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Autore: LadyRealgar    08/05/2015    8 recensioni
Chiara strinse i pugni, desiderando di essere più alta dei suoi 156 cm e di avere un qualunque oggetto da lanciare su quei mascalzoni, cancellando i sorrisi idioti dalle loro brutte facce. Sentiva la rabbia e la vergogna crescere nel cuore e salirle fino alla gola, finché non esplose in un grido: -Dove diavolo mi trovo?
-Ad Asgard!- rispose una voce maschile in lontananza, molto più calda e ferma di quelle delle due guardie, al cui suono erano balzate sull’attenti e (finalmente) si erano zittite.
Premetto che questo è il primo racconto steso di mio pugno che rendo pubblico e spero davvero che questa storia possa far vivere a chi la legge delle belle emozioni.
Attenzione: nel corso della narrazione vi saranno spoilers per coloro che non hanno visto Thor: the Dark World, dato che i fatti qui descritti sono ambientati dopo gli eventi illustrati dal film.
Vi auguro una buona lettura. Lady Realgar
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Odino, Thor, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il colpo era stato sferzato con una velocità e una potenza tali che Loki non era riuscito in alcun modo ad anticiparlo; Phoneus, pur avendo un corpo grosso, pesante e avvolto da una rigida corazza nera, possedeva una coda spaventosamente veloce e flessibile, che era in grado di direzionare ovunque volesse con una precisione millimetrica.

Quell'arto gli era giunto allo stomaco in un lampo e lo aveva scaraventato contro la parete di roccia; non si era nemmeno accorto di gridare dal dolore finché l'impatto con la pietra non gli aveva mozzato il respiro, spegnendo così le sue urla.

Loki sentì la schiena bruciare e, dopo qualche secondo, bagnarsi, mentre il tessuto della maglia gli si appiccicava sulla pelle; stava sanguinando e intanto Phoneus rideva, avvicinandosi lentamente a lui un passo dopo l'altro.

-Nemmeno quell'energumeno di Thor è riuscito a sconfiggermi in battaglia, credevi di poterci riuscire tu, piccolo Jotun? Anche nella mia oscurità, come l'hai chiamata tu, mi è giunta voce delle tue azioni: il principe che ha quasi regnato su Asgard, lo Jotun che ha quasi ucciso il Dio del Tuono, il pazzo ambizioso che ha quasi soggiogato Midgard. Si diceva perfino che fossi morto durante lo scontro con quel folle di Malekith. Ma ora arriva la parte divertente: Thanos ti sta cercando, lo sapevi? Io l'ho visto. Egli non ha mai creduto alla tua morte e anela di incontrarti di nuovo per saldare il vostro conto in sospeso. Scommetto che sarebbe molto generoso con chi gli porterà la testa del traditore.

Loki non fiatava, non proferiva verbo e non dava alcun segno di cedimento di fronte a quella cascata di invettive e minacce, ma non appena Phoneus si fu avvicinato abbastanza, in uno scatto imbracciò Gungnir e scagliò un lampo di energia contro il mostro, mandandolo a terra.

Per qualche secondo credette di averlo battuto, ma Phoneus si rialzò, leccandosi gli orli della bocca con la sua lingua grondante di bava: -Tutto qui? - riprese -Quando era Odino a brandirla, Gungnir aveva una potenza devastante, in grado di tagliare in due parti le montagne e spaccare il cielo; ora con te è poco più di un grosso giocattolo luccicante che non sei nemmeno in grado di maneggiare. La verità è che non ne sei degno, come non lo sei per il trono e non lo sei stato per Mjolnir. Che sensazione ti ha dato stringere quel manico di cuoio e tirare con tutte le tue forze senza che si muovesse di un millimetro? Provare quell'inebriante sensazione di potere, desiderarne ancora e ancora ma non riuscire a sollevare quello stupido martello?

-La stessa che avrai provato anche tu, suppongo- sibilò Loki, mentre un sottile rivolo di sangue scendeva dalle sue labbra sul mento appuntito.

Gli occhi gialli di Phoneus si strinsero in due fessure e la bocca si aprì minacciosamente, scoprendo le zanne: -Tu, patetica creatura...- ringhiò il mostro in preda alla furia, mentre il suo aculeo si librava nell'aria e si scagliava contro il corpo inerme di Loki.

Quando, però, l'ebbe raggiunto, non andò a conficcarsi nelle sue carni, bensì nella dura roccia, squarciandola con gran fracasso, mentre l'immagine del dio svaniva in un lampo smeraldino e l'originale compariva alle spalle di Phoneus, colpendolo alla schiena con un'altra scarica di energia.

Phoneus subì il colpo e si voltò, pronto a contrattaccare, ma quando vide Loki non poté trattenere un altro scroscio di risa.

-Che cosa ci trovi di tanto divertente?- chiese il Dio degli Inganni, irritato da quel continuo sbeffeggiamento, mentre le sue mani tremavano per il dolore che lo colpiva alla schiena e alle spalle.

-La tua paura- rispose quello, sorridendogli malevolo -Ne sei pieno al punto che riesco a sentirne l'inebriante profumo, ma non è per te che temi. Sarebbe una cosa troppo dozzinale per il nobile e altero Loki preoccuparsi per la propria vita. Tu temi per la sua- proseguì indicando con un cenno del capo il sarcofago di pietra -Sai che è già condannata e la cosa ti terrorizza. Sei davvero patetico.

Loki digrignò i denti, percependo sulla lingua il sapore ferroso del proprio sangue, e lanciò una rapida occhiata alla vasca di pietra, poi sorrise amaro: eccola, la vera ironia in tutta quella storia. Per due mesi aveva fatto credere alla terrestre di essere la sua paura e ora era proprio lui, nelle catacombe di Eitur Myri, a provarne. La paura di essere la causa della morte di quella creatura di cui aveva imparato a conoscere la mente e il cuore. Alla fine i ruoli si erano invertiti.

Pensò alla prima volta in cui si era manifestato a Chiara, spacciandosi per quello che non era e indossando una maschera che si adattava perfettamente al suo volto, eppure la ragazza non aveva fatto una piega: "Ho convissuto tutta la vita con le mie paure" gli aveva detto "Posso farlo anche con te". Era stata coraggiosa, forse in una maniera di cui neppure lei si era resa conto appieno: non aveva rinnegato le sue paure, ma le aveva accettate e le aveva affrontate, esattamente come aveva fatto con lui.

Non sarebbe stato da meno, si disse il Dio degli Inganni asciugandosi il sangue alla bocca con il palmo della mano, avrebbe fermato Phoneus e l'avrebbe salvata. Avrebbe rivisto quella luce orgogliosa brillare nei suoi occhi e avrebbe udito di nuovo la sua voce delicata perché aveva un debito nei suoi confronti. E poi sarebbe tornato tutto come prima.

Si scagliò di nuovo contro il mostro, riuscendo ad evitare un tentacolo che era uscito dall'esoscheletro e aveva tentato di afferrarlo per le caviglie; colpì Phoneus più e più volte con Gungnir, scansando sempre all'ultimo la coda e gli artigli, ma quello non cedeva, anzi, sembrava che l'energia e la lama dell'arma sacra non avessero alcun effetto su di lui.

Sfinito dallo sforzo e rallentato da una fitta di dolore alla schiena, Loki si fermò per un istante a riprendere fiato e Phoneus ne approfittò prontamente per colpirlo e scagliarlo di nuovo contro le rocce, lussandogli una spalla.

All'impatto Gungnir, quando le dita del proprietario allentarono la loro presa sulla sua asta, volò contro le pareti del sarcofago e cadde al suolo lì vicino, troppo distante da Loki perché potesse recuperarla.

Era bastato quel breve attimo di esitazione per far sì che il Dio degli Inganni si ritrovasse, disarmato e agonizzante, ad osservare il viso trionfante del mostro e a scoprire di desiderare quello di Chiara.

 

 

Alla fine si era arresa agli eventi e aveva lasciato che il suo cuore la guidasse, scegliendo di dare retta a quello strano vecchio: -Cosa devo fare?- ripeté impaziente.

-In questo momento il tuo corpo si trova immerso in un liquido- rispose l'uomo, puntellando il bastone sul lastricato della piazza -Se vogliamo che la tua mente riprenda il controllo, dobbiamo fornirle una condizione che si avvicini a quella del tuo corpo, in maniera che possano di nuovo comunicare tra loro.

Si guardò intorno pensieroso, poi il lampo di un'idea gli illuminò il viso e indicò la Fonte Gaia con la punta del suo bastone: -Immergiti lì- disse.

-Cosa?- chiese la ragazza scandalizzata -È un monumento storico, mica posso farci il bagno!

-Proprio l'importanza che le dai la rende la migliore delle soluzioni: intensificherà la tua attività celebrale, rendendoti più recettiva. Coraggio!

Perplessa, Chiara si avvicinò lentamente alla fonte e ne osservò il pelo dell'acqua, increspata dal movimento, si tolse le scarpe (si trattava pur sempre di un'opera d'arte e bisognava portarle il dovuto rispetto) e si arrampicò sul bordo.

-Spero che tu abbia ragione- disse al vecchio -Perché l'ultima cosa che vorrei è macchiare la mia fedina penale per atti vandalici!

Si soffermò ad osservare il proprio riflesso nelle acque increspate della fontana e, ancora una volta, percepì un malinconico senso di irrisolto; ripensando al grido che aveva udito poco prima per darsi coraggio, si calò lentamente dal bordo e lasciò che il suo corpo si acclimatasse alla fredda temperatura.

Rimase lì, immersa fino alla vita in silenzio ad aspettare per una manciata di secondi, ma non successe nulla; si voltò per chiedere spiegazioni al vecchio, ma quando diresse lo sguardo dove pochi secondi prima si trovava, l'uomo era scomparso.

Era rimasta da sola in Piazza del Campo, bagnata fino al sedere di acqua gelata.

"Maledizione!" imprecò internamente la ragazza "Quel maledetto vecchiaccio mi ha preso in giro!"

Fece per arrampicarsi sul bordo della vasca e uscire, prima che qualche poliziotto le facesse una multa, quando le parve che dal fondo della fontana emergessero dei rumori, come di una colluttazione.

Erano suoni molto deboli, ma le sembrava di poter percepire distintamente lo sferragliare di un oggetto di metallo, dei colpi e dei lamenti.

Avrebbe dovuto uscire alla svelta e dare retta al suo buon senso, ma la curiosità alzò la voce, sovrastando i più accorti consigli che la prudenza suggeriva e, così, desiderosa di scoprire cosa stesse accadendo, la ragazza si immerse completamente nelle acque della fonte, ritrovandosi a nuotare in uno spazio sterminato.

Intorno a lei le pareti marmoree della fontana erano svanite, lasciando il posto ad un mare di un intenso blu, che volgeva al nero mano a mano Chiara abbassava lo sguardo.

Il rombo di un altro impatto le arrivò nitido alle orecchie e, sentendosi mancare l'aria, iniziò a nuotare verso l'alto, ritrovandosi ben presto circondata non più da cristalline acque azzurre ma da un viscoso liquido giallastro.

Quel liquido la disgustava e non voleva passarci dentro un minuto di più, così aumentò la velocità della bracciate e, quando credette che sarebbe annegata, uscì dall'acqua, sorreggendosi con le mani a dei bordi di pietra e riempiendo, finalmente, d'aria i polmoni.

 

 

Inspirò profondamente, incamerando quanto più ossigeno possibile, come se stesse respirando per la prima, vera volta in vita sua.

Gli occhi le bruciavano per il veleno giallo e denso che le colava dai capelli sulla fronte e le narici erano pregne della puzza acida che emanava.

Si strofinò le palpebre chiuse alla bell’e meglio con le mani e, sforzandosi di non dare di stomaco per l’odore acre e penetrante, si guardò intorno, in cerca di lui, Loki, la persona per la quale era riuscita a sfuggire alla magia di Phoneus.

Nonostante la vista appannata e il bruciore, li scorse entrambi: il Dio degli Inganni giaceva al suolo, ansimante e indebolito, mentre il mostro lo sovrastava con la sua mole, agitando minacciosamente  nell’aria la sua coda, pronto a vibrare l’ultimo, fatale colpo e porre fine all’esistenza dell’arrogante Jotun che aveva avuto l’ardire di sfidarlo da solo.

Era una questione di pochi attimi e ben presto lo sforzo della ragazza non sarebbe servito a nulla, se non fosse stata veloce ad agire e a impedire a Phoneus di prendersi quella vita che solo pochi giorni prima aveva sottratto all’oblio di Hela; doveva pensare in fretta, escogitare qualcosa, ma il veleno di Âlfheimr, non incontrando più alcun ostacolo, aveva iniziato a circolare nel sangue e a diffondersi nel corpo, annebbiandole i sensi e indebolendole gli arti.

Un bagliore dorato a pochi metri da lei le diede la soluzione: abbandonata sulla fredda pietra, Gungnir giaceva al suolo e brillava, come invitandola  ad impugnarla.

Come un marinaio attratto dal suadente canto delle sirene che sugli aspri scogli in mezzo al mare intonano le loro dolci melodie, incurante delle forze che iniziavano a mancarle, della vista appannata e del respiro faticoso, Chiara si sollevò oltre il bordo del sarcofago e, trascinandosi carponi, afferrò la lancia sacra, che percepì quasi bollente al tocco della sua mano.

“Brandiscimi” sembrava implorarla l’arma affusolata, quand’ella la strinse tra le dita “Sfoga la mia furia sull’assassino”, così Chiara lasciò semplicemente che fosse Gungnir a guidarla e, alzandosi malamente in piedi, ne puntò la cuspide in direzione di Phoneus; la lancia iniziò a vibrare e in un lampo di luce emanò un poderoso fascio di energia, che colpì in pieno la coda del mostro, recidendola appena prima che Phoneus potesse usarla per trafiggere Loki.

-Beccati questa, Matrix!- sussurrò la ragazza, prima di perdere totalmente le forze e cadere al suolo come una bambola di pezza.

L’urlo di dolore di Phoneus squarciò l’aria e, folle di odio e di rabbia, si voltò ad osservare la causa della sua mutilazione; con gli occhi che strabuzzavano di ferocia, si sarebbe scagliato contro Chiara, distesa sulla roccia priva di sensi, se non fosse stato per la lama del coltello di Loki conficcata tra le placche dell’esoscheletro, perforandogli il cuore.

-Quando raggiungerai l’inferno- gli sussurrò all’orecchio il Dio degli Inganni -Porta i miei omaggi a Malekith e alla sua stirpe, che tremino ancora al nome di Loki, figlio di Frigga.

Lo guardò rantolare e gorgogliare, tenendosi il petto con gli artigli, mentre un fluido scuro sgorgava dalla ferita attraverso le dita nodose: -Ti aspetterò lì- tossì Phoneus, prima di accasciarsi al suolo, immobile e silente.

Il Dio degli Inganni attese che la creatura spirasse definitivamente poi, quando fu sicuro che non si sarebbe più rialzato, lasciò cadere il coltello e corse (per quanto le sue gambe potevano permettergli) verso Chiara, sollevandole il busto e reggendole la testa con le braccia.

A quel contatto la ragazza, il cui volto aveva assunto un pallore cadaverico, aprì gli occhi e sorrise: -Ciao Trinity…- ridacchiò, ma non riuscì a dire altro  perché un violento attacco di tosse sospese le sue parole.

Quel sorriso spiazzò per un momento il Dio della Menzogna, il quale, davanti a quell’inattesa serenità, non seppe cosa dire. Come faceva a scherzare in un momento del genere? Come riusciva a sorridere proprio a lui, che per tutto quel tempo era stato la causa delle sue sofferenze?

-Mi dispiace per quello che hai dovuto passare…- riuscì a dire alla fine, aumentando leggermente la stretta sulle sue spalle, frenato dalla paura che potesse spezzarsi in due.

-Non è stata colpa tua… no, un po’ sì, ma va bene così- sorrise di nuovo Chiara, stringendo delicatamente nella mano il braccio che l’avvolgeva.

-Sei stata una stupida a tagliarti con quella lama: nessuno ti aveva chiesto di farlo!- la rimproverò Loki, lanciando uno sguardo verso quella ferita ridicolmente piccola e mostruosamente letale che Chiara, in un atto di insano e altruistico coraggio, si era inferta.

Chiara avrebbe voluto rispondere, ma un forte dolore le mozzò il respiro: era come se un fuoco incontrollato le stesse bruciando le carni dall’interno, corrodendo gli organi e diffondendo le fiamme per mezzo delle vene. Era quello che Loki aveva provato alla Festa d’Estate? Era quel dolore che aveva dovuto sopportare quella sera, quando l’aveva trovato in mezzo al proprio sangue?

Lui aveva combattuto contro quel veleno, celando al meglio delle sue possibilità i devastanti effetti che quell’orrore aveva avuto sul suo corpo e lei non sarebbe stata da meno. Sarebbe morta con dignità, però…

-Resta con me- riuscì a implorare la ragazza in un sussurro, mentre nella bocca iniziava a percepire il metallico sapore del sangue -Resta con me finché non è finita. Non voglio… essere da sola quando accadrà.

-Ti fidi di me?- domandò il dio, un mezzo sorriso disegnato sulle labbra.

-Mi fido.

Un sussulto colse il corpo della ragazza, i cui occhi volsero all’indietro e il collo reclinò, non riuscendo più a sostenere il peso della testa, che andò a deporsi, delicatamente e in silenzio, sul braccio del Dio degli Inganni.

Angolo dell’autrice: *entra timidamente in scena l’autrice, indossa l’armatura di Iron Man e si nasconde dietro lo scudo di Capitan America (entrambi gentilmente prestati per l’occasione); in un angolo nascosto, l’agente Barton tende l’arco, pronto a intercettare qualunque tipo di oggetto che le lettrici infuriate potrebbero lanciare contro l’autrice*

Salve e tutte e benvenute alla fine del capitolo 28 del La sua paura, permettetemi di mandare un forte abbraccio alle lettrici che hanno aggiunto la storia alle seguite e alle preferite.

Premetto che mi dispiace molto che questo capitolo sia stato pubblicato in concomitanza con l’inizio dei miei esami e che non avrò modo di pubblicare il prossimo prima della fine dei suddetti, vi assicuro che sono la prima a dispiacersene. Spero che non mi odierete per come è finito questo capitolo e per l’attesa che dovrete sopportare per il prossimo, cercherò di farmi perdonare più avanti.

Nel frattempo, mi auguro che, nonostante tutto, il capitolo sia stato di vostro gradimento e che sia riuscito a trasmettervi qualche bella emozione J

Vorrei portare alla vostra attenzione un’altra splendida fanart creata da MARS88 dedicata alla storia e intitolata Dream, questo è il link: http://s27.postimg.org/a55iyuzb7/Dream.jpg

Tanti, tantissimi complimenti all’artista e un forte abbraccio a tutte voi! Ci vediamo alla prossima!

Lady Realgar

   
 
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