo di prenderlo in giro ancora e ancora, interferendo con la concentrazione, ma il suo corpo non ne voleva proprio sapere, non aveva la decenza di collaborare, di acquistare in peso o in prestanza fisica. Era ancora adolescente, ma tutti i suoi coetanei lo superavano in altezza e robustezza; in confronto lui sembrava un fuscello, un brutto anatroccolo, per il quale però non esisteva il lieto fine.
Prima di smettere, rassegnato, Sif lo aveva visto. Il giorno dopo lo aveva sfidato davanti a tutti, rivelando il frutto vano dei suoi allenamenti notturni, che divennero cosa di dominio pubblico.
Nessuno si era accorto o aveva riconosciuto il suo enorme sforzo per stare al loro passo. A nessuno importava. Nessuno voleva dargli speranza, solo perché la natura era stata crudele con lui, solo perché non era biondo, con gli occhi azzurri, o possedeva un fisico da guerriero..
In fondo, al mostro, chi vuole dare una mano?
Solo coloro che lui terrorizza.
Ci era già arrivato, da solo.
E si fa presto a incutere paura tramite la vendetta.
Zac, zac, e i capelli partono.
Tutti hanno un motivo per odiarti sul serio. Tutti hanno adesso anche un motivo per temerti.
A volte, l’unico modo per uscire da una situazione, è imboccare la via che tutti vogliono che tu prenda; almeno, si può godere anche di qualche vantaggio, piuttosto che continuare a opporre resistenza, e annegare in se stessi.
La rabbia continuava a rodergli nel fegato, la bile molle e appiccicaticcia gli attraversava tutto lo stomaco, ancora, da secoli e secoli. La donna passò la spada dietro il suo collo, così che potesse avere spazio per avvicinarsi e sussurrare l’impulso del suo lato più oscuro. ‹‹Ascoltami bene: sono.. siamo stanchi di te. Se ti uccidessi adesso, non farebbero altro che ringraziarmi››
Credi che io non sappia come ferirti a fondo?
Bastava toccare laddove il cuore era più scoperto, lo sapeva bene; si trattava della stessa cosa che avevano fatto con lui. E toccare quel pezzo, per lei, la donna di ferro, significava toccare irrimediabilmente il Dio del Tuono.
Il petto fu scosso da piccoli singhiozzi, che raschiavano l’addome.
Rideva.
 
 
                                                                                   ***
 
 
Si era accorta subito della festa di benvenuto che il Dio degli Inganni aveva preparato per loro: molto gentile da parte sua, ma non avrebbe dovuto scomodarsi tanto. Si era dileguata all’istante, ligia ai suoi piaceri: aveva raggiunto con passo stanco e ritmico un’insenatura seminascosta, dalla quale sapeva Loki e il maestro fossero arrivati, per poi accorgersi con disappunto che il passaggio era stato chiuso.
Quella Bessyn era stata una fonte preziosa di informazioni: le aveva rivelato senza mezzi termini tutto ciò che le serviva sapere, in cambio la promessa di liberarla dall’esistenza della bella di Loki.
Attualmente, aveva altri piani.
Beneficiare e guadagnarsi la fiducia del Dio del Tuono, portandolo dall’altro principe e dalla mortale; vendicarsi di Loki, umiliandolo con le proprie stesse mani, per poi vederlo morire sotto la lama del boia, ma non prima di averlo fatto soffrire giocando con la sua bella.
Infine, eliminato chiunque si sarebbe potuto frapporre tra lei e Thor, cioè tra lei e il trono, avrebbe avuto tutto il tempo per modellare la sua mente a piacimento, trasformandolo di nuovo come un cagnolino fedele e amabile.
Un piano un po’ arzigogolato, ma che soddisfaceva ogni suo minimo capriccio.
Spostò il peso sull’altra gamba, si passò la mano tra i capelli morbidi e setosi.
Aveva fatto bene a liberare la dea: lo spettacolo cui stava assistendo era impagabile: Loki giocato con le sue stesse armi, a terra e sconfitto, gemente di dolore e frustrazione.
Respirò piena di gioia, tanto più che immaginava il modo orribile in cui Balder era stato ucciso.
La tua sofferenza è solo all’inizio.
‹‹Ascoltami bene: siamo stanchi di te. Se ti uccidessi adesso, non farebbero altro che ringraziarmi››
Con tutta la sua odiosa espressione di auto-compiacenza, come se gli avesse appena fatto un complimento, il Dio dell’Inganno cominciò a ridere.
Pareva pazzo.
E faceva venire la pelle d’oca.
‹‹La risposta alla domanda che ti assilla è ››.
Tossì a causa del movimento dell’addome, prese il fiato che sfuggiva continuamente a causa del dolore provocato dalle costole incrinate. ‹‹, l’ho posseduta, più volte, senza che nessuno di voi menti disilluse si accorgesse di niente, senza che nessuno sentisse i suoi gemiti di piacere..››. La presa della dea si fece più rigida. Loki scoperchiò i denti, rise di gusto. ‹‹Se vuoi un consiglio, il letto di Thor è leggermente inclinato verso sinistra..››
Mm. Brutta osservazione..
Di fatti la presa si allentò, mentre Lady Sif, volendo nascondere il tremore delle mani, gli sferrava un pugno sulla mandibola, per la gioia dei suoi denti.
E di tutti, ovviamente.
‹‹Voi.. tu..›› sussurrò, nera come i suoi capelli.
Si alzò, ricomponendosi, dandole un’occhiata. ‹‹Vai a chiamare Thor››
Vacci tu, dal tuo padroncino.
‹‹Io non sono un cane obbediente come te, cocca..›› la infilzò con gli occhi neri, sbuffando appena e sfidandola. Si piegò appena verso di lei, inclinando la testa. ‹‹Cosa direbbe il Dio del Tuono se ti trovasse con la sua testa in mano..?››
Nei suoi specchi passò un’ombra frustrata, ma consapevole; dinanzi ad un’altra provocazione di Loki avrebbe molto probabilmente perso il senno e la ragione. Tagliò l’aria, allontanandosi, il tremore della collera che ancora scorreva nelle vene e nei muscoli.
Spostò gli occhi neri sulla figura distesa per terra, Loki che guardava prettamente il cielo, cercando di respirare in mezzo al dolore; il pugno di Sif gli aveva fatto colare un rivolo di sangue dalla bocca.
Teneva le palpebre abbassate, per qualche motivo. Sembrava drammaticamente rilassarsi.
Si piegò sul suo corpo disteso, percorrendogli con malizia i lineamenti, schiacciando con prepotenza le ferite, rapendogli ogni smorfia di dolore che non riusciva a bloccare, sul viso e sull’addome.
‹‹Quindi il Dio dell’Inganno non è così impassibile..››
Lorelei non si riferiva al dolore fisico che il Dio dell’Inganno non riusciva a nascondere: parlava di quei passaggi chiusi con la magia, e dello sforzo immane, adesso vano, con cui proteggeva il suo tesoro.
Irresistibile.
Si sedette a cavalcioni sulla sua figura distesa, volendo solleticargli la carne col proprio peso. In realtà gli stava gravando sulle costole. Si abbassò al suo orecchio, con piccoli sussurri. ‹‹Menti pure quanto vuoi, ma io non mi sbaglio mai su certe cose..››. La mano destra scivolava sul petto, poi sul fianco, e più giù.
Io conosco quello che passa per qui, e meglio di te..
Gli schiacciò la costola sul pettorale sinistro.
E lo voglio.
Il dio le rise in faccia, mentre si avvicinava alla sue labbra. ‹‹Non troveresti la stessa soddisfazione che provi con i tuoi cagnolini››
‹‹Tentar non nuoce›› sussurrò.
Infilò svelta la lingua nella sua bocca, cercando di appropriarsi di tutto, di ogni respiro, di ogni sapore che quella mortale provava ogni volta, non preoccupandosi però di fargli male, anzi; torturare con la punta umida la sua arcata superiore le dava una gioia ancora maggiore.
Loki, intanto, con lentezza, aveva riportato le dita sul suo collo: ma non stringeva.
Hai visto che ti piace?
Si staccò, pronta a vedere la sua espressione umiliata, pronta a vincerlo completamente, con la debolezza dei suoi istinti.
Fu invece costretta a concentrarsi nell’evitare lo strangolamento.
Loki, scoperchiando i denti, serrava la presa sulla sua gola, con una facilità, nonostante le ferite, che non aveva del normale.
‹‹Non ho detto di accomodarti..››. Cominciò a tossire, a collassare tra le sue mani; a nulla serviva cercare di allentare la presa, né con le unghie, né con niente, figurarsi affidarsi alla pietà. ‹‹E che ti sia piaciuto, perché la prossima volta ti mozzo la lingua..››
Ansimò, la saliva le colava dalla bocca, orribile, doloroso.
Annaspava mentre la sua mano gelida e spietata le chiudeva il collo.
Non puoi.. uccidermi.. altrimenti.. lei..
Il dio la gettò  di lato, lasciandola respirare, la gola che pungeva con tantissimi spilli, faceva male ad ogni respiro preso troppo velocemente e troppo profondamente, l’attrito dell’aria unito al gonfiore della carne schiacciata.
E lo sentiva ridere, lo sentiva prendersi gioco di lei.
“Gli uomini sono tutti uguali. Si prendono ciò che vogliono e poi ti abbandonano. Come un giocattolo vecchio e non più interessante”
“Mamma, è per questo che papà non mi vuole? Sono un giocattolo vecchio anch’io..?”
Si voltò, facendo sporgere le labbra, soffiando verso di lui. ‹‹E' la tua debolezza, Dio dell’Inganno›› sorrise, soddisfatta. Glielo aveva insegnato lui dove pungere più a fondo. ‹‹E prima o poi dovrai piegarti..!››
E allora ti staccherò i tessuti pezzo pezzo, con le mie stesse mani.
‹‹Tu sottovaluti Bessyn››. Quella vile serpe tossì, non appena Lorelei aumentò la pressione sulle costole, schiacciandogli prima il petto, poi il collo, con lo stivale, rendendogli il favore. Ma lui sorrideva, odiosamente. ‹‹Tu sottovaluti il Dio dell’Inganno››
 
 





*:nel mito e nei fumetti (non ho la più pallida idea di come si comporteranno nei film), uno dei tre figli, assieme ad Hela, la regina dei morti, e al gigantesco lupo Fenrir, di Loki nati dopo aver mangiato il cuore di una gigantessa. Nella mia storia, il legame che lega il Dio dell’Inganno a questi tre esseri è diverso, più o meno leggermente: ad esempio, qui, Jörmungand, altresì conosciuto come Miðgarðsorm (ovvero, “il serpente di Midgard”) viene allevato dal dio, ma non concepito dallo stesso. Loki viene definito sua “madre” in tal senso.
 
**:altro nome per indicare il martello Mjölnir del Dio del Tuono Thor.





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Salve a tutti!:D
Ho aggiornato finalmente in tempo, nonostante questo capitolo mi abbia dato parecchie gatte da pelare. Spero che vi sia piaciuto, perché mentre Thor è stato abbastanza buono, Loki ha fatto le bizze (ovvio, che cosa mi aspetto io? Mica se ne sta fermo nella mente a farsi descrivere da me..). Lorelei mi sta cominciando a garbare troppo ahah: cambia idea ad ogni secondo, è oltremodo volitiva. E io me la immagino proprio come dovrebbero essere gli dèi: capricciosi, annoiati, un pochino perfidi, e noncuranti - non che Loki si allontani dalla descrizione, dopotutto (non a caso lo amo sia come personaggio complicato che come semplice e superficiale "dio di facciata").. lasciatemi perdere, sennò vi convincete ad avvisare l'amministrazione per rinchiudermi da qualche parte, dove non posso nuocere a nessuno (?)... continuo a dilagarmi..
Cooomunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto (l'ho già detto, mannaggia a me) e vi ringrazio sinceramente per aver letto fino a qui, sperando che la storia vi invogli a continuare a seguirla, anche perché non manca moltissimo alla fine (credo).
Ciao! 
Baci, 
la vostra Ali






 
   
 
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