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Autore: Schifottola    09/05/2015    9 recensioni
Kurt, nato e cresciuto a New York, vive solo con la madre, Elisabeth Calhoun, ma dopo che lei muore scopre di essere figlio di Burt Hummel, un meccanico nella cittadina di Lima in Ohio. Costretto a seguire il padre si trova catapultato in una realtà provinciale e bigotta in cui la sua omosessualità non è ben vista e crea motivo di attrito e non accettazione nella sua nuova e detestata famiglia. Un giorno incontra Blaine, un ragazzo ingestibile, spesso protagonista di episodi spiacevoli. Kurt, scoprirà che a Lima, dove la gente non fa altro che parlare, colui che ha più da dire è proprio Blaine, muto selettivo che pur non usando la parola è capace di discorsi che sanno arrivare al cuore.
Tra situazioni tragicomiche Kurt e Blaine si conoscono, stringono amicizia, si innamorano e scoprono che il passato di Lima e di Elisabeth Calhoun e la Banda, i suoi amici di gioventù, è pieno di fatti mai sopiti che influenzeranno il loro presente portando delle conseguenze sull’intera cittadina.
Genere: Commedia, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Burt Hummel, Carole Hudson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Sebastian/Thad
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questo capitolo lo dedico a: Kathy Lightning, Annunziata Martin Porpiglia e WonderGiusy
 
Messaggio per i lettori da leggere per favore fino alla fine:

Caro lettori, non temete, questo non è un messaggio in cui vi dico che ho un blocco dello scrittore (perché ho uno schema di quello che deve accadere dall’inizio alla fine), quindi tranquilli, la storia arriverà al suo termine! Questo è un messaggio e ammonimento!!! Ci sono stati mesi, circa sei, in cui non ho aggiornato e nei quali mi sono arrivati messaggi da alcuni di voi,  in cui mi veniva chiesto di portare avanti la storia. Onestamente mi avete fatto sentire in colpa, ma stavo passando un periodo non particolarmente bello e scrivere era l’ultimo dei miei pensieri! Sono tornata ad aggiornare circa un mese fa e nessuna delle persone che mi aveva fatto una sollecitazione mi ha lasciato una recensione o scritto poi in privato! Io sono la prima ad aver sempre detto che non chiedo(e non ve lo chiederò nemmeno ora) di lasciarmi una recensione, ma di lasciarmi un pensiero su quello che creavo, se ne avevate voglia! Io da autrice non vi ho mai chiesto, o ricattato come a volte ho letto,  di lasciarmi una recensione, ne  vi sono mai andata a scrivere privatamente chiedendovi di leggere la mia storia e di darmi un parere! Quindi, a rigor di logica, chi mi ha scritto e sollecitato perché andassi avanti, mi aspettavo, per correttezza,  quando ho pubblicato che si facesse sentire! Non accetto che trovate 5 minuti per sollecitarmi via mail, magari anche in termini entusiasti, e non trovate 30 secondi per lasciare anche solo un commento di dieci parole, il minimo di una recensione pubblica.
Ora,  io non posso garantire un aggiornamento regolare, ma vi prego, se non vi siete mai presi il disturbo di spendere anche solo un minuto a dialogare (come con alcune -in posta-sulla mia pagina fb), di non scrivermi in privato delle sollecitazioni con il presupposti indicati sopra! Onestamente mi urta!
Scrivo per mio divertimento e certamente gradirei delle recensioni, ma se non arrivano pazienza! Vi chiedo solo di essere onesti e scrivermi non solo quando vi fa comodo! Io perdo tempo e fatica dietro la storia quindi non mi va di essere presa in giro!
Buona lettura e grazie dell’attenzione.
 
ATTENZIONE QUESTO È LEGATO ALLA STORIA: Nella storia  batto sul punto che  Kurt è basso ma tenete conto che Kurt ha 15 anni appena compiuti ed è in fase di crescita! I nani della storia rimarranno la Berry e Anderson!







Dopo che Kurt aveva citato le sue nonne, il pranzo era passato con un certo imbarazzo. Burt soprattutto non aveva digerito l’espressione felice del figlio con cui aveva raccontato di quanto fossero sorprendenti e soprattutto toste le due donne, ognuna nel proprio modo. Si era sentito, per l’ennesima volta, defraudato dei suoi diritti di genitore e pensava che fosse successo lo stesso ai suoi genitori sul loro ruolo con il Kurt, che non aveva colpe di questo.
Finn, mentre Kurt parlava si era preso un momento per osservarlo meglio. Decretò che se non avesse saputo che aveva quindici anni glie ne avrebbe dati uno o due in meno, soprattutto per colpa della voce quasi femminea e a tratti fastidiosa . Lui l’anno prima era già molto alto e piazzato, tanto che molti pensavano che avesse già diciotto anni e sapeva che Burt, quando aveva circa quella fascia di età, anche lui era un ragazzo corpulento e decisamente imponente.
Rispetto a Kurt sembrava lui il figlio naturale di Burt e questo lo rendeva orgoglioso.
 Finn sapeva che, nonostante non fossero davvero padre e figlio, avevano molto in comune. Entrambi nati e cresciuti a Lima, Quarterback della squadra di football, Burt alla sua età era stato anche lui con la capo cheerleader, appassionati di motori, sport, pesca e amanti degli stessi piatti.
Kurt, invece, sembrava non avere nulla del padre e questo lo rasserenava, sentiva che questo non avrebbe intaccato il suo status sia nella famiglia che agli occhi della gente.
Lui sapeva che non appena Kurt si fosse presentato a scuola avrebbe destato immediatamente interesse e pettegolezzi. Era già l’argomento di tutta la città e per questo, nell’ambiente del liceo, sarebbe stato una vera celebrità. La storia che Kurt aveva alle spalle e la parentela con lui, il capitano e quarterback della squadra di football, era un biglietto sicuro per la parte più alta della scala sociale del McKinley.
A Finn quel pensiero gli faceva rabbia, lui si era dovuto guadagnare la sua popolarità, lottando per essere al vertice, riuscendoci nonostante avesse scelto di far parte del Glee club, il posto degli sfigati della scuola .
Ricordava bene l’anno prima che non era stato tacciato da sfigato solo grazie al suo talento per il football e perché era già il sostituto del Quarterback. Semplicemente non gli andava giù che questo ragazzino sembrava avere tutto servito su un piatto d’argento, quando lui ogni cosa se l’era guadagnata lavorando duramente.
Carole aveva cercato di rasserenare l’aria portando i dolci: torta di mele e gelato.
Finn e Burt avevano gradito molto la fine del pranzo, mentre Kurt si sentiva così pieno che l’idea di mangiare ancora gli faceva venire la nausea, per questo aveva cercato di rifiutare almeno il gelato ma, dopo svariate insistenze di assaggiare tutto da parte di Burt, si era ritrovato contro la sua volontà una ciotola al gusto vaniglia.
Kurt era un appassionato di gelato, lo amava, ma non dopo un pranzo così pesante e grasso. E soprattutto non dopo che tutto il suo abituale programma di allenamento sembrava andato a farsi benedire, specialmente durante quelle settimane che la sua vita era andata distrutta.
Kurt però era conscio che quel pasto era stato un inizio con quelle persone con cui avrebbe dovuto vivere per più di tre anni, quindi aveva cercato di far andare il tutto per il meglio.
“Non stai mangiando il gelato, non ti piace? ” domandò Burt .
“È molto buono, ma come ho detto prima sono pienissimo.”
“Ma se non hai mangiato quasi nulla!” gli rispose incredulo il meccanico.
“Per i miei standard ho mangiato moltissimo.” Gli ribatté con un tono un po’ più brusco del necessario il giovane.
Burt scosse la testa ed evitò di commentare. Aveva notato che Kurt , grazie al fatto che era stato più rilassato, in certi momenti era sembrato Elisabeth per via di alcune movenze, comportamenti, gesti ed espressioni. E ci avrebbe giocato il capellino che Kurt, come la madre, era stato a contare le calorie dei maccheroni al formaggio con un discreto orrore. Non gli sembrava che quello fosse il comportamento corretto per un ragazzo di quella età. Si ricordava che lui quando era un adolescente aveva sempre fame e lo stesso Finn e i suoi compagni di squadra che, quando li invitava a passare una serata videogiochi a casa loro, il fattorino della pizza ne portava almeno due per ognuno di loro.
Finn riportò l’attenzione del padre su di sé, raccontandogli della settimana scolastica, dei professori e delle verifiche svolte. Burt lo ascoltò con un sorriso e gli fece qualche domanda sul test di matematica che aveva sostenuto, anche se Kurt notò che l’uomo cercò di chiudere in fretta il discorso della scuola, forse memore di quanto lui non avesse ancora digerito l’imposizione di aver lasciato il suo liceo.
Finn però non capì le intenzioni di Burt e cominciò a parlare della squadra di football.
“ Siamo messi bene come squadra, però ora tutto si complica con Blaine fuori gioco per chissà quanto tempo!” sospirò Finn
Burt sentendo nominare Blaine fu colpito ancora una volta dal senso di colpa e abbassò lo sguardo pronto a biascicare qualcosa, ma Kurt lo distrasse completamente.
“Come?! Quel ragazzo fa parte della squadra di Football!? ”
“È il Kicker!”
“Sul serio!?”
“Certo è il migliore, ha una mira infallibile non sbaglia un calcio! Però è anche una testa calda! ” gli spiegò Finn.
“Una testa calda?”chiese Kurt con curiosità.
“Si è un po’ attacca brighe. Infatti mi stupisce che papà sia riuscito a investirlo e tramortirlo, quando in genere non ha problemi a stendere anche due giocatori grandi quanto me.”
“Cosa!? Ma dai non esagerare, non è possibile una cosa di questo genere, non è poi così grosso.”
“Non farti ingannare dalla sua stazza! Sa benissimo come attaccare e difendersi!”
Kurt avrebbe voluto approfondire l’argomento, ma vennero interrotti da Carole.
“Bene, direi che se ci alziamo da tavola posso sparecchiare, fra poco poi i nonni dovrebbero arrivare, quindi è il caso di muoversi.”
“Alla televisione non è che c’é qualche partita di baseball, football o basket?” chiese Burt stiracchiandosi, lievemente intontito dal tepore del pranzo e dalla stanchezza.
“Sì. Su Time Warner dovrebbe esserci la partita di baseball dei Reds[1] contro gli Indians[2]!-Disse Finn eccitato guardando l’orologio.- dovrebbe essere cominciata circa mezzora fa! E dopo c’è quella di football.”
“Magnifico! Kurt vieni anche tu a vedere la partita!” disse Burt allegramente andando verso il divano accarezzandosi la pancia piena dal pranzo.
Kurt non era un fan di quelle tipologie di sport, certo, di tanto in tanto aveva visto qualche partita di football con Etienne e Sebastian, a patto che ci fosse anche Thad in maniera che potesse chiacchierare e mangiare popcorn, anche se pochi, mentre gli Smythe si davano al tifo sfegatato della loro squadra del cuore, i New York Giants.
“Preferirei dare una mano a Carole a sparecchiare, dato che sembra che ci sia una certa fretta e in più non sono un amante del baseball, basket o football.” Disse in maniera gentile per cercare di declinare l’invito.
“Ma no, tranquillo, non c’è bisogno che mi aiuti!” Carole aveva bisogno di un momento per se stessa per cercare di digerire tutto quello che stava succedendo. Avere sotto gli occhi Kurt si stava rivelando più difficile del previsto.
“Davvero Carole, mi farebbe piacere aiutarti.”
“Amico, davvero non ti piace lo sport?” chiese Finn con faccia inorridita e il ragazzo di New York pensò:
‘E certo, ti pareva che mister Quarterback non ne rimanesse sconvolto! Ti prego Signore, dimmi che non è così tanto stereotipato questo ragazzo! ’
“Non ho detto che non mi piace lo sport, ho detto che non vado pazzo ne di Baseball, ne di Football e ne Basket.”
“Ah e quindi cosa ti piace?”
“Danza in tutte le sue declinazioni.”
Finn lo osservò con una faccia perplessa così come Burt, entrambi sembravano dubbiosi della sua risposta.
“La danza non è uno sport!”gli rispose convinto il ragazzone.
“No è cosa sarebbe allora?”gli controbatté acido Kurt.
“Boh, ma non è uno sport! Ho un paio di amici che fanno danza e al Glee club aiutano il professore a farci imparare le coreografie! Però a me non pare che quando ballo faccio sport!”
Kurt fissò malamente Finn, quel ragazzo gli piaceva sempre meno, anche se doveva ammettere che era rimasto sorpreso che facesse parte di un club di canto, ma di questo se ne sarebbe occupato dopo.
“Secondo te, come hai detto tu, i tuoi amici praticando la danza non fanno uno sport?”
“Assolutamente no! Tanto è vero che, se quello fosse uno sport, Mike non giocherebbe a football e Brittany non sarebbe nelle cheerleader!”
Kurt fissò malamente Il figlio adottivo di suo padre, era riuscito a considerare il cheerleading uno sport e non la danza...
Ma cosa aveva nel cervello?
Le cheerleader praticavano uno sport che era composto da un unione tra ginnastica, danza e stunt[3]!
“Quindi i ballerini, poniamo di danza classica, i loro fisici muscolosi e tonici sono venuti fuori così, per caso? Non pensi che per fare una Pirouette, un Jetè o un Entrechat non serva una preparazione fisica sportiva particolare?O pensi che possano farlo tutti?”
“Dai amico, è roba da femminucce la danza classica!” controbatté Finn confuso e ignaro di cosa fossero quelle cose strane che l’altro ragazzo avesse citato.
“Se fossi in te, prima di essere così sicuro, chiederei ai tuoi amici se la danza non è un sport! Oppure, per evitare l’imbarazzo di fare la figura dello sciocco, darei un’occhiata a Wikipedia!” sbottò con rabbia Kurt.
“Kurt calmati!-disse Burt con tono fermo e autoritario.- non ti azzardare a parlare così a Finn! Devi portargli rispetto!”
“Io gli porterò rispetto quando lui non lo mancherà a me!” rispose inviperito Kurt e Finn protestò:
“Ehi, mica ti ho mancato di rispetto!”
“Studio danza da ben 11 anni, quindi ti pregherei di non schernire chi la pratica!”rispose piccato.
“Aspetta, quindi, oltre alle cose che già facevi, tra la scuola e la compagnia di teatro eri iscritto anche a un corso di danza!? Dove lo trovavi il tempo per vivere?”Domandò incredulo Burt con un tono di velato rimprovero.
Kurt fissò malissimo il meccanico.
“La studiavo sia a scuola che alla compagnia, non era un corso aggiunto! ”
“Che razza di scuola frequentavi?” chiese Finn confuso.
Burt stava per rispondere quando a prendere le redini della situazione ci pensò Carole.
“Ok, ora basta, tutti qui abbiamo poco tempo, ha ragione Kurt la danza è uno sport! Finn caro e tesoro, andate a vedere la partita, Kurt dammi una mano a sparecchiare. Ne riparleremo dopo a mente fredda.”
Kurt si allontanò immediatamente dai due uomini e prese a sparecchiare, mentre Finn e Burt andarono davanti alla televisione un po’ innervositi dalla discussione avuta e Carole sospirò, pensando che la vita in casa non sarebbe più la stessa.
 
 
Luis si svegliò sentendo la voce di sua moglie Maribel, si era appisolato sul divano mentre guardava la televisione con nonna Alma.
“Ehi Bel...” sbiascicò guardando l’affascinante donna minuta dalla pelle rosata e gli occhi nocciola dolci.
Lui e Maribel si erano incontrati a Columbus all’università, durante un corso di Anatomia avanzato. Era stata l’unica che gli si era seduta accanto, nonostante la fama di taciturno e intrattabile solitario che circolava sul suo conto. Aveva guardato con fastidio la ragazza che gli aveva chiesto gentilmente una penna, anche se aveva l’astuccio,ma lui, senza degnarla di una parola, si era alzato e si era spostato. Maribel a sua volta si era alzata e gli si era seduta accanto e lui l’aveva guardata con fastidio e le aveva chiesto:
“Si può sapere che vuoi?”
 “Il tuo numero e un appuntamento con te.”
Lui si era irritato e aveva lasciato la lezione nemmeno iniziata e si era andato a chiudere nel suo appartamento dolorosamente vuoto, nella sua stanza preferita, che aveva le tinte carta da zucchero, scelte da Elisabeth.
Aveva passato quel pomeriggio a sfogliare le foto dei mesi più belli della sua vita, ma che in quel momento erano diventati i ricordi più dolorosi.
Elisabeth era così bella in quelle fotografie...
Non era più andato al corso di Anatomia e lo aveva passato da privatista, pensando di evitare quella fastidiosa ragazza, ma non era stato così.
 
Era un pomeriggio ed era appena andato via dall’unico posto dove il bianco era un colore triste, con indosso il suo abito migliore... Elisabeth non gli avrebbe mai perdonato se si fosse vestito male e lui si era messo al suo meglio per non deluderla. Si era concesso una passeggiata al parco Christofer Columbus per cercare di scrollare le emozioni negative che provava quando aveva visto una figura uscire dall’acqua, arrampicandosi attraverso le transenne.
All’inizio pensò che si trattasse di una bambina visto l’altezza, ma poi l’aveva riconosciuta quando si era fermata a guardarlo.
“Certo che io con gli uomini sono proprio sfigata. Tutti psicopatici mi piacciono!” Gli aveva detto rabbiosa e si era allontanata e lui era rimasto a guardare una seconda figura, un ragazzo di colore, emergere dall’acqua e gridare:
“Maribel sei solo una frigida del cazzo! PUTTANA!”
Lei si era girata e gli aveva urlato di contro:
“Deciditi Ron! O sono frigida o sono puttana!”
“Puttana.”aveva deciso l’altro.
“Hai visto che me li scelgo tutti psicopatici!?” gli aveva detto, mentre lui pensava solo:
-Non me ne frega niente.-
“E questo stronzo chi è!?” aveva chiesto Ron.
“Lui è lo stronzo che mi ha rifiutato prima di conoscere te!” aveva risposto Maribel ignorando la folla che si era formata.
“Ehi voi due- aveva parlato Luis per la prima volta- lo stronzo si sta incazzando!”
“No amico, hai tutto il mio rispetto per esserti schivato un proiettile del genere.” Ron gli aveva stretto la mano e lui si era scostato, non voleva dare confidenza al primo strambo che incontrava.
“Guarda- aveva detto Maribel mettendosi in mezzo ai due ragazzi- che è colpa sua se io ho accettato di uscire con te!”
 “Amico, no, questo non si fa ai fratelli!”
“Veramente-era esploso Luis- avete fatto tutto da soli e tu- si era rivolto solo a Ron- non sei ne mio fratello, ne mio amico.”
“Andate al diavolo!- disse Maribel- ho perso nel fiume le mie scarpe tacco dodici! Le avevo comprate ai grandi magazzini per quindici dollari, a prezzo pieno venivano settanta!”
“Beh scusa-era esploso Ron- se hai perso i tuoi trampoli buttandomi nel fiume. Tanto neanche con quelle sembravi una mezza adulta! Zoccola! E tu amico sei uno stronzo!”
Luis, esasperato e senza pensare, mollò a Ron un pugno con tutta la forza che lo fece cadere a terra.
“Ok, sei un mega stronzo!”aggiunse il ragazzo a terra tenendosi il naso sanguinante.
“Se vuoi che non diventi uno stronzo intergalattico, alzati e sparisci dalla mia vista!” disse Luis agitando la mano pulsante per il dolore e Ron accettò il consiglio e se la diede a gambe.
Luis si voltò per andarsene, ma si trovò davanti Maribel e si accorse che gli arrivava a malapena sotto i pettorali.
“Che c’è?”
“Vuoi uscire con me?” gli aveva chiesto Maribel per la seconda volta e lui aveva scosso la testa.
“Bambina, io non esco con le squinternate, spostate e nane. Torna a casa prima che la mamma si preoccu-” Luis non aveva potuto finire la frase che si trovò a fare un volo nel fiume, Maribel lo aveva spinto.
“Fatti un bagno, stronzo!” gli aveva urlato poi allontanandosi scalza.
“Spero che tu e quell’imbecille vi riconciliate e facciate tanti bambini scemi!” urlò ricevendo un dito medio come ultima risposta dalla ragazza.
 La terza volta che si erano rivisti era in una caffetteria dove lui lavorava per arrotondare qualche soldo. Maribel era entrata per caso e, quando lo aveva visto, era marciata al bancone e si era seduta cominciando a fissarlo.
“Lo sai che meriteresti un ordine restrittivo?”
Lei lo aveva ignorato e gli aveva chiesto:
“Vuoi uscire con me?”
“No, soprattutto dopo che ho conosciuto Ron e che penso sia perfetto per te.”
Lei lo aveva guardato socchiudendo gli occhi risentita e poi aveva sbuffato.
“Allora sappi che verrò qui ogni giorno fino a che non accetterai... e fanculo Ron!”
Lui aveva sbuffato a sua volta e l’aveva ignorata, ma non aveva potuto far finta di niente quando Maribel aveva effettivamente fatto come si era ripromessa. Alla fine aveva accettato di uscire con lei per sfinimento e poi tutto il resto era storia.
 
 
“Non sei venuto a letto.” Disse Maribel distraendo Luis dai suoi ricordi e facendolo tornare alla realtà.
 “Nonna era sveglia quando sono arrivato, pensa che aveva svegliato la nostra mija alle quattro.”
Maribel sospirò guardando la madre che era presa a guardare l’ennesimo film di guerra, si sedette sul divano accanto al marito e gli accarezzò una delle tempie, l’unico punto della chioma corvina che aveva cominciato ad ingrigirsi.
“Hai avuto un turno all’ospedale, potevi lo stesso lasciare Santana a badare a nonna e tu venire a letto.”
“San è solo un’adolescente, passa già un sacco di tempo con la nonna, almeno la domenica ha diritto di fare un po’ quello che vuole e poi è uscita. ”
Maribel annuì e diede un bacio a stampo al marito che ricambiò e poi gli prese le mani in un gesto famigliare e affettuoso.
“Come è andato il turno all’ospedale?”
Luis andò con la moglie in cucina e le raccontò tutto quello che era successo con Blaine e Kurt e quando ebbe finito la donna lo guardò grave.
“Hai visto il figlio di Elisabeth...”
“Già, le somiglia moltissimo.”
“Lui e Blaine sono nella stessa stanza?”
“Sì, ma Bel, non c’è da preoccuparsi.”
 “Credi che lui sappia?” chiese Maribel ignorando le sue parole.
“Onestamente non credo, il mio nome non gli ha detto nulla. E se sa qualcosa non è certo tutto.”
“Sì, ma se Santana venisse a sapere che tu e Elisabeth siete stati insie-”
“Non ho fatto nulla di male Bel!- rispose irritato Luis- non è niente di cui vergognarsi! E un giorno Santana lo saprà comunque!”
“Si hai ragione, scusami.” Rispose la donna sapendo di aver oltrepassato una linea invalicabile nella vita del marito a cui lei era tagliata fuori, a differenza della Banda, per quanto essa fosse sfasciata...
I due coniugi bevvero ognuno il loro caffè in silenzio per qualche minuto fino a che Luis sospirò stanco.
“Tesoro?”
“Abbiamo intenzione di stare bene?”
Al dottore si spezzò il cuore sentendo il tono insicuro di sua moglie. Era per colpa di quello che aveva pregato Santana di non dirle alla madre che aveva pianto quel pomeriggio quando aveva avuto la notizia della morte di Elisabeth .
“Certo Maribel, noi stiamo e staremo bene. Non devi preoccuparti di questo.”
La donna annuì, finì il suo caffè e poi si alzò e guardò il marito con aria di scusa.
“Devo andare, ho il turno...”
“Lo so, stasera quando torni ti faccio trovare la cena pronta, ma forse ci vediamo prima, sono di reperibilità emergenze.”
“Speriamo di no.-sorrise Maribel, ma poi aggiunse preoccupata- ricordati di dire a Santana di rimanere sempre raggiungibile, sai... ”
“Glie l’ho detto stamattina, lo sa, appena torna dall’ospedale rimane a casa oggi..”
 
 
Luis aveva aspettato che Santana tornasse per affidarle la nonna per poter andare nel suo studio e chiudersi dentro. L’uomo estrasse una cartellina dalla sua ventiquattrore e l’aprì rivendo tutta la storia clinica di Kurt Calhoun. Attraverso i dati dell’assicurazione del ragazzo era risalito a tutte le cartelle cliniche e se le era fotocopiati, attento a non lasciare nessuna traccia .
Dentro la sua scrivania, dall’unico cassetto con la serratura, estrasse un’altra cartella e lesse il nome riportato sopra con affetto e nostalgia.
Confrontò i dati e scoprì un altro pezzo della vita di Elisabeth, trovando una delle risposte che aveva messo indirettamente fine alla loro relazione.
 
 
 
Arthur Hummel era un uomo pacato e silenzioso, con una corporatura forte e pesante, vivaci occhietti verdi e capelli grigi ondulati. Amava il ticchettio degli orologi, l’odore del legno, delle mattine cariche di rugiada, i libri di avventura e telefilm di ogni genere, soprattutto quelli medici e polizieschi.
Arthur era colui che con fatica aveva aperto l’officina Hummel e dopo la pensione aveva passato la gestione a Burt, ma la verità era che almeno una o due volte a settimana si metteva ancora la tuta da meccanico e dava una mano in garage, perché gli piaceva passare del tempo fra le macchine, costruendo anche qualcosa di intimo nel rapporto padre e figlio.
Arthur era sposato da quarantotto anni con Molly, si erano conosciuti e fidanzati il primo anno del liceo e si erano uniti in matrimonio un mese dopo averlo finito. Molly era tutto quello che lui non era: chiacchierona, invadente, rapida di pensiero e religiosa. Il loro non era stato sempre un matrimonio semplice, ma avevano avuto sempre la volontà di salvarlo quando le cose andavano male, era sempre stata Molly a recuperare in realtà, riusciva sempre a fare i passi indietro necessari a riportare le cose su dei binari sicuri.
Ringraziava il Signore ogni giorno per questa qualità di sua moglie, che tante volte lo aveva aiutato anche sul lavoro a scampare a delle situazioni disastrose o a spronarlo a lanciarsi in qualcosa che lui mai avrebbe pensato di fare per troppa paura delle conseguenze, come ad esempio l’apertura dell’officina. Aveva imparato sotto le armi l’arte di essere un meccanico e mai avrebbe pensato di mettersi in proprio, lo spaventava l’idea di aprire un’attività e caricarsi di un mutuo, soprattutto avendo un buon lavoro lautamente retribuito in un officina a 30km da Lima, ma sua moglie lo aveva convinto ed era stata la sua prima dipendente.
Ricordava ancora con affetto il momento di quando aveva visto sua moglie in tuta da meccanico, che con orgoglio gli aveva annunciato che aveva letto una quantità enorme di libri sulla meccanica delle macchine. (Era stata un ottima allieva e nel giro di sei mesi era stata in grado di lavorare quasi da sola.)
 
Amava sua moglie e con certezza poteva dire che Molly faceva altrettanto, anche se il loro non era stato quel tipo di sentimento travolgente che infuriava pieno di passione. No, loro avevano deciso di restare insieme, anche quando una mattina si erano svegliati e si erano resi conto che il battito del cuore nel vedere l’altro non c’era più, ma che si era trasformato in una comoda routine fatta da un confortante capirsi attraverso uno sguardo.
Molly era la donna che mai si era arresa con lui, nemmeno quando il 3 Agosto 1994 un’impalcatura di un palazzo gli era caduta addosso incrinandogli cinque costole e spezzandogli entrambe le gambe in fratture scomposte. C’erano voluti tre anni di riabilitazione per tornare in forma, anche se da allora per camminare usava un bastone per compensare il suo zoppicare vistosamente.
Arthur fissò sua moglie che guidava con attenzione e continuava a sgorgare parole sul nipote che stavano per conoscere, doveva ammettere che, scoprire che Burt aveva avuto un figlio da Elisabeth, lo aveva stordito.
Lui aveva adorato quella ragazza, il suo comportamento e il modo di ragionare l’aveva sempre ammirato, perché Elisabeth, nonostante le conseguenze, aveva sempre tirato fuori ciò che pensava, nessuna battaglia era troppo difficile per lei, anche se alla fine si era spesso ritrovata da sola a farlo.
 Ma tanto quanto lui ammirava Elisabeth, Molly altrettanto la odiava. Detestava le abitudini eccentriche che aveva ereditato dalla famiglia e la biasimava per quanto, a suo dire, fosse incapace di cucinare e di avere cura della casa, quando semplicemente la ragazza amava cibi salutari e non usava avere un piano di pulizie, per via dello scarso tempo dovuto al suo lavoro di giornalista. Sua moglie, soprattutto, disapprovava gli amici di Elisabeth, sostenendo che una donna sposata non poteva permettersi frequentazioni maschili senza essere accompagnata dal marito.
Arthur era convinto che Molly la detestava per quello che lui l’ammirava: Elisabeth era un anima libera e niente e nessuno aveva mai potuta legarla. L’uomo era sempre stato convinto, fin dall’inizio, che fosse per questo che sua nuora e Burt non fossero compatibili.
Suo figlio era un bravissimo uomo, ma per certi versi così simile a Molly: ancorato ai dittami della società e preoccupato del pensiero di chi gli stava attorno.
(questo non toglieva al fatto che fosse un uomo semplice ed estremamente intelligente.)
Burt aveva amato davvero Elisabeth, ma le abissali li aveva fatti fallire facendogli scegliere una donna più affine a lui, Carole.
Arthur non pensava che Elisabeth avrebbe mai potuto negare a Burt così tanto come un figlio, ma evidentemente si sbagliava, non aveva mai dubitato del cuore della donna, però, dopo tutto quello che era accaduto, non sapeva che pensare.
Sua moglie, dopo gli ultimi avvenimenti, era rabbiosa con la ex nuora e non riusciva a dargli torto, anche lui lo era, ma al contempo pensava che qualcosa non tornasse, da qualche parte in quella storia, secondo lui, c’era qualche elemento mancante...
“Arthur, attento quando scendi, lì il marciapiede è un po’ irregolare.” Lo avvertì premurosa Molly.
Arthur non fece in tempo a scendere dalla macchina che si trovò di fronte suo nipote Finn, evidentemente doveva averli sentiti arrivare.
“Ciao nonna.”
“Ciao tesoro, come va?” chiese sua moglie, mentre recuperava la borsa dal sedile anteriore.
“ Bene. Nonno lascia che ti aiuti.”
“Non ce né bisogno ragazzo. Piuttosto vieni qui e raccontami come è andato il test di matematica e se quello che abbiamo studiato era corretto!”
Arthur guardò Finn con orgoglio, adorava il ragazzo, era il miglior nipote che avrebbe mai potuto desiderare e che gli dava tantissime soddisfazioni. Certo, non era un genio a scuola, ma aveva un gran talento per lo sport e la meccanica ed era sicuramente un bravissimo ragazzo.
“Ovviamente ci hai azzeccato anche stavolta. Anche se ammetto che ho avuto lo stesso problemi con delle equazioni.”gli disse, mentre li accompagnava nel vialetto.
“Pensi aver preso la sufficienza? ” chiese dolcemente sua moglie.
“Spero di aver preso come minimo una C, anche se mi servirebbe una B per compensare l’insufficienza che ho preso nel compito precedente.”
“Quando ti riconsegneranno la verifica, verrò qui e vedremo cosa hai sbagliato e ti rispiegherò quello che non hai capito.”
“Nonno sarebbe fantastico!” disse Finn, mentre apriva la porta di casa per lasciarli entrare.
L’uomo avvertì l’eccitazione di sua moglie salire, era da giorni che non vedeva l’ora di conoscere Kurt. Molly aveva fantasticato molte volte su come fosse questo ragazzo, anche se aveva notato che nelle fantasie di sua moglie, il nipote, era una versione di Burt giovane o un ragazzo che avesse scritto in faccia il corredo genetico della sua famiglia, i Sellifield, da cui loro figlio aveva ereditato la perdita precoce dei capelli. (nel suo intimo sperava che il ragazzo non avesse preso questo dalla eredità genetica.)
 Arthur, a differenza di sua moglie, non aveva aspettative, era più travolto dal senso di emozione di conoscere questo nuovo nipote.
“Arthur, Molly, siete arrivati in orario perfetto, il caffè è uscito ora.”disse dolcemente Carole sulla porta pronta a prendere i loro cappotti.
Arthur sentì il grazie di sua moglie, ma anche un verso strozzato che lo fece immediatamente voltare per capire cosa l’avesse turbata.
Arthur era senza parole, in piedi, un po’ in disparte, dietro Burt c’era questo ragazzo minuto con un espressione incerta, vestito eccentricamente alla moda e che era il tutto per tutto la versione maschile di Elisabeth …
Sentì il cuore mancargli di un battito.
 
Kurt fissò l’entrata con un certa ansia, erano arrivati i famosi nonni.
Finito di sparecchiare era salito nella sua camera provvisoria a sistemare le cose che avrebbe avuto bisogno più frequentemente, come i suoi prodotti da bagno, il pigiama per la notte e il computer per video chattare con Thad e Sebastian.( si era fatto dare la password del wi-fi da Carole poco prima di salire.)
Burt gli aveva urlato dal salotto di scendere, con un sospiro appoggiò sul letto il computer e scese al piano inferiore in salotto, trovando Carole sorridente di fronte alla porta d’ingresso da cui vi entrarono una coppia di signori in sovrappeso (cosa della quale non era affatto sorpreso), di un’età che poteva variare tra i sessanta-sessantacinque anni.
L’attenzione di Kurt venne catturata dall’anziana, non era altissima- nemmeno i tacchi numero 8 che calzava l’aiutavano a slanciarsi più di tanto- vestita con capi non particolarmente pregiati, ma abbinati con gusto, specialmente nella scelta dei colori caldi. Aveva i capelli tinti rosso fuoco, che non gli piacevano per nulla, ma che si sposavano bene con il viso rubicondo e i vispi occhi nocciola. Appena dietro la donna c’era un uomo che somigliava moltissimo a Burt, ma che a differenza del figlio possedeva una folta chioma candida e un fascino elegante molto marcato.
Vide la signora girarsi e fissarlo con un’espressione stupita e poi emettere un suono strano.
 “In tutto e per tutto un Calhoun!” disse donna e a Kurt non sfuggì il tono contrariato con cui pronunciò quelle parole.
“Guardi che quello per me è il miglior complimento che potesse farmi!” rispose gelidamente alla nonna, che lo fissava per nulla soddisfatta.
“Sei bello come tua madre.” Sentì una voce calda parlargli dolcemente.
Arthur notò che al complimento inaspettato la pelle del giovane divenne rosata.
“Sei il ritratto di Elisabeth, Kurt. Piacere di conoscerti. Mi chiamo Arthur e questa è mia moglie Molly.” Disse allungando la mano per farsela stringere ed ebbe un moto di tenerezza quando vide l’incertezza con cui il ragazzo si avvicinò per ricambiare il gesto.
“È un piacere conoscere lei e sua moglie, signore! ”
“Per te Kurt, siamo Arthur e Molly, oppure nonno e nonna.”
Kurt si trovò improvvisamente impreparato al calore con cui gli sorrideva Arthur. Era più pronto ad affrontare e controbattere la fredda gentilezza di Carole, la riluttanza e arroganza di Finn, l’autorità despota di Burt o la contrarietà di quella Molly.
“Va benissimo Arthur e Molly.” sussurrò imbarazzato.
“Perfetto. Ora che ne diresti di accompagnare questo signore a sedersi sul divano, a fargli compagnia e magari provare a conoscerlo un po’?” domandò con un sorriso scherzoso l’anziano porgendogli il braccio che il ragazzo accettò, seguendolo docilmente.
Burt fissò incredulo il Kurt. Le loro interazioni erano state un disastro; con Carole era stato gentile, ma ritirato; con Finn aveva sfiorato la litigata e con sua madre era bastato un commento(Certamente non dei più felici) per fargli tirare fuori gli artigli. Invece, con suo padre Arthur, Kurt, sembrava completamente un’altra persona e questo in meno di tre minuti che si erano incontrati.
“Allora Kurt, che vuoi sapere di questo povero vecchio?”
“Signore, lei parla sempre di sé in questo modo?”
Kurt piacque la risata di Arthur, aveva un bel suono.
“Ragazzo, abbiamo detto che mi puoi chiamare Arthur.”
“Va bene.”
“Non sei un ragazzo di molte parole vero!?”chiese con un sorriso Arthur.
“In realtà sono un gran chiacchierone, esattamente come la mia mamma...”
Arthur notò che il ragazzo aveva pronunciato quelle parole imponendosi un certo controllo, immaginò che Burt non fosse stato poi così bravo a nascondere il proprio disprezzo per Elisabeth.
“Ma ora ti senti in imbarazzo, dico bene?”
“Un po’!” Kurt avrebbe sfidato chiunque a sedersi nel salotto di casa Hummel e non essere imbarazzato con tutti che lo fissavano, tranne Carole che stava servendo i caffè.
“Tu bevi caffè Kurt?”gli chiese Arthur.
“Sì.”
“Ah, nei vuoi Kurt? Scusami se non te l’ho chiesto, ma ho pensato che non lo bevessi, dato che non hai detto nulla.”disse Carole che in quel momento lo stava servendo alla suocera.
“Mi piacerebbe.”
“Dentro il caffè vuoi latte o zucchero o entrambi?”
“Nero va benissimo, grazie Carole.”
“Nero!? Che schifo!”disse Finn con le labbra arricciate per il disgusto.
Kurt fissò malissimo il ragazzo, chiedendosi se gli avrebbe sempre contestato tutti i suoi gusti.
“A me piace così!”
“Finn”Carole ammonì dolcemente il figlio quando si accorse che stava per parlare di nuovamente.
“Anche Elisabeth lo beveva così o ricordo male? ” chiese Molly con un tono che a Kurt non piacque molto, ma fece finta di nulla.
“Mamma lo beveva così dopo pranzo.” Confermò.
Carole gli servì una tazzina di caffè nero e lui la ringraziò, poi nel salotto cadde un silenzio scomodo, che ruppe poco dopo Kurt.
“Signore, posso fare una domanda?”
“Arthur.”
“Ok... Arthur sei stato un soldato per mestiere?”
“Come mai pensi questo?”chiese l’anziano sorridendo, rimanendo stupito che la prima domanda fosse una cosa del genere.
“La postura e la sua gamba.”
Arthur rise all’innocenza del ragionamento del ragazzo.
“Ho fatto il servizio di leva obbligatorio e in effetti mi porto dietro certe impostazioni militari.- confermò.- ho combattuto la guerra del Vietnam, ma per mestiere ho fatto il meccanico. La gamba invece è stato diciassette anni fa, mi è caduta l’impalcatura di un palazzo addosso. Sono sopravissuto per miracolo, ma e la gamba non è tornata più come prima e da allora zoppico.”
“Oh… io… mi dispiace.” Kurt sentì gli occhi pizzicare e che la sua voce non era stata per nulla stabile, comprese quanto fosse diventato sensibile a determinati argomenti.
L’uomo si rese conto della pessima scelta delle sue parole quando la reazione del ragazzo. Sapeva del crollo nervoso che Kurt aveva avuto il giorno prima e delle raccomandazioni del dottore.
“Mi spiace, non volevo farti piangere.”
“No, non sto piangendo! Mi dispiace, sono stato indiscreto e maleducato non dovevo chiedere. ” disse Kurt umilmente.
Burt si scambiò un’occhiata con Carole, nessuno dei due aveva una idea di come trattare con il ragazzo, soprattutto dopo gli avvenimenti del giorno prima.
“Ma cosa stai dicendo? Certo che dovevi chiedere! Ti dirò di più, nel tempo che sono stato in convalescenza mi sono scoperto un gran amante delle serie televisive! In modo particolare quelle ospedaliere! Molte erano così improbabili che mi facevano ridere a crepapelle!” disse con tono allegro l’uomo sotto lo sguardo divertito della moglie.
“Oh sì, posso confermare! Il Natale scorso gli ho regalato tutti i cofanetti della serie di E.R e di Grey’s Anatomy!”Molly confidò a Kurt con una risata, e il ragazzo sorrise con timidezza alla nonna.
Finn fissava la scena con la gelosia che saliva, era bastato che quel ragazzino facesse gli occhi che lacrimavano e i suoi nonni erano letteralmente impazziti per lui, lo detestava.
“Oh anche io e mamma adoravamo Grey’s Anatomy! Eravamo fan di dottor Bollore!”disse ridacchiando Kurt, non accorgendosi dello sguardo appuntito di Molly alla menzione della ex nuora.
“Oh sì! Anche a piace il dottor Sloan, ma ammetto che preferisco Sheppard!” disse con tono cospiratorio il nonno.
“Il padre di uno dei miei migliori amici è un fotografo molto richiesto e ha fatto dei servizi fotografici a tutto il cast di Grey’s Anatomy e, sapendo che io e mamma eravamo addirittura fanatici del telefilm, ci ha inserito nella troupe. Alla fine abbiamo fatto foto con tutto il cast con i costumi di scena! ”
“Sul serio?” chiese incredulo Finn.
“Sul serio!”
“Cosa ti è sembrata Lima da quello che hai potuto vedere?- chiese Molly cambiando discorso perché trovava mortalmente noioso quello in corso- bella, non è vero?”
Kurt si grattò la testa in difficoltà, non voleva dire apertamente che vista o no Lima non gli piaceva, così glissò con:
“Non ho visto quasi nulla, ma sembra ariosa. ”
“Avrai modo di vedere i pregi di qui.” Disse Arthur sorridendo.
“Purtroppo Kurt, come sapete- spiegò Burt- per il momento ha visto solo l’ospedale, ma nei prossimi giorni rimedieremo.”
“Di sicuro.”aggiunse Carole e Finn roteò gli occhi infastidito.
“Avevo dimenticato-disse Molly portandosi una mano al petto in modo teatrale- povero Blaine, anzi, poveri Anderson, sono una famiglia decisamente sfortunata.”
“Tesoro, non facciamo pettegolezzi.”pregò Arthur, ma Kurt guardò incuriosito la donna che, ignorando palesemente le parole del marito, si mise a raccontare.
“Nessuno sa cosa sia successo, si ipotizza che Melanie Anderson, la moglie di Richard, sia stata aggredita da un pazzo di passaggio o forse un ladro nomade che sparò a lei e Blaine, che era solo un bambino. Solo Blaine si salvò, ma da allora non ha più parlato. Richard ha cambiato anche casa, venendo in questa di fronte, sperando che il figlio riprendesse a parlare, ma non è servito. ”
 
“Ma è orribile.”Kurt sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene , il cuore accelerare i battiti e di nuovo gli occhi pizzicare.
“Mamma, cambiamo discorso, per favore.” Disse con tono duro Burt capendo che quel discorso non era mai adatto, specialmente con Kurt in quel momento.
“Giusto- concordò la donna – ma sappi che c’è un sacco di gente che vale qui a Lima.”
“Ho conosciuto il dottor Lopez, sembra davvero grande... anche sua figlia Savannah non sembra male.”
“Santana- lo corresse Finn - e ti assicuro che lei è tutto fuorché che una bella persona. ”
Burt, internamente, estese il discorso a Luis.
“Perché?” chiese Kurt disorientato.
“La famiglia Lopez è particolare.” Cercò di chiudere il discorso Carole, ma Molly aggiunse:
“Quella ragazzina è una dannazione! Qui a Lima non c’è nessuno più maleducato di lei! Una attaccabrighe. Anzi, ora sono molto vicina alla mamma di Noah che è preoccupata che suo figlio la frequenti. Lei avrebbe voluto che lui si avvicinasse ad una brava ragazza ebrea. Luis Lopez potrà essere un bravo medico, ma la dice lunga su come ha allevato quella ragazza. Una piaga davvero.”
Kurt cominciò a trovare Molly decisamente fastidiosa, in quei pochi minuti che l’aveva conosciuta non aveva fatto altro che sparare giudizi e fare pettegolezzi.
“A me la famiglia Lopez piace- aggiunse ridacchiando Arthur – e anzi ammiro la fantasia di quella ragazzina a creare soprannomi, com’è che ti ha rinominato Finn?”
“Frankenstein o bietolone o Finnonce.”
“E ti sembra simpatico che prenda così in giro nostro nipote?”chiese Molly con sdegno, che riempì il cuore di Finn di affetto.
“Avanti Molly, sono ragazzini! Un giorno rideranno su questo. Anche io a quell’età venivo preso in giro da Frank e oggi ci ridiamo sopra.”
“Sarà...” dissero in coro poco convinti sia Finn che Carole, mentre Burt si astenne dal commentare qualsiasi altra cosa. Non amava Santana Lopez e non gli era piaciuto l’incontro che aveva avuto con Kurt. Si appuntò mentalmente di dire a Finn di controllare che Kurt a scuola gli stesse lontano. L’ultima cosa che aveva bisogno era di nuovo la presenza costante di un Lopez nella sua vita.
“Ma dimmi un po’ Kurt – cambiò di nuovo argomento Arthur- l’attrice di Callie è davvero così bella e giunonica?”
“La tv allarga, ma lei è molto bella.”
“Quindi grazie al padre del tuo amico incontri spesso gente famosa?” chiese con una celata gelosia Finn.
“In realtà Adrian ha fatto un eccezione solo quella volta, perché io e mamma amavamo quel telefilm in maniera particolare! Anche perché, per il lavoro che faccio, ho spesso lavorato con attori famosi.” disse con molta tranquillità Kurt, anche se con una punto di orgoglio.
Nella stanza cadde un silenzio incredulo tra i presenti che cercavano di elaborare al meglio quella informazione.
“Tu lavori?” domandò Molly.
“Sì, sono un attore di Broadway , ormai da anni. La mia scuola superiore a New York puntava a quello: darci una formazione artistica completa per accedere al meglio a scuole di Arte drammatica o compagnie teatrali o set o altro...-Kurt a quel punto fissò gli occhi su Burt e con una punta di risentimento aggiunse- infatti se non cambiavo scuola avevo tutte le credenziali necessarie per entrare all’Actor Studio o alla NYADA o alla Juilliard senza nessuna fatica.”
Burt a quella affermazione si mosse un po’ a disagio, ricordando quanto gli amici di Kurt avessero fatto di tutto per farlo rimanere.
“Ma se hai talento- affermò sicuro Arthur- anche se farai un po’ di fatica, vedrai che riuscirai lo stesso ad accedere al tuo sogno. ”
Kurt annuì di controvoglia sapendo che l’anziano aveva ragione, ma dall’altra parte lui era stato allontanato dalla sua vita e questo a Burt non poteva perdonarlo.
“Quindi hai già recitato a teatro in ruoli importanti?” chiese Carole, sentendo riaprirsi la stessa sensazione di inferiorità che provava da adolescente quando sentiva le notizie sensazionali che contornavano la vita di Elisabeth.
“Sì, qualcuno. il più importante è stato in Hellen Keller. ”
“Non la conosco.” Ammise Carole e Kurt animato si mise a spiegare.
“È una storia vera di una bambina sorda e cieca, nata intorno al 1880, e di come la sua educatrice, Anne, riesce ad insegnarle a comunicare, facendole scoprire che intorno a lei c’è un mondo, una madre, un padre e un fratello. Una storia emozionante.”
“Quindi tu eri il fratello di Hellen.” Affermò Molly e Kurt scosse la testa.
“Io ero Hellen.”
Nella stanza cade di nuovo un silenzio sorpreso.
“Quindi ti sei vestito da femmina?”
“Sì Finn- fece irritato Kurt per il tono dell’altro ragazzo- ero anche una bella bambina, con una bellissima parrucca fino a metà schiena e una pregiata sottoveste di pizzo.”
“Allora Kurt –Molly decise di cambiare per l’ennesima volta argomento capendo del nervoso che correva tra lui e Finn – che mi dici? A New York hai una bella fidanzatina?”
Kurt guardò la nonna odiando già il termine fidanzatina.
“Solo ex e buoni amici.”
“Tranquillo, anche qui ci sono un sacco di ragazze, sono sicura che tra qualche mese ne avrai di certo una anche tu, esattamente come Finn.- rise Molly e con orgoglio aggiunse- Gli Hummel, in fatto di cuori, sono una brutta razza! E ora che lo sei anche tu vedrai!”
Burt pensò che quella fosse una buona domanda e si diede dello sciocco per non averla posta lui a New York. Kurt, invece, sbuffò irritato e con tono stizzito puntualizzò:
“Non aspiro ad essere un ruba cuori, non è il mio genere. E poi ho lasciato un ex-fidanzato e non un’ ex-fidanzata! E sono sicuro che difficilmente qui riuscirò a farmi una storia, da quello che mi aveva detto la mamma questa non è la cittadina più ospitale per un omosessuale.”
“Tu cosa?” urlò Burt incredulo.
Carole fissò Kurt, vedendo per la prima volta una crepa nell’immagine brillante del ragazzo, sentì come una sensazione di sollievo, come se Elisabeth, per una volta, non fosse riuscita a fare qualcosa meglio di lei. Pensò anche che Burt non avrebbe mai potuto amare il figlio naturale più di Finn, ma subito si vergognò di quel pensiero.
“Io sono gay!- gli occhi di Kurt si illuminarono di comprensione-non mi dire che se lo avessi saputo non mi avresti portato qui e mi avresti lasciato vivere la mia vita tranquillo...”
Burt ancora non riusciva a credere a quella notizia, non poteva essere vera, ed era certo che non lo fosse.
“No e no! Stai mentendo! Tu dici così solo perché vuoi tornare a New York.”
Kurt spalancò gli occhi allibito e sputò le parole successive con rabbia.
“Tu sei totalmente fuori di testa! Io non lo dico per divertimento! Se non mi credi, scrivi Kurt Calhoun su internet e troverai alcuni articoli su di me che affermo di essere gay e del mio impegno per i diritti degli LGBT: lesbiche, gay, bisessuali e trans. E sì, prima che tu lo chieda, mamma lo sapeva e mi accettava tranquillamente.”
“Tu sei troppo giovane per essere conscio su una cosa del genere.”disse Molly.
“Ma che discorsi!?-esplose del tutto Kurt- Allora anche Finn è troppo giovane per essere sicuro che gli piacciano le ragazze.”
“E no, io so che mi piacciono. Io sono etero.” Fece Finn con orrore a quella insinuazione.
“Notizia dell’ultima ora: io sono, senza nessun dubbio, omosessuale.”
“Non dire fesserie.” rimarcò Molly e Kurt si girò inviperito.
“Fesserie? Non dico fesserie!”
 “Quella donna!-urlò Burt furioso, col viso rosso e le vene del collo in evidenza e Kurt istintivamente si ritrasse spaventato.-Ogni cosa ha rovinato, con le sue idee malsane! Tu non sei un fottuto omosessuale, Kurt! Sei mio figlio, non puoi esserlo! Quella donna ti ha fatto il lavaggio del cervello!”
“Burt cosa dici!?” disse Arthur parlando per la prima volta da quando era esplosa quella bomba sulla famiglia Hummel.
“POSSO AVERE IL TUO SANGUE-urlò Kurt diventando a sua volta paonazzo- MA TU NON SEI MIO PADRE, NON LO SARAI MAI!”
“NON OSARE RAGAZZO! IO LO SONO, CHE TI PIACCIA O MENO!”
“MA IO NON TI CONSIDERO TALE! E MAMMA NON ERA QUELLA DONNA, MA ERA LA DONNA ECCEZIONALE CHE NON MI HA MAI FATTO MANCARE NIETE! E NON STO PARLANDO DI SOLDI O QUALCOSA DI MATERIALE, MA DI QUESTO.” Kurt si diede dei forti colpi al petto all’altezza del cuore.
“LA DONNA ECCEZIONALE CHE TANTO DECANTI HA UN MUCCHIO DI SCHELETRI NELL’ARMADIO CHE NEANCHE IMMAGINI! UNA PERSONA ECCEZIONALE NON SPARISCE COME HA FATTO LEI!”
 
“FINITELA!”Arthur si alzò mettendosi in mezzo per cercare di chetare quella discussione, che stava degenerando oltre una possibile riparazione.
 
“CONOSCENDOTI SONO CONTENTO CHE L’ABBIA FATTO! E ANCHE FOSSE VERO QUELLO CHE DICI TU, SAPPI CHE TU, AL SUO CONFRONTO, NON VARRAI MAI UN SUO MILLESIMO!”
 
“E QUESTO CHE PENSI!?”
 “SI’, E PENSO ANCHE CHE TU NON HAI IL DIRITTO DI PARLARE DI LEI! IO NON SO COSA È SUCCESSO TRA TE E MAMMA, MA SONO SICURO CHE È COLPA TUA SE LEI SE NE È ANDATA, VISTO LO STRONZO CHE SEI!”
“E QUESTO CHE PENSI!?-richiese Burt sempre più furioso.- BEH LASCIA CHE TI DICA COSA PENSO IO: TI HA CRESCIUTO COME UN MOCCIOSO VIZIATO, UNO SMIDOLLATO CHE NON HA SANI PRINCIPI, NE UNA VERA EDUCAZIONE! E DA COME PARLI DI LEI, SI VEDE CHE TI HA COMPLETAMENTE ANNULLATO IL CERVELLO!”
Kurt sentì la rabbia pompargli nelle vene, ma era sicuro che aveva ragione su qualcosa e infatti disse:
“IO NON SONO STUPIDO E NEANCHE TUTTO IL RESTO CHE PENSI DI ME! ORA HO LA CONFERMA CHE TU NON HAI NEMMENO IDEA DI CHI ERA MAMMA! DIMMI PERCHÉ AVETE DIVORZIATO? COSA HAI FATTO HUMMEL!”
“NON SONO AFFARI TUOI!”
“CERTO CHE LO SONO, SE SONO QUI! E ANZI, VUOI CHE ANALIZZIAMO UN PO’ LA SITUAZIONE? A TE PIACE LA VITA DA UMUNCOLO TRADIZIONALISTA, CHE AMA ESSERE MESSO ALL’INGRASSO DA TUA MOGLIE, TI PIACE GIOCARE ALLA FAMIGLIA DA COPERTINA CON IL FIGLIO PERFETTO: STAR DELLA SCUOLA E QUARTERBACK! SEI TALMENTE OTTUSO CHE QUALSIASI COSA CHE SI DISCOSTA LEGGERMENTE DA QUESTA IDEA ALLORA NON VA BENE!”
“EHI TU! NON TI PERMETTERE AD INSULTARE I MIEI GENITORI” Finn si alzò in tutta la sua imponente altezza e stazza.
“TU STA ZITTO! QUESTA È UNA DISCUSSIONE TRA ME E BURT! E POI SE AVESSI VOLUTO INSULTARE TE E CAROLE AVREI USATO ALTRI TERMINI. STO PARLANDO DI STILI DI VITA, FINN! ASCOLTA , PRIMA DI COMPORTANTI DA BUTTAFUORI!”
“ Stai insultando mio padre.” Ringhiò Finn.
“Giusto, questo è vero! Ma tuo padre sta insultando senza nessun riguardo mia madre e me! E non ho cominciato io. Se si dice qualcosa, poi è ovvio che c’è una reazione.”
“BASTA!”Urlò Arthur che si stupì di come Kurt in quel momento fosse identico ad Elisabeth.
“Elisabeth Calhoun -riprese Kurt - era una donna, anzi, un’anima troppo libera e indipendente per te! Sono certo che lei ha le sue colpe in questa storia, ma sono ancora più certo che le maggiori sono le tue, Hummel.”
“Sono rimasto ad ascoltarti fino ad adesso, ma ora so che tu non hai veramente idea di chi fosse tua madre!”
“Tu lo dici a me che ci ho vissuto insieme per quindici anni!? Allora vuoi dirmi che neanche Finn conosce sua madre?”
“Carole è una brava donna, a differenza di quella carogna di tua madre!”
“MI FAI SCHIFO!” Urlò Kurt, ma prima che se ne rendesse conto aveva una guancia in fiamme per una forte sberla di Burt.
Nella stanza cadde un silenzio sorpreso e sgomentato, Burt stesso lo era per il suo gesto.
Kurt si portò una mano alla guancia e fissò il padre con gli occhi lampeggianti di lacrime.
“Mamma non mi ha mai toccato neanche con un dito. Se litigavamo risolvevamo con le parole... lei me lo aveva insegnato e sai perché? Perché diceva che chi usa le mani è un Neanderthal e un essere umano della peggior specie! Ed è esattamente quello che penso di te! Io sono gay e ho amato e amo profondamente mia madre e non rinnego nessuna delle due cose! Ne ora, ne mai! È da quando ti ho conosciuto che ti sei messo di impegno a rovinarmi la vita, ma io non ti permetterò di farlo del tutto! Appena compirò diciotto anni, tu non mi vedrai mai più! ”
“Kurt.”provò ad avvicinarsi Burt ma il ragazzo si scostò.
“Stammi lontano!”Disse facendo alcuni passi indietro per poi scappare su per le scale.
Arthur fissava il punto dove era scomparso il ragazzo e fece un sospiro pesante, quella situazione era un enorme casino.
 

[1] Cincinnati Reds, ovviamente da Cincinnati
[2] Cleveland Indians, da Cleveland
[3] Uno stuntman o cascatore è un acrobata particolarmente esperto nel fingere cadute, tuffi, salti e scene pericolose in genere (in inglese stunts). Nei film, in particolare d'azione, i cascatori fanno da controfigura agli attori protagonisti nelle scene più pericolose.
 
   
 
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