Sesto Giorno - I
- Ma ti sembra l’ora di tornare a casa?
- Non mi interessa se si tratta di Ed Sheeran o di Gesù, devi tornare a casa ad un orario decente. Vivi sotto il mio tetto e anche sotto le mie regole.
Davanti a quel caffè sperava che chiudesse presto quella bocca, perché se non l’avesse fatto il suo umore sarebbe precipitato e sarebbe scoppiata come una bomba ad orologeria.
- Mamma! – urlò, facendola ammutolire. – Non sapevo nemmeno dove ero diretta, come facevo a sapere a che ora sarei tornata?
- Non so cosa stai facendo, ma farai meglio ad usare la testa.
- Dove stai andando? – disse la donna con le braccia incrociate.
- Tra 20 minuti esco e non chiedermi dove vado, Ed ha detto che è una sorpresa. Non so a che ora tornerò, probabilmente molto tardi.
- Abbi almeno la decenza di farmi una telefonata.
Aveva scelto lei di non dargli buca, quindi ora doveva viverla come veniva. Parliamoci chiaro, lei voleva stare con lui il più possibile, ma avrebbe preferito non versare lacrime.
Sperò di non piangere più, altrimenti il mascara che aveva appena messo si sarebbe sciolto ancora prima di uscire di casa.
Il suo cellulare vibrò.
| Sono qui fuori, ti aspetto. |
Era in anticipo, ma andava bene così. Doveva scappare da quella casa il prima possibile. Si guardò allo specchio un’ultima volta, desiderando essere più bella ed avere vestiti più belli di quel pantaloncino nero e di quella canotta con su scritto “Adventure”. Afferrò il giubbino di jeans e la borsa e senza salutare nessuno, andò via.
Era una bella giornata, non c’era nemmeno una nuvoletta bianca in cielo.
Ed Sheeran continuava ad essere fortunato.
Era in anticipo di 10 minuti, ma ormai aveva rinunciato al sonno.
Appena sveglio, aveva chiamato l’hotel per riconfermare tutto e assicurarsi che gli abiti fossero sotto la loro custodia. Andava tutto bene.
Il sole scottava parecchio, probabilmente sarebbe stata una serata particolarmente calda, ma tanto meglio date le sue intenzioni.
Fissava da lontano il cancello marrone, attendendo che lei comparisse e quando meno se lo aspettava, eccola lì. I capelli arruffati, le guance rosee e gli occhiali da sole.
Camminava in modo disinvolto verso di lui, riponendo le chiavi nella borsa. Quando gli fu davanti non trattenne un sorriso, che vide spuntare anche sul suo volto.
- So che avresti voluto dormire, ma oggi è un grande giorno. Sei pronta? – disse, sinceramente emozionato per quella giornata insieme.
- Buongiorno anche a te. – disse di rimando. – Beh, sempre meglio che stare a casa a cercare di far calmare mia madre.
- Oh. – A volte dimenticava che lei vivesse con i genitori. – Mi dispiace averti causato problemi.
- Non fa niente. – rispose, guardando altrove.
- Oggi ti farò dimenticare tutto, te lo prometto. E guardami! – la rimproverò, così lei riportò l’attenzione ai suoi occhi chiari.
- Ti guardo, Ed. – Non aveva una bella cera.
- Dimmi che vuoi stare con me, oggi. – C’era quasi una supplica nel suo tono di voce.
- Certo. Certo che voglio stare con te, Ed.
- Bene, perché io ho una voglia matta di farti sorridere.
- Andiamo, ci aspetta una grande giornata.
Come aveva fatto ormai troppe volte, si strinse a lui e attese che giungessero alla meta.
Ancora una volta, Ed imboccò l’autostrada, ma stavolta nella direzione opposta. Aveva insistito fino alla fine per non rivelarle dove fossero diretti e non vedeva l’ora che lo scoprisse.
Riflettendo su questo, si rese conto che stava diventando davvero contraddittorio: voleva arrivare a Sorrento prima possibile, ma sperava che il viaggio durasse più del dovuto così da averla stretta a lui fino a che gli fosse mancato il respiro.
Quando uscirono dall’autostrada, avevano un bel tratto di costa su cui proseguire. La splendida mattinata favoriva la loro visione del panorama sul golfo di Napoli, luccicante al sole di mezzogiorno. I lidi erano stracolmi di persone, il largo brulicava di barche e il mare azzurro toglieva il respiro. Accostò alla prima piazzola e la fece scendere dalla moto.
- Ieri non abbiamo fatto nemmeno una foto, ma oggi non rifarò lo stesso errore. – disse sfilando prima il suo casco e poi quello di lei. – Vieni qui.
- Adesso voglio che tu resti lì e ti faccia fotografare. Voglio conservare una tua foto.
- Ma Ed, non-
- Zitta! Non fare storie.
La strada era piena di curve e di sole, ma riuscivano agilmente a superare il traffico. Un paio di volte, Ed credette che a Sara stesse venendo un infarto, mentre portava la moto tra le auto, senza preoccuparsi di decelerare troppo. Fortunatamente per lei, Sorrento non era lontana e ben presto fecero il loro ingresso a Corso Italia, la strada principale della città.
I turisti infestavano le strade e scattavano foto con le loro super-reflex. Ed pensò che sarebbero passati inosservati, ma non appena mise la freccia per entrare nei confini dell’hotel, chiunque fosse nei dintorni si voltò a guardarli.
Non era da tutti entrare nel miglior hotel di Sorrento, ma lui era Ed Sheeran e poteva permetterselo. Quando Sara sfilò il casco, gli chiese mille spiegazioni.
- Quanto ho speso e perché, non è una cosa che ti riguarda, ok? Goditi la giornata.
- Ma…è il miglior hotel di Sorrento! – Ancora non riusciva a concepire che lei fosse lì, all’ingresso di quella struttura.
- Allora, vuoi venire con me o no? – la prese per mano e la portò dentro.
Non capì cosa chiese, ma vide che quella ragazza gli stava allungando una tessera.
Lo seguì, sempre più spaesata, verso il lussuoso ascensore placcato in oro e non riuscì a spiccicare una parola.
Ed la guardava, cercando di decifrare l’emozione che aveva negli occhi, ma ancora una volta fallì. A volte pensava di essere così attratto da lei proprio per quel suo aspetto: era illeggibile.
Non appena le porte si aprirono, scoprirono che l’ascensore era panoramico ed affacciava sul mare. Ed schiacciò il bottone, mentre lei si perdeva nel blu.
Quando uscirono dalla cabina, Ed si ritrovò in un piccolo corridoio ed avanzò, senza lasciarle la mano, verso la porta bianca che aveva davanti.
- Una stanza? – fece lei.
Sentì Sara stringergli convulsamente la mano a quella vista e lui rise della sua faccia sconvolta, invitandola ad entrare. Dovette quasi tirarla per un braccio, ma poi riuscì a richiudersi la porta alle spalle, gettando la scheda sull’antico comò alla sua destra.
- Ti piace? – chiese, urtandola con un gomito.
- Stai scherzando? Non ho mai visto una stanza del genere! – Gli lasciò la mano ed avanzò nel piccolo appartamento. – È meraviglioso! Ma…
- Se vai nella tua stanza, sì, hai una tua stanza, troverai un costume sul tuo letto. Indossalo e torna qui.
Quella stanza era un prodigio, era fornita di qualsiasi cosa: nell’armadio c’erano addirittura dei vestiti della sua taglia. Pensando che lei potesse uscire da un momento all’altro, infilò le infradito ed uscì. Si accomodò su una poltrona del soggiorno e si soffermò a guardare il mare dall’ampia vetrata. Camera all’ultimo piano, come sempre.
La immaginava lì dentro, in preda al panico per la misura del costume e rise al solo pensiero di vedere le sue gote arrossarsi. Già immaginava il resto della giornata. Se fosse stata come la sera precedente – e al ricordo si sentì andare in fiamme – probabilmente non l’avrebbe più dimenticata. Nel momento esatto in cui si stava alzando per distrarsi da quei ricordi, lei aprì la porta e ne uscì lentamente, con indosso un bikini blu.
Aveva visto tante donne in costume, aveva visto tante donne nude, ma mai nessuna lo aveva fatto arrossire come gli stava capitando guardando lei. Gli si formò un groppo alla gola vedendola lì, rossa come un pomodoro e con la pelle d’oca. Parla, Ed – si ripeteva – Non fissarla come un maniaco.
Strinse le mani in due pugni.
- Allora…andiamo? – si sforzò di simulare indifferenza.
- Si. Andiamo. – rispose lei, altrettanto falsamente, troppo turbata dall’assenza di abiti sul corpo di lui.
- Vieni, di qua.
- Oh, cazzo. – disse lei, sconvolta.
Misero piede in una minuscola caletta di sabbia bianca, un ombrellone e due lettini li attendevano, completi di cocktail e asciugamani. Ed la guardò avanzare, incantata da quel posto. Fece un piccolo apprezzamento sul suo sedere pieno, ma lo tenne per sé, ben nascosto nella sua mente, poi le andò dietro, puntando alla crema solare poggiata su un tavolino di legno. Lei era già con i piedi nell’acqua gelida, ma la richiamò.
- Sara, potresti mettermi la crema dietro la schiena? – disse, mostrandole il flacone.
- Certo – rispose, voltandosi.
Sara cercava di stendere al meglio quella crema così pastosa, ma d’altronde Ed aveva una carnagione così chiara che al sole sembrava fosforescente. L’immagine delle sue spalle – quelle spalle – larghe e lentigginose le si attaccò agli occhi, senza lasciarle via di scampo. Sentiva i suoi muscoli contrarsi sotto le dita e finì per mordersi troppo il labbro inferiore quando lui tirò la testa indietro, in un gesto di…godimento?
Terminò in silenzio e gli restituì la crema, evitando il suo sguardo. Si concentrò sulla sensazione della sabbia sotto i piedi mentre cercava una protezione adatta a lei. Si sentiva terribilmente studiata mentre si stendeva la crema sul corpo, anche se lui non la guardava in modo sconveniente. Si rese conto di non riuscire ad arrivare al centro della schiena per quanto si sforzasse, così lo chiamò e glielo chiese.
- Ed? – lui si voltò – Ti dispiacerebbe…ricambiare il favore?
Cominciò a massaggiarle le spalle, sentendola subito intirizzirsi. Aveva detto “ricambiare il favore”, no? Ecco, lo stava facendo. Fece scorrere intenzionalmente le dita fino all’altezza dei fianchi, senza trascurare le zone coperte dai sottili laccetti del costume. Vide chiaramente la sua pelle venire percorsa dai brividi e desiderò intensamente baciarle il collo. Aveva una piccola voglia sulla parte bassa della schiena, le spalle più larghe rispetto alla media, il collo sottile, il sedere pieno, il ventre soffice.
Era perfetta. E per quel giorno era sua.
- Ecco fatto.
Il freddo cancellò dai loro volti le ore di sonno arretrato, risvegliando i loro corpi intorpiditi dal calore. La lasciò andare soltanto quando entrambi furono del tutto bagnati.
- Ed! – lo sgridò lei, senza riuscire a chiudere la bocca per la sorpresa, ma alla fine rise.
Quando riemersero entrambi, presero fiato. Ed pensò che forse era lui quello che stava sognando. Era lui quello che doveva punzecchiarle un braccio per vedere se fosse vera. Tuttavia, poté costatarlo quando lei lo attaccò inaspettatamente, tentando di mandarlo giù.
Gliela diede vinta più di una volta, ma soltanto per sentire le sue braccia intorno al collo e le sue mani sulle spalle. Gli piaceva tenerla per i fianchi quando lei non toccava più, sentiva di aver trovato il suo posto nel mondo.
Fu distratta troppe volte dal riflesso dell’acqua nei suoi occhi azzurri, talvolta dimenticava persino dove fosse. Seduta sul bagnasciuga con lui, vicini abbastanza da sfiorarsi, si chiese di nuovo come mai quell’Ed gli era piombato addosso. Non lo aveva desiderato e tantomeno se lo aspettava, eppure eccola lì, seduta al suo fianco, la mente ancora confusa dall’assurdo turbinio che era diventata la sua vita. Lui era un cantante straniero, lei era ancora all’università. Chi voleva prendere in giro con quella storia di loro due? Favole. Bubbole.
La frutta fresca che ricevettero per pranzo, accompagnata da qualche stuzzichino degno di un re, li portò ben presto ad accomodarsi al riparo dal sole cocente.
In contrasto con l’intera idea di partenza di quella giornata, Ed mise un telo sulla sabbia e la invitò ad accomodarsi vicino a lei. Chiunque li avesse visti litigare per chi dovesse mangiare l’ultimo pezzo di anguria, non li avrebbe mai definiti una coppia.
La piccola radio a loro disposizione, mandava qualche canzone carina e spesso canticchiarono insieme, mettendo da parte i pensieri tristi. Ed mise su un assurdo teatrino, cominciando ad imitare le star che aveva conosciuto, ridendo spesso di quel se stesso che faceva capolino raramente.
Erano già le 15, quella giornata stava volando, sperò ancora che il tempo rallentasse.
- Ti va di fare un tuffo? – gli chiese lei, col labbro inferiore in mostra.
Quando tentò di tirarlo su, fu trascinata in basso, cadendogli rovinosamente addosso. Lui già rideva, ma quella nota serena nella sua risata la fece sentire a suo agio più lì, stesa su di lui, che quando stava seduta a tavola con i suoi genitori.
Lo abbracciò, stringendogli forte il torace. Loro non si abbracciavano mai e sapeva perché, ma quando lo sentì ricambiare la stretta, si chiese dove fosse stato per tutta la sua vita. Le sue braccia erano un porto sicuro.
Si tuffarono in acqua prendendo la rincorsa.
- Allora, ti piace? – chiese lui.
- Avevi dubbi? – rispose. – Era da un anno che non andavo al mare.
- Non avresti mai pensato di andarci con me.
- Certo che no! – si lasciò andare, galleggiando sul pelo dell’acqua.
- Devi sentirti davvero onorata della mia presenza, data la tua accondiscendenza, plebea. – fece la voce grossa, imitando quel re che diceva essere il suo alter ego.
- Maestà, lasci che le mostri la mia accondiscendenza ad accompagnarla sul fondo del mare!
Quando furono le 17, un maggiordomo si avvicinò a loro.
- Il signore desidera-
- Desidera restare ancora in spiaggia o posso dare ordine di predisporre la sala?
- Predisponga pure la sala, noi arriviamo subito.
- Dove andiamo? – chiese lei, con sguardo interrogativo, chiedendosi cos’altro la aspettasse.
- A fare un percorso benessere nella SPA dell’hotel. – disse lui, mentre raccoglieva la ciabatta che il mare gli stava portando via.
- Dai, andiamo.
- Non dovevi organizzare tutto questo, sei sempre eccessivo. – disse allora, quando il suo sorriso la imbarazzò troppo. Si accorse di adorare il suo naso.
- E tu non devi aggiustarmi il colletto se hai voglia di toccarmi. – e le sfiorò la mano.
Ed si voltò, seguendola con lo sguardo. La seguì, cominciando a pronunciare le sue scuse ancora prima di riaverla nel suo campo visivo. Era di spalle e stava per poggiarle una mano sulla spalla, quando qualcuno bussò alla porta.
Una voce li avvertiva che, se i signori erano pronti, potevano recarsi nella Spa quando volevano. Abbassò la mano, mentre rispondeva alla voce nascosta dietro la porta. Non seppe cosa fare vedendola immobile. La chiamò ma lei non si girò, così si portò dinanzi a lei e la trovò col muso lungo e le guance rosso vivo. Aprì la bocca per parlare, ma prima che qualsiasi sillaba uscisse dalla sua bocca, lei gli mollò l’ennesimo cazzotto, stavolta colpendolo sullo sterno. Si portò una mano al petto istintivamente, ma non gli aveva fatto male.
- Ehi – disse allora – Scusa, ho esagerato.
- Non è quello. – rispose lei, guardandosi i piedi.
- Cosa, allora? – cercava una risposta.
- È quel tuo modo di provocarmi, nonostante tutto. Sembra che tu lo faccia apposta.
- Scusa, non so trattenermi. – forse lei non sapeva quanto fosse imbarazzato nel rivelarle quel dettaglio. Per spezzare la tensione, la prese a braccetto. – Andiamo.
Angolo autrice:
Cosa starà tramando quello strano di Ed? Qualche volta io stessa non lo capisco. XD
Grazie per le visite e le recensioni, vi lascio le immagini dei panorami, dell'hotel e del mare di Sorrento!
Alla prossima! :D