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Autore: Mikirise    06/05/2015    4 recensioni
Quando il ragazzo si era reso conto che Calypso stava entrando nel panico, non riuscendo a trovare dei buoni ricordi che la collegassero a suo padre, le prese velocemente le mani nelle sue e con un sorriso dolce le disse: "Facciamo un gioco. Lo facevo sempre con mia mamma, quando ero piccolo" strinse le mani leggermente callose della ragazza, cercando di trasmetterle un po' di calore -stava diventando quasi bravo con la storia dell'empatia- "Allora, io sceglierò un luogo, un tempo, una situazione e immaginerò come saremmo potuti essere in quel mondo. Lo potrai fare anche tu, ovviamente, scegliendo un posto, un luogo ed una situazione. Sarà un po' come dare una sbirciatina a le nostre vite nei mondi paralleli. Sarà divertente"
{Storia scritta per la challange Dei, miti ed eroi, indetta dalla community campmezzosangue}
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, Leo Valdez, Leo/Calipso
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note:
So di essere un mostro, perché avevo promesso di tornare con una AU tipo i pirati e la guerra, che comunque arriveranno. Perché si, dai, la devo finire questa raccolta.
E sono tornata col Modern!au. Forse è stata la stessa cosa di quando volevo fare l'au sugli zombie e mi sono beccata la Regency. Neanche io dico a me stessa di mettere in ordine la mia camera.
E i prompt vengono da Dei, miti ed eroi .
E vi amo tutti, voi che continuare a leggermi, per qualche motivo :)







Saremmo potuti essere

Mondo sette: La causa femminista



Calypso sorrise, tenendo le ciglia socchiuse e guardando verso il basso. Prese la mano del ragazzo, che continuava a stare sdraiato, mentre fili d'erba gli sfioravano il naso.

Sentire la stretta anche di lui, intorno alla mano di lei, le fece chiudere gli occhi, nascondendo il sorriso che era arrivato anche a quelli.

"Tocca a te" le ricordò Leo, bisbigliando appena, la voce roca e gli occhi puntati verso il cielo.

Calypso si sdraiò accanto a lui, senza smettere di sorridere. "Nel mondo moderno ti avrei odiato."





★☆★






Quello che Zoe non era riuscita a fare da sola, con parole amare e insulti verso gli uomini, erano stati gli uomini a farlo, col loro essere stupidi e la loro idiozia.

Calypso, nella sua cameretta rosa, col suo peluche stretto al petto, aveva sempre creduto che gli uomini fossero la metà mancante della donna. Che la donna fosse attratta dall'uomo per una mancanza nel proprio animo, che sarebbe stata completata dalla mancanza nell'animo della donna. Due esseri umani di pari dignità, di pari umanità e di pari amore, che, insieme, creavano l'essere perfetto. Lei credeva in questo.

Zoe odiava gli uomini. Punto. Nient'altro da dire, nient'altro da aggiungere. Niente interviste. No comment.

Calypso sapeva il perché di questa presa di posizione. Sapeva anche che il problema con gli uomini aveva un nome. Sapeva che il nome era Eracle. O Pompato, per gli amici. Ma pensava fosse semplicemente un esempio isolato di cattivo ragazzo. Pensava che non tutti i ragazzi fossero così idioti da usare una ragazza, da farla volontariamente soffrire, da… da essere così poco umano.

La storia di Zoe e Eracle non arrivò mai alle orecchie di Calypso nella sua interezza, ma aveva visto le scene di quella tragedia che si ambientavano a casa sua. E vedeva quella maschera, sul viso di sua sorella maggiore, che teneva dentro le lacrime di frustrazione, mentre gridava e gridava e gridava.

Nonostante questo, gli uomini non potevano essere tutti uguali. Calypso non ci voleva credere. No. E che Zoe ogni notte -ogni singola notte- entrasse nella sua cameretta rosa, attraverso la sua porta rosa guardando appena il suo letto rosa, per puntare il suo sguardo oltre la finestra e chiedersi se effettivamente il mondo dovesse girare così come girava, non la smuoveva dalla sua idea: Eracle non era la metà di Zoe. Era questo. Tutto qui. Fine. Non poteva essere colpa del genere maschile.

Che la saggezza avesse abbandonato Calypso durante la crescita, era un fatto appurato e che aveva fatto saltare di gioia sua sorella maggiore, perché poteva andare con lei a cavalcare verso l'orizzonte, sparlando dei maschi e idolatrando Artemide che blablabla.

Calypso non si era convertita al femminismo estremista -chiamato anche Artemidismo- perché amava Artemide. Anzi. Trovava Artemide un po' tonta e banalista, cioè che banalizzava. Cioè una che non capiva fino in fondo il mondo e che aveva le potenzialità ma non si applicava, ecco. Qualcosa in più di fare convegni su quanto i maschi siano idioti, aprendo una scuola completamente femminile, alla quale i maschi non si potevano nemmeno avvicinare, perché sono stupidi, poteva farlo. Ecco.

E non era questo il punto.

Calypso aveva iniziato a odiare gli uomini perché non uno, non due, ma ben tre uomini, davanti a lei che offriva il suo cuore, davanti a lei che si mostrava essere la dolcezza fatta in persona, avevano avuto la stessa reazione: mostrarsi innamorati di lei, per poi scegliere un'altra.

E la prima volta, con Ulisse, okay, va bene, scusa, capita. Non doveva essere lui la sua metà. Poteva accettarlo. Penelope era una bella ragazza, dolce, fedele. Ci era rimasta male, sì, ma aveva cercato di giustificare i comportamenti di tutti nonostante il Ti ha usata di Zoe, che era vero, in un certo senso, perché quando Ulisse era solo e triste e nessuno voleva aiutarlo, c'era stata Calypso e nessun altro a sorridergli.

La seconda volta, con Francis, poteva essere una coincidenza. E con Elizabeth avevano una storia-non-storia. E lei aveva faticato a mandare giù il boccone amaro, tra le braccia di sua sorella maggiore che ripeteva Gli uomini sono solo porci. E forse nemmeno lui era la sua metà. E magari lui aveva trovato la sua metà in qualcun altro. Ma era già la seconda volta. E faceva male.

La terza volta, con Percy, il suo cuore già lacerato era andato in pezzi. E chi cavolo se ne frega di lui e di Annabeth. E chi cavolo se ne frega di metà e anime gemelle e completamenti e mancanze. Quell'idiota, quegli idioti erano tutti uguali. Sempre la stessa storia, sempre la stessa Zoe a consolarla, sempre la stessa fine. E a quel paese allora.

Se gli uomini erano tutti uguali, lei non ne voleva nemmeno uno accanto a lei. E se li doveva vedere, li voleva veder soffrire. Voleva vederli in ginocchio e distrutti. Perché questo si meritavano.

E quello che Zoe aveva provato ad inculcargli, gli uomini lo avevano portato a termine.

Per questo aveva provato in tutti i modi ad essere autosufficiente. Dallo sport alla meccanica. E se doveva chiamare un idraulico, che l'idraulico fosse femmina! Come l'antennista, come l'elettricista, la ragazza della pizza e qualsiasi cosa che nell'immaginario comune fosse un lavoro maschile.

Ecco, sì.

E per questo, Calypso si era ritrovata in mezzo alla strada, lanciando sassi su ogni macchina con un uomo al volante che si fermava sotto il sole cocente per poterla aiutare. Si era alzata le maniche della maglietta -rigidamente a quadri rossi e blu, come un boscaiolo, perché doveva andare a costruire case, lei, mica roba da maschietti- e aveva infilato le mani nel cofano.

La macchina perdeva olio. Di nuovo. Sicuramente poi si sarebbe scaricata la batteria e nemmeno vicino ad una discesa. Dei.

Stupide stupide stupide stupide macchine d'epoca.

“Pronto? Garage Valdez?” sbuffò, alzando lo sguardo verso il sole cocente di mezzogiorno. Le mani sui fianchi, tenendo le dita lontane dalla sua maglietta. “Mi si è rotta la macchina in mezzo al nulla.”

C'erano diverse officine in città, ma l'unica di cui si fidava era il Garage Valdez e c'era un perché: Esperanza Valdez era la donna più intelligente e paziente che avesse mai incontrato nella sua vita. Era stata lei, la prima volta che la sua Matiz-Rottame si era fermata, a farla ripartire, accendendola in seconda in una discesa, facendole l'occhiolino e dicendole di passare da lei quando voleva.

Ecco. Per Zoe l'esempio da seguire era Artemide? Per Calypso lo era Esperanza. Una tosta. Una che lavora e batte gli uomini. Una che sorride dolcemente.

E sua figlia, Nyssa, una ragazza col sorriso raro e la malinconia negli occhi, era una ragazza che, in un certo senso, capiva le parole di Calypso, anche se gli studi non li aveva finiti, anche se non capiva certi apprezzamenti culturali, aveva un'intelligenza unica. E Calypso l'apprezzava, davvero.

Ed era lei che aspettava. Un piccolo angelo che comparisse tra le strade desolate del Texas.

Abbassò tutti i finestrini, perché l'aria era afosa e sentiva di star facendo bollire il proprio sangue.

“Fammelo un'altra volta e giuro, giuro, che ti rottamo” borbottò, abbandonando la testa contro il sedile e sbuffando, tirando il sedile all'indietro, per poter tenere d'occhio la strada dietro di lei. E quell'erbetta solitaria che attraversava la strada deserta, tra due deserti, le stava facendo salire i nervi peggio di… di… degli uomini.

Poi eccolo, il cavallo bianco, travestito da un auto di rimorchio, o roba così.

C'era poco da fare. Calypso si buttò giù dalla macchina, e prese a sbracciarsi come una naufraga, nell'intento di farsi vedere, e a saltare come un'idiota, perché, cavolo, lei desiderava tanto andare a costruire case per i bambini poveri! E, in mezzo al nulla, si annoiava.

E quel “Oh, Nyssa! Grazie al cielo sei arrivata, ché mi sa che qua Rachel mi uccide!” le morì in bocca. E si pentì del suo sorriso. E donò al ragazzo davanti a lui una smorfia così odiosa da sentirsi odiosa anche per se stessa. “Scusa. Non ho spicci.”

Il ragazzo, che ancora non era sceso dalla macchina, alzò un sopracciglio. “Scusami?”

“Non ho spicci. Quindi puoi continuare per la tua strada e non tornare mai più indietro.” E sorrise. E mosse la mano perché il ragazzo se ne andasse. “Sto aspettando una persona.”

“Un appuntamento in mezzo al niente?” Il ragazzo rise, scendendo in mezzo alla strada e stiracchiandosi pigramente. “Romantico” commentò. “Non sei Calypso Nightshade del gruppo di Artemide, ferma in una Matiz rossa?” Guardò la Matiz-Rottame, poi alzò un sopracciglio, in un modo molto eloquente. E Calypso si ritrovò a sperare che gli partisse e cadesse a terra. Perché che odio!

“No” fu l'unica risposta che lei riuscì a dare e, okay, non la miglior risposta del mondo.

E lui scoppiò a ridere. E chissene frega di questa ragazza strana che voleva Nyssa e non voleva lui. Quello che importava a lui era la macchina.

“Ho un'amica con origini Cherokee, che guida una Jeep Cherokee.” E di nuovo a ridere come un idiota. Mentre si avvicinava alla macchina con l'olio tanto anelato da Calypso e con un passo saltellato, e sembrava diverso agli occhi della ragazza. Vero, un po' tonto e… cavolo, no!

“E questo me lo dici perché…?”

“Così” alzò le spalle. Dopo aver svuotato la bottiglietta di olio, passò a controllare le ruote, poi la batteria -e arricciò le labbra, a questo punto-, poi qualcosa del motore. E aveva finito tutto in meno di cinque minuti, sotto quello stupido sole cocente, sudando. E sotto lo sguardo annoiato della ragazza, che, ad ogni suo movimento, alzava gli occhi al cielo. Mise in moto la macchina e poi la spense. “Fatto.” Sorrise, scese dalla Matiz. “Mamma dice di passare quando puoi in officina. E tanti saluti.” Fece il saluto militare con una mano e corse di nuovo nella sua macchina.

“Mamma?”

Lui sorrise di nuovo, mettendo in moto. Che c'era da sorridere glielo doveva spiegare.

“Gruppo di Artemide?”

Calypso assottigliò lo sguardo. E avrebbe tanto voluto ucciderlo. Ma i bambini poveri avevano la priorità.









Esperanza si stava lavando le mani dal nero dell'olio, quando Calypso arrivò in officina. E stava parlando con Sono-tutto-sorrisi Valdez.

“La tua macchina sarebbe da buttare” la salutò il detto ragazzo. E lei alzò gli occhi al cielo.

“Matiz-Rottame tu non la tocchi mai più” lo avvisa lei, puntandogli il dito contro, con un'espressione minacciosa e sbattendo le palpebre troppo velocemente. “Mai più” mise in chiaro, perché quel ragazzino sembrava davvero stupido.

Non che tutti gli uomini non lo fossero.

“Io lo dico per te.” Alzò le mani e non sembrava in vena di litigare, perché si alza dal fianco di sua madre e se ne andò. Niente sorriso o battute questa volta. E, forse, aveva lanciato un'occhiataccia, non soltanto a Calypso, ma anche a sua mamma.

“I rischi di avere un figlio maschio” rise Esperanza, accarezzandosi la fronte con due dita, in un chiaro gesto imbarazzato.

La ragazza alzò le spalle. “Sicuramente tutto finirà bene.”

“A volte vorrei semplicemente che parlasse.”

E la cosa finì lì.










Calypso sarebbe voluta morire. Perché, davvero Artemide? Le donne hanno la testa più grossa perché sono più intelligenti? Cresci.

Zoe applaudì entusiasta e Calypso si chiese se non fosse caduta dalla culla quando era piccola.

Perché l'uomo è stupido. Perché l'uomo non esprime. Perché l'uomo non ci merita.

Calypso non ce la fece. Si alzò e uscì dalla conferenza. E artemidista deve essere proprio una brutta parola. E sembra stupida la causa. Anche per lei, perché c'è qualcosa che non va in quello che Artemide dice. Forse lo capisce anche Artemide, perché ha un fratello gemello. O forse è per colpa di Apollo che Artemide dice solo cose stupide.

La donna troppo forte è maschiaccio. L'uomo troppo emotivo è una femminuccia.

E Orlando di Virginia Woolf è sia maschio che femmina. E la Regina Elisabetta I era amata dal suo popolo perché era re e regina.

E c'era qualcosa che non andava.

Vide anche il figlio di Esperanza Valdez seduto sui gradini della piazza, con gli occhi vuoti e la guancia poggiata sul pugno della sua mano. Niente sorriso nemmeno questa volta. Doveva star pensando. Chissà che fatica. A Calypso veniva una battuta su sfondo Artemidiano, ma la ingoiò in gola, perché, seriamente, a lei il pensiero Artemidiano fa schifo.

“Tua madre?” lo salutò, avvicinandosi a lui e rimanendo in piedi sulle scale, senza cercare il suo sguardo.

“Il gruppo di Artemide?” Nemmeno lui cercava il suo sguardo. Era troppo occupato a non far niente, senza guardare niente. O forse era il contraccolpo del troppo pensare di prima. Magari era solo stanco di pensare. Di nuovo, Calypso alzò gli occhi al cielo per i suoi pensieri.

“Tutti i maschi sono stupidi.” Contenta Artemide? Porto le tue parole al mondo.

“Immagino.”

Questa volta fu lei ad alzare un sopracciglio, abbassando la testa verso di lui. “Non protesti? Perché non protesti?”

“Se gli uomini potessero essere più emotivi, le donne potrebbero essere meno arrendevoli” borbottò. “Sono nello HeforShe. Ma trovo che le Cacciatrici siano stupide. Ho provato a parlare con loro, ma…” Alzò le spalle. “Non tutti capiscono.”

Calypso si sedette accanto a lui, lisciando bene le pieghe della sua gonna. “Emma Watson. Sì, questo lo conosco.”

“Non tutti capiscono.”

“Io capisco.”

Leo girò la testa, guardandola e alzando di nuovo quel cavolo di sopracciglio. Andava bene quando alzava il sopracciglio, però. Sì, dai, andava bene. Sapeva di normalità. “Tu? La quasi Cacciatrice del gruppo di Artemide?” Rise e si alzò in piedi. Come dire Certo, come no. “Sono un macho latino. E sono stupido come tutti i maschi. E Thalia-odio-gli-uomini è uscita dalla vostra stupida conferenza. La devo accompagnare a casa. Ciao Raggio di Sole.”

E niente di più.











Calypso dovette ingoiare il suo orgoglio, per fare quello che stava facendo.

Il suo orgoglio da sono una donna indipendente. E la sua dignità di Sono capace di fare quello che fanno gli uomini.

Eppure lo fece. Perché sentiva che era la cosa giusta da fare. E gli dei vogliano che ogni tanto le cose che sente giuste da fare non siano anche umilianti! Ma va bene così, si disse. Adesso ho capito, si disse.

“Garage Valdez? Ho un problema con la macchina. Eh, sì. Non parte. Sono… okay. Cinque minuti?” Cosa cavolo stava facendo?

Poi iniziò ad aspettare, con le spalle poggiate sulla sua Matiz-Rottame e i jeans vecchi macchiati di olio. Non era stupida. Sapeva cambiare una ruota. Sapeva anche camminare fino al benzinaio più vicino per della benzina. Sapeva mettere olio alla sua macchina. Ma non sapeva come ricontattare Sono-dalla-parte-di-Emma-Watson Valdez. E quindi qui cadeva la sua dignità da donna forte e indipendente. Però non da donna determinata, dai. Quel titolo se lo poteva ancora permettere.

In fondo, aveva volontariamente bucato una ruota della sua macchina, aveva speso tutta la benzina e fatto in modo che cadesse tutto l'olio del il motore. E tutto da sola! Se quella non era determinazione!

Ma aveva chiesto scusa a quella prima donna della sua macchina. Perché, cavolo, le faceva male al cuore farle fisicamente del male -anche se a volte voleva ancora rottamarla-, oltre che all'orgoglio, perché ancora sentiva le vampate di calore attorno al collo, per aver chiamato l'officina per una cosa così stupida -e auto-inflitta.

“So cosa succede” sputò fuori non appena vide il ragazzo mettere piede fuori dalla macchina.

Lui la guardò e sorrise. “Io non posso toccare la tua macchina” rise, come se le parole che Calypso gli aveva dedicato all'officina non fossero minacce, ma una barzelletta.

“Hai il cuore spezzato” continuò imperterrita lei, alzando un braccio, a fermarlo dal muoversi dalla sua posizione e alzando la voce, solo per farsi sentire. “E ti dà sui nervi, perché sai riparare tutto ma non il tuo cuore spezzato. E senti di non poterne parlare con nessuno.”

“Ti chiamerò Sherlock Holmes, d'ora in poi.” Alzò gli occhi al cielo e al diavolo le buone maniere e la Matiz rossa e il lavoro. Rimase lì seduto, guardandola per qualche secondo, prima di decidere che voleva mettere in moto la macchina e andarsene. E lo avrebbe fatto.

No, davvero, lo avrebbe fatto.

“Ne puoi parlare con me” bisbigliò la ragazza, mordendosi il labbro. “Se vuoi” aggiunse.

“Saresti la mia migliore amica? La mia amichetta del cuore?” chiese sarcastico.

“Sarei quella che ti batte a riparare più velocemente un condizionatore.”

Lui scoppiò a ridere. E cosa c'era da ridere? Questo ragazzo ride troppo.

“Ho la sensazione che non hai tanti amici” continuò lei, mordendosi il labbro.

“Ho la stessa sensazione di te.” Poi Leo, perché prima o poi il suo nome lo avrebbe dovuto dire, Calypso, le sorrise e lei voleva morire davvero, perché un meccanico dovrebbe andare in giro a torso nudo… cosa? Cosa? Cancellate l'ultima considerazione. Detto niente. “Mi piacciono le ragazze che non hanno paura di sporcarsi le mani” e indicò le sue mani piene di olio -era già la seconda volta. “Lo hai fatto per attirarmi qui?”

“Ah, non dire stupidaggini. Mica sei così importante.”

“No?”

“No!” Sbattè il piede a terra, come una bambina viziata che litiga con qualcuno, chiunque, per i suoi dolcetti. “La macchina si è fermata di colpo. E non avevo il tuo numero di telefono, altrimenti mica avrei martoriato la mia Matiz-Rottame!”

“Hai appena confessato, lo sai, vero?”








Quindi Zoe era di nuovo molto delusa da lei, perché gli uomini, per lei, fanno schifo. E non ci si dovrebbe innamorare degli uomini. Perché fanno schifo. Eh.

Leo a queste parole diceva che qualcuno doveva pur dare un nipotino ad Atlante, visto che, se entrambe fossero entrare nelle Cacciatrici sarebbero rimaste zitelle. E Atlante, inutile dirlo, lo voleva uccidere con le sue stesse mani.

“Siamo solo amici!” gridava poi Calypso e nessuno ci credeva. Nemmeno lei.

E la causa femminista non l'aveva abbandonata. Quindi, Zoe non sarebbe dovuta esser così delusa.

Non era questione chi tra gli uomini e le donne è più intelligente. O gli uomini fanno schifo. O gli uomini sono tutti uguali.

Era questione di Calypso aiutando all'officina e facendo un lavoro che per tutti era considerato da uomini, mentre mandava Leo a cucinare e prendersi cura dei suoi fratellini, come nello steriotipo dovrebbe fare una donna. Era questione di poter credere in se stessa e altre cose imbarazzanti che però Calypso diceva, perché finalmente aveva recuperato la giovane saggezza della sua infanzia. E poi chissene frega.

Leo poteva fare l'emotivo e lei poteva fare l'arrogante. Tutto in perfetto equilibrio mentale e fisico.

“La batteria della tua Matiz è andata.” Leo alzò le spalle, lanciando un'ultima occhiata alla macchina rossa, che giaceva nell'officina per l'ennesima volta. “Dovresti cambiarla. Non so, rottamarla?”

“Non ne possiamo costruire un'altra?” Calypso arricciò le labbra. I capelli tirati all'indietro e la maglietta rossa lurida, mentre poggiava le sue braccia sul cofano della Matiz e alzava gli occhi verso Leo. “Di batteria, intendo.”

“Meglio di spingerla in discesa” sospirò lui.

E, dei, quanto amava Leo.



SET LEO/CALISPO DI MICHIGR
Hogwarts!verse, «Toglimi di dosso le tue diavolerie Babbane»✔️
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College!AU, «Questo caratterino lo riservi a chiunque ti rivolga la parola o è un trattamento speciale?»✔️
Steampunk!AU, «È più grande all'interno!»✔️
Regency!AU, «Il vostro è il giardino più bello che io abbia mai visto»✔️
HungerGames!AU, «Ho scommesso su di te»✔️
Modern!AU, «Pronto? Garage Valdez? Mi si è rotta la macchina in mezzo al nulla»✔️
Zombie!AU, «Come fai non sapere che è in corso un'Apocalisse Zombie?!»✔️
COMPLETATE: 7/10
  
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