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Autore: DulceVoz    04/05/2015    4 recensioni
Che ne sarà di noi? Questa non è una vera e propria domanda, è piuttosto una frase vaga che si ripetono tre fratelli, da quando la loro vita è stata sconvolta da una disgrazia più grande di loro, un uragano di sofferenza che ha stravolto duramente le loro giovani esistenze. Che ne sarà di noi? Si chiede una zia amorevole, che potrebbe trovarsi costretta a vivere con loro a causa di un testamento sorprendente, il quale la vedrebbe obbligata sotto lo stesso tetto anche con il suo peggior incubo, ovvero l’uomo che si interrogherà con la medesima questione, nascondendosi dietro ad una maschera di indifferenza. Dal dolore puo’ nascere amore? E, soprattutto… l’amore puo’ aiutare a superare un dramma tale? Questo e molto altro, lo dovranno scoprire i nostri protagonisti… perché a sanare le loro profonde ferite, dovrà pensarci proprio questo potente sentimento.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Diego, Leon, Pablo, Violetta
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Doni preziosi. Cap.28.
 
Francesca se ne stava seduta sotto la grande quercia del giardino di casa Castillo e Diego, accanto a lei, strimpellava “Ser Quien Soy”  alla chitarra, mentre la ragazza leggeva un romanzo d’amore, genere che adorava. “- Vincerete di sicuro…” Sorrise la La Fontaine, senza nemmeno alzare gli occhi dalle pagine, anzi, immergendosi ancor di più in quel volume, accoccolandosi meglio con le spalle vicino al possente tronco dell’albero. Era una fresca domenica mattina e i due, dopo una lunga passeggiata per il parco, erano rimasti lì a tenersi compagnia, mentre i rispettivi fratelli erano ancora entrambi a poltrire. “- Riesci davvero a concentrarti mentre suono?” Le chiese confuso il moro, vedendola annuire, finalmente chiudendo quel tomo e mettendovi tra le pagine un segnalibro colorato. “- Certo! Non devo mica concentrarmi per leggere?! E poi questa canzone mi rilassa, mi piace troppo!” Esclamò, sorridendogli dolcemente, la ragazza, mentre lui metteva via lo strumento e le permise così di appoggiare la testa sul suo petto. Diego, rimanendo in silenzio, prese ad accarezzarle un braccio e delicatamente, le depositò un bacio tra i capelli, restandosene tuttavia, ancora zitto. Quel giorno Pablo e Angie erano andati a parlare con Gregorio Casal e doveva ammettere che la sua ansia era incredibile… e se l’assistente sociale non fosse stato d’accordo a quella storia? E se gli avesse tolto l’affido suo e delle sorelle, reputandoli due irresponsabili? In fondo, l’uomo non aveva mai fatto segreto di non volere che Galindo stesse con sua zia, a detta della stessa… ma ora che c’era in gioco una creatura che cresceva nel ventre della Saramego cosa sarebbe cambiato? Per quanto riguardava lui, aveva accettato la relazione tra i due, da una parte grazie al fatto che, sul momento, fosse stato placato dalle parole della sua Fran, dall’altra perché, in effetti, come aveva capito persino Ambar, doveva essere riconoscente alla sorella di sua madre e non darle contro: era la sua vita, se l’era sacrificata per lui e le sue sorelle e non poteva continuare a infastidirla. “- A cosa pensi?” Quasi facendolo sobbalzare dalle sue riflessioni, Francesca sollevò il viso e si specchiò nei suoi occhi verdi, illuminati da una strana vena di perplessità. “- A troppe cose…” Si limitò a rispondere il giovane, dandole un leggero bacio sul naso che la fece sorridere ma non di certo desistere dal sapere cosa frullasse in testa al suo fidanzato. “- E’ ancora per il fotografo e la bella pasticciera, eh?” Lo canzonò la giovane, facendolo tuttavia ghignare. “- Che coppia…” Sibilò lui, ancora palesemente infastidito dalla cosa, nonostante tutto. “- Dai, non fare quella faccia! Pensa piuttosto a quando nascerà un pestifero cuginetto!” Lo spaventò volutamente la ragazza, vedendolo assumere un’espressione corrucciata. “- Ci sono passato con Ambar, di quando è nata Vilu non posso ricordarmi, abbiamo quasi la stessa età… ma con la piccoletta non è stata una bella esperienza! I mocciosi strillano, piangono di continuo e sono rompiscatole.” Sentenziò, incrociando le braccia al petto, nel momento in cui lei si mise di nuovo seduta con la schiena contro il tronco, ridacchiando a quelle parole. “- Però poi diventano adorabili come la tua sorellina…” Gli ricordò quasi la bruna, facendolo annuire, convinto. “- Non è per questo che stai così, però…” Sussurrò la giovane, poggiandogli una mano sulla spalla, fissandolo attentamente: capiva troppo bene Diego, per quanto lo conoscesse da non tantissimo tempo per lei era un libro aperto. “- In questo momento i piccioncini stanno parlando con l’assistente sociale, raccontandogli cosa hanno combinato, e sono preoccupato… speriamo vada tutto bene.” Disse sinceramente il giovane, vedendo annuire la La Fontaine che subito lo tranquillizzò: “- Vedrai che sarà così. Ottimismo, Dieguito!” Sentenziò, tirandogli un piccolo buffetto dietro al collo e facendolo sorridere. “- Per questo ti amo…” Le sussurrò il moro, ad un centimetro dalla sua bocca, vedendola socchiudere gli occhi per bearsi di quel momento così incantato. “- Perché sono manesca?” Lo prese in giro lei, soffiando quelle parole sulle labbra del fidanzato. “- Anche…” Scherzò lui. “- …Però soprattutto perché mi capisci e calmi come nessun altro.” Le mormorò, per poi far combaciare le loro labbra, prima delicatamente, poi, rimasto senza fiato, appoggiandosi alla sua fronte, leggendo nei suoi occhi il desiderio di un secondo bacio, più appassionato ma altrettanto dolce. Quando si staccarono, sentirono dei passi avanzare verso di loro e un imbarazzatissimo Pablo gli sorrise a disagio, per poi fissare Diego. “- Mi dispiace disturbarvi, però… posso parlarti un secondo?” Gli disse il moro, mentre lui lanciò una rapida occhiata a Francesca che annuì e si mise in piedi, scuotendo la sua gonna da alcuni fastidiosi fili d’erba, e sorpassando l’uomo che la salutò con un cenno del capo. “- E’ una questione lunga? Perché io dovrei provare il brano per la gara e non ho molto tempo da perdere.” Sbottò un po’ infastidito il giovane, mentre Galindo si accomodava accanto a lui, dove fino a qualche istante prima era seduta la ragazza, annuendo. “- Sì ma non troppo… ti ruberò solo qualche minuto.” Disse serio l’altro, vedendolo asserire. “- Com’è andata con Casal?” Gli chiese il ragazzo, prima che il fotografo potesse dire qualunque altra cosa. “- Bene… cioè, non proprio… inizialmente, dopo aver saputo tutto, ha cominciato a gridarci contro come un forsennato… che scena! Avresti dovuto vederlo…” Ridacchiò tra sé, lanciando uno sguardo al giovane che rimase immobile e freddo, cosa che lo spinse a continuare il suo discorso, schiarendosi la voce e tornando serio. “- …Poi però ha capito che io e tua zia ci amiamo e… lo ha accettato, dopo averci rimproverato dicendoci che lui ci aveva anche avvertito di non far danni… e invece…” Sospirò, mentre il giovane rimase ancora in silenzio. “- Per te questo bambino è un danno, quindi?” Strepitò stizzito il ragazzo improvvisamente, dopo aver riflettuto alcuni secondi, esplodendo poi in quella frase. Galindo sbuffò, appoggiandosi con la testa vicino al tronco dell’albero, socchiudendo gli occhi, serio: “- Perché devi sempre fraintendere ogni parola che dico, Diego?” Gli chiese con calma, senza nemmeno guardarlo ma tenendo quella posizione rilassata, per quanto dentro fosse nervosissimo: era chiaro che il ragazzo ancora lo sopportasse poco e gli dispiaceva. “- Perché tu dici solo cavolate, forse?” Ironizzò Castillo, con una voce sarcastica che fece di nuovo sgranare gli occhi all’uomo, portandolo automaticamente a fissare il ragazzo. “- Puo’ darsi…” Si limitò a sussurrare, sistemandosi meglio a sedere e voltandosi verso di lui. “- …Però ho sempre la sensazione che tu mi giudichi anche quando non dico nulla… perché ce l’hai con me così tanto?” Gli chiese a bruciapelo l’uomo, studiando con attenzione i suoi occhi verdi nei quali saettò la certezza che quella domanda lo avesse spiazzato. Perché? “- Voglio il meglio per mia zia e so benissimo che tipo eri prima di avere questa improvvisa redenzione… che mi auguro per il tuo bene che duri…” Sbottò il giovane sinceramente, incrociando le braccia al petto e senza perdere il contatto visivo con il suo interlocutore, in modo da fargli comprendere bene con chi avesse a che fare. “- Io non ti dico di essere il meglio…” Iniziò l’amico di German, alzando le spalle in segno di umiltà: sapeva di avere una marea di difetti e di non essere perfetto quindi perché nasconderlo? “- …Però so per certo che amo tua zia da morire e voglio con tutto il cuore questo bambino… non la farei mai soffrire, puoi stare tranquillo, né abbandonerei mai lei o voi.” Gli disse lui, vedendolo annuire, finalmente più convinto dal tono sincero dell’uomo. Galindo, all’improvviso, afferrò la chitarra accanto al giovane, sorpassandolo, per poi riaccomodarsi all’ombra della quercia, sotto lo sguardo stupito di Diego che lo fissava senza perderlo di vista nemmeno un attimo. “- Bel modello…” Sussurrò quasi tra sé e sé, imbracciando lo strumento e iniziando a strimpellare una melodia romantica, sotto lo sguardo interessato del giovane che ignorava il fatto che l’uomo sapesse come si suonasse lo strumento. “- Non immaginavo che sapessi come si tiene in mano una chitarra…” Rise il ragazzo, guardandolo poi di sottecchi, fingendosi disinteressato dalla sua stessa affermazione. “- Ho suonato in un gruppo rock per qualche mese da giovane… beh, avevamo un cantante pessimo, io ero il migliore…” Sorrise astutamente il fotografo, sentendo sghignazzare il ragazzo. “- Sì, ovvio…” Lo schernì l’altro, per poi restare in silenzio. “- Una volta tuo padre venne a sentirmi in un locale con il quale avevo un ingaggio… e disse che mai e poi mai ci avrebbe rimesso piede lì dentro! Troppo fumo e alcool giravano tra i tavoli per i suoi gusti!” Iniziò a raccontare istintivamente l’uomo, nemmeno accorgendosi di quanto fosse improvvisamente preso da quell’aneddoto il Castillo. “- …Pensa, mi spinse lui a lasciare quel postaccio e la band, per il mio bene, diceva… e forse aveva ragione.” Spiegò Galindo, posando la chitarra e appoggiandola sull’erba dal suo lato, per poi prendere un profondo respiro. “- Ti potevi mettere nei guai anche tu con quell’ambiente, era ovvio che, se ti voleva bene, ti avesse allontanato da lì.” Concluse Diego, vedendolo annuire. “- Già… me ne voleva. E io a lui, tanto.” Sussurrò, afferrando un ciondolo e stringendolo tra due dita, senza poter far sì che il ragazzo lo vedesse: dopo qualche secondo, armeggiò alla cieca dietro al suo collo e si slacciò la catenina in caucciù dal quale pendeva una piccolissima ancora d’acciaio. “- Tieni…” Gli disse, depositandogli la catenina in una mano e lasciandolo sbigottito. “- Perché?” Gli chiese il bruno, girandosi tra le dita quel pendente e osservandolo: sembrava antico ma gli piaceva, era… forte, originale. Ma per quale motivo l’uomo glielo voleva donare? “- Me l’ha regalata tuo padre ad un compleanno, non ricordo quale di preciso… lui amava il mare, per questo ho sempre pensato che scelse proprio quel simbolo anche se fosse destinato a me…” Sorrise amaramente Pablo, vendendolo ancora fisso a osservare quel ciondolo, attento. “- …Sono sicuro che ti porterà fortuna… magari per il concorso, chissà…” Ammiccò il fotografo, mentre notò che il giovane se la stesse subito mettendo. “- …Non ho secondi fini o te la sto regalando perché così mi accetterai più facilmente… non pensare male, voglio solo che quella collana ti appartenga. Punto.” Si affrettò a spiegargli Galindo quando, inaspettatamente, accadde ciò che mai avrebbe immaginato: il ragazzo, senza pensarci troppo, lo abbracciò di slancio e con presa salda, singhiozzando dopo qualche secondo di titubanza. “- Perdonami…” Gli sussurrò, sentendo delle lacrime rigargli le guance a frotte, piangendo con sempre più foga. “- E di cosa ti devo perdonare?” Gli disse l’uomo, dandogli, un po’ in imbarazzo, qualche pacca sulle spalle, stretto a lui. “- Di tutto! Sono stato un mostro con te, ho esagerato. Scusami, davvero…” Mormorò ancora il Castillo, asciugandosi gli occhi con i palmi delle mani e sciogliendo quella stretta così inaspettata. “- …Ti ho sempre giudicato male, invece dovevo pensare che se mio padre ti adorasse di certo lui non avrebbe mai sbagliato, se ti avesse affidato noi, la cosa più preziosa che aveva… beh, non poteva essere in errore.” Il giovane prese a parlare rapidamente, ancora sussultando tra le lacrime, seguito dallo sguardo intenerito dell’altro. “- Anch’io all’inizio non sono stato il prototipo di bravo tutore… e ancora non lo sono ora… ma mi impegnerò, te lo prometto.” Gli sorrise rassicurante Pablo posandogli una mano sul braccio, osservandolo annuire con lo sguardo basso, sicuramente imbarazzato dalla sua stessa reazione così forte di fronte all’uomo. “- …E mi impegnerò anche a fare il bravo papà con il figlio che nascerà… sarà difficile, certo… ma spero di riuscirci…” Si preoccupò il fidanzato di Angie. “- Sì, ma se hai superato me e i miei… ‘capricci’… puoi superare qualunque cosa…” Rise amaramente il giovane, facendolo annuire. “- E tu ti farai perdonare, aiutandomi?” Gli chiese dolcemente il più grande, vedendolo annuire, più sereno. “- Te lo prometto, Pablo. Te lo prometto.” Concluse, sorridendogli e riabbracciandolo, più sereno nell’aver chiarito con l’amico di suo padre… con quello che, da quel momento, avrebbe considerato, a tutti gli effetti, suo zio.
 
 
Galindo era sul sofà, intento a guardare una partita, quando la Saramego gli si avvicinò e si sedette accanto a lui, seria. Dalla finestra, quella mattina, lo aveva visto parlare con suo nipote ed aveva una certa ansia: che qualcosa fosse andato storto? Non lo sapeva, era rimasta solo pochi secondi a fissarli, il tempo di vederli chiacchierare e poi si era allontanata, cercando di vincere la sua inguaribile curiosità… non sarebbe stato corretto nei confronti dei due continuare a spiarli… eppure ora moriva dalla voglia di sapere come fosse andata la loro conversazione. Pablo, sentendo quello strano silenzio, distolse gli occhi dal match e li posò su di lei che sorrise istintivamente, nonostante tutto, a disagio. “- C’è qualcosa che vuoi chiedermi?” Intuì al volo l’uomo, attirandola a sé e facendole appoggiare il capo sul suo petto. “- No…” Mentì lei, convinta che lui capisse cosa volesse domandargli da sé, magari raccontandole che avesse parlato, a sorpresa, con il maggiore dei Castillo… e, infatti, così fu. “- Quando siamo tornati da Casal ho parlato con Diego.” Iniziò il fotografo infatti, vedendola sollevare il capo e specchiarsi, preoccupata, nei suoi occhi corvini, tranquilli, a differenza dei suoi che dovevano esprimere un enorme nervosismo. “- E come è andata?” Gli chiese, mordendosi nervosamente il labbro inferiore, mentre lui la strinse ancor più a sé, accarezzandole dolcemente la schiena per calmarla. “- Bene. Ho ancora il naso tutto intero e… ha sofferto, Angie. Quel ragazzo ha sofferto tanto e… voglio che sia felice, se lo merita.” Concluse, tenendosi sul vago l’uomo e ironizzando sul fatto che il giovane non avesse di nuovo tentato di rompergli il setto nasale. “- Lo voglio anch’io, credimi. Vorrei che tutti e tre fossero finalmente felici dopo quello che hanno passato.” Sussurrò piano la donna, riappoggiandosi con il capo sul petto di Galindo che le depositò un bacio tra la chioma dorata, ispirando a pieni polmoni quel profumo di vaniglia che tanto amava proveniente da essa. “- Ce la faremo, vedrai.” Mormorò l’uomo, spegnendo il televisore con noncuranza e poggiando delicatamente una mano sul ventre della donna che risollevò il volto, sorridendogli. “- E questo piccoletto…” “- O piccoletta…” Lo corresse subito dolcemente lei, facendolo annuire, serio. “- …Renderà sicuramente me, la persona più felice del mondo.” Concluse, mentre lei gli allacciò le braccia al collo teneramente. “- La prossima settimana dovrò fare la prima ecografia…” Disse con calma la bionda, fissando di fronte a sé, un po’ tesa. “- E sapremo se sarà maschio o femmina?” Domandò, confuso, il moro. “- Ma no, che dici! Per quello ci vorranno almeno quattro mesi, se siamo fortunati… se non lo saremo anche cinque o più!” Rise allegramente la donna, appoggiando la sua mano su quella dell’uomo, rimasta ferma sulla sua pancia, ancora piatta. “- Ah… beh, ero curioso! Mi sa che allora mi toccherà aspettare…” Sbottò lui, schioccandole un leggero bacio sulla guancia. “- Hai una preferenza?” Gli chiese la donna, sistemandosi meglio a sedere tra le sue braccia. “- Nah, sarà sicuramente un bimbo splendido, l’unica cosa che voglio è che sia sano e forte, nient’altro.” Sentenziò sincero il bruno, vedendola sollevare lo sguardo, colpita: era felice di quel figlio, lo era davvero tanto e se inizialmente lui era stato preso dal panico, ora non poteva essere più pacato e gioioso di quella piccola vita che cresceva in lei. “- Quanto sei saggio… hai ragione.” Convenne la donna infatti, occhi negli occhi con lui, che, rapidamente, fece combaciare le loro labbra, dando vita a un dolce bacio. “- E per i nomi? Conoscendoti hai già idee, no?” Chiese Pablo, staccandosi da lei e specchiandosi nei suoi grandi occhi verdi: gli bastava perdersi in quel color smeraldo per capire quanto fosse innamorato di lei, quanto l’adorasse e quanto volesse renderla la persona più felice del mondo, sempre. “- Non sappiamo nemmeno se sarà una bimba o un bimbo… e comunque sì, ammetto di averci pensato…” Ridacchiò la bionda, riaccendendo la tv distrattamente, nella quale subito comparve il campo verde della gara che stava vedendo l’uomo fino a qualche minuto prima. “- I ragazzi sono al centro commerciale, si sono portati anche Ambar…” Gli raccontò distrattamente la donna, vedendolo annuire, di nuovo concentrato sulla partita, quando lei, senza poter far nulla per evitarlo, cominciò a sentire un’impellente quanto improvvisa voglia di cioccolato. “- Amore…” Lo richiamò, sentendolo imprecare qualcosa tra i denti contro un giocatore della squadra avversaria. “- Dimmi…” Le sorrise lui, voltandosi verso lei e ignorando nuovamente la gara. “- Devo avere una tavoletta di cioccolato bianco. Ora.” Esclamò nervosamente, ricordandosi che tutti e tre i ragazzi odiassero quel tipo di cioccolata e che manco a lei in realtà piacesse troppo, quindi consapevole che in casa non ce ne fosse nemmeno un po’. “- Aspetta, ora ci sono i rigori e poi…” “- Pablo, ho detto adesso! Non vogliamo mica rischiare che nostro figlio nasca con una macchia sulla fronte per colpa dei rigori di una stupida partita?” Sentenziò la donna, categorica, lasciando basita sé stessa per quella acidità improvvisa nella voce e lui che prese a fissarla, un po’ stupito. “- D’accordo, d’accordo, tempo 10 minuti e…” L’uomo la guardò e notò l’espressione preoccupante della bionda, così si decise ad alzarsi di colpo, controvoglia, per evitare di essere linciato dalla stessa. “- Ok, vado, vado! Sicuro se chiedo ai vicini ne avranno una tavoletta… i La Fontaine, tra il senior e junior, sicuro sono forniti anche più di Willy Wonka… sperando che non abbiano finito tutto!” Commentò, avviandosi verso la porta. “- Pablo…” Lo richiamò ancora la bionda, mordendosi un labbro, a disagio. “- Scusa e… grazie. Fa’ presto!” Gli disse, cercando di mantenere un tono calmo e meno insopportabile rispetto a poco prima. “- Volerò, figurati! Magari, correndo, riuscirò a vedere un po’ di partita sul finale…” Esclamò l’uomo, sbuffando e uscendo a passo rapido, richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo. Angie rimase a fissare da dove Galindo era andato via e rise divertita: poverino, per quel suo improvviso e irrefrenabile desiderio di quel dolcetto l’aveva costretto a perdere quella parte importante della gara della sua squadra del cuore… almeno aveva un'altra prova: Pablo l’amava anche più del calcio, e per un uomo come lui, non era di certo cosa da poco!
 
 
“- Dopo mi comprate il gelato, vero?” Ambar, mano nella mano con Francesca, domandò ancora quello che pretendeva a fine passeggiata: nonostante il clima non fosse propriamente a quel dolce estivo, lei voleva la sua coppetta alla fragola e non esitò a chiederla per l’ennesima volta. “- Non temere che la voglio anch’io! E lo vorrà sicuramente pure Leon quando si deciderà ad arrivare…” Precisò subito Diego, stringendo la vita alla sua fidanzata e depositandole rapido un leggero bacio sulla guancia. Erano almeno venti minuti che giravano nel grande centro commerciale, attendendo la telefonata di Leon e Violetta che avevano detto li avrebbero raggiunti lì per passare un pomeriggio insieme, tutti e quattro più la bambina. “- Perché non lo prendiamo adesso, che ne dite? Mentre aspettiamo che il mio gemello ci onori della sua presenza! Tanto so che se sono in ritardo è colpa sua…!” Sentenziò seria Francesca, avviandosi verso un tavolino in ferro battuto e sedendosi accanto alla piccola rossa che esultò soddisfatta della decisione della La Fontaine. “- Va bene, vado io… Amore, tu come lo prendi?” Chiese il giovane alla fidanzata, sapendo già il gusto prediletto dalla sorellina. “- Cioccolato.” Commentò semplicemente lei, vedendolo annuire e avviarsi verso la cassa del locale. “- Sono contenta di essere tua cognata.” La vocina della bambina fece sobbalzare Francesca che credé di aver capito male. “- Come?” Le chiese, un po’ perplessa quanto stralunata da quella domanda. “- Sono felice che tu e mio fratello stiate insieme, non fare la finta tonta con me!” Sbottò la figlia minore di German, mentre, per fortuna, la mora vide arrivare il fratello insieme a Violetta: lui stringeva la giovane per la vita e lei sorrideva allegramente. “- Eccoci, scusate il ritardo… qualcuno dopo pranzo si era addormentato…” Sbottò la Castillo divertita, facendo ridacchiare Ambar che capì al volo di chi si trattasse e ruotare gli occhi al cielo all’amica. “- Non avevo dubbi…” Sbuffò la gemella di Leon, beccandosi una smorfia di disappunto da parte del ragazzo. “- Sta comprando dei gelati? Lo voglio anch’io!” Si lagnò poi subito, indicando Diego che si era spostato al bancone e già teneva una coppetta in mano. “- Due gelati alla vaniglia, vero tesoro?” Sorrise alla sua ragazza che asserì con il capo, soddisfatta che ricordasse il suo gusto preferito che poi era anche quello di lui. “- Sì, va’ a dargli anche una mano, almeno ti rendi utile!” Ordinò la sorella, vedendolo annuire distrattamente, probabilmente già pregustando il suo cono, correre in direzione dell’amico, dopo aver però schioccato un bacio sulla guancia a Violetta che sorrise e annuì, sedendosi di fronte alla mora, mentre Ambar aveva preso a sfogliare un volantino pubblicitario di un negozio di giocattoli che aveva appena aperto in quell’enorme centro commerciale in cui si trovavano. “- Ho saputo di Angie, sono contentissima!” Sorrise Francesca, facendo annuire l’altra. “- Già, dato che siamo qui vorrei prenderle un regalino per il piccoletto… anche se non sappiamo ancora se sarà maschio o femmina!” Esclamò entusiasta la giovane. “- Speriamo sia una bambina, almeno avrei qualcuno con cui giocare.” Sentenziò, senza nemmeno alzare gli occhi dai fogli, la più piccola, facendo sghignazzare Francesca. “- Io non ti vado bene per giocare?” La provocò la figlia di Matias, vedendola finalmente sollevare il viso da quel dépliant pubblicitario. “- No, ma spesso studi e ultimamente c’è sempre mio fratello con te…” A quella frase della bimba, Francesca arrossì di colpo e Violetta prese a ridere di gusto, indicandole le guance, ormai paonazze. “- Ma non è vero! E poi io ho sempre tempo per te! Sono o non sono la miglior baby sitter del pianeta?” Le chiese la bruna, facendola annuire, seria. “- Certo che sì! E’ solo che sei un po’ distratta ultimamente…” La incalzò la rossa, quando, per fortuna, ad intervenire ci pensò Violetta: “- Ecco i ragazzi con i nostri gelati! E tu fai la brava o ti riporto a casa da Pablo e zia Angie!” La rimproverò la sorella maggiore, facendo continuare a ghignare la piccola che si zittì solo quando Diego le piazzò la coppetta di fronte e iniziò a mangiarla con gusto, mentre il moro e il La Fontaine si sedettero accanto alle rispettive ragazze. Dopo aver passato un’abbondante mezz’ora al tavolino a chiacchierare del più e del meno, i giovani varcarono la soglia dell’enorme negozio di giochi che la più piccola tanto desiderava visitare. “- Caspita, quello è l’ultimo videogames di moto uscito! E si puo’ anche provare!” Leon, nemmeno entrato in quel vero e proprio paese dei balocchi, si trascinò per la mano Violetta verso dei joystick collegati a grandi schermi illuminati, già pronti ad attendere il prossimo giocatore per far partire la sfida di prova. “- In realtà saremmo qui per…” Provò la Castillo, sotto lo sguardo divertito del fratello e della sua fidanzata, mentre la più piccola era già corsa verso il reparto delle bambole, per poi proseguire, attenta a non perdersi alcun dettaglio. “- …Per Ambar, che è una bambina… ma tu sei peggio!” Riuscì a sbottare ridendo la castana, mentre il giovane le aveva già detto dove posizionarsi per dare il via alla gara. “- Vi facciamo da tifoseria!” Rise Diego, avvicinandosi ai due, seguito da Francesca che continuava a tenere d’occhio la sorellina del suo ragazzo, tutta presa a fissare delle scatole come fosse indecisa sul quale scegliere. “- Perché non giochi con mio fratello? Paura che ti stracci?” Ridacchiò la figlia di German al gemello La Fontaine che alzò un sopracciglio, piccato. “- Perché voglio giocarci con te!” Provò, beccandosi un’occhiataccia poco convinta da lei. “- Ok… anche perché lui è più bravo di me, lo ammetto! Ma solo con le moto finte, in quelle vere può solo mangiare la mia polvere!” Esclamò poi, facendo annuire soddisfatto il bruno che incrociò le braccia al petto sicuro e posizionandosi alle spalle della sua ragazza. “- Dunque… con questo acceleri…” Le disse, facendola annuire e arrossire di colpo, mentre sentiva che lui avesse poggiato le sue mani sulle sue per farle capire bene quali tasti premere, per poi iniziare la corsa. “- …Con questi giri nelle curve…” Le spiegò ancora, con un filo di voce, divertendosi del fatto che lei fosse diventata violacea per quel semplice sfiorarsi delle loro dita. “- …E, regola fondamentale… non guardarmi mentre giochiamo: sei così bella che mi faresti distrarre e finire fuori pista in un secondo…” Le soffiò ad un centimetro dal suo orecchio, per poi andare a prendere posto al lato per iniziare la sfida. “- Ragazzi! Ho trovato il regalo per il cuginetto!” Ambar, correndo verso di loro, si avvicinò a Francesca e al fratello con una piccola giostra con tanto di cavalli, chiaramente dipinta a mano, dai tenui colori che andavano dal verde acqua al bianco. “- Carino… cos’è?” Domandò il moro, confuso, rigirandosi l’oggetto tra le mani, cercando di capirci di più di quello che, a lui, pareva solo un soprammobile in legno per una cameretta. “- E’ un carillon… ma dovresti ascoltare che melodia suona per capire…” A quelle parole, la piccola glielo tolse dalle mani e lo girò su sé stesso, facendone scattare il meccanismo: partì un lieve suono, dolce, che accompagnava il movimento ipnotico dei cavalli del carosello che presero a girare in circolo, seguendosi. Diego sgranò gli occhi e non smetteva di fissare come ipnotizzato quella mini giostra ruotare. “- Mamma…” Balbettò, sotto lo sguardo attonito di Francesca che, pur non avendo la certezza di aver capito, lo strinse per la vita appoggiando la testa sulla sua spalla. Violetta, attirata come una calamita da quel suono, lasciò perdere il gioco e si avvicinò ai fratelli e all’amica, facendo voltare di scatto anche Leon che si approssimò a sua volta al gruppo, cingendo le spalle alla ragazza con un braccio, la quale sentì subito la vista annebbiarsi per le lacrime che avrebbero voluto scendere di lì a poco sul suo viso per i ricordi che quel suono aveva rievocato in lei e, sicuramente, anche nei suoi fratelli. “- La melodia è la stessa… mi sembra quasi di sentire la sua voce… ci inventò su una ninna nanna dolcissima…” Balbettò il bruno, stringendo i pugni e alzando gli occhi al cielo per provare a non piangere. “- …Quando è nata Vilu, papà comprò un carillon diverso da questo, era come un piccolo pianoforte… ma produceva la stessa musica… però Ambar, quando aveva circa cinque anni, lo distrusse e nascose le prove in giardino…” Ricordò ancora il giovane, vedendo annuire la rossa. “- Però questa melodia me la ricordo bene… e ricordo bene quando la mamma mi cantava quella canzoncina per farmi addormentare…” Balbettò la bambina, mentre la sorella prese, teneramente, ad accarezzarle il capo piano, quando ormai una lacrima era già sfuggita al suo controllo e le percorreva rapida il volto. “- Prendiamo questo, allora… poi spiegheremo il perché della scelta anche alla zia e a Pablo.” Esclamò la ragazza, asciugandosi gli occhi con una mano, mentre Leon le schioccò un dolce bacio su una guancia. I giovani non dissero più nulla ma si diressero alla cassa con un'unica certezza: quel dono, per quanto semplice e poco costoso, avrebbe fatto felici anche Angie e l’uomo che amava, non tanto per ciò che era ma, soprattutto, per ciò che rappresentava.
 
 
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Ciao! :)
Regali preziosi e simbolici in questo ventotto! Prima abbiamo il chiarimento tra Pablo e Diego con la collana di German che il fotografo dona al ragazzo, poi scena Pangiosa e infine… il carillon, piango! :’( Capitolo anche d’amore con i Diecesca e i Leonetta, aw! :3 E ovviamente anche per Pablo ed Angie! :3 Alla prossima, grazie a tutti! :) Ciao! :) DulceVoz. :)
  
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