Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Crystal_Snow    03/05/2015    2 recensioni
[[STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA NONOSTANTE IL MIO AMORE VERSO DI ESSA]]
Shu è una persona fuori dal comune. Non simpatizza per nulla, ha l'autocontrollo di un combattente ed è assolutamente pericolosa. Vive insieme al suo Maestro, passa le giornate a tirare pugni ad un sacco e ad imparare mosse...fino a quando non conosce sette splendidi ragazzi che mettono a dura prova tutti i suoi passi avanti.
Perchè essere normali non è mai un pregio.
Genere: Azione, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Chiusi gli occhi e impiegai molto tempo per ricomporre le mie sensazioni. Ero sicura che non fosse rabbia quella che tormentava il mio cuore, eppure non ero neanche del tutto tranquilla. La scelta del Maestro mi aveva confusa. Perché Jimin? Cosa posso dargli in più di tutti gli altri? Perché non Jungkook?
Ero così persa nei miei pensieri che non mi accorsi del leggero sfiorarsi tra il mio braccio e il bicipite di Jimin, sussultai appena quando mi accorsi dei brividi che quel contatto mi provocavano. Nonostante ciò, continuai a pensare a Jungkook, a come mi sarebbe piaciuto essere vicino a lui, a come potessero essere forti le sue mani sulle mie sapendo che sarebbero state solo oggetto delle mie più nascoste fantasie.
Quando il Maestro ricominciò a parlare, ritornai in me, mascherai le mie emozioni e seguì distaccata tutto quello che aveva da dire.
“Shu, prima che tu dica qualsiasi cosa, ti comunico che la scelta di Jimin non è stata casuale. È iniziato tutto qualche mese fa, un gruppo di Sasaeng ha cominciato a seguire gli spostamenti dei BTS e li ha spesso raggiunti nei luoghi più nascosti. Le prime volte si limitavano a scattare foto e a regalare oggetti strani ma lo scorso mese hanno iniziato ad alzare le mani, e non parlo di carezze, hanno anche reclutato dei lottatori. Jimin è stato l’unico a difendersi e ne ha subìto le conseguenze. L’ho affidato a te perché tu possa insegnargli l’arte di saper bloccare e schivare ogni tipo di colpo. Sei la migliore in questo, dopotutto ti ho allenata io. Forza, spiega le regole del dojo a Jimin e cambiagli le bende che ha sul ginocchio, si stanno inzuppando di sangue.”
Il mio sguardo si posò sulla gamba sinistra di Jimin ed il panico mi assalì. Come avevo fatto a non notarlo? Mi sentii tremendamente in colpa. Avevo anteposto i miei stupidi sentimenti alla salute di uno dei miei idoli e non avevo ancora fatto niente per aiutarlo. I miei piedi erano ancorati al pavimento, i muscoli non mi ubbidivano, il cuore mi batteva all’impazzata e non riuscivo a capirne il motivo.
Il Maestro mi venne vicino, “Non lasciare che le emozioni rovinino il tuo presente, avrai tutto il tempo che vorrai per conoscere Jeon Jungkook, ora è Jimin ad avere bisogno di te.”
Come un sortilegio, ripresi il controllo dei miei arti e annuii vigorosamente indicando a Jimin la strada per arrivare in infermeria.
Nel tragitto lo vidi zoppicare un paio di volte ma non riuscii a prestargli alcun sostegno, troppo concentrata a non fare o dire cazzate che avrebbero potuto spaventarlo.
Appena arrivammo, mi gettai sull’armadietto dei medicinali alla ricerca di bende e disinfettante.
“Accomodati pure sul lettino,” dissi a Jimin, cercando di non sembrare scortese.
Lui ubbidì e cominciò a togliersi la benda dal ginocchio. Vidi una profonda abrasione violacea e cominciai a preoccuparmi.
“Tu…come…cosa hai fatto?”
Lo sguardo di Jimin era indecifrabile.
“Niente, mi hanno solo preso a calci di recente,” alzò le spalle con un sorriso beffardo sul volto accarezzandosi il livido sulla guancia.
Sorriso che si spense appena posai il cotone imbevuto di disinfettante sul suo ginocchio.
“Ahia! Potresti essere più delicata?”
“Ma come siamo sensibili, devi essere abituato bene,” risposi pentendomene subito.
Perché mi prendevo libertà che non potevo avere?
Jimin rise, “in effetti si, sono abituato piuttosto bene. Posso sapere il tuo vero nome Shu? Mi han detto che sei temuta da molti, eppure sembri così docile adesso, mentre mi curi, inginocchiata tra le mie gambe.” ammiccò accarezzandomi il capo ed io capii dove voleva parare. Quel pervertito.
“Per te sono solo Shu e ricordati,” dissi alzandomi e raggiungendo il suo orecchio, “potrei ucciderti usando una sola mano. In meno di cinque secondi la tua vita potrebbe finire, quindi abbassa le ali.” Terminai premendo con forza il tampone sul suo ginocchio.
Lo vidi alzare gli occhi al cielo e mordersi il labbro inferiore per il dolore. Sorrisi sotto i baffi, Jimin era un vero peperino.
Successivamente mi preoccupai di averlo spaventato ma cambiai subito idea quando percepii il suo sguardo sul mio corpo.
“Potresti evitare di guardarmi come se fossi del cibo?” domandai mentre gli cambiavo la benda.
“Non posso, sei così allettante Shu, bella eppure dannatamente forte,” rispose  scavando nei miei occhi con quell’insopportabile e perenne sorrisetto storto.
Un brivido mi attraversò la schiena. Chi diavolo mi aveva affidato il Maestro? Un pervertito stupratore?
In un momento di lucidità riuscii a rispondergli a tono: “Non sai proprio come si conquista una donna, You Got No Jams.”
Jimin strabuzzò gli occhi dalla sorpresa. “Un giorno o l’altro Namjoon-hyung la pagherà, ma come fai a saperlo? Conosci i Bangtan Sonyeondan?”
“Certo che vi conosco e posso anche constatare che sei più basso di quello che si dice su internet,” affermai completando la fasciatura con un fiocchetto poi lo invitai a seguirmi.
L’espressione di Jimin si fece indecifrabile mentre mi accompagnava in palestra. I suoi occhi erano rivolti verso il pavimento e le braccia ciondolavano avanti e indietro ad un ritmo costante.
Quando arrivammo parve non accorgersene, rimase solo immobile nel bel mezzo del dojo e provai un doloroso senso di colpa. Forse avrei dovuto dirgli che si, era basso, ma anche dannatamente più carino di qualsiasi foto.
“Scusami, ti ho per caso offeso? Non volevo, davvero,” dichiarai avvicinandomi a lui e passando una mano davanti ai suoi occhi.
Di colpo sembrò riprendere conoscenza, “Cosa? Ehm, no è tutto a posto, non è colpa tua, anzi, mia. Non avrei mai immaginato che ci seguissi, devo averti dato un’impressione sbagliata sul mio conto. E poi cercare di sedurre una fan è terribilmente fuori dalle regole della Big Hit. Potresti dimenticare l’accaduto?”
Cosa avrei dovuto rispondergli?
Era così dannatamente grazioso mentre implorava il mio silenzio.
“Dimentico tutto. Ma in cambio devi farmi avere un autografo da Jungkook.” replicai porgendogli il mignolo per suggellare la promessa.
“Affare fatto.”
E le nostre dita si unirono provocandomi un altro brivido incontrollato.
 
 
“Ricominciamo da capo. Mi chiamo Shu e da oggi in poi sarò la tua insegnante,” iniziai a parlare con voce chiara, “devi sapere che nel nostro dojo sono presenti quattro semplici regole che mai e poi mai devi trasgredire.”
Alla parola ‘regole’ gli occhi di Jimin tremarono leggermente e raggiunsero un punto indefinito della palestra, annuì vigorosamente.
“La prima regola è: mai fare del male al proprio avversario, dovrai imparare a controllare la tua forza e la tua mente per difenderti senza provocare troppi danni,” continuai imperterrita, “la regola numero due riguarda il silenzio, non avrai il permesso di parlare con nessuno riguardo a ciò che faremo qui dentro, ogni settimana il Maestro verificherà i tuo miglioramenti ma tutto ciò rimarrà tra noi fino all’esame finale.”
La mano di Jimin si alzò lentamente, “e cosa succede se non mantengo il silenzio?” domandò titubante.
Sul mio viso si allargò un ghigno.
“Semplice, se non si rispettano le regole, si subisce una punizione.”
“E-e di che tipo?”
“Dipende dalla gravità dell’azione. Una volta ho, per sbaglio, rotto il naso ad un mio avversario. Il Maestro si è arrabbiato molto e per una settimana lunghissima mi fece rinchiudere, ogni pomeriggio, dentro una palestra, da sola. Diceva che avrei dovuto meditare sull’accaduto e che non sarebbe mai più dovuto succedere. E infatti non è più capitato.”
Sentii Jimin deglutire a disagio, quindi mi affrettai a precisare: “Tranquillo, sono una persona magnanima io, cercherò di limitare le tue sofferenze.”
“Ma se mi hai minacciato due minuti fa,” mugugnò Jimin flebilmente ma il mio agile udito riuscì a captare le sue parole.
“Senti, non volevo,” dichiarai scossa da un brivido imprevisto mentre ricordavo l’accaduto, “e poi dobbiamo continuare con le regole, quindi ascoltami.”
Annuì di nuovo sbuffando e io continuai.
“La terza regola ti impone di seguire gli ordini del Maestro mentre la quarta vieta l’uso degli onorifici.”
“Aspetta, aspetta. Capisco l’ubbidienza nei confronti del Maestro ma qual è il senso della quarta regola?”
“E’ una questione di principio. Il nostro dojo è una grande famiglia, il rispetto e la stima reciproca sono all’ordine del giorno, non abbiamo bisogno di onorifici per distinguerci, siamo tutti uguali,” risposi tranquillamente, ero molto fiera di questa regola, “quindi non mi sentirai mai chiamarti oppa.”
Lo sguardo di Jimin si fece confuso, “Oppa?”
“Si Jimin, ho due anni in meno di te, come Jungkook,” replicai incerta inclinando la testa di lato e guardando intensamente gli occhi del ragazzo di fronte a me.
Qualcosa dentro di me si mosse, appena incrociai quei pozzi scuri ma, qualunque cosa fosse, la bloccai sul nascere al pensiero di Jungkook.
Quanto mi sentivo triste ad averlo così vicino, eppure così lontano. Abbassai subito il volto alla ricerca di un briciolo di intimità per le mie emozioni in subbuglio.
“Incredibile, ci ho provato con una fan, più giovane per giunta, devo essere impazzito,” sospirò Jimin passandosi una mano tra i capelli, leggeri ciuffi caddero sui suoi occhi.
Mi sentii in qualche modo rifiutata. Lui, che aveva rubato il posto al mio carissimo Jungkook e che non aveva portato alcun rispetto mentre gli medicavo il ginocchio aveva avuto il coraggio di parlare di me in quel modo. No, non potevo perdonarlo.
Iniziai ad avvicinarmi a quel suo corpicino così dannatamente muscoloso e a scrocchiarmi le dita delle mani con impazienza. Non si accorse neanche dei miei movimenti, troppo impegnato ad auto commiserarsi per le sue azioni. Aumentai il passo arrivando quasi a correre, volevo tirargli un bel cazzotto in pieno volto, direttamente sul livido violaceo che aveva sulla guancia.
Qualcosa però, andò storto.
Nella corsa feci l’errore di fissare i suoi occhi, la loro curvatura, le ciglia, la profondità delle pupille e quel nero assoluto che risucchiava la mia anima.
Inciampai a pochi centimetri da Jimin e inevitabilmente gli caddi addosso. Finimmo sul pavimento duro della palestra con gli arti ingarbugliati ed il cuore in subbuglio. Percepii il suo calore sul mio corpo e trattenni il respiro.
“WOOO Shu, che ti prende?” domandò Jimin stringendo le mie spalle per sostenermi.
Cosa avrei dovuto rispondergli? ‘Sai, mi inspiri tanto l’istinto omicida ma i tuoi occhi mi hanno fatta inciampare’? No, assolutamente no.
“Era… era per testare la tua velocità,” mentii prontamente, “e posso affermare con certezza che devi migliorare.”
L’espressione di Jimin si fece dolce, “ma se mi sei volata addosso, a chi la vuoi dare a bere, non è che ti sei innamorata del sottoscritto?”
“Tsk, parli proprio tu, che non accenni nemmeno a spostarti da questa posizione, e poi dici tanto che non dovresti sedurmi.”
“Mi stai dando del seducente?” ammiccò Jimin cominciando ad accarezzarmi le spalle.
Con un balzo repentino tornai in piedi, “assolutamente no! Non sei neanche il mio tipo.”
“Ah no? E chi sarebbe il tuo tipo?”
Ma che domande.
“Jeon Jungkook, lui si che è una persona amabile.”
Jimin rise di gusto: “Oh piccina, la temeraria Shu è innamorata.”
Gli lanciai uno sguardo pieno d’odio, “Si, si e si, quindi? Non ne ho forse il diritto? Chi sei tu per sfottere la gente? Sei un bambino, un bambino che crede di possedere tutto, ma non ha un briciolo di niente.”
La risata di Jimin si affievolì di colpo e tutto tacque.
“Adesso sparisci, non voglio vederti fino a domani,” sussurrai a capo chino, “ e non azzardarti a parlare con nessuno di ciò che è successo oggi o ti faccio pulire la palestra da cima a fondo.”
Allora Jimin si alzò da terra con uno sguardo indecifrabile e si avviò verso l’uscita.
L’ultima cosa che riuscii ad udire fu il mugolio sommesso di un “che strano farsi dare ordini da una ragazzina,” poi arrestai la mente e chiusi gli occhi.

 
  
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