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Autore: Ameliasvk    07/05/2015    6 recensioni
"In principio ci furono le fiamme."
Londra, 1882. Amelie von Kleemt è una giovane di buona famiglia, ed ha tutto ciò che una ragazza della sua età possa desiderare: un nome altisonante, una casa lussuosa, innumerevoli vestiti, gioielli e... un fidanzato che non ha nemmeno mai visto in volto. Accade però che durante la festa di fidanzamento, la ragazza viene a conoscenza della più orrenda delle verità. Chi sono le creature che popolano i suoi incubi? Cosa vogliono da lei... ma soprattutto, sono reali? Ma è proprio quando tutte le sue speranze crollarono in mille pezzi, che Amelie viene salvata da un misterioso ragazzo, il quale, subito dopo…
Genere: Dark, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nigel Von Kleemt

_ Miguel_

<< Credo che tu mi debba delle spiegazioni, ragazzo...>> mi fulminò Nigel von Kleemt, sporgendosi al di sopra della sua tela.
Sentii il pennello sfregare contro la superficie carica di colore, in modo alterato, frettoloso, producendo un rumore tutt'altro che gradevole.
<< Avanti, parla! Che diavolo stavate facendo?!>>
<< E cosa dovrebbe importarvene, di grazia?>> dissi con strafottenza, ormai innervosito dal suo atteggiamento.
L'odore di vernici e colori ad olio mi bruciò le narici, costringendomi a non respirare.
Lasciai lo sguardo libero di vagare all'interno del suo studio, soffermandomi su cornici in legno, tavole preparate a gesso e varie tele arrotolate sul ripiano di uno scaffale.
Alzai il braccio per afferrare un lembo di stoffa ancora da preparare.
Grigia, la trama larga, forse fin troppo.
Accarezzai la sua superficie storcendo il naso.
Non potevo farci niente: detestavo la porosità del lino grezzo a contatto coi polpastrelli.
<< Allora?>> lo incalzai.
Lui sbuffò spazientito, trattenendo la rabbia che gli imporporava il volto.
Non era molto bravo a dissimulare, quindi trovavo inutile che si sforzasse tanto. In qualunque caso, la nostra conversazione era inevitabilmente destinata a tramutarsi in un litigio.
<< "Cosa dovrebbe importarmene"?!>> ripeté su tutte le furie, gettando la tavolozza a terra.
Sembrava quasi che gli occhi potessero fuoriuscirgli dalle orbite, cadere a terra e rotolare sulle assi di legno del pavimento.
Come immagine era piuttosto raccapricciante, ma di certo avrei provato di gran lunga più piacere nel cavarglieli personalmente.
<< Esatto.>> replicai, calibrando a dovere il tono della mia voce.  
<< Cosa stai insinuando?>>
<< Io?>> spalancai gli occhi con finta incredulità, posandomi teatralmente una mano sul petto.
<< Ero solamente in compagnia della mia fidanzata, Sir. E voi, in modo estremamente inopportuno... ci avete interrotto sul più bello.>>
Colpito e affondato.
Dopo quelle parole lo vidi avvampare, sfiorare i toni del viola e puntarmi irosamente un dito contro.
<< Tu...! Razza di bestia in calore! Che avevi intenzione di farle, eh?!>>
<< Non sono di certo affari vostri.>> lo beffeggiai.
La mia voce era volutamente insolente, irritante, accentuata da un ghigno malizioso.
Per poco non me lo ritrovai addosso, pronto a colpirmi a suon di pugni.
<< Dannato bastardo!>> urlò, << Ti stavi approfittando di mia nipote! Come hai osato? Credi che io sia un povero sprovveduto? Ho visto quello che stavate facendo... le vesti strappate, i vostri corpi nudi... e... le lenzuola! Quelle stramaledette lenzuola sporche di sangue!>>
Lo congelai con lo sguardo, stringendo i pugni per non assalirlo in quello stesso istante.
Quel vecchio porco... era arrossito come un ragazzino, nel ripensare al corpo nudo di sua nipote.
<< Quello che faccio con la mia fidanzata, signore, non sono affari che vi riguardano.>> cercai di liquidarlo, facendo di tutto per calmarmi e non dover occorrere alla violenza.
<< Beh, ti sbagli ragazzo! Finché Amelie vivrà qui a Slyvermon, sarà sotto la mia custodia. E di conseguenza, i miei ordini sono legge. >>
<< E cosa farete? >> lo stuzzicai, << Avete intenzione di cacciarmi?>>
Un baluginio iroso gli guizzò negli occhi, facendoli sembrare ancora più verdi.
<< Oh, no. Ho altri piani per te...>>
Di fronte al suo tono sornione, non potei fare a meno che alzare un sopracciglio, incuriosito.
<< Ebbene?>>
Lo zio di Amelie finse di non sentirmi, e con aria imperturbabile, fece due passi indietro, rimirando nel complesso la sua opera.
A giudicare dalle sopracciglia aggrottare e la smorfia di disgusto dipintasi sul suo volto, ipotizzai che il risultato non lo entusiasmasse più di tanto.
Difatti, in un gesto esasperato, coprì il quadro con un telo di cotone bianco.
<< Niente... >> sogghignò, posando i pennelli sporchi nel solvente.
Il colore si sciolse nel liquido trasparente in sottili striature opache, fino ad aprirsi in una sorta di spirale.
<< Che volete dire?>> gli chiesi, gli occhi fissi sul dipinto alle sue spalle.
Era un ritratto di donna, l'ennesimo, sempre con quel volto cancellato.
<< Assolutamente nulla. Solo che dovresti rispettare la mia autorità. Qui comando io.>>
<< Ah, sì? Pensavo che tutto questo - il castello, le terre, la stessa Slyvermon-, fossero in realtà un dono gentilmente concesso da vostro fratello: il conte. >>
<< Non tirare troppo la corda. Se oserai metterti contro di me, ragazzo... la pagherai cara!>> minacciò.
Per poco non gli scoppiai a ridere in faccia.
<< Sto tremando di paura...>> gli risposi, trattenendo una nuova ondata di risa.
<< Certo, una creatura del tuo rango è dotata di poteri straordinari, lo so bene...>> affermò, togliendosi il camice sporco di colore secco.
<< Ma se non sbaglio, hai le mani legate. Non puoi fare come vuoi... soprattutto con me. Caro signor Meterjnick. >>
<< Ah sì? E cosa me lo impedirebbe?>> replicai, d'un tratto più irritato che mai.
<< La contessa Lamia? Il conte? Beh... in entrambi i casi, nessuno ha il potere di darmi veramente degli ordini. Se sono al loro servizio, è solo perché mi fa comodo. Si tratta di puro rendiconto personale.>>
<< Si tratta di Amelie...>> mi corresse Nigel, digrignando i denti.
Di nuovo quello sguardo, quel modo possessivo d'imporsi, come se quel Piccolo Tarlo, fosse una sua proprietà.
Sua!
Il solo pensiero mi faceva fremere di rabbia!
Stavo letteralmente morendo dalla voglia di dargli una bella lezione, di prenderlo a pugni e tirargli il collo... ma ancora una volta il buon senso prevalse sugli istinti più bassi, facendo sì che mi trattenessi.
<< In ogni caso...>> si schiarì la voce, << Dovrai fare come ti dico.>>
<< E se mi rifiutassi?>> lo sfidai.
Lo vidi avvicinarsi ad un mobiletto addossato alla parete, senza degnarmi di una risposta.
Frugò in un cassetto e tirò fuori vari pezzi di carta, tra cui una lettera ancora sigillata.
Me la porse in silenzio, studiando la mia reazione.
Sullo sfondo rosso scuro della ceralacca, vi era impressa la sagoma della chimera, l'inconfondibile effige dell'Ailthium.
<< E questa?>> domandai, osservandolo con rinnovata curiosità.
Un sorriso incredibilmente falso ed ambiguo gli increspò le labbra.
<< Sono i tuoi Ordini.>> replicò, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
<< Questo lo vedo...>> sibilai, afferrando la busta. << Ma non capisco perché li abbiate voi.>>
Nigel abbassò le palpebre a mezz'asta, poi schioccò la lingua, guardandomi dall'alto in basso.
<< Ignori completamente chi io sia... vero?>>
Sentii le dita formicolare, fastidiosamente, come se tanti piccoli insetti camminassero al disotto della mia pelle.
<< Siete il padrone di questo castello, Sir. Nonché fratello maggiore di James von Kleemt, l'attuale conte di Slyvermon.>> gli risposi saccente.
Ma l'uomo scosse la testa, piuttosto divertito.
<< Vedo che non sei poi così informato, Meterjnick. O forse dovrei chiamarti "Sterminatore"?>>
Per un attimo rimasi interdetto.
Come faceva lui a conoscere il mio nome all'interno dell'organizzazione?
Non poteva essere stata Lamia a rivelarglielo... e questo perché la stessa contessa ne ignorava completamente l'esistenza.
In fin dei conti, era un pur sempre un nome in codice, un'informazione riservata, troppo difficile da far trapelare all'esterno.
<< Chi siete?>> lo interrogai, mettendolo alle strette.
Mi sarebbe bastato sollevare di poco il braccio per agguantargli il collo e stritolarlo.
<< Non lo immagini?>> rise divertito.
Lo studiai in silenzio, con attenzione, percorrendo il suo corpo da capo a piedi.
La copia esatta del conte: solo leggermente più alto, i tratti del viso meno marcati, il naso aquilino piuttosto che dritto.
Un uomo, un semplice essere umano.
Ma c'era qualcosa, in lui.
Qualcosa d'incredibilmente sinistro... come un'aura scura, incombente, che lo circondava ogni momento.
<< Ma bene...>> sospirai alla fine, << Siete un membro anche voi.>>
Le sue labbra si allargano, a dismisura, fino a mostrare una schiera di denti bianchi e ben curati.
<< Già...>>
Stranamente, la cosa non mi stupì più di tanto.
<< Non vi ho mai visto... strano. Quindi suppongo che facciate parte del consiglio ristretto; Prima Legione, non è vero?>>
Nigel annuì, accarezzandosi la barba con malcelata soddisfazione.
<< Esattamente.>> ghignò, << Siedo ai vertici. >>
Avrei voluto spaccargli la faccia seduta stante, ma a quella rivelazione non potei far altro che stringere i denti.
Era tutta la giornata che mi trattenevo.
<< Quale onore... sono faccia a faccia con uno dei capi!>> sentenziai sarcastico, facendo una finta riverenza.
Lui se ne accorse, ma si limitò a sorridere compiaciuto, conscio del potere che aveva su di me.
<< Ho sentito molto parlare di te e delle tue gesta, soprattutto dal generale Angus. Tu e il Camaleonte siete famosi, avete collezionato successi innegabili contro la caccia ai Ghuldrash. E sono fiero di averti tra le nostre fila. In un'organizzazione di soli umani, l'aiuto di una creatura come te.... è essenziale: sei il nostro mastino da caccia, l nostro scudo... l'arma più potente. >>
<< Le vostre parole mi lusingano, Sir.>> replicai con voce gelida.
Lui incrociò le braccia al petto, fissandomi intensamente negli occhi.
<< Bene. So che abbiamo cominciato il nostro rapporto nel modo sbagliato. James non mi aveva avvisato della tua presenza. Ma ora che le presentazioni sono state fatte a dovere e le cose messe in chiaro, mi aspetto che eseguirai i miei ordini senza discutere.>> fece una pausa, << Lo devi a quel ciondolo che nascondi sotto il colletto della camicia, ma soprattutto alla memoria di tuo padre.>>
 Nell'udirgli pronunciare quelle parole, sentii la mascella sbriciolarsi per quanto la stessi contraendo.
Il solo riuscire a respirare, si stava rivelando un compito più che arduo.
Con che coraggio osava tirare in ballo mio padre?
<< Domattina ti recherai in città per indagare. Ultimamente stanno accadendo cose strane là giù, cominciano a girare delle voci: persone che svaniscono nel nulla, ritrovamenti di cadaveri... non vorrei che il mio territorio sia stato momentaneamente invaso dai Ghuldrash.>> disse con aria affranta, sebbene il tono contrito non si rispecchiasse all'interno dei suoi occhi.
<< Perchè proprio me? Avete decine di cacciatori ai vostri ordini.>>
<< Sì, è così. Ma nessuno è abbastanza forte, né troppo vicino.>> spiegò, << Per quanto riguarda i dettagli, invece, li troverai tutti nella lettera.>>
<< Ai vostri ordini, Ser.>> ringhiai a denti stretti, trattenendomi dallo stropicciare quel maledetto foglio di carta.
Lo vidi avanzare d'un passo, posarmi una mano sulla spalla e sorridere al disotto dei baffi.
Dopodiché, un lampo di vittoria gli illuminò il volto: Nigel von Kleemt aveva il coltello dalla parte del manico.
E lo sapeva... già.
Lo sapeva fin troppo bene.

_ Amelie _

Il vento ululò contro le alte mura del castello, raggelandomi fin dentro le ossa.
Rabbrividii.
Una sferzata d'aria ghiacciata mi schiaffeggiò violentemente il volto, facendo spostare di lato il prezioso mantello blu scuro regalatomi da Nigel: l'unico indumento in grado di garantirmi ancora un po' di calore.
Non appena ebbi recuperato i due lembi di velluto svolazzante, mi strinsi al loro interno, ahimè senza successo.
Per quanto mi coprissi... il mio corpo non la smetteva di tremare.
Faceva troppo freddo.
Ben presto il sole sarebbe sorto, portandosi dietro l'ennesima giornata tediosa, fatta di porte chiuse, libri e solitarie passeggiate nel salone. 
Sbuffai spazientita, chiedendomi per la milionesima volta che cosa ci facessi io, di primo mattino, fuori e al gelo sul tetto della torretta di nord-ovest.
Ovviamente da quell'altezza si poteva godere di un paesaggio mozzafiato, selvaggio e verdeggiante, ma non me ne curai. Avevo ben altro a cui pensare.
<< Eccoti qui, Piccolo Tarlo...>> sussurrò una voce più che famigliare alle mie spalle.
Trattenni il respiro e mi voltai, mentre con aria trasognata, lo guardavo avvicinarsi lentamente, con il passo sicuro e silenzioso di un predatore.
Non l'avevo più visto da quell'incidente in camera, dopo che Nigel aveva quasi sfondato la porta, trovandoci in atteggiamenti piuttosto... intimi.
Il solo ricordo bastò ad imporporarmi le guance e farmi morire d'imbarazzo.
Sia per la situazione che si era venuta a creare, sia per quello che eravamo in procinto di fare.
Se solo Lamia l'avesse scoperto... oh, non ci volevo nemmeno pensare.
<< Miguel...>> mormorai, sentendomi il cuore in gola.
Mi sorrise come soltanto lui sapeva fare, in quel modo arrogante, indisponente, incredibilmente sensuale... tanto da farmi tremare le gambe.
Era insopportabile e adorabile allo stesso tempo, ed io ero combattuta: morivo dalla voglia di saltargli addosso, quanto di fargli una bella ramanzina.
Indecisa sul da farsi, mi limitai a rimanere ferma dov'ero, affinché mi raggiungesse.
<< Pensavo che quelle due arpie non smettessero nemmeno un secondo di tenerti d'occhio...>> mi disse a fior di labbra, avvicinandosi per baciarmi.
Quel lieve contatto mi destabilizzò del tutto, facendo sì che mi gettassi tra le sue braccia senza alcun ritegno.
D'un tratto, non sentivo più freddo... anzi.
Emanavo calore da ogni poro.
<< S-sono riuscita a... sgattaiolare via s-senza che... mi vedessero...>> ansimai tra un bacio e l'altro, senza fiato.
Lo sentii ridere di cuore, poi scostarsi un poco.
Possibile che Miguel fosse davvero mio?
Quella semplice constatazione mi dava i brividi.
Il mio Miguel...
Sempre col sorriso sulle labbra, allacciò gli occhi ai miei, facendomi annegare in quelle acque cristalline, chiare, terse come un cielo primaverile.
<< Vedo che stai imparando bene...>> bisbigliò malizioso, << Questi incontri clandestini sono terribilmente eccitanti.>>
Arrossii fino alla punta dei capelli, spingendolo via.
<< C-cosa volevi?>> cambiai discorso, visibilmente turbata.
Lui trattenne un risolino e con aria divertita, mi accarezzò la guancia.
Maledizione!
Il suo tocco... seppur lieve, aveva lasciato una scia infuocata sulla mia pelle, tanto da ustionarmi.
<< A c-cosa devo questo?>> dissi a fatica, posando lo sguardo altrove.
Frugai per alcuni secondi tra le mie tasche, porgendogli subito dopo un bigliettino stropicciato, vergato dalle linee sinuose della sua scrittura.
<< Che vuol dire "All'alba sulla torre nord-occidentale"?>> domandai.
Il suo volto s'incupì all'istante, tramutandosi in una maschera di fredda indifferenza.
<< Volevo parlarti...>> ammise, affievolendo la voce.
<< Possibilmente da solo.>>
Annuii appena con la testa, seria, stringendo il bigliettino tra le dita.
<< Cosa succede?>> m'informai.
Lui si fece scappare un sospiro rassegnato, e dopo essersi passato una mano tra i capelli, cominciò a parlare.
<< Ho alcune... faccende da sbrigare, Amelie. Partirò tra poco... non so quanto ci vorrà per tornare.>>
Mi ci vollero alcuni secondi per afferrare il senso delle sue parole, un'altra carrellata d'instanti per recepire il messaggio.
<< Dovrai abbandonare il castello?>>
Miguel fece segno di "sì" col capo, l'espressione di marmo, imperscrutabile.
<< Sarà solo per qualche giorno...>>
Istantaneamente, i miei polmoni riempirono di ghiaccio e un groppo mi strozzò il respiro.
<< M-ma come?>> gracchiai, << No... Miguel! Non puoi lasciarmi qui!>>
Lo vidi indurire la mascella e stringere i pugni, ma la sua voce risuonò incredibilmente solida, irremovibile, perentoria.
<< Non posso rifiutarmi. Devo andare.>>
<< Allora portami con te!>> gridai quasi, infischiandomene di far troppo rumore.
L'espressione gelida dei suoi occhi si addolcì un poco, ma rimase comunque a distanza, esercitando tutto l'autocontrollo che possedeva.
<< Non posso.>>
<< Ti prego!>> lo implorai, << Non voglio restare in questo posto senza di te! Non lasciarmi da sola!>>
Prima ancora che potessi accorgermene, mi ritrovai con il viso contro il suo petto e il corpo incollato al suo, avvolto completamente dal calore delle sue braccia.
<< Con chi credi di avere a che fare, Piccolo Tarlo?! Con chi?>> disse stringendomi a sé così forte fa farmi scricchiolare le ossa.
<< Io...>> parlottai, ma ovviamente la sua era una domanda retorica.
Sprofondò il volto tra i miei capelli, solleticandomi un lobo con le labbra.
Un brivido infuocato mi percorse tutta la spina dorsale. Mi sentivo talmente strana... preda di un qualcosa d'innominabile, peccaminoso, stupefacente...
<< Credi che voglia lasciarti qui, con quell'uomo... in balìa di un luogo sconosciuto?!>> ringhiò, << Oh, no! Piuttosto metterei a fuoco e fiamme tutto, pur di portarti con me, Amelie. Ma non posso!>>
<< Perché non puoi?>> m'impuntai come una bambina capricciosa.
<< È troppo pericoloso, lo capisci?>>
Ferita dal suo tono di voce, cercai invano di sottrarmi al suo abbraccio, ma i suoi muscoli sembravano fatti di pietra ed io avevo la resistenza di un ramoscello spezzato.
Alla fine, dopo svariati quanto inutili tentavi... mi arresi.
<< E va bene, Miguel.>> sussurrai, sentendo la gola secca e gli occhi pizzicare. << Fa quello che devi. Non sarò di certo io a fermarti. Ma ti prego...>>
Mi bloccai, incapace di andare avanti.
<< Cosa?>> m'incitò, cullandomi avanti e indietro, guidato dal canto del vento.
<< Ti prego... fa presto. Ritorna da me!>>
Percepii un lieve sussulto scuotergli il corpo, poi la sua presa si fece ancora più salda, come se potessi sparire e disintegrarmi da un momento all'altro.
<< Proverò ad esser qui prima di sera, Amelie...>> bisbigliò in prossimità del mio orecchio, << Te lo prometto.>>
L'ennesima folata d'aria gelida c'investì come un onda, facendo svolazzare da tutte le parti le nostre vesti.
<< Mi troverai qui, stasera. Su questo bastione... ad aspettarti.>>
Sentii la sua stretta farsi meno salda, fino a svanire.
Non ci toccavamo più.
<< E va bene, Piccolo Tarlo.>> mi soffiò sulle labbra, << Ma nel frattempo, tieniti a debita distanza da tuo zio. Non mi fido di lui... e per come si stanno mettendo le cose... non dovresti farlo nemmeno tu.>>

---

Il resto della giornata passò in modo estremamente monotono.
Ritornai di soppiatto nella mia camera, fingendo di svegliarmi non appena Brigitte ebbe solcato la porta della stanza.
Con estrema malavoglia, mi aiutò a vestirmi, pettinarmi e prepararmi per il giorno.
La colazione fu servita alle nove in punto, nel salone ottagonale, ma stranamente, lo zio Nigel non era presente.
<< Il padrone si scusa, milady.>> eruppe Olivia con una caraffa di spremuta in mano, << Tuttavia stamani è estremamente impegnato. Vi prega di mangiare senza di lui e di non preoccuparvi, sarà di ritorno per l'ora di pranzo.>>
Mi limitai ad annuire, composta, senza far trapelare il mio immenso sollievo.
Non che trovassi la compagnia di Nigel noiosa, affatto... ma Miguel aveva ragione.
In lui c'era qualcosa di strano, inquietante, che mi metteva in soggezione ed alcune volte in imbarazzo.
Era il modo in cui mi guardava, come i suoi occhi verdi, così simili a quelli di James mi accarezzavano da capo a piedi.
C'era una vena di desiderio in quello sguardo, che andava oltre il mero apprezzamento.
Comunque sia, la mattinata proseguì senza troppi intoppi, tra ore interminabili di lettura, tediosi discorsi con me stessa e l'esplorazione del rione settentrionale del castello.
Dopo un lasso di tempo quasi infinito, giunse persino l'ora di pranzo, ma di Nigel nessuna traccia.
Passai in solitudine anche il resto del pomeriggio, finché, stufa di starmene con le mani in mano, decisi di abbandonarmi alle carezze di un bel bagno rilassante.
<< L'acqua è troppo calda, signorina?>> si preoccupò Olivia.
<< No, assolutamente. È perfetta così... grazie.>> mi affrettai a dire.
La donna mi sorrise amabilmente, fece un lieve inchino, poi svanì nel nulla, dileguandosi tra le nuvole di vapore.
<< Olivia?>> la chiamai, senza ricevere alcuna risposta.
Che strano.
Di solito dovevo pregarla di lasciarmi sola durante il bagno, ed ora se ne andava di sua spontanea volontà.
Mi guardai intorno con aria circospetta, vedendo null'altro che uno spazio vuoto e una miriade di specchi appannati.
Ancora interdetta dal comportamento anomalo della domestica, mi lasciai andare contro lo schienale della vasca, rilassando le membra nell'acqua calda e profumata di lavanda.
Chiusi gli occhi, respirai a fondo e per un attimo il mondo cessò di girare.
Era da tanto, troppo tempo che desideravo liberare la mente, distendermi, riappropriarmi della banale normalità.
Ero così stanca di lottare, stufa della fuga, di nascondermi, dei continui pericoli e dell'oceano di sangue che si era aperto ai miei piedi.
I Ghuldrash, Ravaléc, E., Lilith... non avevano fatto altro che sconvolgermi la vita, rubandomi quanto di più caro possedevo: l'amore e la vicinanza della mia famiglia.
Oh, mi mancavano così tanto!
Eva e i suoi futili litigi, Lamia, James, la piccola Sophie... e Josephine.
La mia dolce, adorata, cara Josephine...
Cercai di reprimere un'ondata di lacrime, ma in mezzo a tutto quel vapore acqueo, era impossibile distinguere i segni del mio pianto.
Desideravo con tutte le mie forze tornare a casa; la mia vera, vecchia, splendida casa.
Non la residenza di May Fair a Londra, no... ma le mura che avevano conosciuto la mia infanzia, tra i giardini e le fontane, i fiori e l'aria tersa di campagna.
Quelle stesse mura che ora giacevano incenerite su un cumolo di macerie.
Inghiottii il groppo amaro che avevo in gola, e con un gesto tutt'altro che delicato, presi a sfregare la mia pelle arrossata dal calore.
Volevo sciogliermi nell'acqua, scorticarmi, fino a staccarmi di dosso quei ricordi pruriginosi, fatti di morte, fumo e fiamme.
Ma proprio mentre stavo quasi per graffiare a sangue l'epidermide, udii dei passi risuonare nella piccola stanza degli specchi.
Uno, due, tre.
Poi il nulla.
Una sagoma scura e indefinita comparve tra le spire di vapore, facendomi sussultare dallo spavento.
<< Olivia, sei tu?>>
Silenzio.
<< Brigitte?>>
Ancora niente.
<< M-Mig...>>
Non feci in tempo a terminare la domanda, che un paio di mani forti mi trascinarono fuori dalla vasca.
L'acqua si riversò in gran quantità sul pavimento, fin quasi ad allagarlo.
Rabbrividii, la pelle d'oca, inturgidita dall'improvviso sbalzo termico, o forse da quella stretta violenta, stritolatrice, che bloccava la circolazione all'interno dei miei vasi sanguigni
<< Miguel?>> ripetei, col cuore in gola e lo stomaco sottosopra. << Sei tu?>>
Ma non ricevetti alcuna risposta verbale, solo un rantolo ed un urlo rabbioso.
<< No... >> gemetti, << Tu non sei Miguel!>>
<< Esatto, bambina. Non lo sono!>>
Sentii il mio sangue tramutarsi in ghiaccio e i polmoni riempirsi di veleno.
<< Zio Nigel...>> sussurrai incredula, la voce che rifiutava di fuoriuscire dalla mia bocca. << Siete proprio voi?>>
La sua risata collerica rimbombò tra le mura a specchio, mentre il vapore si diradava in prossimità del suo volto.
Per un attimo lo scambiai per mio padre, e la cosa mi lasciò senza fiato.
<< Che state facendo?!>> urlai, cercando di coprirmi.
Ma le sue mani agguantavano saldamente i miei polsi, impedendomi ogni movimento.
Gli intimai di allontanarsi, di lasciarmi, di non guardarmi, ma i suoi occhi verdi percorrevano con avidità il mio corpo nudo, bagnato, completamente inerme.
<< La tua bellezza...>> mormorò emozionato, << È qualcosa di unico... irripetibile! Nessun pittore riuscirebbe a coglierne le mille sfaccettature, i toni delicati, decisi, le curve sublimi, così irresistibilmente perfette... Oh, mia cara! Superi di gran lunga la mia immaginazione!>>
Un conato di vomito mi attorcigliò le viscere.
<< Ma cosa state dicendo?!>> gridai, << Lasciatemi!>>
Chiamai a raccolta tutta la forza che avevo in corpo, dimenandomi come una pazza.
<< Ferma, bambina... sta ferma!>>
Sentii le sue mani abbandonare i miei polsi, per afferrarmi i fianchi e sollevarmi da terra.
Tempestai le sue spalle di pugni, scalciando alla cieca, ma ben presto un dolore acuto mi colpì la schiena.
Mi aveva letteralmente gettato a terra, l'intera colonna vertebrale a contatto con le fredde piastrelle del pavimento.
<< Vattene!!!>> strillai, fino a sentire le corde vocali in fiamme.
Ma lui si limitò a sorridere, il volto adorante e negli occhi un baluginio folle, sinistro... perverso.
<< Shh... non urlare...>> disse con voce arrochita, << Non devi aver paura di me...>>
Cercai in vano di liberarmi, ma il suo corpo massiccio incombeva su di me, bloccandomi sia le braccia che le gambe. Ero in trappola. Completamente alla sua mercé.
<< Perché mi fate questo?!>> gridai in lacrime, << Voi... siete mio zio!>>
Un riso malvagio gli sollevò le labbra verso l'alto.
<< Tuo zio?>> ghignò, << Oh, no... mia cara. Credevo lo sapessi anche tu. Noi non abbiamo legami di sangue...>>
Non mi lasciò nemmeno il tempo di controbattere, che le sue mani si mossero smaniose sulle mie membra. Un senso di nausea m'invase la bocca dello stomaco, mentre in modo sempre più invadente, le sue dita affondavano sui miei seni, come tentacoli, fin quasi a stritolarli.
Urlai dal dolore, dal disgusto, desiderando solo che tutto quell'orrore smettesse. Volevo morire.
<< No... vi prego! Smettetela di toccarmi!>>
Ma Nigel continuava imperterrito, accarezzandomi con bramosia.
<< Non posso... sei troppo bella, Amelie... >> boccheggiò, << Oh, Dio... le somigli così tanto!>>
Poi le sue labbra e le sue mani furono dappertutto, mi lambirono avide, arrivando fin dove nemmeno Miguel aveva osato spingersi.
Il mio Miguel...
Dov'era?
Perché non veniva a salvarmi?
Che ne sarebbe stato di me, se Nigel avesse continuato?
La paura mi scosse le membra e l'adrenalina mi salì al cervello, pompando acido corrosivo nelle vene, fino al cuore.
Poi le sue mani.
Irruente, ingorde, impazienti.
Le sentii scivolare dal mio petto, sull'addome, giù per le gambe ed un altro brivido di terrore m'immobilizzò del tutto.
Ero spacciata.
<< Miguel!!!>> gridai, in un ultimo sprazzo di lucidità.
Ma ciò non fece che infervorare la rabbia del mio aguzzino.
<< Sta zitta!>> m'intimò, la bocca pericolosamente vicina alla mia.
<< No...>> mormorai, senza più voce. << Non potete farlo!>>
Ma lui non ebbe pietà.
Si avventò di nuovo su di me, come una bestia, insozzandomi con lei mani, col corpo, con le parole.
Il tempo prese a scorrere a rilento, i rumori attutiti dal vapore, dal freddo, dalle mie urla disperate.
Mi sentivo male, così sporca, profanata, impura.
Ma più protestavo e mi agitavo tra le sue braccia, più Nigel sembrava eccitarsi.
<< Urla finché vuoi... nessuno verrà a salvarti. Lui non verrà.>> ansimò, stringendomi ancora più forte, in modo che non potessi muovermi. << Ora sei mia.>>
Udii la cinghia dei suoi pantaloni slacciarsi, la stoffa frusciare e il suo sogghigno allargarsi a dismisura.
Infine... mi specchiai all'interno dei suoi occhi, leggendovi null'altro che la fine. 

 
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Angolo dell'Autrice! 
Salve a tutti! Vi ero mancata? A quanto pare il ritiro spirituale tra i monti romagnoli non ha portato troppi benefici... perché con questo capitolo... credo di essermi guadagnata il vostro odio incondizionato T.T 
Non linciatemi, per favore! Ahimè era tutto necessario... ( credo che se Amelie potesse, in questo momento mi strozzerebbe... quindi non sentitevi soli nel vostro disprezzo!)
Ma oltre ai vari convenevoli e alle minacce di morte che spero di non ricevere... veniamo al punto!
Nigel!
E a chi poteva esser dedicato il titolo iniziale, se non al personaggio chiave di tutto il capitolo??
Beh... direi che il caro "zietto" abbia giocato bene le sue carte. Innanzi tutto, ha pensato bene di allontanare Miguel grazie alla sua influenza (infatti abbiamo scoperto qualcosina in più sul suo conto...) poooooi... tolto di mezzo l'unico ostacolo... beh! Lascio la parola a voi! 
Come sempre vi ringrazio dal profondo del corazon, sia a chi legge e chi recensisce pazientemente!
Siamo in un punto focale della storia, e non vedo l'ora di andare avanti... anche se il peggio deve ancora arrivare! Un bacione a tutti... 
Vostra
Rob

<3
 
   
 
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