-Capitolo 15-
Kohaku raccontò a Reiko quello che aveva saputo della Bestia da Amane, la misteriosa donna che
viveva fuori dal villaggio, confermando in questo modo i sospetti di lei sulla
vera ragione della morte di Keiko.
Non era mai stata convinta dalle parole del capo villaggio,
ma si stupiva come avesse potuto credere, anche se in buona fede, alle parole
di un bambino.
C’era ancora qualcosa che non capiva.
« Non c’era altro? » domandò a quel punto Reiko,
pensierosa.
La storia di Amane era molto più credibile di quella che avevano saputo dal
capo villaggio. Se non altro, pensò Reiko, riusciva a colmare i buchi sul
passato di Keiko.
Era strano.
Non si era mai interessata molto agli altri.
Guardare gli altri le piaceva, lo trovava molto rilassante
e istruttivo, ma il suo interesse si fermava a quello e non scivolava oltre la
fantasia, conoscendosi abbastanza bene non capiva quindi il suo interesse per
Keiko. Non lo capiva.
« Sora, prima di tornare indietro, mi ha detto che secondo Amane l’ombra non ha
mai davvero lasciato questo villaggio. »
Gli occhi di Kohaku si erano fermati sull’espressione
pensierosa di Reiko.
La paura che aveva provato quando era tornato da lei era
ancora lì, la sentiva dentro il suo cuore come una sorta di scarica elettrica e
quando l’aveva vista, senza nessuna ferita e incolume, non aveva potuto fare
niente.
Doveva darsi un contegno, si ripeteva nella mente, doveva
assolutamente calmare quella sensazione pungente nel suo animo.
Lei era una discendente di sua sorella. Un membro della sua
famiglia e doveva proteggerla, nient’altro.
“Non posso guardarla in nessun altro modo … “
E mentre pensava ciò i suoi occhi si fissarono sui lineamenti del viso, sul
contorno delle sue labbra e sui piccoli e involontari movimenti che compiva.
Sobbalzò a quel punto riscuotendosi velocemente dai suoi pensieri e dandosi
mentalmente dello stupido.
“Cosa mi salta in mente … Lei non può … “
Fu in quel momento, proprio quando il suo sguardo fu preso da un profondo
sconforto, che gli occhi di Reiko si fissarono su Kohaku.
Aveva sentito quei suoi occhi scrutarla a lungo e
attentamente, mantenere la calma nel suo cuore che batteva all’impazzata era
più difficile di quanto pensasse. In passato, quando frequentava qualcuno, non
si era mai preoccupata di niente. Non aveva mai avvertito quella scarica
elettrica che ora attraversava il suo corpo annebbiando i suoi sensi, si
sentiva spezzata a metà tra il giusto e lo sbaglio più grande che poteva
commettere in quel momento. Per questo, si limitava a ignorare quegli occhi, fingendo
sorpresa e curiosità. Un sorriso gentile allungò gli angoli delle sue labbra
causando un leggero imbarazzo in Kohaku, colto sul fatto mentre la stava
guardando e costringendolo a voltarsi.
« Co – Comunque dovremo andare via da qui, al più presto. »
si fermò, risposando gli occhi nocciola verso Reiko mentre le mani si serravano
in stretti pugni. « Non voglio … Che ti accada qualcosa. »
« Capisco, ma dobbiamo aspettare che cali la notte. Se ce
ne andassimo subito attireremo l’attenzione, e poi … »
Si fermò, incapace di proseguire,
Da quando aveva finito di fare il suo giro di domande una
strana sensazione si era impadronita di lei. Era come quando tornava a casa da
scuola e i pesci piccoli di qualche organizzazione rivale cercavano di rapirla
per chiedere un riscatto, in quei momenti aveva sempre la sensazione che
qualcuno la spiasse e ora si sentiva allo stesso modo.
Kohaku la fissò incuriosito, ma lei scosse il capo e
ricacciò indietro quell’affermazione a metà.
« In ogni caso, quando ce ne andremo, vorrei fermarmi a
qualche domanda ad Amane. C’è qualcosa che non mi ha del tutto convinto. »
« Sembri sempre così sospettosa … » aggiunse Kohaku,
sorridendo appena. « Nulla ti convince mai completamente. »
« Le persone mentono sempre, Kohaku. » rispose lei, gli
occhi nocciola si fecero più duri e severi mentre si rivolgeva al ragazzo.
« Siamo tutti bugiardi. Una volta imparato questo, cercare
la verità in un mare di menzogne diventa piuttosto naturale. »
In quel momento, pronunciando quelle parole, il suo occhio
cambiò completamente colore tingendosi di nero con una pupilla dorata nel
centro dal taglio netto e bestiale.
« Se nascondono qualcosa … Io lo scoprirò. »
Quando era insieme a Reiko non faceva altro che rimanere
sorpreso, e quel momento non era certo diverso dagli altri che l’avevano
preceduto.
Voleva capirla.
Voleva conoscere il mondo in cui era cresciuta, capire
davvero quello che vedevano i suoi occhi e forse, pensò, una volta svelati
questi misteri sarebbe stato più facile rimanerle vicino.
Alla fine, il piano era più o meno deciso: avrebbero atteso
la sera per poi andare via da quel villaggio senza attirare maggiormente
l’attenzione.
Reiko, dal canto suo, avrebbe portato con se quella
misteriosa alabarda che da prima non faceva che attirare la sua attenzione.
Non avvertiva quel normale formicolio alla punta delle
dita, doveva capire ancora molte cose e non sapeva a chi chiedere.
“Quelle voci non si fanno sentire sempre … “ pensò
scoraggiata, ricordando lo scontro al tempio del monaco e quando i briganti
avevano attaccato il villaggio di Musashi.
La punta delle dita sfiorò appena la lama affilata
dell’alabarda, studiandola con sguardo assorto e attento.
“Mi hanno mostrato quello che mi serve sapere, incluso
frammenti del futuro, ma tutto quello che so non ha nemmeno a che fare con me.
A che pro, dunque?”
Era immersa nei suoi pensieri in modo tanto profondo da non
accorgersi che le dita avevano toccato con più energia la punta della lama,
tagliandosi leggermente quanto bastava per far uscire un po’ di sangue.
Sentendo il bruciore causato dal graffio si riprese
completamente guardando allibita la piccola ferita.
Stava per avvicinare il dito alle labbra quando Kohaku le
afferrò il polso allontanando la mano dal viso. Reiko si girò verso di lui,
perplessa, ma il ragazzo non disse nulla e si limitò ad avvicinare egli stesso
il polpastrello leso contro le labbra.
Se fosse stato qualcun altro, un ragazzo qualunque,
probabilmente avrebbe reagito in modo diverso da quello che aveva appena
assunto. Probabilmente avrebbe ritirato la mano dalla sua sostituendola con le
labbra, ma questo non era una situazione “normale” e quello davanti a lei non
era un ragazzo qualunque: era Kohaku.
Nel frattempo lui l’aveva liberata, per così dire,
spostando lo sguardo imbarazzato per quel suo gesto improvviso. Reiko sentì una
strana fitta all’altezza del cuore, come un coltello che la trapassava da parte
a parte togliendole il respiro impedendole così di parlare.
Deglutì un po’ di saliva sentendosi per la prima volta in
difficoltà davanti a lui.
« Kohaku, ascolta … io … »
Le sue parole vennero interrotte da un grido che proveniva
dall’esterno.
Aperta velocemente la porta scorrevole, la prima cosa che videro fu il cielo
fattosi improvvisamente più scuro e carico di una forte aura maligna e anche
Kirara, placidamente addormentata in un angolo della stanza, sembrò svegliarsi
di colpo con il pelo arruffato per la tensione.
« Tu resta qui! » esordì Kohaku, alzandosi e raccogliendo
la sua arma.
Dalle nuvole più alte alcuni demoni inferiori cominciavano
la loro lenta discesa verso il villaggio, attaccandolo e seminando distruzione
ovunque andassero.
« Te lo puoi proprio scordare! »
« Non capisci che quei demoni vogliono te! »
« Proprio per questo non posso rimanere qui! » sbottò
determinata, i suoi occhi fissi in quelli del ragazzo non avevano il minimo
segno di esitazione o di paura.
Era inutile combattere contro la testardaggine di quella
ragazza, per questo non rispose e si limitò a correre fuori dalla stanza
assieme a Kirara mentre Reiko afferrava l’alabarda e andava verso il corridoio.
Il capo villaggio era già fuori dalla sua dimora e
osservava con terrore la devastazione che i demoni stavano provocando. Nella
sua mente rivide gli eventi di molti anni prima, quando aveva rifiutato di
cedere sua figlia alle mani della Bestia,
e ora, nuovamente, il suo villaggio era attaccato e non poteva fare niente per
fare quelle creature.
Kohaku, in groppa a Kirara, si era diretto verso gli ultimi
demoni che stavano discendendo per ucciderli sul posto mentre altri uomini
difendevano come meglio potevano le loro case e le loro famiglie.
Reiko dava una mano a questi.
Almeno, questa era la sua idea. Ogni volta che tentava di
aiutare qualcuno riceveva solo sguardi freddi e parole sconvenienti appena
sussurrate.
Nelle mani reggeva l’alabarda che un tempo apparteneva alla
ragazza che aveva sacrificato tutto per loro, eppure, nonostante questo,
sembrava essere solo considerata una portatrice di sventura.
« … E’ colpa tua … » sussurrò una voce maschile alle sue
spalle.
Quando si voltò, sobbalzando sul posto, si trovò davanti lo
stesso uomo impaurito che l’aveva additata all’ingresso del villaggio. Era
Rikuji, il bambino che in passato aveva venduto Keiko alla Bestia.
I suoi occhi erano iniettati di sangue e il suo viso era
una maschera di terrore. Alcune gocce di sudore freddo scivolavano sulla fronte
stempiata dell’uomo mentre reggeva in mano una vanga piuttosto vecchia, ancora
sporca di terreno, avvicinandosi sempre di più a Reiko.
« E’ colpa tua … Non saresti dovuta venire qui! Per colpa
tua … Per colpa tua ora è tutto perduto! E tu … »
La stretta tremolante attorno all’arma si fece più salda,
ora, parlando non poté trattenere alcuni sputi che andarono a colpirla ma senza
farle distogliere lo sguardo da lui.
Lo vedeva.
Riusciva a vedere la sua anima con il suo occhio e oramai
non poteva più salvarlo: era perduto.
Un sibilo si perse nell’aria squarciandola, un suono come
un tonfo e gli occhi dell’uomo ruotarono all’indietro per poi cadere avanti sul
terreno. Nella schiena, all’altezza del cuore, era conficcata una freccia e
poco distante vide una ragazzina con in mano un arco e una lunga e folta coda
che si muoveva nel vento.
L’arma era ancora alzata, abbassandosi qualche istante dopo e accennando un
semplice inchino verso la ragazza che venne prontamente ricambiato con un
sorriso semplice. Non si dissero nulla,
semplicemente la bambina si allontanò con il suo arco per andare verso il luogo
della battaglia.
Reiko rimase un momento impietrita, osservando il cadavere
dell’uomo davanti a lei.
Le sue mani si strinsero con maggiore forza attorno all’alabarda.
Di nuovo quella sensazione che l’arma tra le sue mani non
fosse davvero giusta, come se quell’aspetto fosse solamente una facciata e ci
fosse qualcos’altro ancora da scoprire.
« Dannazione … ! » sibilò a denti stretti, spostandosi
verso il centro del villaggio e aiutando a tenere a bada i demoni come meglio
poteva.
Quell’arma, anche se non era ancora completa, sarebbe stata
sufficiente per il momento; avrebbe pensato a cosa fare solamente in seguito.
Kohaku, dal canto suo, aiutato da Kirara, stava svolgendo
perfettamente il suo compito di sterminatore ma per quanti demoni riusciva ad
abbattere molti altri ne rispuntavano e la battaglia sembrava continuare
infinita.
Le braccia cominciavano a farsi più pesanti mentre
sollevava la sua arma per colpire i demoni, gocce trasparenti di sudore
imperlavano la sua fronte.
Fu allora che non si accorse di un demone, alle sue spalle,
pronto ad aggredirlo quando una freccia vibrò rapida nell’aria e si conficcò
nel corpo del demone salamandra bloccandone i movimenti.
A colpire era stata, come nel caso di Reiko, proprio Sora
sorprendendo Kohaku come poche volte capitava.
« La nonna ha detto di venire a dare una mano alla ragazza
con il marchio del drago! »
Esordì la giovane
mezzo demone, sorridendo appena e recuperando una freccia dalla faretra che
scagliava per tenere a bada altri demoni che si stavano avvicinando.
I suoi sensi acuti l’aiutavano a centrare sempre il
bersaglio sorprendendo il giovane sterminatore; dopotutto, Sora era solamente
una bambina.
« Reiko sta bene? » domandò a quel punto, speranzoso di
poter ottenere una risposta dalla bambina che lo aveva appena aiutato.
« E’ nel centro del villaggio dove si stanno radunando i
demoni. » rispose lei rapidamente.
Un cenno verso Kirara e si allontanava lasciando la
compagna di molte imprese indietro per aiutare Sora, in difficoltà, ora, per il
diminuire delle frecce a sua disposizione.
La giovane mezzo demone aveva ragione.
Nel centro del villaggio i demoni si stavano radunando a
poco a poco, in maniera quasi impercettibile per occhi che non prestavano
attenzione e tra questi c’erano anche quelli di Reiko.
Quest’ultima, decisa a proteggersi, si limitava a
respingere gli attacchi che arrivano contro di lui mulinando l’alabarda con
destrezza.
In quel momento, pensò con amarezza, ringraziò le lezioni di
autodifesa dei suoi “fratelli” unite a quelle richieste esplicitamente da suo
zio.
Ad un certo punto, però, i demoni smisero di attaccare.
Sembravano come pietrificati sul posto, incapaci di compiere qualsiasi azione,
mentre gli abitanti del villaggio rimanevano sconcertati e con ancora le armi
in pugno.
« Reiko! »
La voce di Kohaku la raggiunse pochi istanti dopo che
quelle creature si erano fermate.
« Che cosa è accaduto? »
« Bella domanda … » rispose lei, scuotendo le spalle e il
capo in modo leggero. « All’improvviso si sono fermati da soli. »
Un brusio in sottofondo seguì la constatazione di Reiko.
Alcuni si domandavano il motivo di quel blocco, altri, ancora, sospettavano
fosse stata opera della ragazza con il marchio e altri ancora un sortilegio.
« Mi chiedo … Mi
chiedo … »
Una voce bassa, gelida come il vento d’inverno, infranse quella situazione di
stallo.
A parlare era stato uno demoni il cui corpo sembrava mosso da fili invisibili a
occhio umano, Reiko lo guardò con rabbia crescente mentre se ne faceva avanti
un altro, dalle fattezze più animali, ma anch’esso si muoveva in quel modo
strano.
« Ragazza con il
marchio, perché non vieni con noi? »
« Tu non vuoi questa
distruzione, vero? Sarebbe terribile se delle creature innocenti morissero a
causa tua … Tanto sangue versato che potrebbe essere risparmiato al dolore
della perdita … »
A parlare, come prima, era stato un altro demone ancora.
Probabilmente, pensò Kohaku, era una strategia dei loro
inseguitori per impedirgli di capire da quale parte i fili partivano e dove si
trovavano loro veramente.
Le parole che pronunciavano quei demoni sembrarono scuotere
l’animo di Reiko che si fece di pietra, mentre Kohaku, furibondo per quella
proposta, si stava preparando a reagire al minimo segno di pericolo.
« Mi chiedo … »
« Mi chiedo …
Verrai con noi, fanciulla prescelta, per salvare la vita di queste persone a te
care? »
Reiko si voltò appena con il capo e guardò gli abitanti del
villaggio.
Era difficile decifrare i loro sguardi in quel misto di
speranza e paura, ma alla fine Reiko accennò un sorriso e si voltò verso i
demoni mostrando loro la sua espressione più rilassata e serena.
« Fate pure, non me ne importa niente se anche questi
uomini dovessero morire. »
E dalle lande desolate della Terra di Mezzo …
No, sto scherzando: eccomi anche qui gente!
Sì, non mi sono dimenticata è solo che ho avuto alcuni problemi personali
e la mia voglia di scrivere era scemata completamente.
Adesso, con fatica e pazienza, sto cercando di rimettere insieme tutti i
frammenti delle mie idee.
Che dite, dunque? La risposta di Reiko vi ha preoccupato?
Nel prossimo, e ultimo di questa parte, capitolo scopriremo finalmente qual
è la motivazione per le sue parole e quale sarà davvero la forma della sua
arma.
Un cuore forte può fare le cose più incredibili.
Al prossimo aggiornamento.
Un abbraccio forte
Scheherazade ♫