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Autore: Team Disturbo Bipolare    08/05/2015    2 recensioni
Corypheus ha trovato la sua fine per mano dell'Inquisitore. I suoi oscuri poteri sono stati sconfitti da colei che ora comanda una delle forze più potenti del Thedas.
Ma che ne è stato del resto del mondo dopo quelle battaglie?
La vita apparentemente ha ripreso a scorrere come nulla fosse accaduto, ma con una cicatrice nel cielo a ricordare a tutti gli errori e gli atroci massacri compiuti in nome della superbia. Eppure, per quanto possa essere accurato il lavoro dell'Inquisizione, non tutto è sotto al loro controllo.
Il lascito dell'oscuro Magister aleggia minaccioso sui regni del Thedas, strisciando in silenzio fra le ombre per poter risorgere ancora...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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La luce mattutina che filtrava dalle piccole finestre del rifugio illuminava la stanza dove si trovava la qunari. Ella osservava le svariate rappresentazioni di draghi che affollavano Minrathous: baciate dai raggi di sole, le gemme incastonate nei loro occhi parevano rifulgere di vita. Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, i propri polsi. La maggior parte del suo corpo era ricoperta di fasciature candide, sulle quali aleggiava l'odore di unguenti ed erbe medicinali. Esse erano celate da una semplice casacca color avorio di taglio maschile, i lacci allentati lasciavano intravedere le fasciature che le stringevano il seno e l'addome. Alle gambe portava delle braghe di tela marrone usurate dal tempo, infilate in stivali neri che le arrivavano appena sotto al ginocchio. Casacca e braghe le erano state prestate da Lokes, unici indumenti abbastanza grandi da starle, i vestiti dell'assassina le sarebbero entrati solo se fosse riuscita a rimpicciolirsi. Avevano fatto giungere un guaritore per lei e Dahlia, in quanto tutte e due erano in pessime condizioni una volta ritornate dalla tenuta. Per la qunari il processo era stato più lungo e doloroso, le ferite infette sulla schiena rendevano il processo di guarigione più arduo. L'assassina aveva più che altro bisogno di riposo, dato che la maggior parte di torture che aveva subito erano dovute alla magia entropica che colpiva la sua mente. Era sconvolta dal dolore per la perdita e la rabbia cocente di una vendetta sfuggita fra le dita come sabbia, ma cercava di nascondere le sue emozioni il più possibile. Saarebas però sapeva riconoscere lo sguardo iracondo e bramoso di qualcuno che aveva un bisogno incalcolabile di porre fine alla vita di qualcuno. E quel qualcuno era Edman Pretus.
Pensare a quell'uomo le faceva infiammare il sangue. Quanti anni erano passati dal giorno in cui il fato era stato così crudele dal farla catturare anziché morire? Tre...forse quattro. Ad un certo punto, il tempo perde il suo senso.
Aveva appreso a grandi linee ciò che succedeva nel mondo esterno dalle chiacchiere che sentiva ogni qual volta Pretus la esibiva ai suoi ospiti, dalle voci di corridoio dei carcerieri. Ma solo grazie ai Corvi aveva finalmente potuto ricevere un quadro completo di tutto ciò che era accaduto negli ultimi due anni. L'Inquisizione era stata stupida a farsi sfuggire il Magister, non vi era scusa che tenesse contro ciò che aveva fatto. Andava fermato, tutti i tevinter andavano fermati. Sospirò pesantemente, bramando di poter in futuro assistere al giorno in cui i qunari avrebbero schiacciato il Tevinter. Guardò il proprio riflesso nel vetro della finestra, assottigliando lo sguardo. 
In cuor suo sapeva però che quel privilegio le sarebbe stato negato.
Tre colpi decisi s'abbatterono sulla porta alle sue spalle, facendola voltare con un movimento fluido. Le placche argentee che sigillavano le quattro ciocche di capelli avvolti dai nastri cremisi tintinnarono cozzando fra di loro. «Si?» disse a voce ben udibile anche attraverso il solido legno della porta. Essa si socchiuse e Dahlia scivolò all'interno della stanza con la grazia di un felino.
«Ti senti meglio Saarebas?» le domandò con voce delicata. La maga si soffermò ad osservare il suo volto, aveva profonde occhiaie scure sotto gli occhi. «Sono già passati due giorni.» replicò la qunari senza rispondere, incrociando le braccia sotto al seno «Abbiamo perso tempo. Il Magister è in vantaggio su di noi.» Dahlia sospirò pesantemente, passandosi una mano fra i luminosi capelli castano ramati «Il guaritore ha fatto del suo meglio anche con la sua magia. Ma per alcune tue ferite ci vorrà ancora un po' di...cosa stai facendo?!» esclamò cambiando tono di voce. Saarebas stava tirando fuori la sua armatura, slacciandone le cinghie per poterla indossare. «Non ho intenzione di perdere altro tempo.»
«Credevo fossimo d'accordo saremo partite assieme.» 
«Stai perdendo tempo a piangerti addosso.» le rispose lapidaria la qunari «Non mi userai come scusa per continuare.» quasi sibilò in sua direzione, assottigliando lo sguardo verde salvia puntandolo negli occhi di acquamarina dell'assassina.
Vide la sua mascella contrarsi, un guizzo nervoso nei nervi della mano destra che testimoniavano come avesse represso l'istinto di estrarre la propria lama.
«Partiamo fra tre ore. Io vado a prendere delle scorte, tu pensa all'equipaggiamento.» la qunari si limitò a fare un cenno del capo, mentre l'altra usciva dalla stanza, lasciandola nuovamente sola.

L'odore di salsedine aveva un che di rinvigorente. A dire il vero, dopo gli anni di reclusione qualsiasi odore non fosse quello della muffa era fantastico per i suoi sensi. I raggi del sole baciavano la superficie dell'acqua, facendola splendere di mille bagliori cangianti. Poggiata con ambedue le mani alla balaustra del castello di prua, Saarebas osservava le onde infrangersi contro la chiglia della nave, spruzzando bianca schiuma in ogni direzione.
Dovevano uscire dal Tevinter al più presto ed avevano deciso di risparmiare giorni imbarcandosi in una caravella che avrebbe fatto attraversar loro il Mar Nocen, per poi sbarcarle a Vyrantium. Avrebbero risparmiato giorni di cavalcate lungo la Gran Strada Imperiale ed avrebbero evitato di far tappa in almeno altre tre città. Inoltre, c'era da dire che l'aspetto di Saarebas non le aiutava a passare esattamente inosservate.
Il rumore della pietra da cote che veniva lentamente passato sul filo della lama di lazurite, scandiva il tempo con regolarità inquietante. Si potevano contare i secondi fra un passaggio e l'altro, e sarebbero stati tutti perfettamente regolari. Saarebas voltò appena il capo verso la sua sinistra, osservando Dahlia seduta a gambe incrociate sulla balaustra mentre si prendeva cura delle sue armi. Aveva un aria seria e concentrata, sicuramente stava ripensando alle raccomandazioni di Lokes, a quelle poche informazioni che era stato in grado di dar loro prima che lasciassero Minrathous.
Saarebas si portò la mano alla cintura, slegando la maschera dorata per poterla prendere fra le mani. La osservò, facendosi sfuggire un sospiro. La carezzò quasi con amorevole distacco col pollice sinistro dall'unghia rotta e rovinata, come quelle delle altre dita. I lacci rossi della maschera s'agitavano al vento, come uccellini impazziti che bramavano solamente di poter finalmente prendere il volo. «Cos'è?» le domandò l'assassina, smettendo d'affilare il proprio pugnale per poterlo lucidare con un panno oliato. La qunari la guardò di sottecchi, alzando appena la maschera per fagliela vedere meglio. «Era uno dei simboli che mi identificavano come Saarebas. Si ruppe quando mi catturarono.» spiegò indicando con un dito i bordi frastagliati. Dahlia strisciò sulla balaustra sino a porsi accanto a lei, per poter osservare meglio l'oggetto. Notò che le sottili fessure per gli occhi presentavano delle parti aggiuntive che le facevano sembrare cucite. Una linea orizzontale e tre verticali che suddividevano la fessura dell'occhio in sei minuscole finestrelle. «Come facevi a vedere bene con questa addosso?» le domandò, non riuscendo a celare una vena ironica nel tono di voce. «Non potevo.» l'assassina si accigliò visibilmente «Allora perchè portarla?» In quanto membro dei Corvi di Antiva, sapeva quel tanto che le bastava per destreggiarsi fra i vari ambienti e culture. Ma i qunari non erano noti per essere gente aperta e le informazioni disponibili erano limitate. Saarebas rimase in silenzio ad osservarla, come fosse indecisa se risponderle o meno. Alzò appena le spalle poi, tornando ad osservare l'oggetto. «Non ne avevo bisogno. Arvaarad guidava i miei passi.» il nome, o per meglio dire titolo, suonava sconosciuto alle orecchie della donna, la quale si limitò a chinare il capo verso destra come un felino incuriosito. «E tu non avevi voce in capitolo?»
«Sai cosa significa Saarebas? Perchè noi maghi del Qun ci chiamiamo così?» Dahlia fece un cenno di diniego col capo «Significa “cosa pericolosa”. Siamo armi nelle mani del Qun, e gli Arvaarad sono coloro che hanno il compito di gestirci e controllarci.»
«Un momento, mi stai dicendo che tu non avevi libertà di scelta in nessun modo? Neanche un po'?» Saarebas indicò l'arma che stava lucidando con un cenno della sinistra «La tua arma ha scelta?» le chiese, osservando la lama dai riflessi azzurrini. L'assassina inarcò un sopracciglio, ma non era difficile per lei capire dove volesse arrivare la maga «Ma tu non sei un oggetto. Sei un essere vivente.»
«La mia magia mi rende ciò che sono. Cosa pensi di essere tu, nelle mani dei Corvi? Sei l'ennesima lama che mandano a svolgere un compito. Un mezzo per un fine. Non siamo poi così differenti, io e te.» Dahlia non era stupita da quel ragionamento. Lei stessa l'aveva detto a Julian poco prima della loro missione. Julian...pensare a lui faceva male
«Perciò, che fine ha fatto Arvaarad?» le chiese volendo cambiare argomento.
«Morto.» le rispose l'altra, senza un ombra di dispiacere od affetto nella voce «Come gli altri del mio Karataam1. Rimasi solo io.» L'assassina mise via la sua arma, riponendola nel fodero. «Mi dispiace.»
«Per cosa?» le chiese la qunari, riallacciandosi la maschera in vita e votando il capo per guardarla. «Per il tuo Karataam, qualunque cosa sia.»
«Karataam. Il mio gruppo.» la corresse la maga «Non dispiacerti, non sei stata tu.» Saarebas diede le spalle al mare, posandosi con i lombi sulla balaustra in legno scuro. «Che facevate quel giorno?» Saarebas scosse appena il capo, socchiudendo gli occhi nel guardare l'assassina «Fai troppe domande bas.» le disse, per poi distaccarsi con un colpo di reni dalla balaustra, ed allontanarsi verso il ponte. Dahlia guardò incuriosita la sua imponente figura. La gente del Qun poteva essere affascinante, ma non li avrebbe mai compresi davvero.

La malsana luce tremolante mandava riflessi verdastri lungo le pareti lignee della nave. Lo sciabordio dell'acqua contro lo scafo, i gabbiani che urlavano con voce stridula nel cielo, lo scricchiolio delle assi sotto i loro passi pesanti. Anche il rumore più piccolo, provocato magari dallo zampettare di un ratto di sentina, pareva riecheggiare con prepotenza nell'ambiente.
Al pari di uno spettro, Saarebas si aggirava sul ponte della nave osservando i marinai, niente più che spiriti composti da ricordi ed emozioni, svolgere i loro compiti. Chi in modo più celere e solerte chi meno, magari abbracciato ad una bottiglia di rum o mezzo addormentato fra le cime.
Socchiuse gli occhi, inspirando profondamente dalle narici l'aria eterea dell'Oblio per poi espirare lentamente schiudendo le labbra. Non le interessava sapere cos'era successo su quella nave. Il fatto che il capitano si portasse le donnine allegre del porto nella sua cabina, o che uno dei marinai rubava regolarmente qualche pezzo d'argento dal forziere, tanto meno che il mozzo avesse una relazione con il timoniere, nonostante il secondo fosse sposato. Non erano questi i ricordi che stava cercando. Doveva andare altrove. Guardò la superficie verdastra del mare un ultima volta, per poi voltarsi e darvi le spalle.
La sua cella era sempre la stessa, così come le urla degli schiavi ed il suono dello schiocco delle fruste che scindeva l'aria. Posò un ginocchio a terra, allungando la mano sinistra verso la catena proveniente dal pavimento, alla cui fine era fermato un collare metallico. Le rune di contenimento incise sul metallo mandavano debolissimi bagliori blu, ma la maga sapeva bene quanto forte potessero brillare non appena si tentasse di utilizzare la magia con quelle addosso. Istintivamente, con la destra si toccò il collo dove portava la cicatrice da abrasione e le fasciature che coprivano le nuove piaghe in via di guarigione, gemelle di quelle ai polsi. Si risollevò in posizione eretta, lasciando la cella che aveva precedentemente occupato così tanto a lungo.
Il salone principale, d'altronde, era forse uno dei posti più lussuosi di tutta la magione. Gli arazzi sulle pareti rappresentanti scene di battaglie fra maghi erano incantati, in modo che gli incantesimi rappresentati rilucessero davvero. Come per le strade della capitale, era possibile trovare sculture di draghi come soprammobili quasi ovunque. I divani e le poltrone, a disposizione degli ospiti, erano larghe e confortevoli. La maggior parte di tavolini e mobili erano di fattura squisita, in solido legno di mogano con decorazioni in oro antico. Il Magister era solito avere la maggior parte dei suoi incontri in quella stanza, per poi portare gli ospiti nel suo studio quando doveva concludere affari importanti.
Saarebas guardò il tappeto intessuto in rosso e oro, dove spesso l'avevano costretta ad inginocchiarsi, mentre Pretus la esibiva ai suoi pari come un animale esotico e stravagante. Ma non era quello il luogo di maggior interesse per lei. Voltò il capo verso la porta dello studio. Una porta in ebano, con bassorilievi di draghi nei cui occhi erano incastonate piccole gemme brillanti al pari delle immense statue per le strade. La qunari vi si avvicinò, sfiorando con le dita il profilo dei draghi. Bestie nobili e stupende, quanto pericolose.
Avrebbe voluto entrare in quello studio, ma non poteva. Non vi era mai stata. Staccò le mani, facendo un paio di passi indietro, cercando di concentrarsi. Doveva risalire a circa un mese prima, forse di più. Vide gli schiavi, le guardie, i servi camminare per le sale, svolgere i loro servizi, venir puniti per i loro errori. Li percepì tramite i loro sentimenti ed i loro ricordi. La solerzia, l'orgoglio, la paura ed il dolore. Si muovevano per la magione come spettri, sempre più velocemente, il sole nasceva e moriva oltre l'orizzonte illuminando ed oscurando il salone, mentre percepiva gli accadimenti tramite i sentimenti che permeavano l'aria.
D'improvviso la porta si aprì di colpo, facendo indietreggiare la maga ad occhi sbarrati. Doveva esser stata l'ultima volta che Pretus era stato nella casa, prima che partisse. «Signore, la sua carrozza è pronta.» disse con voce eterea una delle guardie del corpo del Magister, tenendo la porta aperta per lui. «Finalmente.» quella voce le fece correre un brivido spiacevole lungo la schiena. Era profonda, ma viscida come un verme che striscia sul ventre in mezzo al fango. Pretus uscì, ma Saarebas non riuscì a vederlo con chiarezza, sembrava una macchia scura e sfocata, dalla forma vagamente umana, un'ombra. Assottigliò lo sguardo confusa, mentre seguiva lui e le sue guardie. «Spero abbiate ben compreso il piano per la nostra trappola. Quei Corvi non ci devono sfuggire.»
«Sissignore, sarà tutto impeccabile.» la figura sfocata s'arrestò di colpo, voltandosi verso la guardia che aveva parlato. Osservandolo meglio, la qunari riconobbe che quell'uomo non era un a guardia qualsiasi, ma il capitano delle sue guardie private. «Voglio quei Corvi. E li voglio vivi. Userete tutti i mezzi a vostra disposizione per farli parlare. Menomateli se dovete, ma fateli parlare! Devo sapere chi mi vuole morto e perchè proprio ora.» esclamò riprendendo a camminare «Signore, è sicuro di non voler portare con sé delle altre guardie?» gli chiese il capitano seguendolo «Ha scelto un manipolo ristretto. Basteranno?»
«Attirerei l'attenzione con troppa gente alle costole. Non devono sapere che me ne sono andato. Finchè la faccenda non sarà risolta, la mia tenuta a Hunter Fell sarà la mia residenza temporanea.» Saarebas velocizzò il passo sino ad accostarsi all'ombra del Magister. Molto bene, finalmente avevano un posto sicuro dove poter andare. Ma non era abbastanza. Doveva sapere a cosa andavano incontro. Doveva sapere cosa stava pianificando quell'uomo. Allungò la mano sinistra verso quella che doveva essere la sua spalla, ma le sue dita affondarono nel fumo. Fu come immergere la mano nell'acqua gelata, per poi sbattere contro il ghiaccio stesso. L'ombra del Magister si voltò di scatto verso di lei, ed in quella massa scura vide chiaramente i suoi occhi malevoli fissarsi su di lei. Le mancò il fiato, ed il sangue le si gelò istantaneamente nelle vene. Tentò di ritirare la mano, ma qualcosa l'afferrò saldamente trattenendola. Il salone, la magione, le guardie, tutto venne spazzato via con la furia di un tifone lasciandola sospesa con la figura nel nulla. L'ombra vorticò per un istante, per poi mutare il suo aspetto avvolto da luce purpurea. Il Demone della Superbia strinse il suo polso sino ad affondare gli artigli nella sua carne e Saarebas vide il suo volto riflesso nei suoi molteplici occhi maligni. Spalancò le fauci, ruggendo contro di lei mentre la sollevava di peso. Saarebas urlò, mentre la mano destra veniva avvolta dalle fiamme. Le scagliò contro il volto di demone, che la lasciò andare con un urlo di dolore, facendola precipitare nel vuoto.

L'urlo spaventato proveniente dalla cabina in cui s'era rinchiusa la qunari attirò l'attenzione di Dahlia, la quale si lanciò contro la porta spalancandola con un calcio «Che succede!?» urlò in allarme con i pugnali sguainati e tutti i nervi del suo corpo in tensione. Saarebas era a terra, apparentemente caduta, il gomito sinistro poggiato a terra per farla rimanere col busto sollevato, l'avambraccio destro posto davanti al volto come se dovesse proteggersi da qualcosa, la mano avvolta da fiamme cremisi. Ma non c'era nulla davanti a lei, era sola nella cabina. L'assassina spaziò la cabina con lo sguardo, per poi attraversarla a grandi passi cercando anche il più piccolo segno di anomalia. Ma non c'era nulla. Lo sguardo verde acqua si posò sulla qunari, aveva il fiatone, la fronte imperlata dal sudore, le pupille talmente dilatate che quasi inghiottivano il delicato verde salvia delle sue iridi. Si rimise seduta, estinguendo le fiamme. La vide guardarsi il braccio sinistro con evidente preoccupazione, studiandolo, ma non aveva nulla a parte le fasciature. L'assassina ripose le armi, per poi inginocchiarsi davanti a lei «Cos'è successo?» le domandò, non senza un accenno di preoccupazione nella voce, Saarebas sembrava sconvolta. La maga riprese a respirare regolarmente, si portò il dorso della mano destra alla fronte per detergere con un gesto rapido il sudore. «Hunter Fell.» mormorò per poi alzare gli occhi puntandoli sul volto della donna «Dobbiamo andare ad Hunter Fell.»

La nave le sbarcò dopo due giorni al porto di Vyrantium, dove poterono ripristinare parte delle loro scorte e prendere due cavalli che le avrebbero velocizzate nel viaggio. A Dahlia venne dato un cavallo agile e veloce, uno splendido esemplare maschio di Mustang dal vello di un delicato color miele e la lunga criniera bianca. Saarebas invece dovette prendere un esemplare decisamente più grosso, il più grande a disposizione. Un maschio Shire dall'imponente muscolatura col vello color baio, così come la criniera ed il pelo attorno agli zoccoli. Li caricarono con tutte le loro provviste in diverse bisacce allacciate ai fianchi delle selle. Non sarebbero stati esattamente economici, ma Dahlia sapeva essere così affascinante da far drasticamente abbassare il prezzo allo stalliere, a suo dire, in onore di tanta bellezza.
«Sei sicura che dobbiamo andare ad Hunter Fell?» domandò l'assassina alla maga per quella che pareva esser la centesima volta. Saarebas alzò gli occhi al cielo, stringendo le redini della sua cavalcatura. «Si»
«Ma non vuoi dirmi come fai a saperlo.»
«Lo so e basta» Dahlia spronò il proprio cavallo, sino a porlo dinanzi quello della qunari per sbarrarle la strada «Come posso fidarmi di te, se non mi dici come apprendi le cose? Nemmeno Lokes aveva quest'informazione, e se tu l'avessi avuta sin da prima perchè rivelarmelo solo ora?» Saarebas inclinò appena il capo verso destra, i capelli stretti nei nastri seguirono la direzione del suo capo, accasciandosi sulla sua spalla. «Se non vuoi andare ad Hunter Fell, dove allora?»
«Non sto dicendo che non voglio andarci! Ma solo che...argh!» esclamò sollevando le mani al cielo, esasperata. «Non ho motivo di mentirti.» riprese Saarebas, facendo superare al suo cavallo quello dell'assassina, che le si accostò nuovamente. «E se anche te lo avessi detto prima, il nostro tragitto non sarebbe cambiato.»
«Probabilmente no, ma io ho bisogno di sapere le cose Saarebas.»
«Ora le sai.» Dahlia non aveva mai avuto tanta voglia di colpirla. Ma doveva stare calma. Sicuramente da Minrathous avevano già fatto partire un messaggio per il Magister che lo informasse del fatto che uno dei Corvi era fuggito con la qunari. Le serviva tutto l'aiuto possibile. Non sarebbe stata comunque la prima volta che lavorava con gente di cui non si fidava pienamente, le bastava rimanere allerta, come sempre. 
Dahlia infilò la mano in una delle bisacce legate alla sua sella, estraendone una mappa della zona. La srotolò posandola sul collo del cavallo, sfiorandola con la punta dell'indice per indicare la loro attuale posizione «Entro sera dovremmo arrivare alle Piane Silenti se aumentiamo un po' il ritmo. Costeggeremo il fiume sinchè non intravederemo la Gran Strada Imperiale, dove termina, e la percorreremo attraverso le Piane, così eviteremo di perderci per il deserto. Dovremmo attraversarlo per poi dirigerci circa a sud-ovest. Abbandoneremo la Strada poco prima del ponte, e seguiremo lungo la costa nord del fiume successivo, fino ad Hunter Fell.» riprese fiato, tenendo la mappa stesa con entrambe le mani, voltando il capo verso la qunari. «Obiezioni?» la maga fece un cenno di diniego con il capo, gli occhi ancora presi a scrutare la mappa. Si limitò a stringere le briglie fra le mani, per poi darvi un colpo secco incitando il cavallo ad aumentare la velocità, seguita a ruota dall'assassina.

La calura proveniente dalle sabbie era soffocante, ma ancor più sconvolgente era come si passasse dal caldo torrido al vento freddo durante la notte. Mentre Saarebas apriva le bisacce delle selle per poter prendere i sacchi a pelo, Dahlia si prodigava alla ricerca di alcuni rami secchi per poter accendere il fuoco, in modo da scaldarsi e tenere lontane le bestie. Per quanto pochi, anche in quell'ambiente ostile crescevano alberi e sterpaglie. Si accovacciò a terra, radunando i rami secchi e spezzando con un colpo secco quelli troppo lunghi. Li dispose in modo da creare una piccola piramide con i rami, mettendovi all'interno le sterpaglie per far accendere il fuoco più facilmente. Da una delle sue molteplici scarselle in vita prese due pietre focaie, che iniziò a colpire rapidamente fra di loro per poter creare una scintilla. Saarebas la guardava con la coda dell'occhio soffiare su di essa, accendendo il fuoco, mentre lei stendeva i sacchi a pelo ad una distanza ragionevole dal falò, in modo che potessero beneficiare del calore delle fiamme senza bruciarsi. Prese poi anche qualche provvista, il minimo indispensabile, per poi sedersi a gambe incrociate aspettando l'arrivo dell'altra. Le porse la carne secca, che Dahlia cominciò a mangiare silenziosamente, osservando la compagna di viaggio. Dopo il giorno in cui l'aveva trovata nella sua cabina con aria sconvolta, aveva sempre una luce pensierosa negli occhi. Non era semplicemente preoccupata, c'era qualcos'altro sotto, qualcosa che apparentemente non voleva condividere. Saarebas si accorse del suo sguardo, lo sentiva pungere sulla pelle. «Non ti fidi di me, vero?» le domandò poi abbassando lo sguardo sul proprio cibo. L'assassina alzò le spalle, mentre afferrava la borraccia d'acqua per il collo «Potrei farti la stessa domanda.» per un attimo, alla Corvo sembrò d'intravedere l'ombra di un sorriso sulle labbra carnose della qunari, ma come sbattè le palpebre scomparve. Forse l'aveva immaginato. Dahlia bevve l'acqua a piccoli sorsi per evitare di sprecarne. Il loro soggiorno fra le sabbie desertiche delle Piane Silenti sarebbe stato breve, ma era comunque meglio fare molta attenzione, specialmente con l'acqua. 
Saarebas sollevò il braccio sinistro, scostando appena il bordo della fasciatura al polso con un dito, osservando le piaghe. Si cambiava le fasciature ed i medicamenti regolarmente, difatti erano quasi del tutto guarite. Purtroppo, non ne sapeva nulla di magie di guarigione, altrimenti si sarebbe rimessa in sesto molto prima.
Dopo il pasto frugale, Dahlia insistette per fare il primo turno di guardia e la qunari non ebbe nulla da obbiettare. Mentre l'assassina sedeva a gambe incrociate davanti al fuoco, Saarebas si accovacciò in posizione fetale nel sacco a pelo, dando la schiena all'assassina. I suoi occhi socchiusi osservavano il buio che le circondava, le ombre che la luce del fuoco non era in grado di dissipare. Non riusciva a smettere di pensare al suo viaggio nell'Oblio. Al demone che l'aveva afferrata nel tentativo d'impossessarsi di lei. Ci era mancato poco, ma non era quella la cosa che la preoccupava di più. Da quando aveva scoperto la sua dote, le capitava di frequente che i demoni cercassero di avvicinarla più spesso, ma sapeva bene come difendersi. No, la cosa che la preoccupava di più era il fatto di non essere riuscita ad entrare in contatto con Pretus con i suoi ricordi. Era già strano che non riuscisse a vederlo chiaramente, ma quando aveva tentato un approccio più deciso aveva sentito una notevole resistenza. Era stato come se la sua mente sbattesse contro una barriera, impedendole di accedere. Che il Magister sapesse di lei? Di quello che era capace? No, impossibile. Se l'avesse saputo, non si sarebbe limitato ad usarla come intrattenimento per gli ospiti, ma avrebbe cercato di plasmarla come un'arma a suo favore. Quell'uomo aveva molteplici nemici, doveva semplicemente essersi premurato contro qualsiasi evenienza.
Il suo sonno fu leggero, in modo potesse essere pronta a svegliarsi in caso di emergenza. Alternò i turni di guardia con l'assassina sino all'alba successiva. Riposero i loro averi nelle bisacce, per poi riprendere a cavalcare verso la loro meta. 

«Finalmente!» esclamò Dahlia con voce grondante di gratitudine, mentre scendeva da cavallo con un movimento fluido. Tenendolo per le briglie, lo accostò alla riva del fiume, permettendogli di bere mentre lei s'inginocchiava a sua volta immergendo le mani nelle acque cristalline, bagnandosi il volto. Mentre si sciacquava il volto, guardò il sole in procinto di tramontare sul loro secondo giorno di viaggio dopo lo sbarco. Era stato più semplice del previsto attraversare le Piani Silenti, a parte per qualche Varghest non esattamente felice di vederle nel loro territorio. Attenendosi al piano principale, ovvero tenersi sul sentiero, avevano evitato un sacco di grane. Dopo aver sperato la piana desertica, il paesaggio aveva iniziato a mutare drasticamente. La sabbia iniziò a venir sostituita dai ciuffetti d'erba, che divenne più rigorosa mano a mano che proseguivano. Gli alberi si fecero sempre più frequenti e rigogliosi, stagliandosi alti verso il cielo. «Allestiamo l'accampamento qui?» chiese la qunari, scendendo da cavallo con un gesto decisamente meno aggraziato. «No, sono già passata di qui qualche anno fa, per lavoro. Se camminiamo ancora un po' saremo in grado di trovare un'insenatura protetta in una macchia boschiva.» completarono il tragitto a piedi, anche per concedere un po' di riposo ai cavalli.
Il punto non era semplice da individuare, ma fortunatamente Dahlia aveva un'ottima memoria. Un attributo necessario per chi svolge il suo tipo di lavoro. Slegarono i cavalli, scaricandoli dal peso delle selle e delle varie provviste e lasciandoli brucare. L'assassina non staccava gli occhi di dosso alla pozza d'acqua mentre finivano di strigliare i cavalli e di nutrirli. Quando finalmente completarono il lavoro, la maga la vide levarsi la mantellina, recuperando qualcosa dalla sua bisaccia personale, per poi cominciare velocemente a spogliarsi. Saarebas inarcò ambedue le sopracciglia di fronte all'inaspettato spogliarello, segno che la donna si trovava in confidenza col proprio corpo. «Cosa fai?» le domandò mentre legava le briglie di cavalli ad un albero.
«Secondo te? Sono giorni che non mi faccio un bagno.» mentre si abbassava i pantaloni di pelle nera, vide con la coda dell'occhio l'altra avvicinarsi alla sua destra, iniziando a spogliarsi a sua volta. Quando Saarebas si tolse la parte superiore dell'armatura, sganciando le catene bronzee, la lasciò cadere a terra con un tonfo notevole, segno che non doveva essere troppo leggera. «Sei una maga, eppure indossi un'armatura.» constatò mentre si passava una mano fra i capelli lisci costellati di svariate treccine «Sarà scomoda.» in tutta risposta, Saarebas si chinò in avanti, sollevandola col braccio sinistro. I muscoli del suo braccio si gonfiarono per lo sforzo, così come le vene del bicipite. Lo passò con noncuranza all'assassina, la quale posò a terra l'oggetto che aveva preso, e sporgere poi ambedue le mani per prenderlo. Saarebas si accorse che si trattava di una saponetta: l'assassina era forse una delle persone più attrezzate che avesse mai visto. Come la maga lo lasciò andare, Dhalia venne soverchiata dal peso dell'armatura. Si piegò letteralmente in avanti, presa alla sprovvista per come la qunari l'avesse sollevato con un braccio solo. «Per le chiappe di Andraste!» esclamò tornando in posizione eretta, guardando la qunari con occhi pieni di stupore. «Perchè la indossi?!» le domandò guardandola mentre si slacciava le altre cinghie «Diciamo che è il mio...meccanismo di controllo.» le rispose con un alzata di spalle «Guarda l'interno.» Dahlia seguì il suo consiglio, e s'accorse che effettivamente era così pesante perchè all'interno vi era uno spesso strato di metallo, sul quale erano incise diversi tipi di rune, dissimili però da quelle che erano incise sui ceppi di detenzione. «Ti riferivi a questo quando dicevi che Arvaarad ti controllava. Questo è un...collare.» 
«No, serve per garantire la sicurezza degli altri e la mia. O meglio, serviva. Senza la staffa di controllo un Arvaarad, è solo un pezzo di armatura.» mentre parlava scioglieva i nastri che le stringevano i capelli in quattro ciocche separate, liberandoli lentamente.
Dahlia entrò nell'acqua, non riuscendo a reprimere un brivido al primo contatto. Era fredda, ma rinvigorente. Non era particolarmente profonda, le arrivava appena sopra alla vita. Si inginocchiò sul fondo, piegandosi in avanti sino a sommergere anche il capo sott'acqua. Tutti i suoi sensi ricevettero una sferzata, mentre usciva dall'acqua reclinandolo velocemente all'indietro, creando un arco di goccioline d'acqua sopra al suo capo. «Chiamalo come vuoi, resta un collare.» disse mentre strofinava via le gocce dalle lunghe ciglia nere, tornando a guardare la qunari. Le dava le spalle, i capelli posti tutti davanti al seno mentre faceva cadere a terra i nastri rossi e le placche d'argento con suono tintinnante. Si era levata le fasciature, le ferite stavano decisamente meglio e finalmente Dahlia ebbe modo di osservare meglio quel simbolo rosso fra le scapole. Non fu facile identificarlo, tant'era straziato dai colpi di frusta e flagello che solcavano la sua pelle deformandola in più punti. Quando la pelle della sua schiena era integra esso rappresentava il simbolo di forma romboidale del Qun, tatuato con un inchiostro di un profondo rosso cremisi. Ora ridotto ad una storpiatura. La qunari si voltò, i capelli neri erano mossi con le punte che tendevano a formare naturalmente dei boccoli, sebbene fossero stropicciati. Recuperò il sapone lasciato prima dall'assassina, per poi immergersi in acqua a sua volta. Passò l'utensile per il bagno alla donna, mentre lei iniziava a bagnarsi i capelli. Dahlia se lo strofinò sulla pelle, che a contatto col sapone iniziò a rilasciare schiuma bianca dall'odore di cannella e spezie. «Mi sembra difficile pensare che basti un collare a fermarvi.» constatò la donna distrattamente, sebbene avesse visto un effetto simile anche nelle segrete del Magister, mentre Saarebas annuiva «Ai più si.»
«Ai più?» Saarebas le si avvicinò, chinando il capo per mostrarle da vicino la parte ricostruita delle corna. Dahlia vide che erano fatte con lo stesso metallo scuro del collare, e riportavano gli stessi simboli incisi però molto più piccoli. «Con me non bastava, riuscivo a muovermi anche mentre Arvaarad usava la staffa.» per un attimo, l'assassina non capì se Saarebas glielo stesse dicendo solo per rispondere alle sue domande, oppure per metterla indirettamente in allerta sul suo potenziale. Ma la qunari non le sembrava il tipo da sotterfugi e frecciatine. Sembrava più il tipo da incenerirti sul posto senza troppi complimenti. Saarebas si fece passare il sapone, passandolo con cautela e delicatezza nelle zone dove la pelle stava finendo di rimarginarsi.
«Dovresti cambiarla. L'armatura intendo.» disse Dahlia pensierosa mentre si sciacquava via il sapone dalla pelle «Ti appesantisci per niente, non va bene per un mago.» il verso che emise la qunari risultò a metà fra uno sbuffo ed un accenno di risata sarcastica. «Perchè? Pensi che io sia uno dei vostri maghi che usano tuniche di stoffa? Non sai quante volte mi sono trovata in prima linea senza nessuno che mi facesse da scudo.» 
«Non potevi chiedere aiuto?»
«Non è facile parlare con le labbra cucite.» Dahlia non realizzò immediatamente le sue parole. Subito dopo, si augurò di aver sentito male. Ma dall'espressione seria della maga era facile evincere non fosse così. «Avevi letteralmente le labbra cucite?» Saarebas si chinò su di lei, così vicina che l'assassina poteva percepirne il respiro sul volto. Ma non si discostò nonostante l'invasione dello spazio personale, era evidente che la qunari non avesse alcuna intenzione fisica nei suoi confronti. Infatti, alzò la mano sinistra, indicandole la linea delle proprie labbra. Dahlia assottigliò lo sguardo nell'osservarle, e le vide. Tante piccole cicatrici circolari, così piccole che solo un ago avrebbe potuto lasciarle, tutte intorno al contorno delle labbra ed a distanza regolare fra di loro. Saarebas lesse lo sgomento negli occhi della Corvo, così come la domanda inespressa che le suggerivano. «Più sono forti i nostri poteri, più rappresentiamo un rischio per gli altri. Il Qun cerca di limitarli in qualche modo, trattenerli. Arvaarad mi disse che, al nostro ritorno, mi sarebbe stata tagliata la lingua.» non vi era timore nel suo tono di voce, o felicità per esser scampata a quel fato. Al contrario, Dahlia vi individuò qualcosa di tetramente simile all'orgoglio. Saarebas si lavò i capelli in silenzio, mentre l'assassina continuava a guardarla con la coda dell'occhio.
Che differenza vi era per la maga fra il Qun e la schiavitù vissuta nel Tevinter?

La tenuta del Magister era situata fuori dalla città di Hunter Fell, in dei terreni di sua proprietà circondati da colline verdeggianti, al limite di un piccolo bosco. L'abitazione non era certo fastosa come la sua casa nel Tevinter, forse proprio concepita come una sorta di rifugio. Certo, non si era accontentato di una capanna. La casa era situata in due piani, con un ampio e spazioso sottoportico con tralicci in legno sui quali crescevano diversi tipi di piante rampicanti. 
Quel giorno pioveva, ed il rumore della pioggia che batteva contro le fronde degli alberi riempiva l'aria.
Acquattate fra i cespugli, la Corvo e la maga osservavano le guardie poste dinanzi l'ingresso, cinque uomini. Dahlia sentiva le mani prudere, ma doveva mantenere il sangue freddo, come le era stato sempre imposto. Si legò i capelli in una coda alta, in modo che non la infastidissero. «Dev'essere ancora qui.» mormorò verso la compagnia con un filo di voce. Non potevano studiare la casa per giorni com'era successo precedentemente, ma neanche piombare all'interno senza lo straccio di un piano. Non sapeva che difese avesse eretto il Magister, ma se si aspettava un altro attacco sicuramente non si sarebbe fatto trovare impreparato. Dahlia lasciò la qunari a sorvegliare l'ingresso, mentre lei faceva il giro della casa per controllare le uscite posteriori e quante guardie vi fossero disposte attorno al perimetro.
C'era una porta non sorvegliata, probabilmente conduceva nelle stanze della servitù o nelle cucine, le guardie a quanto pare permanevano solo dinanzi l'ingresso. L'assassina storse il naso: perchè così poche guardie? Era così sicuro che non avrebbero mai trovato la sua seconda residenza? O stavano per ricadere in trappola, od il Magister aveva commesso l'errore d'abbassare la guardia. Le finestre erano tutte illuminate, svariate ombre facevano avanti ed indietro per le stanze ed i corridoi. Servi e guardie senz'altro. Il balcone più grande era situato al secondo piano, con tanto di piccola terrazza illuminata da lanterne magiche. Pretus doveva essere lì.
Si tenne lontana dalle stalle per non rischiare di innervosire i cavalli o farsi notare dagli stallieri, mentre tornava verso Saarebas. La trovò dove l'aveva lasciata, immobile come una statua. Le riassunse brevemente quelle poche informazioni che aveva carpito, esponendole anche i suoi dubbi. Saarebas la ascoltava, ma il suo sguardo risultava in qualche modo assente.
«Passeremo dal retro, cercheremo di non farci notare così eviteremo le guardie diano subito l'allarme.» la qunari storse il naso, alzandosi in piedi. Di riflesso l'assassina si appiattì ancor di più fra le fronde «Ti vedranno!» ma l'altra sembrò non sentirla, fece qualche passo avanti, uscendo dalla macchia boschiva e dirigendosi verso l'entrata «Non mi nasconderò come un ratto bas.» le disse mentre allargava le braccia, i palmi delle mani rivolti verso l'esterno con le dita piegate ad artiglio. Energia pura iniziò a crepitare fra le sue dita, l'elettricità saettava da un dito all'altro come conduttori d'energia. Saarebas voltò solo il capo per guardare l'altra con la coda dell'occhio. «Ti servirà un diversivo.» L'assassina protestò, cercando di farle capire quanto fosse pericoloso per lei andare da sola, ma la qunari proseguì senza più voltarsi indietro. Internamente Dahlia maledì la qunari e scomodò diverse volte il Creatore ed Andraste con parole poche lusinghiere, mentre strisciava nuovamente fra gli arbusti dirigendosi verso il retro.
Saarebas sentiva la pioggia rimbalzarle sulla pelle, tintinnare sulla parte metalliche delle corna e sull'armatura. Gli stivali neri affondavano nel fango di più ad ogni passo mentre l'energia crepitava con più insistenza fra le sue mani, impaziente di essere scatenata. Finalmente le guardie la notarono, e lei fermò di colpo la sua avanzata, osservandoli. Tutti avevano le armature scure tipiche del Tevinter, i tre guerrieri avevano armature pesanti, due armati di spade e scudo ed uno con un ascia simile a quella di un boia. Gli altri due invece erano arcieri, le armature decisamente più leggere con ampi cappucci a coprirne il volto, le faretre che facevano capolino da dietro le spalle, gli archi stretti in mano.
I guerrieri estrassero le loro armi, mentre gli arcieri incoccarono le frecce, senza ancora puntargliele addosso. Uno di quelli armati di spada e scudo si fece avanti, urlandole contro. Ma la qunari non lo sentiva, li guardava, ma non li vedeva veramente. Non aveva tempo da perdere con i pesci piccoli.
«Ataash Qunari!2» urlò con tutto il fiato che aveva in gola mentre sollevava ambedue le mani verso il cielo battendole fra di loro. Quando l'energia delle mani si scontrò, da esse si scaturì un fulmine che rimbombò nell'aria, proiettandosi sopra alle teste delle guardie. Esso esplose, e l'energia andò a convertirsi in un globo elettrificato. Si alzò in cielo con schiocchi secchi e minacciosi. Da esso si ramificarono quattro lampi che colpirono il terreno con fragore, sollevando zolle di terra all'impatto, collegandosi fra di loro formando un cerchio crepitante sul terreno. All'interno della gabbia statica rimasero imprigionati un arciere e due dei guerrieri. Si lanciarono all'attacco contro di lei, ma come sbatterono contro le scosse violacee, caddero a terra in preda alle convulsioni.
L'arciere rimasto libero scoccò una freccia in direzione del petto di Saarebas, la quale si limitò a sollevare di scatto il braccio sinistro, evocando una barriera di ghiaccio sulla quale s'infranse l'arma. Si mosse lateralmente per uscire allo scoperto. La sua figura venne avvolta interamente dalla brina, per poi sparire in una scia biancastra appena visibile. L'arciere si guardò attorno confuso, rimasto senza bersaglio, per poi immobilizzarsi. Abbassò lo sguardo verso il proprio ventre: uno spuntone di ghiaccio ne fuoriusciva grondante del suo stesso sangue. Schiuse le labbra con orrore, per poi emettere un colpo di tosse che fece fuoriuscire un fiotto di sangue. Saarebas si era materializzata alle sue spalle, trapassandolo da parte a parte col suo incantesimo. Lo spinse, facendo cadere il su corpo esanime con la faccia nel fango.

Il segnale di Saarebas era stato chiaro, il suo urlo assieme al tuono improvviso aveva messo tutti gli abitanti della casa in allarme. Gli schiavi fuggirono a nascondersi, mentre le altre guardie presero le loro armi dirigendosi all'esterno. L'assassina pregò che la qunari sapesse quello che stava facendo, si sarebbe arrabbiata molto se non l'avesse rivista sana e salva. Aveva già perso due compagni per colpa di Pretus, non ne avrebbe perso un terzo.
Grazie alla confusione per lei fu semplice strisciare fra le ombre della casa, introducendosi con cautela nelle stanze per potervi spiare all'interno. Nella maggior parte trovò solo camere finemente decorate, con un lusso ben superiore alla facciata esterna della tenuta. Vi erano tappeti in ogni centimetro del corridoio, quadri ed arazzi alle pareti. I mobili tutti finemente intagliati e decorati, così come i soprammobili, le poltrone erano tutte soffici ed invitanti.
Ma non vi era la benchè minima traccia di alcun sistema difensivo, a parte le guardie. Il Magister non si era ancora fatto vedere, forse si era rifugiato da qualche parte per evitare la battaglia. Vigliacco, non sarebbe stata la prima volta che fuggiva.
Dahlia salì le scale, sino ad arrivare al secondo piano, dove cercò la stanza dall'ampio terrazzo che aveva visto aggirandosi nei pressi della casa. Non fu difficile individuare la porta giusta, era l'unica a due ante, decorata con bassorilievi astratti ridipinti in argento. Sentì il cuore accelerare e l'adrenalina scorrere velocemente nelle sue vene. Non riusciva a smettere di pensare al silenzioso Kres ed al solare Julian.
Julian...dal suo sorriso ai suoi capelli dorati baciati dal sole. Quando pensava a lui, le sembrava ancora di sentire la pressione delle labbra sulle sue, le carezze delicate sul suo viso. Ancora non sapeva cosa pensare di quell'unico bacio che si erano scambiati, ma ormai non aveva più importanza: Julian non c'era più e Dahlia non poteva far altro che vendicarne la morte, bagnando le sue lame con il sangue di Pretus. La donna posò le mani sulle maniglie circolari in argento, girandole lentamente per far scattare la serratura. Sentì il meccanismo fare resistenza, e staccò le mani subito per evitare di fare rumore sforzando la serratura chiusa. Il Magister poteva essere ancora all'interno, non doveva farsi sentire.
Si inginocchiò davanti la porta, scostando un lembo della mantellina. Le dita afferrarono i suoi migliori strumenti da scasso, inserendoli nella serratura con attenzione. Il grimaldello premeva con delicatezza i cilindretti della serratura, mentre il tensore faceva si che rimanessero nel posto giusto una volta aperti. Era un lavoro di precisione, al quale non bisognava applicare nessuna fretta se non si volesse che il grimaldello rimanesse incastrato col rischio di rompersi o compromettere del tutto la serratura.
Finalmente riuscì a sbloccare l'ultimo cilindretto, che fece scattare la serratura aprendola. La porta si schiuse appena, e Dahlia si rimise in piedi per mettere via gli strumenti da scasso.
Estrasse i pugnali, sfiorando con un gesto istintivo il sole inciso nella lama di lazurite. Spinse delicatamente la porta per introdursi all'interno, facendo scivolare i propri piedi sul tappeto, senza fare rumore.
C'era un uomo all'interno della stanza che dava le spalle alla porta, le braccia conserte dietro alla schiena.

Una delle guardie ebbe la sfortuna di calpestare un sigilli di ghiaccio sparsi all'esterno della tenuta, dal quale eruppero diverse stalagmiti che lo trafissero, uccidendolo sul colpo. 
Saarebas si deterse il sangue proveniente da una ferita sopra l'occhio destro, mentre indietreggiava per guadagnare un po' di respiro. Le guardie erano fuoriuscite dalla tenuta, riversandosi al suo esterno per poterla fronteggiare. Usare gli incantesimi costava energia e più lei si indeboliva, più vi era il rischio che qualche demone venisse attratto da lei e cercasse di possederla, stabilendo un contatto dall'Oblio mentre lei vi traeva forza per usare gli incantesimi.
Era la prima volta che si spingeva in un vero combattimento da anni, da quand'era stata catturata. Ed ora, senza la guida del suo Arvaarad, si sentiva spaesata. Temeva di andare oltre il limite, di non riuscire a controllarsi. Chi l'avrebbe fermata se avesse perso il controllo?
Scagliò un fulmine contro i suoi nemici, che scatenò una reazione a catena colpendo tre guardie, una vicina all'altra trapassando i loro corpi lasciando un buco fumante all'altezza del torace.
Udì un sibilo alle sue spalle e da una densa nuvola di fumo grigio saltò fuori una guardia dalla figura guizzante armata di due lame. Balzò contro di lei, ma Saarebas alzò le mani pronta ad erigere una barriera per potersi difendere.
Il clangore di lame che si scontravano risuonò con forza, interrompendo i suoi gesti. Fra lei e la guardia s'era frapposta una figura armata di spadone, che aveva parato il colpo proteggendola. La vide respingere la guardia per poi trafiggerla con la lama, facendola accasciare a terra esanime. Si voltò, ma non riuscì a vederlo in volto, dalla struttura si sarebbe detto un maschio, ma non capì di che razza si trattasse al momento. Silente, sentì i suoi occhi osservarla da sotto il bordo del cappuccio. Si osservarono per qualche istante, poi lui partì all'attacco contro le guardie. Saarebas non sapeva chi fosse, ma se poteva sfoltire i suoi avversari non lo avrebbe certo scacciato. In due riuscirono a farsi più agevolmente strada fra i nemici, lei con i suoi incantesimi e lui con fendenti decisi.
Fecero irruzione in casa, e come vi misero piede, la qunari sentì uno spiacevole brivido lungo la schiena.
Salì di corsa le scale, la figura incappucciata alle calcagna. Quel brivido era familiare, lo avvertiva ogni qual volta si trovava nell'Oblio, o quando era in presenza di demoni. E questo non era un demone minore.
Nell'aria risuonò un urlo stridente e disumano, simile allo sgradevole rumore di una lama che sfrega contro del metallo. Un forte disagio si impossessò del suo animo, mentre spalancava di colpo la porta dello studio. Dahlia era in piedi, stringeva saldamente le sue armi, guardandosi attorno con occhi stralunati. Sulla spalla sinistra aveva tre ampi tagli, simili alla zampata di una bestia. Saarebas non fece in tempo a chiederle cos'era successo, che una luminosa pozza verde s'espanse sotto ai suoi piedi. «Attenta!» l'avvertì la Corvo, ma troppo tardi. Qualcosa fuoriuscì di colpo, scaraventando la qunari gambe all'aria. Sollevò il busto per cercare di vedere cosa l'aveva attaccata, rimanendone atterrita. Non aveva mai visto un demone del terrore. Quella figura verdastra, alta e secca con spuntoni ossei che sbucavano dalle spalle e dai gomiti. Aveva una coda lunga e sottile, costellata degli stessi spuntoni. La mascella inferiore sembrava rotta, penzolava sul suo petto esponendo la sua gola scura ed i denti acuminati. I molteplici piccoli occhi scuri le si puntarono addosso, mentre dalla sua gola provenne un altro urlo fastidioso che le fece incassare la testa nelle spalle.
Dahlia si mosse veloce, e tirò contro la schiena del demone tre dei suoi pugnali da lancio. Quello si piegò all'indietro per il dolore, urlando ed agitandosi, dando il tempo alla maga di rimettersi in piedi. La sua mano sinistra venne avvolta dalle fiamme, flesse il braccio indietro per poi scagliare una sfera infuocata contro il demone. Lo colpì al petto e questo iniziò a contorcersi come un verme. La figura incappucciata si fece avanti e con un sol fendente mozzò di netto il suo lungo ed ossuto braccio destro.
Nessuno dei tre gli diede tregua, non dovevano permettergli di far breccia nelle loro menti o sparire nuovamente in uno dei suoi portali. Dahlia si avventò sulla sua schiena, piantandogli ambedue le lame all'altezza delle scapole costringendolo a piegarsi in avanti. Saarebas mosse le mani, le fiamme vennero sostituite da cristalli di ghiaccio mentre bloccava a terra il braccio e le ginocchia del demone. La figura incappucciata fu rapida, si accostò alla creatura per poi mozzargli il capo di netto. La testa rotolò sino ai piedi di Saarebas, che la guardò con freddezza. Il corpo del demone si ridusse in cenere, che lasciò dietro di se uno sgradevole odore di putrefazione, mentre spariva lentamente.
I tre si guardarono per qualche interminabile istante, l'aria che veniva sempre più appesantita da domande inespresse. «Pretus?» domandò la qunari a fil di labbra verso l'assassina, la quale però scosse il capo con espressione evidentemente delusa. L'aveva mancato un'altra volta. Saarebas si fece avanti verso il guerriero con fare minaccioso, ambedue le mani nuovamente avvolte dalle fiamme. Non sembrava interessarle che le avesse aiutate: il Magister era sfuggito di nuovo e non sapeva perchè la figura misteriosa si trovasse lì, se avesse avuto qualche informazione l'avrebbe fatto parlare.
Ma il guerriero abbassò l'arma, sollevando la mano destra, coperta da un guanto d'arme con le dita a forma d'artiglio. «Saarebas kost. Maaras shokra. Annan esaam Qun.3» la maga bloccò i propri passi, facendo sparire le fiamme. «Ben-Hassrath?4» domandò lei con tono incerto. Sicuramente quello non era un qunari: che fosse un Viddathari, un fedele del Qun di un altra razza? Non sarebbe stato il primo agente che incontrava. Lo sentì emettere una bassa e roca risata, scuotendo appena il capo. «Decisamente no» Si scostò il cappuccio dal capo, svelando finalmente il suo volto. Lo sguardo della qunari sembrò illuminarsi «Tu...». Il guerriero era un elfo dalla pelle olivastra, aveva i loro tipici e grandi luminosi occhi di un colore che andava dal verde all'azzurro. I suoi capelli erano corti e stranamente candidi, che mal si sposavano con la sua età. La cosa però che colpiva di più di lui, erano i suoi tatuaggi chiari che sembravano mandare un lieve bagliore, partivano dal mento scendendo poi lungo il collo, sparendo nell'armatura. Dahlia inarcò un sopracciglio, affiancandosi alla maga, ma senza ancora riporre le armi. «Lo conosci?» Saarebas rimase con gli occhi puntati sull'elfo «Di vista. Tu eri a Kirkwall, con la Basalit-an5. Hawke.» l'elfo annuì, riponendo la propria spada nel fodero. L'assassina faceva saettare lo sguardo da uno all'altro «Si, dovevi essere con l'Arishock.»
«Tu ed Hawke avete reso un servizio al Qun, recuperando il tomo di Koslun e consegnandoci la ladra. Grazie.» l'assassina la vide ringraziarlo, abbassando anche appena il capo. E così Saarebas era presente all'invasione di Kirkwall da parte dei qunari. Ma non era certo questo il momento di indagare. Si fece avanti, interrompendo i loro convenevoli. «Chi diavolo sei tu? E cosa ci fai qui?» sbottò in direzione dell'elfo «Sto cercando il Magister Livius Erimond, era una spia dell'Inquisizione, almeno fichè non si è riunito ad un gruppo di Venatori. L'ho rintracciato mentre seguivo un gruppo di schiavisti. Lo state cercando anche voi?» Saarebas si scambiò uno sguardo eloquente con Dahlia. Venatori, ecco perchè se n'era andato. Probabilmente aveva avuto una riunione con un loro gruppo. «Non mi hai ancora detto chi sei.» riprese l'assassina, stringendo le proprie armi. «Fenris.» rispose l'elfo. «Mi chiamo Fenris.»
 
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Note dell'autrice:
Buona sera, fan di Dragon Age! (Applausi pre-registrati)
Caspita, sono le mie prime note d'autore, spero di non imbalbettarmi proprio ora...il microfono è acceso, si?
Mi sentite anche lì in fondo? (Auditorium vuoto)
Ehm ehm...pubblico difficile...
Ok bando alle ciance! Ringrazio i coraggiosi che hanno deciso di seguirci in questa nuova avventura! 
Io sono StregattaLunatica, colei che si occuperà di tutti i capitoli pari della saga.
Saarebas la maga del Qun è, come oramai si è ben capito, il mio personaggio! Sin dall'apparizione di Sten in DA:O sono rimasta colpita dalla loro cultura. Ho sempre trovato la loro filosofia interessante, affscinante ed al contempo spaventosa. Potete immaginarvi poi nel secondo quando li ho visti anche con le corna, ho dato i numeri! Quanto vorrei che pubblicassero il tomo di Koslun!
Scusate, la mia anima da Fan ha preso il sopravvento, potrei parlare del Qun per ore!
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e che ci farete conoscere le vostre opinioni/consigli/critiche/ ecc...tramite una recensione!
Grazie ancora a tutti!
Panahedan!


 
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1 Un gruppo formato da maghi qunari e dei loro guardiani.
2 Gloria ai Qunari!
3 Pace, Saarebas. Non c'è ragione per la quale combattere. La vittoria è nel Qun.
4 Letteralmente "Cuore dei molti" un ordine Qunari indetto a difendere i Qunari, la lofo fede ed unità.
5 Un non Qunari degno di rispetto.
   
 
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