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Autore: ValeDowney    04/05/2015    3 recensioni
"Storybrooke sembra una cittadina come tutte le altre, se non fosse per il fatto che non è sulle carte, nessuno sa della sua esistenza e i cittadini sembrano nascondere qualcosa. Rose, una bambina dolce ma curiosa e sempre in cerca di guai, scoprirà, insieme al suo amico Henry, che qualcosa di magico si aggira per quella città"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Rose of true Love

 
 
 
Capitolo X: Spirito d'esplorazione - Seconda Parte

Foresta Incantata
 
Era un pomeriggio come tanti altri al Castello Oscuro. Belle stava ricamando qualcosa, standosene seduta accanto al caminetto spento visto che, ormai, le temperature invernali stavano lasciando del tutto spazio a quelle primaverili. Excalibur dormiva nella sua cesta dorata. Tremotino aveva da poco smesso di filare e, ora, si trovava a osservare la figlia neonata, che lo guardava a sua volta standosene nella sua culla accanto all’arcolaio.
“Ora tu hai tanto, tanto sonno. Dormi. Su, dormi” le disse Tremotino, ma la neonata, con gli occhi più vispi di quelli di un grillo, gli rispose ridendo.
“Non devi sforzarla. Ha fatto il suo pisolino qualche ora fa” disse Belle, guardandolo.
“Se poi non dorme, incomincerà a strillare e farà rimanere svegli noi due. Lo sai che non sopporto i suoi strilli” disse Tremotino, guardandola a sua volta.
“Ma poi si calma ascoltando quella strana ninnananna che le canti sempre. Lei adora la tua voce” disse sorridendo Belle. Tremotino inarcò un sopracciglio. Poi riguardò Rose dicendo: “Quella ninnananna non è strana, e poi, come hai detto tu, a lei piace e non la trova strana.” E allungò un dito. Rose lo prese, giocherellandoci.
Belle sorrise scuotendo negativamente la testa. Poi, dopo aver messo da parte i ferri da maglia, guardò ciò che aveva fatto e disse con soddisfazione: “Ecco fatto. A Rose piacerà un sacco.” Tremotino guardò in sua direzione: si trattava di una tutina con al centro una rosa.
“E’ di tre taglie più grandi. Le starà grande” disse Tremotino.
“Sei sempre contrario a tutto ciò che faccio. Vorrà dire che ci crescerà dentro” disse Belle. Tremotino alzò una mano, pronto a scagliare qualche incantesimo, ma Belle lo fermò dicendogli: “Non ci provare. Niente magia su ciò che creo.”
“Volevo solo renderglielo meno ridicolo. Non voglio che qualcuno rida di lei” disse Tremotino. Ma dopo che Belle lo ebbe guardato malamente, aggiunse: “E va bene, niente magia… ma solo una piccola modifica.” E, con un cenno della mano, la tutina venne avvolta da una nube viola.
“Tremotino! Mi hai mentito. Ti avevo detto niente magia!” replicò Belle.
“Lo so, lo so, cara. Ma ora guarda come è diventata ancora più bella quella tutina che hai fatto” disse Tremotino. Belle, allora, guardò la tutina e notò che, accanto alla rosa, era comparsa la tazzina sbeccata. Belle alzò lo sguardo sorridendo a Tremotino il quale aggiunse: “E inoltre le taglie sono diminuite per adattarsi alla nostra piccolina” e Belle alzò un sopracciglio. Tremotino riguardò Rose dicendo: “E fra non molto, anche quella sguattera avrà presto a che fare con una sua versione in miniatura strillante. Solo che io gliela porterò via.”
“Vuoi portare via il figlio a una madre?” domandò Belle.
“Fa parte dell’accordo, mia cara” rispose sorridendo Tremotino guardandola.
“Accordo o no, non puoi portarle via il figlio. Ti piacerebbe se qualcuno ci portasse via Rose?!” replicò Belle alzandosi in piedi.
“Non mettere Rose in questa storia! Lei non c’entra nulla! E’ stata lei ad accettare l’accordo e doveva essere più previdente a leggere ogni singola riga” replicò Tremotino.
“Sto provando a mettermi nei suoi panni. Da madre a madre” disse Belle.
“I suoi panni ti stanno stretti. E poi non ti si addicono. Tu meriti molto di più” disse Tremotino.
“Ti prego, Tremotino. Ripensaci. E’ come se le portassi via qualcosa di molto prezioso. Una nuova vita da accudire. In così tanti secoli vissuti, avrai sicuramente portato via un sacco di neonati. Almeno per questa volta, fa' un’eccezione” disse Belle.
“Mi dispiace, mia cara, ma un patto è un patto. E lei mi ha detto che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di andarsene dalle sue spregevoli sorellastre e matrigna e, io, ovviamente l’ho accontentata. Ma come ben sai, voglio sempre qualcosa in cambio e so per certo che farà di tutto pur di impedirmi di avere il suo bambino. Chissà cosa starà architettando con il suo nuovo maritino. Le ho dato felicità e amore eterno e lei subito si è data da fare. Non male, per una che lava pavimenti” disse ridendo Tremotino.
“Sei senza pietà. Se ci portassero via Rose, sono sicura che reagiresti proprio come loro perché è questo che fanno i genitori. Proteggono la loro creatura come noi proteggiamo la nostra. Tremotino, disfa quell’accordo e lascia loro il figlio” disse Belle.
“Lo vorrei tanto, ma… non posso. E poi la magia ha sempre un prezzo. Non dono gratis abito e scarpette di cristallo, per poi non ricevere nulla in cambio” disse ridendo Tremotino.
“Quindi reputi un neonato merce di scambio? Bel padre che sei” disse Belle.
“Io sono un buon padre! Voglio bene a Rose, ma non me ne frega nulla degli altri mocciosi! I miei accordi sono affari miei e tu non ti devi immischiare! Quella sguattera ha preso ormai la sua decisione e se dovesse cercare di rompere il patto, ci saranno delle terribili conseguenze per suo marito” replicò Tremotino alzando la voce. Rose incominciò a percepire tensione tra i genitori e abbassò leggermente le piccole labbra pronta a scoppiare in un acuto pianto.
“Credevo ci fosse del buono in te, ma a quanto pare mi sono sbagliata. Pensavo che con la nascita di Rose il tuo cuore avrebbe dato spazio a un briciolo di luce, ma il potere viene ancora prima della tua famiglia. Mi hai delusa, Tremotino. Sono tornata indietro per te quando potevo ritornare da mio padre. Tu mi avevi cacciata, ma io sono ritornata, e lo sai il perché? Perché ti amavo e ti amo ancora, ma se nemmeno le mie suppliche riescono a farti cambiare idea allora penso che la bestia abbia ripreso il posto di quell’uomo dolce e gentile che mi regalò quella rosa e che risparmiò la vita a quel fuorilegge. Lo stesso uomo che canta quella ninnananna inventata per far addormentare la nostra bambina o che non ha mai dimenticato il figlio perduto da tempo. So che c’è del buono in te. Io lo vedo. Gli altri ti considerano un mostro, ma io no. Ti prego, ripensaci. Sei ancora in tempo. Rompi quell’accordo. Non prendere quel bambino. Se solo tu…” spiegò Belle.
“Basta!” gridò Tremotino. Aveva perso completamente la pazienza. L’eco fu talmente forte che si sentì per più volte e in tutto il castello. Persino Excalibur si destò dal suo pisolino, guardando i padroni. Belle si irrigidì. Mai prima d’ora Tremotino aveva perso così tanto la pazienza. Non almeno nei suoi confronti. Forse avrebbe dovuto fermarsi prima.
“Smettila! Basta! Sei tu quella che non capisce! E’ una questione molto importante che deve essere portata a termine. So che loro faranno di tutto pur di impedirmi di prendere il loro pargolo. Solo che stanno aspettando il momento più adatto. E io aspetterò e, quando sarà arrivato, si renderanno veramente conto che nessuno deve scherzare con me” replicò Tremotino.
“Perché è una questione che deve essere portata a termine?” chiese Belle.
“Non capiresti” rispose Tremotino dandole di schiena.
“Che cosa ci sarebbe da capire? Allora spiegamelo” disse Belle.
“Non è affar tuo!” replicò Tremotino riguardandola. Ci fu silenzio che poi venne interrotto dal pianto di Rose. Dopotutto si era sentita messa da parte e le urla dei genitori l’avevano spaventata. Tremotino si rivoltò e, abbassandosi verso la culla disse, con tono più affettuoso: “No, non piangerem mio piccolo fiore. La mamma non voleva agitarti.”
Sentendo quelle parole, con sguardo deciso e arrabbiato Belle andò verso la porta. Tremotino si rialzò e, mentre la seguiva con lo sguardo, domandò: “Dove stai andando?”
“Ad agitare qualcun altro” replicò Belle continuando a camminare.
Tremotino la seguì dicendole: “Suvvia, Belle. Ho solo perso un po’ la pazienza. Non volevo arrabbiarmi con te. Ora è già tutto passato. Belle io…”. Ma non fece in tempo a terminare la frase che le porte gli si chiusero in faccia.
Ora Tremotino era veramente furioso. Camminò verso la culla mentre la figlia continuava a piangere. Replicò guardandola: “Sta' zitta! Smettila! Mi stai facendo venire il mal di testa!” e alzò una mano, pronto a scagliare un incantesimo. Poi si fermò e disse: “Non posso. Non posso. Ho promesso che non avrei mai usato la magia su di te.” E, in un altro attacco di rabbia, si voltò scagliando una palla di fuoco contro il muro.
Rose continuava a piangere. Tremotino si rivoltò verso di lei e, prendendola in braccio, cercò di cullarla per farla calmare, ma con scarsi risultati. Quindi abbassò lo sguardo, gridando: “Excalibur! Vieni qua!”
La volpe, allora, prese in bocca il giocattolo di gomma che teneva nella cesta e si avvicinò al padrone che, nel frattempo si era abbassato. Excalibur morsicò il giocattolo, che era rosso e a forma di mela, facendo uscire da esso dei rumori. Continuò ripetutamente, finché Rose non smise di piangere e, guardando la volpe, rise.
Tremotino tirò un sospiro di sollievo e, con una mano, accarezzò Excalibur sulla testa dicendole: “Ben fatto, mia fedele amica. So che posso sempre contare su di te.”
E la volpe morsicò il giocattolo facendolo nuovamente suonare. Tremotino si rialzò e, mentre cullava Rose, le disse: “Non avrei voluto arrabbiarmi con tua madre e farti piangere. E’ che c’è una cosa che vorrei dirle, ma non posso. Non ancora, almeno. Ma se tutto andrà come ho previsto, presto troverò anche tuo fratello e ritorneremo a essere una famiglia.” La alzò in alto e, mentre Rose rideva, aggiunse: “E tu, quando sarai diventata più grande, diventerai la mia apprendista. Perché dentro di te hai degli enormi poteri magici e io ti aiuterò a controllarli. Diventerai potente come il tuo papà che ti vuole tanto bene” e la neonata rise.
Venne sera e Tremotino, Belle e la piccola Rose erano a cenare nel salone. Excalibur stava mangiando dalla sua ciotola. C’era silenzio. Da quando avevano iniziato la cena, nessuno aveva parlato. Be', Rose non parlava ancora avendo solamente tre mesi. Belle non si era nemmeno seduta accanto a Tremotino, come faceva di solito. Aveva scelto un posto un po’ più lontano da lui, ma comunque sempre accanto alla figlia nella culla per darle il latte qualora ne avesse bisogno. Fortunatamente, Rose dormiva, ma tra non molto si sarebbe svegliata per reclamare la sua dose di attenzioni e cibo. Belle sorseggiava lentamente la minestra di verdure preparata da Grachen. Era ovvio che l’ex fata era molto più abile ai fornelli di Belle, ma a quest’ultima non dispiaceva lasciare gran parte del lavoro a lei così che potesse passare più tempo con la figlia.
Tremotino decise di rompere quel silenzio. “Non mi dire che sei ancora arrabbiata per la piccola litigata che abbiamo avuto oggi pomeriggio? Ormai dovrebbe essere acqua passata. Solo un vecchio e lontanissimo ricordo” disse Tremotino.
Belle alzò lo sguardo dicendogli: “E’ successo solo qualche ora fa. Non lo definirei un lontanissimo ricordo.” E, riabbassando lo sguardo, riprese a mangiare la minestra.
“Dovresti mettere il passato alle spalle e andare avanti proprio come faccio io. E poi devi smetterla di prendertela per nulla. Quella mocciosa non ti è di alcun interesse. Ora hai una figlia a cui pensare e accudire. Dovresti esserne felice” disse Tremotino.
“Lo sono. Ma non trovo giusto questo tuo comportamento. E’ un neonato e tale dovresti trattarlo” disse Belle guardandolo.
“Oh per favore, mia cara, non ritornare su questo discorso. Non si tratta del neonato. Ma del patto che ha stipulato e di tutto ciò che mi ha promesso che mi avrebbe dato pur si sfuggire al suo crudele destino da sguattera. E poi lo sai che so anche essere generoso. Dopotutto, l’ho trasformata in una principessa. Avrebbe dovuto ringraziarmi, invece continuava a chiedermi del perché abbia fatto fuori la sua fata madrina” spiegò Tremotino.
Bello lo guardò in silenzio. Poi spostò lo sguardo sulla figlia che dormiva beata nella culla. Sospirò e, riguardando il Signore Oscuro, gli chiese: “Tremotino, c’è qualcosa che non mi stai dicendo, vero?”
“Cosa  dovrei dirti? Che ti si sta raffreddando la minestra?” rispose ridendo Tremotino.
“Ho paura per il futuro di nostra figlia” disse preoccupata Belle.
“Il suo futuro sarà con noi, ovviamente. Crescerà bella e tenace come la madre e desiderosa del potere come il padre” disse Tremotino. Ma dopo che Belle lo ebbe guardato malamente, continuò col dire: “Ovviamente non voglio che pratichi magia oscura. La farò diventare mia apprendista affinché riesca controllarla al meglio. Non ti devi preoccupare di nulla.”
“Non è della sua magia che mi preoccupo. Ma di chi potrebbe farle male e sai benissimo a chi mi sto riferendo” disse Belle.
“Non stavamo parlando della sguattera? Questi tuoi continui cambi di discorso non mi piacciono affatto. Vorrei essere avvertito quando li fai” disse Tremotino.
“Tremotino che cosa hai in mente?” domandò Belle.
“Qualcosina che potremmo fare quando la piccola sarà del tutto nel mondo dei sogni” rispose sorridendo Tremotino.
“Intendevo, che cosa mi nascondi?” chiese Belle alzandosi e camminando verso di lui.
“Cosa dovrei nasconderti, mia cara? Non ho segreti per te e la piccola. Intanto a lei posso raccontare tutto, perché so che non ti verrà mai a dire nulla” rispose Tremotino.
“Avanti, Tremotino. Sai che puoi dirmi tutto” disse Belle e si sedette sulle sue ginocchia per poi mettergli una mano sul petto.
“Non ora, cara. Potrebbe entrare Grachen. Lo faremo più tardi in camera se proprio ci tieni” disse Tremotino facendole l’occhiolino.
“Non avere segreti per me. Raccontami tutto” disse Belle. Ma Tremotino si alzò e la prese tra le braccia. Belle rimase senza parole. Lo guardò dicendogli: “Che cosa stai facendo? Mettimi giù!”
“Non volevi divertirti?” domandò Tremotino sorridendole per poi camminare verso la porta.
“Sai benissimo che non alludevo a quello. Mettimi giù, ho detto!” replicò Belle. Quando Rose incominciò a piangere. Tremotino si fermò e, voltandosi, disse: “Questo è un attacco da dietro le spalle. Credevo che la piccola fosse dalla mia parte e non dalla tua” e rimise Belle a terra, la quale andò dalla figlia prendendola in braccio e dicendole mentre la cullava: “Non piangere. La mamma e il papà non ti hanno lasciata sola. Il papà stava solo scherzando ed è stato molto cattivo portando via la mamma.”
“Questo è un colpo basso, Belle. Sai benissimo che stavo scherzando” disse Tremotino.
“Scherzare tu?! Non sei mai stato il tipo da scherzare. Avanti, cos’è tutto questo mistero che stai cercando di nascondere in ogni modo?” chiese Belle mentre continuava a cullare una Rose strillante.
“Se te lo dico prometti di non tirare fuori il tuo temperamento isterico?” domandò Tremotino.
“Temperamento isterico?! E’ così che lo hai sempre ritenuto?!” replicò chiedendo Belle.
“Non trarre delle conclusioni affrettate. Dopotutto si tratta solo di una maledizione” disse Tremotino.
“Solo… di… una… maledizione? Tu reputi una maledizione una cosa da nulla? E me la dici così?!” replicò Belle. Poi guardò Rose, che continuava a piangere, aggiungendo: “Su, su piccola. Non è niente.”
Senza dire nulla, Tremotino si avvicinò a loro e allungò istintivamente le braccia. Belle lo guardò. Era incerta se dargli la figlia o no. Sapeva che Tremotino era un buon padre, avendo già cresciuto un figlio tempo addietro e che, quindi, non avrebbe mai potuto fare del male a Rose. Ma con la sfuriata che aveva avuto prima, ora non sapeva se stava mantenendo la pazienza oppure no. Decise di fidarsi e, quindi, gli porse la figlia. A quel punto, il Signore Oscuro lasciò posto a quel padre premuroso di secoli prima, pronto a sacrificare tutto per ciò che aveva creato con la donna che in quel momento gli stava accanto. Guardò la neonata tra le sue braccia e canticchiò una ninnananna creata da lui per la piccola:
 
“Mio piccolo fiore, attento a dove vai. Gira e gira e a terra cadrai. Piangi e una lacrima verserai. Ma arriva il papà e con lui per sempre al sicuro sarai. Mia dolce Rosie. Luce del mio cuore oscuro. Un dì grande diverrai, ma mamma e papà accanto avrai”
 
Rose smise di piangere e guardò sorridendo il padre. Anche Belle sorrise. Dentro a quel cuore oscurato dalla magia nera, si celava ancora un briciolo di luce. Dapprima ritornato grazie all’amore di Belle e, poi, con la nascita della loro piccola. Tutto era perfetto. Erano una famiglia. Ma sembrava che Tremotino le stesse veramente nascondendo qualcosa che, a quanto pare, stentava a dirle. Gli mise una mano sul braccio. Tremotino la guardò. Belle gli disse: “Sei davvero un buon padre e sono sicura che, quando Rose crescerà, ti vorrà ancora più bene.”
Ci fu silenzio. Poi Tremotino le diede di schiena dicendole: “Belle… c’è qualcosa che dovrei dirti e so che non ti piacerà. Si tratta di quella maledizione di cui ti ho parlato prima. E’ qualcosa che va avanti da molto e che io stesso ho pianificato. Ma non volevo che né tu e nemmeno la nostra bambina veniste coinvolte.” Belle lo guardò in silenzio. Stava aspettando il momento più adatto per controbattere o, forse,  sarebbe stata semplicemente lì a guardarlo e sostenerlo.
Tremotino si voltò verso di lei, continuando: “E’ per ritrovare mio figlio. So che si trova in un mondo senza magia e, per poterlo raggiungere, ho creato questa maledizione affinché ci portasse tutti lì. Ma il piano si è dimostrato più complicato del previsto. Ho cercato fra molti la persona più adatta per lanciare la maledizione e, alla fine, la mia scelta è ricaduta su Regina.”
“Regina?! Tremotino, lei voleva uccidere nostra figlia ancora prima che nascesse! Come puoi fidarti di lei?” replicò Belle.
“Perché è l’unica che può lanciare la maledizione, anche se dovrà sacrificare ciò che ha di più caro” disse Tremotino, mentre Rose cercava di prendergli una ciocca di capelli.
“Regina non sarebbe capace di sacrificare nemmeno il suo cuore. Hai fatto affidamento alla persona sbagliata” disse Belle.
“E’ lei quella giusta. Fidati. Ma dovrà scegliere se continuare a essere umiliata dagli eroi, oppure sacrificare qualcuno a lei caro e avere il suo lieto fine. E… Rose, lascia i capelli di papà” disse Tremotino. Rose rideva mentre tirava una ciocca di capelli del padre.
“Vuole portare via il lieto fine a Biancaneve e suo marito? Ma non può! E tu glielo permetti anche!” replicò Belle.
“Ti ho spiegato perché voglio che lanci questa maledizione. Ma ora gradirei tanto che mi aiutassi” disse Tremotino. Belle andò da lui e, delicatamente, prese la manina della figlia facendole lasciare la ciocca di capelli del Signore Oscuro.
“E’ tutto predisposto secondo il piano. Tu e la piccola sarete al sicuro. Inoltre anche Excalibur avrà un ruolo fondamentale” disse Tremotino. Guardarono la volpe che, dalla sua cesta, alzò lo sguardo assopito per poi riappoggiarlo, ritornando a dormire.
“Non lo so, Tremotino. È che ho paura che possa succedere qualcosa di brutto a Rose” disse Belle accarezzando la figlia sulla testa.
“Insomma, Belle, devi avere un po’ di fiducia. Incomincio a pensare che avere sempre il naso nei libri non ti faccia bene. Descrivono solo cose che non sono mai esistite” disse Tremotino.
“I libri mi aiutano anche a vivere in un mondo lontano dagli strilli di Rose e dai tuoi accordi. Adoro nostra figlia, ma a volte mi fa venire un forte mal di testa” disse Belle.
“Hai sentito, piccola? Fa venire dei forti mal di testa alla mamma” disse sorridendo Tremotino alzando a mezz’aria Rose, la quale rise contenta.
“Sembrerebbe che tu voglia metterla contro di me, così quando sarà diventata grande, considererà te il genitore buono mentre io quello cattivo” disse Belle. Tremotino la guardò dicendole: “Come lo intendi tu, sembra un’inversione di ruoli.” E rise.
Ma Belle incrociò le braccia dicendogli: “Ritornando a questo tuo preciso piano, spiegami perché Excalibur dovrebbe essere un elemento fondamentale.”
“Perché sarà lei a condurvi al sicuro mentre la maledizione incombe. Vi condurrà nella tana una volta appartenuta a lei” spiegò Tremotino rimettendo Rose nella culla. Poi con un cenno della mano fece comparire un medaglione. Esso rappresentava un arcolaio dorato accanto al quale era appesa una rosa, anch’essa dorata. Si avvicinò a Belle e si portò alle sue spalle. La ragazza si prese una ciocca di capelli tirandosela leggermente su, così da permettere a Tremotino di metterle il medaglione intorno al collo. Appena ebbe finito, Belle si guardò il medaglione. Si voltò verso il Signore Oscuro che le spiegò: “Questo medaglione è ricoperto della mia magia. Sia esternamente che internamente. Ti proteggerà durante la maledizione facendoti mantenere i tuoi ricordi.”
“Facendomi mantenere i miei ricordi?” ripete Belle.
“La maledizione ci trasporterà in un mondo senza magia, ma con nuove identità e ricordi modificati. Io non voglio dimenticare te e la piccola Rose. Siete la mia famiglia e non posso perdervi. Ed è per ciò che, finché porterai questo medaglione, tutti i tuoi ricordi rimarranno intatti” spiegò Tremotino.
“E tu e Rose come farete?” chiese Belle.
“La maledizione è una mia creazione. Non mi modificherà del tutto i ricordi. E per quanto riguarda Rose, lei è mia figlia e quindi manterrà dei ricordi. Quelli più significativi per lei” rispose Tremotino. Belle si appoggiò contro il petto di Tremotino. Il Signore Oscuro si guardò prima a destra e poi a sinistra, incerto su cosa fare. Lui non era il tipo da abbracci o gesti affettuosi, anche se per più volte lo aveva dimostrato nei confronti della figlia e, indirettamente, anche nei confronti di Belle. Lui non l’aveva mai trattata come una serva. Una serva per lui era Grachen. Quella mezza fata che aveva odiato fin dal primo momento che aveva stipulato il patto con lei. Con Belle invece era diverso. Era sempre stato diverso. Fin da quando l’aveva salvata da quella caduta superiore ai due metri da quella scala accanto alla finestra. Colpa di quelle tende troppo dure da tirare via o colpa di quella ragazza sempre così tenace nelle sue decisioni? E poi era nata Rose. Quella dolce neonata di appena tre mesi che già dimostrava di aver ereditato da entrambi i genitori. Strillava per avere le attenzioni dovute e essere svezzata. Non smetteva finché non le avesse ricevute entrambe. Ovviamente ciò rappresentava la determinazione ereditata dalla madre. Più di una volta, invece, sia Tremotino che Belle avevano assistito a tende che prendevano fuoco quando Rose starnutiva; giocattoli che volavano per pochi secondi sulla culla e altri piccoli momenti simili che Tremotino aveva descritto orgogliosamente come magia accidentale. Essendo l’unione tra l’Oscurità e la Luce, Rose sarebbe diventata molto potente, ma con le dovute esercitazioni avrebbe tenuto la magia sotto controllo. Almeno si sperava.
Tremotino scostò leggermente Belle da sé e guardandola le disse: “Ora non c’è motivo di farsi crollare tutto in una volta il mondo addosso. C’è ancora tempo prima che Regina scagli la maledizione.” Belle si voltò e, mentre teneva lo sguardo abbassato e si toccava il medaglione, domandò: “E quanto prima che tu ti faccia imprigionare?”
Tremotino si riavvicinò a lei e, dopo averle messo le mani sulle spalle, disse: “Ti vuoi proprio sbarazzare di me, vero?”
Ma capì subito che la ragazza non era in vena di scherzare. La sentì irrigidirsi e quasi in procinto di piangere. Ma Belle non avrebbe mai pianto di fronte a lui, non avrebbe versato nemmeno una lacrima. Forse si sarebbe sfogata nella loro camera, ma non lì. La ragazza si voltò e, portandogli anche lei le mani sulle spalle, disse: “Andrà tutto bene. Sono sicura che andrà tutto bene e ci ritroveremo nell’altro mondo, dove potremo stare sempre insieme. E tu ritroverai tuo figlio e saremo finalmente una famiglia.” I due avvicinarono i visi. Stavano per compiere quel piccolo gesto d’amore, quando Rose starnutì e le tende presero fuoco. I genitori guardarono verso le tende infuocate e Belle disse: “Ci risiamo. Vuole l’attenzione come il suo papà.”
“E ti meraviglia come cosa?” disse Tremotino camminando verso le tende. Poi si fermò. Riguardò Belle e sorridendole aggiunse: “Dopotutto, è mia figlia.” E mentre riguardava le tende, Belle sorrise scuotendo negativamente la testa. Con un solo cenno della magia del Signore Oscuro, le tende smisero di bruciare. I genitori guardarono la figlia che li guardò a sua volta ridendo. Tremotino guardò Belle e le disse: “Spero solo che non incendi quel pigiamino che le hai fatto.”
“Se lo farà, chiederò un bel risarcimento al padre” disse Belle guardandolo a sua volta.
“Spero sia un risarcimento che possa ricompensare a dovere” disse Tremotino.
“Lo spero anche io” disse sorridendogli Belle.
 
Storybrooke
 
Gold continuava a guardare quella tutina, che in realtà si trattava di un pigiamino, mentre quel ricordo ritornò nella sua mente. Non avrebbe mai potuto dimenticarlo anche se non aveva mantenuto la promessa alla sua amata. Belle era morta e in quei ventotto anni aveva cresciuto da solo la figlia che, a causa della maledizione e del suo precedente incantesimo fatto su di lei prima di arrivare nel mondo senza magia, era rimasta piccola, crescendo molto lentamente.
Era così intento a osservare quella tutina che non si accorse della comparsa di Dove sulla soglia della porta. La guardia del corpo si schiarì la voce un paio di volte finché Gold non lo guardò.
“Signore, ho fatto ciò che mi aveva chiesto” disse Dove.
“Bene” disse semplicemente Gold e mise la tutina e gli altri vestiti dentro la valigia.
“Desidera altro, Signore?” domandò Dove. A fatica Gold si alzò e, guardandolo, gli rispose: “Porta questa valigia nella mia macchina e poi seguimi con la tua all’ospedale.”
“Subito, Signore” disse Dove e, dopo aver preso la pesante valigia, uscì. Gold riprese il suo bastone che aveva appoggiato contro il letto. Stava per uscire dalla camera, quando si fermò e guardò la rosa dentro alla teca di vetro posta sulla finestra. Si avvicinò a essa e, appoggiando una mano contro la teca, la guardò in silenzio. Quella rosa era stata ritrovata nella cesta della figlia anni prima e, dopo tutti quegli anni, non era mai appassita. Sospirò e poi uscì dalla camera, raggiungendo Dove. Salì sulla Cadillac e poi partì verso l’ospedale, seguito da Dove che guidava una macchina nera.
Poco dopo arrivarono all’ospedale ma, appena vi entrarono, videro il Dottor Whale dare loro di spalle e gridare a qualcuno.
“Lo sapete che non dovevate andarvene in giro ma rimanere nella stanza. Invece voi avete fatto esattamente il contrario! Dovrei punirvi per questo!” replicò il Dottor Whale.
“Io le consiglio di non farlo” disse Gold. Tutti si voltarono nella sua direzione e in quella di Dove dietro di lui.
“Stavo per farla chiamare, Signor Gold” disse il Dottor Whale.
“Be', come ha potuto vedere, non ce ne è stato bisogno visto che sono già qui” disse Gold camminando verso di lui con Dove che lo seguiva. Poi, quando si fermò di fronte al dottore, aggiunse chiedendogli: “Allora, qual è il problema?”
“Sua figlia e la sua amichetta se ne sono andate in giro per l’ospedale” rispose il Dottor Whale.
“Non ne vedo il problema e tu, Dove?” domandò Gold continuando a guardare il dottore.
“Nessuno, Signore” rispose Dove.
“In posti dove non sarebbero dovute andare” finì il Dottor Whale.
“Lei si preoccupa troppo. Nessuno si è fatto male e, anche se fosse accaduto, intanto siamo in un ospedale dove qualcuno si sarebbe prontamente occupato di loro” disse Gold.
“Signor Gold, ci sono posti che sono proibiti per chi non lavora nell’ospedale” disse il Dottor Whale.
“Allora avrebbe dovuto mettere più personale a sorvegliare questi posti proibiti. Spero comunque che non si permetta mai più di sgridare mia figlia. Quello dovrò farlo solo io essendo suo padre. Lei non ha nessuna autorità su di lei” disse Gold.
“E a quanto pare nemmeno sulla sua volpe” disse il Dottor Whale e mostrò Excalibur che aveva preso per la collottola. Gold se ne stette in silenzio mentre il dottore teneva ferma la sua volpe. Poi Whale continuò: “Se ne va in giro a mangiare le ciambelle degli altri dottori.” Excalibur lo guardò emettendo un piccolo rutto. Il Dottor Whale fece una faccia disgustata per poi guardare Gold e digli: “E incominci a insegnarle un po’ di buone maniere.” E, con noncuranza, la depositò a terra. La volpe corse subito accanto al padrone. Ma Gold stava guardando la figlia che, insieme a Paige, era ritornata in camera. Poi disse: “Dove, prendi la Signorina Grace e ritornate alla villa.” Senza dire nulla, la guardia del corpo entrò in stanza. Scambiò due parole con Paige e poi, insieme alla bambina, uscì dalla camera.
“Signor Gold, non sia crudele con Rose. Noi volevamo solo esplorare” disse Paige guardandolo.
“Grazie del consiglio, ma saprò io come comportarmi con mia figlia” disse Gold non guardandola. Paige abbassò tristemente lo sguardo e, insieme a Dove, uscì dall’ospedale. Excalibur li guardò andarsene, tenendo le orecchie abbassate. Poi riguardò avanti quando Gold entrò in camera. Rose abbassò subito lo sguardo.
“E guardi come ha ridotto questa stanza! Sembra un campo di battaglia con tutte queste piume a terra e i cuscini disfatti” replicò il Dottor Whale rimanendo dietro a Gold. Questi si voltò dicendogli: “Cose da niente. Pagherò personalmente per i danni arrecati da mia figlia.” Il Dottor Whale non disse nulla e con sguardo un po’ scocciato se ne andò. Gold si rivoltò verso Rose dicendole: “Pensavo di averti insegnato le buone maniere. Che fine hanno fatto?”
“Sparite quando hanno tolto l’appendicite?” chiese sorridendo Rose. Ma il suo sorriso scomparve non appena vide il padre guardarla malamente.
“Rose, pensavo di essere stato abbastanza chiaro quando ti dissi di rimanere qua. E poi lo sai che il Dottor Whale è un tipo dalla poca pazienza e che tiene molto al suo lavoro e a questo posto” disse Gold.
“Credevo che l’ospedale appartenesse a te” disse Rose.
“Non è quello. Essendo mia figlia, devi essere un esempio per tutta la città” disse Gold.
“Ma se tutta la città ti odia. E poi credevo che quello dovesse essere Henry, in quanto figlio del Sindaco” disse Rose.
“Voglio solo che tu faccia la brava e che non te ne vada in giro in cerca di guai. Devi capire che ho solo te e non posso perderti” disse Gold.
“Papà, ma non mi è successo nulla. E poi mi stavo annoiando” disse Rose.
“Vedo infatti quello che è successo” disse Gold e guardò le tante piume a terra.
“Prometto che me ne starò buona qua e che ripulirò tutto” disse Rose.
“Per pulire non ti preoccupare: ci penseranno le infermiere. Per quanto riguarda di startene buona qua, quello è certo perché rimarrò a sorvegliarti” disse Gold guardandola. Poi guardò Excalibur aggiungendo: “E questo vale anche per te, mia cara. E ti assicuro che quando ritorneremo a casa, mangerai solo avanzi.” E la volpe gli ringhiò contro.
Venne sera e Gold non perse mai di vista la figlia. Fu però una telefonata al cellulare a farlo allontanare momentaneamente dal letto di Rose.
“Ritornerò in poco tempo. Ho una faccenda da sbrigare al negozio” disse Gold mentre si metteva la giacca e depositava il libro che stava leggendo su un tavolino lì vicino.
“Niente di cui preoccupante, vero?” domandò Rose guardandolo.
“Un cliente che non aveva niente da fare per tutta la giornata, ma che ha il tempo di importunarmi anche quando non ci sono. Mi sta aspettando davanti al negozio” rispose Gold. Ovviamente questa non era la versione che gli aveva detto poco fa Dove al cellulare. La guardia del corpo, infatti, dopo aver portato Paige alla villa, era andato a perlustrare, su ordine dello stesso Gold, la zona del negozio mandando via gli scocciatori, e per scocciatori intendeva soprattutto Regina, lo Sceriffo e la Signorina Swan. Aveva trovato però una persona sospetta che si aggirava da quelle parti.
“Poi ritorni, vero?” chiese Rose.
“Ma certo. Ritornerò in poco tempo. Intanto non sei da sola. A farti compagnia c’è Excalibur” rispose Gold mettendole una mano sulla guancia e guardando la volpe acciambellata sul letto. “Tu promettimi di fare la brava. Rimani qua e riposa. Dopotutto non è molto che hai subìto quella delicata operazione” aggiunse Gold.
“Va bene, papà” disse Rose. Gold sorrise. Poi guardò Excalibur dicendole: “L’affido a te. Finché non ritornerò, è sotto la tua responsabilità.” Excalibur alzò la testa guardando il padrone e sbadigliando. Quindi Gold aggiunse: “Se farai bene ciò che ti ho detto, forse ti aspetta anche una bistecca.” La volpe drizzò le orecchie leccandosi già i baffi. Gold l’accarezzò sulla testa per poi uscire.
Fu notte fonda quando Rose si svegliò. Era da diverse notti, soprattutto da quando in città era arrivata Emma, che faceva degli strani sogni. Sognava di un mondo incantato. Di un enorme castello, dentro al quale vivevano una donna dai lunghi capelli scuri e due occhi azzurri e un uomo, intento a filare all’arcolaio. Ma non era la lana trasformata in oro che la colpì. Ma proprio l’uomo, nel quale c’era qualcosa di diverso. Il suo aspetto. La pelle sul verdastro e a scaglie. Le unghie lunghe e i capelli non molto curati. Eppure vedeva quella donna stargli accanto senza avere paura del suo aspetto e sorridergli ogni qual volta lui le parlava. Poi li vide avvicinarsi a una culla posta accanto all’arcolaio e sorridere alla neonata dentro a essa. Si avvicinò anche lei guardando la neonata che, però, aveva lo sguardo solo per i genitori. Eppure quella neonata le sembrava molto familiare, ma non riusciva a ricordarsi dove e se l’avesse già vista. Vedeva i genitori parlare alla neonata ma, per una strana ragione, non riusciva a capirne le parole. Era come se stesse assistendo a un film muto però a colori. Poi il sogno si interrompeva e si svegliava. Non ne aveva ancora parlato con suo padre perché, molto probabilmente, secondo lei, le avrebbe semplicemente detto che erano sogni e che nulla di tutto ciò era reale. Che magari era solo il frutto della sua immaginazione e nulla di più.
Pensò di sentire la mano del padre accarezzarla sulla guancia, assicurandola che tutto andava bene e sussurrandole di tornare a dormire. Invece, quando voltò lo sguardo, la poltrona sulla quale qualche ora fa era seduto Gold  era ancora vuota. Così come il libro che stava leggendo era ancora al suo posto sul comodino. Non era da Gold non mantenere una promessa. Soprattutto nei confronti della figlia. Preoccupata, si alzò da letto mentre Excalibur, ignara che la padroncina si stesse allontanando nuovamente dalla camera, continuava a dormire acciambellata sul letto e sognando, forse, una succulenta e fumante bistecca.
Prima di uscire dalla stanza si accertò che non vi fosse nessuno nei paraggi e, dopo aver visto il corridoio vuoto, si avventurò per l’ospedale. Cercò di fare meno rumore possibile, soprattutto mentre passava davanti alle stanze degli altri pazienti. Quindi, passando per uno dei reparti, ritornò indietro e vide Mary Margaret Blanchard seduta accanto a un letto di un paziente. Rose si avvicinò a lei dicendole: “Salve, Signorina Blanchard.”
Mary Margaret alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo. Guardò la bambina domandandole: “Ciao, Rose. Che cosa ci fai qua?”
“Sono appena stata operata di appendicite. Strano che Henry non glielo abbia detto” rispose Rose.
“Negli ultimi giorni non ho avuto molto tempo per parlare con lui” disse Mary Margaret.
“Mi faccia indovinare: ha passato tutto il tempo accanto a questo bell’uomo” disse Rose. Poi guardò l’uomo sul lettino aggiungendo: “Però è davvero carino. Sembra il principe azzurro.” Infine riguardò Mary Margaret chiedendole: “ Come si chiama?”
“David Nolan” rispose Mary Margaret.
“Dorme perché è stanco?” domandò Rose riguardando David
“E’ molto stanco. In verità dorme da molti anni e nessuno sa se si risveglierà” rispose Mary Margaret con un po’ di tristezza nella sua voce.
Rose la guardò chiedendole: “In che senso? Tutti si risvegliano dopo aver dormito. Io dormirei tanto piuttosto che andare a scuola, ma il mio papà poi si arrabbia se non mi sveglio.”
“Il suo è un sonno diverso. Molto lungo” disse Mary Margaret mettendo delicatamente una mano su quella destra di David.
“Come se fosse sotto sortilegio?” domandò Rose guardandola.
“Sì, solo che lì serve il bacio del vero amore per svegliare qualcuno e, sfortunatamente, non ci troviamo in una favola” spiegò Mary Margaret per poi sospirare.
Rose sembrò pensarci un po’ su. Poi guardò la donna e le propose: “Perché non continua a leggergli quel libro? Penso che lui senta la sua voce. Quando io mi addormento dopo la favola della buonanotte, sento sempre mio padre che dice qualcosa riguardo a quanto odia Regina e che prima o poi gliela farà pagare. Lui pensa che io non lo senta ma invece, anche se dormo, lo sento benissimo. Quindi penso che David abbia sempre sentito la sua voce.”
“Non credo che possa risvegliarsi semplicemente sentendo la mia voce” disse Mary Margaret.
“Ne è innamorata?” chiese Rose.
“Come mai ora mi fai questa domanda?” domandò Mary Margaret.
“Vedo il modo in cui lo guardava prima. È lo stesso sguardo che ha il mio papà quando parla della mia mamma. Io non l’ho mai conosciuta, ma attraverso i suoi racconti capisco che l’amava molto. E poi, se fossi in lei, non mi farei scappare un uomo così attraente come lui. Non so se mi spiego. Lo so, ho solo nove anni per pensare a queste cose. Ma se davvero prova qualcosa per lui allora, secondo me, dovrebbe tentare qualsiasi cosa.”
Mary Margaret la guardò. Poi aprì il libro, riprendendo a leggere dove aveva interrotto prima dell’arrivo della giovane Gold. Rose l’ascoltava incantata. Non c’erano dubbi che fosse diventata maestra della scuola elementare. Ogni bambino l’adorava e anche lei avrebbe tanto voluto averla come maestra, ma purtroppo si doveva subire quella perfida della Signorina Tremaine. La donna continuò a leggere, finché Rose non sentì dei rumori. Voltò lo sguardo per vedere accelerare i battiti del cuore sull’apposita macchina. Poi abbassò lo sguardo per vedere David muovere prima un dito della mano e poi l’altro. Infine alzò lo sguardo e lo vide aprire lentamente gli occhi.
“Ce l’hai fatta! Lo sapevo che tenevi a lui” disse entusiasta Rose. Poi voltò lo sguardo gridando: “Infermiera!”



Note dell'autrice: Ed eccomi qua con la fine di un altro capitolo. Lo so sono molto indietro. Cenerentola e tutto il resto ma mi devo ancora riprendere dal promo del season finale. Rumple cavaliere su quel cavallo bianco............troppi feelings........ok ora mi riprendo (o forse no)
Cmq David si è finalmente svegliato e stavolta sotto anche gli occhi di Rose che, tenace come la mamma, ha dato pure dei consigli sull'amore a Snow. Passiamo alla parte del flashback: ovviamente ciò avviene prima che Rumple venga imprigionato. Ma non dubitate perchè quel medaglione comparirà ancora. Rose vuole sempe avere le attenzioni dei genitori soprattutto quando Rumple aveva altro per la testa con Belle.

Ok passiamo ai ringraziamenti. Volevo ringraziare tutti coloro che stanno seguedo la fanfict e che la seguono anche in silenzio. Inoltre volevo ringraziare tutti coloro che l'hanno recensita, messa tra le seguite o nei preferiti. Grazie anche a tutti coloro che recensiranno. Inoltre volevo ringraziare la mia preziosa amica Lucia per aver creato la magnifica copertina ( e tutte le altre dei precedenti capitoli)

Al prossimo capitolo e buon finale di stagione miei cari Oncers
 
 

  
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