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Autore: arwriter    07/05/2015    6 recensioni
Cosa sarebbe successo se Bree Tanner, l'unica superstite dei neonati creati da Victoria, non fosse poi stata uccisa dai Volturi? E se bella avesse partorito due gemelli invece di una sola bambina? Forse la vita di Bree e quella del piccolo Carlie, gemello di Renesmee e figlio di Bella, si sarebbero intrecciate in maniera permanente.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bree Tanner, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo | Contesto: Breaking Dawn, Successivo alla saga
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Seme



Dopo la liberazione da parte dei Volturi e l’adozione nella famiglia Cullen, Bree Tanner era ancora una bambina. Era contenta di non essere morta e adorava la sua nuova famiglia: si trovava bene con tutti, soprattutto con Emmett, con il quale aveva un rapporto speciale. Lui la aiutò molto nei suoi primi anni di vita; le insegnò a cacciare e a controllare la sete con gli umani, cosa che inizialmente le parve difficile.
Non cambiò quasi nulla dall’incontro con i Volturi: Emmett viveva felice con Rosalie, Carlisle continuava a fare il medico e amava la sua Esme, Jasper e Alice si completavano l’un l’altra, e Bella ed Edward crescevano con grande gioia i loro due figli, Renesmee e Carlie, sempre sotto il controllo di Jacob. L’unico vero cambiamento fu la città: dopo la pace con i Volturi, la grande famiglia Cullen andò via da Forks, -perciò Bella dovette inscenare una morte non avvenuta-, e si trasferì a Seward, in Alaska, ovviamente in compagnia di Jacob.
Bree trascorse i primi tre anni della sua vita come una bambina che esplorava un mondo completamente nuovo. Era allegra, solare, entusiasta di tutto. Questa situazione cambiò totalmente dopo alcuni anni dalla sua trasformazione: Bree capì di non voler essere una vampira, quella vita non faceva per lei. Era come Rosalie, si ostinava a vivere da immortale, odiava il suo nuovo modo di essere, ma soprattutto odiava il fatto di essere stata privata della sua anima a soli sedici anni. Si chiuse in se stessa, rifugiandosi nella solitudine e nella lettura. Non usciva quasi mai se non da sola, non voleva vedere né parlare con nessuno. Andava persino a cacciare da sola. Non c’era spazio per gli altri nella sua vita.
Renesmee e Carlie erano cresciuti in pochi anni, ma il loro sviluppo si fermò circa ai sedici anni. Renesmee era abbastanza matura da accettare l’amore di Jacob, il quale era più felice che mai. Spesso lui ripensava ai tempi in cui era innamorato di Bella, e capì che era stato un bene il fatto che ciò non fosse avvenuto. Ora amava Renesmee, era la sua piccola e l’avrebbe difesa da chiunque. Le aveva giurato amore eterno fin dalla nascita, e amava raccontarle di quando la accompagnava a raccogliere i fiocchi di neve, o di quando lei si divertiva a salirgli in groppa mentre era un lupo.
Carlie divenne un ragazzo bellissimo, molto simile ad Edward, fisicamente e caratterialmente. Era alto e magro, e il suo colore di capelli richiamava quello di suo padre, anche se la forma dei suoi occhi era sicuramente ereditata da Bella. Si iscrisse a scuola e, proprio come suo padre, fece subito colpo su molte ragazze, ma lui non ne guardava nemmeno una. Non aveva molti amici. Nonostante questa solitudine, il suo modo di vivere non era paragonabile a quello di Bree: anche se lui era quasi un vampiro, quindi viveva come tutti gli altri, vedeva questa nuova esistenza in modo felice, amava l’eternità. Bree invece amava le cose semplici, l’andamento di una normale vita, l’adolescenza, la gravidanza, e persino la morte.
Nemmeno Emmett poté far nulla sulla nuova situazione della ragazza: Bree aveva troncato di netto anche i rapporti con lui. Spesso la sentiva urlare di notte, e si domandava se avesse delle specie di incubi ad occhi aperti. Quando succedeva questo, Emmett entrava nella stanza della ragazza, che condivideva con Renesmee e Carlie, e l’abbracciava, tentando di tranquillizzarla. “Stai tranquilla, ci sono qua io”, le diceva. “Andiamo a fare una passeggiata, o sveglieremo i neonati”, scherzava poi.
Spesso Bree sentiva le sottili voci degli altri vampiri, provenienti dalla cucina, che discutevano riguardo la situazione della ragazza. Si era ormai stufata di questi discorsi, ma non riusciva a far nulla per cambiare ciò che era, ciò che odiava essere.
Dopo alcuni mesi di urla e dolore, Carlisle decise di iscriverla a scuola: dimostrava l’età adatta per frequentare le superiori ed era convinto che questo l’avrebbe fatta sentire più felice, normale.
Inizialmente Bree si arrabbiò moltissimo: si chiuse nella sua stanza per qualche giorno senza mai uscire; di notte, quando Renesmee e Carlie dovevano entrarci per dormire, scappava via dalla finestra e correva verso il bosco.
Il suo primo giorno di scuola fu un incubo. Per prima cosa, faceva ancora fatica a trattenere la sete con gli umani. Non le capitava molto spesso di incontrarne, perciò aveva perso l’abitudine di controllare la sete.
Erano tutti molto cordiali con lei, ma li evitava. Stava sempre da sola in un angolo a giocherellare con il suo cellulare, sembrava quasi una normale adolescente: era questo il suo scopo. Voleva dimenticare il fatto che si nutrisse di sangue e che non potesse morire.
Carlie e Renesmee frequentavano la stessa scuola di Bree. Nessie si era trovata degli amici, Carlie stava spesso con sua sorella, anche se era molto chiuso e non parlava con nessuna delle amiche di lei, che tentavano di corteggiarlo. Bree li guardava storto: da una parte li considerava dei miserabili, dall’altra li invidiava.
Anche Carlie e Nessie a volte la scrutavano e si chiedevano cosa le passasse per la testa. Al ragazzo capitava di fare questo anche per più ore, soprattutto nei corsi che frequentava con lei. Per esempio a letteratura inglese; la guardava e bramava il potere di suo padre, quello di poter leggere nella mente. Come potere Carlie aveva invece l’invisibilità: poteva diventare trasparente in qualunque momento. Ogni tanto andava in camera di Bree e la spiava, ma lei non faceva mai nulla di interessante quindi si stufava di guardarla.
La ragazza si sentiva inferiore anche per questo: non aveva nessun potere.
 
***
 
«Non so più che cosa fare con Bree», disse Emmett alla sua famiglia mentre era in cucina intento a preparare un piatto per Nessie e Carlie.  «Non è più lei, non so come aiutarla».
Bree intanto aveva sentito tutto dalla sua stanza: anche se non aveva poteri, il suo udito era molto potente. Sbuffò perché aveva sentito discorsi del genere molto spesso nelle ultime settimane.
«Devi darle tempo», rispose cortesemente Carlisle, «anche se mi sembra che nemmeno andare a scuola la faccia star bene».
Bree toccò il fondo: aveva tanta rabbia dentro di sé, che sembrava un fuoco, e in quel momento le fiamme erano più intense che mai. Si alzò velocemente e in un lampo arrivò in cucina, furiosa.
«Io non ho bisogno di nessuno», ringhiò scandendo bene ogni singola parola. Tentò di calmarsi, poi riprese a parlare. «Io me ne voglio andare da qui», disse correndo verso la porta, e in pochi secondi non si vedeva più nemmeno nel cortile.
Emmett e Carlisle si guardarono preoccupati.
«Carlie, raggiungila. Le potrebbe servire un fratello. Corri», ordinò Carlisle al ragazzo.
«Non so se posso farcela», rispose Carlie. L’occhiata del nonno gli fece immediatamente cambiare idea e corse verso Bree.
Vagò per tutto il bosco nella notte, ma non la trovò. Decise di fermarsi quando all’improvviso scorse all’orizzonte una piccola ragazza accasciata sulla cima di un albero. Era lei.
«Vattene immediatamente», urlò la ragazza dall’alto. Carlie voltò la testa da una parte all’altra per capire bene da che albero provenisse la voce della ragazza.
«Scendi», gli ordinò lui con poca convinzione.
«Te lo puoi scordare».
«Bree, non te lo ripeterò un’altra volta». Dopo qualche minuto scese lentamente dall’albero. «Dai, andiamo a casa».
«Non ce la faccio». Se non fosse stata un vampiro di certo sarebbe in lacrime. Nelle sue condizioni poteva semplicemente utilizzare un tono di voce molto malinconico.
Impulsivamente Carlie la abbracciò. La strinse forte, voleva cancellare tutte le sue paure. Inizialmente lei si stupì, ma dopo poco si lasciò andare e contribuì a quell’abbraccio che, se lo avesse avuto, le avrebbe scaldato il cuore.
Sentiva invece il battito di quello di Carlie. Lui era caldo, ardente, e il suo cuore batteva all’impazzata. L’odore del ragazzo non la infastidiva più: non era come quello del sangue di altre persone che le bruciava la gola.
«Ci sono io con te, piccola Bree», disse poi Carlie, mentre le sue guance assunsero il colore di un’anguria in piena estate.
Lei era pensierosa, non sapeva come reagire. Si staccò dall’abbraccio e lo guardò negli occhi. Quanto è bella, pensò lui, ha uno sguardo da cucciolo innocente.
«Sono un vampiro», affermò lei.
«Lo so».
«Sono un vampiro!», urlò forte lei. Forse il suono della sua melodiosa voce arrivò fino a casa Cullen.
«Shh, vieni qui». Si abbracciarono di nuovo ma Bree dovette trattenersi dallo stringere il ragazzo tanto da rompergli le costole. Anche lui era molto forte, ma nessuno poteva battere un vampiro quasi ancora neonato.
«Supereremo tutto insieme, ti va?», le propose lui. Lei rispose con un semplice cenno. «Ma ora ho bisogno di capire cosa ti passa per la testa».
«Ho voglia di sangue umano», rispose Bree facendo un respiro profondo, bramoso di bere.
«No, Bree. Stai ferma».
«Sto crollando, Carlie».
«Ci sono io qui, non temere».
«Io non voglio essere un succhiasangue. Jake ha ragione: forse noi non dovremmo esistere. Siamo la specie peggiore che ci sia. Io voglio tornare ad essere quella che ero, voglio essere giovane e vivere come le altre persone della mia età. Voglio rivedere mio padre, potergli dire che sono viva e che lo amo. Peccato che non si possa, tutto questo per colpa di quello stronzo succhiavite, Riley. Io voglio morire, in questa vita non si può nemmeno fare ciò».
«Lo so, forse non è la vita che avresti voluto. Ma ormai sei così e non puoi farci nulla. Ci sono molti pregi di questa esistenza e tu lo sai, devi solo scoprire che ti piace davvero questo modo di vivere. Promettimi che ci penserai». Bree sorrise per la prima volta dopo tanto tempo. Forse la sua esistenza sarebbe davvero cambiata con l’aiuto di Carlie.
 
 
  
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