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Autore: Macy McKee    03/05/2015    6 recensioni
[Venticinquesimi Hunger Games, OC]
Rayon Howell, Distretto Otto, viene scelto dai suoi concittadini per partecipare ai Venticinquesimi Hunger Games proprio quando pensa di essere vicino a scoprire chi abbia appiccato l’incendio di cui lui è considerato colpevole.
Da quel momento, dovrà avere un solo scopo: sopravvivere, tornare a casa e scoprire chi l’abbia incastrato.
E vendicarsi.
*
Sono io.
Il mondo si contorce un po’ davanti ai miei occhi, e la consapevolezza di cosa significhi il mio nome sulle sue labbra cozza contro la mia mente.
Non scoprirò mai chi mi ha incastrato.
Non scoprirò mai chi ha ucciso quelle persone.
*
«Possa la fortuna essere sempre a tuo favore.»
Reena fa una smorfia. «Non è della fortuna che mi preoccupo. Noi siamo stati, scelti, Rayon. Sono gli uomini che non sono mai stati a nostro favore.»
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Nuovi Tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Till death has closed these eyes
 
I'll never pause again, never stand still,
Till either death hath closed these eyes of mine
Or fortune given me measure of revenge. 

Enrico VI, W. Shakespeare
Capitolo I
 
Vivere qui è come essere in una gabbia.
La nebbia ne nasconde quasi sempre le sbarre, ma a tratti uno sbuffo di vento dà una spinta alle volute, e allora le sbarre non sono più così invisibili. 
È meglio che tu non stia guardando, in quel momento, o rischi di ricordarti che sei prigioniero e che rimarrai in questa gabbia per sempre; se nasci qui, muori qui.
Se sei fortunato.
Se non lo sei, nasci qui e muori su uno schermo.
Per me, non lo vorrei di certo; odio questo posto, e odio ancora di più la gente che vive qui, ma le ho viste, le morti nell’Arena, e non sono mai belle.
Mi appoggio alle sbarre della scala di metallo. Altre sbarre. Dannazione, qui tutto è una prigione. È come se mi avessero arrestato davvero quando ci hanno provato, con la differenza che questa cella non è solo mia. Con la differenza che devo condividere la mia prigione con quelli che avrebbero voluto sbattermi dentro sul serio.
Mi sporgo ancora un po’ oltre la ringhiera, guardando giù: non c’è altro che nebbia e qualche macchia che si muove più in basso, a livello delle strade. Le persone sulla strada sembrano pesci che si agitano sotto la superficie dell’acqua fangosa di uno stagno, viste da qui.
«Stai cercando di buttarti?»
La scala antincendio ondeggia e protesta mentre Oden si trascina fuori dalla finestra e atterra sulla piattaforma.
Mi stringo nelle spalle, ritraendomi dalla ringhiera.
«Non che mi importi, eh, ma poi avrei più probabilità di finire ai Giochi» continua lui, raggiungendomi.
«Bell’amico» gli rispondo, dandogli una spinta sul braccio.
Lui mi rivolge uno sguardo ferito e io alzo gli occhi al cielo.
«Allora, vieni a correre?» mi chiede.
«No, oggi no. Scusa, amico, ma non mi va.»
Oden mi fissa a bocca aperta, come se mi fosse cresciuto un altro braccio.
«Chi sei, e cosa hai fatto del mio amico Rayon?»
Sbuffo.
«Non fare tante scene, Od. Non sono dell’umore per correre.»
«Tu sei sempre dell’umore per correre.»
«Non oggi. Non è il giorno adatto.»
Lui mi guarda di nuovo, e faccio finta di non notare la preoccupazione nei suoi occhi. Lo detesto, quando fa così.
Per non vedere il suo sguardo, mi volto verso la facciata del Blocco e do le spalle al cielo.
«Non sceglieranno te» dice lui con voce solenne, appoggiandomi una mano sulla spalla. Non mi piace il tormento che sento nella sua voce quando tocchiamo questo argomento: questa è la mia battaglia, non la sua.
«Non puoi saperlo.»
«Non sceglieranno te, Ray. Non oserebbero.»
Non rispondo.
Vorrei credergli. Potrei smettere di sentirmi come se qualcuno mi avesse infilato una mano nella pancia e stesse stringendo forte le mie interiora, se gli credessi.
«Ho paura che scelgano Shasha» borbotta Oden, e questo è il mio turno di essere sorpreso.
«Shasha? Non lo faranno mai. Mai» gli rispondo, e ne sono certo. «Non hanno motivi per sceglierla.»
Lui scuote la testa.
«Non mi fido di questa gente. Dopo quello che hanno fatto a te… Non mi fido. Shasha è terrorizzata, ma non per lei. Dice che secondo lei vogliono scegliere Reena.»
Il mio cervello ci mette un po’ ad associare il nome ad una faccia.
Mi viene in mente una ragazza alta, con le spalle larghe di chi ha sempre avuto abbastanza da mangiare o quasi .
«Reena Weber?»
Oden annuisce, serio.
Reena Weber. La conosco di vista, e devo averle parlato un paio di volte. Da quello che mi ricordo, credo di non averla mai vista lontana da Shadan per più di cinque minuti.
Mi viene in mente che prima che Oden diventasse mio amico, ero convinto che anche Reena facesse parte della sua famiglia. Ma a parte il fatto che gira sempre con la sorella del mio amico e il suo gruppo, non so altro, di lei.
«Perché lei?»
«È una scelta logica, se ci pensi. Ma non dirlo a Shasha. Voglio dire, è più in forma della maggior parte delle ragazze e ha diciotto anni. È una delle poche che avrebbe davvero una chance, così chi la vota può sentirsi meno in colpa. E i suoi hanno abbastanza soldi da essere conosciuti, ma non così tanti da essere una minaccia. Nessuno ha paura dei Weber. È chiaro, una delle Baasch o la Deering avrebbero molte più probabilità, ma nessuno oserà mettersi contro le loro famiglie.»
«Quest’edizione fa davvero schifo» borbotto.
«Questi Giochi fanno schifo. Questa vita fa schifo» bofonchia Oden, e ha dannatamente ragione.
«Vai a correre» gli dico, dandogli una pacca sulla spalla. «Ci vediamo dopo.»
«Non abbiamo scelta, eh?» commenta lui.
Poi si arrampica sul davanzale e sparisce all’interno.
*
Sento le gambe pesanti come se avessi corso tutta la mattina, mentre mi trascino fino al Palazzo di Giustizia.
Non voglio vedere questa maledetta Mietitura.
Non voglio sentire il mio nome massacrato dalla voce della presentatrice che non vede l’ora di vedere qualche ragazzino morire in diretta.
Il pensiero mi fa contrarre lo stomaco per la rabbia.
Dannazione, quanto detesto questa gente.
Cerco Oden con lo sguardo, ma non lo trovo. Qualcuno si scosta mentre passo, qualcuno borbotta.
Faccio finta di non accorgermene, mentre raggiungo i miei coetanei. Qualcuno mi fa un cenno, qualcuno mi saluta. La maggior parte finge di non vedermi, e per me va bene così.
Scorgo Oden poco lontano e lo raggiungo.
L’espressione preoccupata è ancora nei suoi occhi, e credo proprio che in questo momento il mio sguardo sia il riflesso del suo.
«Come sta Shadan?» gli chiedo.
Si stringe nelle spalle.
«È spaventata. Piange.»
«Tu pensi che abbia ragione. Che sceglieranno Reena.»
Annuisce.
Mi dispiace per Shadan, ma non posso evitare di pensare che sia meglio che scelgano Reena piuttosto che lei.
Reena non significa nulla per me. Shadan, invece, non mi ha abbandonato dopo l’incendio; e questa sembra essere una qualità rara, da queste parti.
«Se mi scelgono…» comincio, e Oden mi interrompe con una gomitata. «Fammi finire. Se mi scelgono, devi scoprire tu cos’è successo alla fabbrica. Per favore.»
Lui apre la bocca, la chiude. Si morde un labbro, e vedo la collera lampeggiare nei suoi occhi. Per un istante ho paura che stia pensando di fare qualcosa di molto stupido, ma lentamente la furia svanisce dal suo sguardo e lui annuisce.
«Certo.»
Non so cosa sto per dire quando faccio per rispondergli, e non lo saprò mai, perché in quel momento qualcuno sale sul palco e afferra il microfono, facendolo squittire.
La riconosco all’istante: Zenobia Holder è una presenza costante alle nostre Mietiture, ormai. Sono quasi abituato a lei e ai fili di metallo che spuntano dai suoi capelli.
«Signori e Signore, benvenuti!» strilla Zenobia, nel suo ridicolo accento. Si agita dietro il microfono, dondolando sui piedi come se non riuscisse a contenere l’emozione.
Mi fa venire voglia di vomitare.
Mi obbligo a non guardarla. Faccio scorrere lo sguardo dietro di lei, da dove una donna sulla trentina osserva la piazza con un’espressione severa. Riconosco anche lei, naturalmente, anche se in questo momento non riesco ad associarla a un nome: è l’unica vincitrice che il Distretto Otto abbia avuto fino ad ora.
«Oh, benvenuti alla prima Edizione della Memoria! Come sapete, questa è un’occasione speciale.» Va avanti a entusiasmarsi per un po’, e la mia testa si rifiuta di seguirla. Ricomincio a prestare attenzione quando la sento dire: «Come sapete, quest’anno, per ricordare che i ribelli hanno scelto di lasciar morire i propri figli tentando di opporsi a Capitol City, i Tributi non saranno estratti a sorte. Tutti coloro che hanno superato l’età della Mietitura dovranno votare per il loro candidato Tributo preferito.»
Preferito.                                                                             
Stringo i pugni così forte che sento le unghie conficcarsi nel palmo.
Zenobia gesticola verso un lungo tavolo, blaterando qualcosa sul fatto di mettersi in file ordinate per andare a votare, prima di urlare: «Diamo il via alle votazioni!»
La folla si muove lentamente attorno a noi. È come vedere una grossa goccia di resina che ondeggia sul legno e non vuole cadere a terra, ma continua a scivolare.
Oden mi lancia un’occhiata inquieta, e io alzo il mento per rassicurarlo.
Non ho paura, gli dico con gli occhi.
Sto mentendo, naturalmente.
Le votazioni durano ore, eppure a me sembra di avere appena il tempo per chiedermi per chi stiano votando i miei genitori e per concludere che tanto non farà la differenza: potrebbero anche votare per me, cosa cambierebbe?
Poi, Zenobia torna barcollando verso il palco, i fili sulla sua testa che sembrano grondare di sangue sotto la luce rossa del tramonto.
«Signori e Signore, avete aspettato questo momento tutto il pomeriggio. Finalmente, abbiamo i nostri vincitori. Oh, sono lieta di annunciarvi che i Tributi di quest’anno per il Distretto Otto sono…»
Strizza gli occhi, avvicinando la faccia al foglietto, e il cuore mi sobbalza nel petto.
Mi obbligo a ignorare la paura che mi attanaglia lo stomaco, ma è difficile quando è quasi un dolore fisico.
«Reena Weber.»
Un altro sobbalzo. Dannazione, leggi quel nome e basta. Così la facciamo finita.
«E… Rayon Howell.»
Sono io.
Ovviamente, sono io.
Il mondo si contorce un po’ davanti ai miei occhi, e la consapevolezza di cosa significhi il mio nome sulle sue labbra cozza contro la mia mente.
Non scoprirò mai chi mi ha incastrato.
Non scoprirò mai chi ha ucciso quelle persone.
 


Note: Buonsalve, persone (?)
Sono secoli che voglio tentare di scrivere una storia con OC protagonisti, e il concorso a cui questa fanfiction partecipa mi ha dato lo spunto perfetto per fare questo esperimento.
Ovviamente, questo è solo un capitolo di presentazione. Sono introdotti un po’ di misteri, che verranno ampliati meglio nel prossimo capitolo, dove scoprirete dettagli sul motivo per cui Rayon è stato scelto.
   
 
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