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Autore: FAT_O    06/05/2015    2 recensioni
Dopo più di duemila anni di dominazione, la divinità ermafrodita Cambìsex può finalmente godere dei frutti del suo duro lavoro. Il continente abitato dai suoi seguaci, la Serotheia, sta conoscendo un periodo di pace e prosperità, che sembra destinato a protrarsi per un lungo tempo. Nulla lascia presagire che ben presto il continente sarà colpito da una crisi di proporzioni inimmaginabili, che porterà Cambìsex, le altre divinità e tutti i serotheiani a dover lottare per ciò che più sta loro a cuore. Le vicende degli dei si intrecciano alla lotta per la redenzione del cinico avventuriero Cole, agli sforzi del Sommo Sacerdote Vermann per salvare la sua gente e al folle viaggio del suo amico e consigliere Locknoy, con lo scopo di capire le cause della crisi e trovare per essa una soluzione. A poco a poco, le trame si dipaneranno, giungendo infine a mostrare il loro fondamentale collegamento, insieme alla risposta che un intero universo attende fin dalla sua remota origine. E a un cambiamento che non lascerà nessuno indenne.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Secondo
 
I boccali colmi di birra si levarono in alto cozzando tra loro, accompagnati dagli sconclusionati brindisi degli ubriachi. La taverna era calda, chiassosa, colma di grossolane risate. In un angolo, due improbabili violinisti suonavano i loro strumenti sgangherati, in maniera non impeccabile ma senz’altro coinvolgente.
In quell’atmosfera allegra e scomposta, Cole si sentiva pienamente a suo agio. Era arrivato a Cruserobia, capitale della Serotheia, appena il giorno prima, concludendo così il suo incarico. Aveva trascorso i tre mesi precedenti in viaggio con un gruppo di mercanti che acquistavano in tutto il continente merce da rivendere nella capitale, lavorando come guardia del corpo. Era stato più volte tentato di derubarli durante il viaggio, ma dopo che aveva respinto i due attacchi di predoni subiti dalla carovana, i mercanti avevano promesso di dargli in aggiunta al suo compenso originario anche una parte dei loro guadagni futuri, e così aveva abbandonato il suo proposito. Si aspettava di ricevere il suo bonus entro un paio di giorni, ma nel frattempo era ben deciso a godersi il cospicuo gruzzolo che aveva già ottenuto. Si trovava nella taverna proprio per questo motivo. Birra a volontà, e forse, più avanti nel corso della serata, una donna. Aveva adocchiato una consolatrice dal seno esuberante e i capelli rossi che lo scrutava da quando era entrato, ammiccando ogni volta che le rivolgeva lo sguardo. Cole sapeva che la donna non puntava solo al denaro appeso alla sua cintura. Era un bell’uomo, e ben consapevole di esserlo. Alto, forte, con la possente mascella squadrata coperta da un’ispida e rada barba nera, gli occhi scuri e la pelle abbronzata. Era certo che, se avesse infine deciso di usufruire del servizio offerto dalla donna, non sarebbe stato l’unico a uscirne soddisfatto.
Ma prima, c’era bisogno di un’altra pinta. Cole decise che aveva voglia di farsi qualche nuovo amico, e alzandosi esclamò con voce profonda e tonante: “Offro un altro giro, a tutti!” Poi sedette nuovamente, tra gli applausi, le pacche sulle spalle e altre varie manifestazioni di entusiasmo. Amava vivere così. Senza una fissa dimora, sempre in viaggio, concedendosi solo brevi momenti di pausa, come quello, come valvola di sfogo di un’esistenza altrimenti spesa quasi interamente sulla strada. Non era costretto a stringere rapporti durevoli con nessuno, poteva essere per una sera il migliore amico di una persona che non avrebbe mai più visto. Il mondo era la sua casa, la taverna la sua famiglia.
Cole trangugiò in un sorso ciò che era rimasto nel suo boccale, poi si alzò di scatto, facendo ribaltare il suo sgabello, e si diresse senza ulteriori indugi verso la consolatrice. Così gli piaceva mostrarsi, sicuro di sé, privo di esitazioni. Sapeva, in una certa misura, di suscitare ammirazione in quanti lo circondavano. In preda all’esaltazione del momento, dovuta in parte ma non interamente all’alcol, si sentiva come un’inarrestabile forza della natura. Raggiunta la donna in pochi passi, la guardò per qualche istante negli occhi, mentre tutt’intorno i clienti della taverna osservavano la scena, rapiti.
Poi Cole parlò: “Mi è sembrato che mi guardassi, mi sbaglio?” L’altra, con una risolino vagamente beffardo rispose: “Chissà, può darsi che in effetti ti sbagli.”
Gli spettatori esplosero in una grassa risata, deliziati dallo scambio di battute. Cole reagì con un sorriso accomodante. Sapeva che la consolatrice stava solo giocando con lui.
“Oh, chiedo scusa, preferisci che me ne torni al mio posto?” “Forse dovresti. O forse, potresti dimostrarmi in qualche modo se sei davvero un duro come sembri.” Detto questo, la consolatrice afferrò Cole sotto la cintura, e annuì soddisfatta, scatenando altre risate. “Lo farò, stanne pur certa!” Tra gli applausi dei presenti, Cole lanciò un sacchetto di denaro all’oste, e poi disse alla donna: “Avanti, andiamo.” “Fammi strada.” Mentre uscivano salutati da risate e acclamazioni, la consolatrice tirò una sonora patta sul sedere di Cole.
Una volta fuori, l’uomo inspirò una boccata d’aria fresca. Durante il viaggio da poco concluso, aveva attraversato zone spesso poco accoglienti, quindi in quel momento il clima temperato della capitale gli sembrava particolarmente piacevole. Le vie, piuttosto strette, erano poco affollate. A quell’ora, la maggior parte degli abitanti del quartiere erano a bere nelle varie osterie. Come in molte altre zone periferiche, le strade erano scarsamente illuminate. Solo alcuni sparuti lampioni a gas sfidavano le tenebre altrimenti assolute. Sorreggendo la consolatrice che avanzava barcollando, Cole si avviò verso il suo alloggio, una piccola stanza che utilizzava quando si trovava a Cruserobia. La brezza fresca della sera l’aveva risvegliato dal senso di intorpidimento che si era impadronito di lui senza che se ne accorgesse. Si sentiva stranamente osservato. I suoi sensi, abituati ad avvertire il pericolo, percepivano la presenza di qualcuno che avanzava lentamente alle sue spalle.
Cole agì in maniera fulminea. Si voltò di scatto, estraendo allo stesso tempo il pesante coltello da combattimento che portava sempre con sé. La consolatrice lanciò un urlo. Il misterioso pedinatore, nonostante la sorpresa, balzò prontamente all’indietro, mettendosi fuori dalla portata di Cole, ma in un punto piuttosto illuminato. L’uomo poté così vedere che chi lo seguiva era una ragazza che non doveva avere ancora vent’anni, minuta, con la pelle scura, i capelli neri e due brillanti occhi verdi, in quel momento carichi di sfida. Guardandola meglio, Cole notò che il naso della ragazza presentava una vistosa gobba, e capì che doveva esserselo rotto.
“Che cosa vuoi? Vuoi questi?” chiese minaccioso l’uomo, soppesando il secondo sacchetto di denaro appeso alla sua cintura. La ragazza lo scrutò ancora per qualche istante, poi con un verso di rabbia si voltò e corse via. Riprendendo fiato, Cole si voltò verso la consolatrice e disse: “Mi dispiace. Non volevo essere così brusco, ma era necessario.” La donna, anche se ancora vistosamente agitata rispose: “Tranquillo. Non è nulla di nuovo.” “Lo immagino. Beh, spero che tu abbia ancora voglia di venire con me.” Con un pallido sorriso sul volto, la consolatrice acconsentì: “Certo. Andiamo.” Cole sorrise a sua volta: “D’accordo. Non te ne pentirai.” I due proseguirono, allontanandosi dal lampione, e scomparvero nell’ombra.
   
 
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