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Autore: Curleyswife3    10/05/2015    0 recensioni
[M.A.S.K.]
[M.A.S.K.]Variazione sul tema della puntata "Eyes of the Skull", con al posto del teschio di cristallo una statuetta di Lilith, la peccaminosa prima signora Adamo. Le conseguenze imprevedibili di un'asta al rialzo metteranno a repentaglio la salute di alcuni personaggi. E la virtù di altri.
Ci saranno: fantasy a volontà, rituali di esorcismo, un bel po' di gelosia e le improbabili mises notturne dei nostri eroi.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo quinto

Lilith

 

Sta’ in guardia dai suoi bei capelli
Da quello splendore che solo la veste.
Fai che abbia avvinto un giovane con quelli,
E ce ne vuole prima che lo lasci (Goethe, Faust)


“Bene!” esclamò Bruce Sato chiudendo dietro di sé la porta della camera e posando sulla scrivania accanto alla finestra un libro rilegato in quella che sembrava pelle di serpente.
Si sedette e si asciugò il sudore dalla faccia con un fazzoletto.
“Purtroppo non sono riuscito a incontrare il professor Crowley perché era già partito, ma l’ho chiamato al telefono e quando gli ho raccontato cosa era successo qui mi è sembrato…”
Si interruppe, come ponderando con attenzione le parole da utilizzare.
Alex gli rivolse uno sguardo interrogativo e l’altro riprese.
“Quando gli ho raccontato che cosa abbiamo visto, Crowley per poco non è svenuto! Lui pensa che una qualche intelligenza malefica stia tramando contro Gloria, anche se ovviamente non è riuscito a dirmi chi potrebbe essere, né come fermarla”.
“E quel libro?” chiese lo zoologo indicando lo stravagante volume che l’amico aveva portato con sé.
“Appartiene alla biblioteca dell’Istituto di Archeologia, il professore mi ha dato il permesso di prenderlo”.
“Ma…di che diavolo è fatto? Sembra uscito da un film del terrore” fece Alex, perplesso.
L’amico lo guardò e replicò, con un mezzo sorriso: “Non importa di che cosa è fatta una chiave, finché apre la serratura”.
L’altro si strinse nelle spalle.
“Di che si tratta?” chiese infine.
“Si tratta di un manuale di esorcismi” rispose il giapponese  “che potrebbero, secondo lui, aiutarci a scacciare quella creatura se dovessimo incontrarla di nuovo”.
“Non so” sospirò l’altro, appoggiando la schiena alla sedia “Siamo proprio sicuri di non avere avuto un’allucinazione? Potremmo esserci sbagliati”.
L’amico scosse la testa vivacemente e rispose: “No, io non credo: ciò che abbiamo visto era reale e la mia conclusione è avvalorata dagli incidenti che per poco non sono costati la vita a Gloria”.
Si alzò, si avvicinò all’altro e iniziò a sfogliare le pagine del libro.
“Adesso mettiamoci al lavoro e cerchiamo ci capire chi era quella misteriosa apparizione e perché vuole farle del male”.

***

“Ok, Scott, ci vediamo a cena… non cacciarti in qualche guaio nel frattempo, mi raccomando!” la voce allegra di Matt Trakker riecheggiò nel corridoio ricoperto di moquette blu cobalto e attraversò la stanza silenziosa, mentre l’uomo oltrepassava la soglia e chiudeva dietro di sé la porta; si tolse la giacca e la lasciò cadere distrattamente sul divano accanto alla finestra, guardandosi intorno.
Si sentiva meglio rispetto alla mattina: evidentemente uscire di casa e concentrarsi sul lavoro gli aveva giovato, distraendolo dal rimuginare ancora sui singolari avvenimenti del giorno prima.
Poi, il fatto che la statuina di Lilith fosse stata ritrovata quasi subito e senza alcuno sforzo da parte sua - anche se il comportamento di Mayhem era stato davvero strano e all’apparenza inspiegabile - aveva decisamente contribuito a migliorare il suo umore.
Perciò, con aria tranquilla avanzò nella camera insolitamente silenziosa a causa dell’assenza del figlio e del suo amico metallico; slacciò la cravatta e si passò una mano tra i capelli.
Di sicuro trascorrere un pomeriggio correndo appresso a un iperattivo undicenne lo aiutava a mantenersi in forma, ma in quel momento desiderava solo farsi una doccia bollente e aspettare sul divano l’ora di cena, magari dando finalmente un’occhiata in santa pace  alla copia del Wall Street Journal che aveva dovuto abbandonare intonsa  sul comodino quando Scott gli aveva ricordato - per la quindicesima volta - la sua promessa.
D’un tratto con la coda dell’occhio notò una specie di riverbero verdastro e, voltatosi repentinamente verso la finestra, vide la statuetta di Lilith in bella mostra sulla  mensola di marmo del caminetto.
Strano.
Aveva perfezionato l’acquisto solo da poche ore e sapeva che, di solito, c’era tutta una serie di formalità burocratiche da sbrigare prima che il personale della casa d’aste gli consegnasse ufficialmente l’oggetto che si era aggiudicato…
Si strinse nelle spalle, cercando di ignorare il vago senso di inquietudine che, d’improvviso, si era impossessato di lui.
Evidentemente, considerò, il battitore aveva voluto farsi perdonare per la brutta figura del furto durante l’asta e si era dato da fare per fargli recapitare il piccolo idolo a tempo di record.
Lanciò ancora uno sguardo fugace alla statuetta, mentre armeggiava con i bottoni della camicia.

***

“Ragazzi, grazie dell’ospitalità, ma adesso mi sento molto meglio” esclamò Gloria; il riposo sembrava averle fatto bene, perché appariva più serena e di buon umore persino.
Si stiracchiò e si avviò verso la porta, dicendo: “Vado in camera, ho assolutamente bisogno di farmi un luuungo bagno caldo!”.
“Aspetta” la fermò Alex “lascia che ti accompagni, non vogliamo che un altro vaso di fiori rischi di attentare alla tua vita” aggiunse in un tono che voleva essere scherzoso e invece suonò leggermente stonato.
“Se ci tieni…” fece lei con una smorfia “Ma credo proprio di essermi sbagliata, forse è stato solo un effetto della stanchezza o dello stress: sai, è difficile da credere che ci sia in giro una qualche creatura diabolica che vuole farmi la festa!”.
“Già, certo” borbottò l’inglese “Ma aspettami comunque, prendo la  chiave e vengo con te, tanto per essere prudenti”.
Era appena entrato nella camera da letto quando un urlo proveniente dall’ingresso gli fece gelare il sangue nelle vene e interruppe Bruce, che era ancora intento a studiare lo strano volume che Crowley aveva prestato loro.
I due si scambiarono un’occhiata terrorizzata e si precipitarono verso l’amica: la videro lottare corpo a corpo con una snella, sinuosa, donna che tentava di colpirla con un tagliacarte d’argento preso dalla scrivania vicino alla finestra. La videro cercare di resistere con tutte le sue forze tentando di allontanare la mano che - con dita incredibilmente forti nonostante fossero tanto affusolate - le minacciava la gola.
Scorsero per la prima volta chiaramente i lineamenti della creatura, adesso solida come un essere di carne e sangue: nel suo volto severo aleggiava un sorriso terribile, scarlatto e stillante come una ferita fresca.
Non c’erano dubbi, si trattava della medesima entità che poco prima aveva già attentato all’incolumità di Gloria, solo che non era più evanescente, bensì drammaticamente forte e determinata.
Per un istante - un lungo istante fatale - i due uomini rimasero paralizzati dall’orrore, finché lo sguardo implorante della giovane che stava per soccombere alla mortale nemica non li richiamò alla realtà: allora Alex balzò in avanti e afferrò per un braccio la donna misteriosa, cercando di allontanarla dalla sua vittima.
Con orrore si accorse di avere toccato qualcosa di freddo e viscido come un serpente, qualcosa il cui solo contatto gli fece correre un brivido di dolore lungo tutto il braccio e fino alla spalla.
Lilitu! Agrat bat Mahhat!” gridò a quel punto Bruce, leggendo quelle strane parole dal libro che teneva in mano.
Non appena le sillabe arcane riempirono l’aria, il sorriso svanì dal volto dell’essere; lasciò la presa e fece un passo indietro, come spaventato.
Lilitu!” ripeté allora il giapponese con più energia, mentre Gloria si aggrappava ad Alex tentando di ricominciare a respirare normalmente.
La bellissima immagine di donna, i lineamenti alteri e meravigliosi, i lunghi capelli scarlatti, tutto pareva ora di secondo in secondo farsi più diafano, trasparente e sfumato; i tre udirono come un grido di rabbia, basso e roco quasi provenisse da un abisso dimenticato, e subito dopo il tintinnio del tagliacarte che, non più impugnato dalla mano fatale di Lilith, cadeva sul pavimento.

***

Matt passò una mano sullo specchio appannato dal vapore e si sistemò alla meglio i capelli che, bagnati, non volevano saperne di stare in ordine.
Strinse la cintura dell’accappatoio e si avvicinò di più alla liscia superficie di vetro.
Certo, la sua vita era frenetica e i suoi interessi quanto di più lontano rispetto alla cura ossessiva di sé, eppure era difficile che passasse davanti a uno specchio senza lanciarsi un’occhiata decisamente benevola.  
Sospirò e uscì dal bagno.

 “Baali”.
Una voce bassa e dolce come le fusa di un gatto lo fece voltare: era una voce innamorata, carezzevole, un soave mormorio che contemporaneamente possedeva la carnalità di una donna e la cadenza celestiale del mormorio della brezza estiva, dello stormire delle fronde, dello scorrere dell’acqua di un quieto ruscello di montagna.
Era la quintessenza della dolcezza di tutte le donne che erano vissute e che sarebbero vissute.
Baali” ripeté la voce e il milionario si rese conto con terrore che proveniva da una nebbia fosforescente, che palpitava e pulsava con battito ritmato al centro della sua suite.
Signore e padrone, sono giunta a te per compiacerti”.
L’uomo sgranò gli occhi e sbatté le palpebre ripetutamente senza riuscire a capacitasi di ciò che stava avvenendo a qualche passo da lui; si sentiva la testa vuota e gli pareva che una morsa d’acciaio gli stesse torcendo le viscere mozzandogli il respiro.
“C-che succede?” biascicò, sorprendendosi di come qualche parola fosse riuscita pur sempre a venire fuori dal suo petto ansimante “Chi c’è?”.
Da quella brillante nebbia sensibile si levò allora una risata, amara, beffarda e dolce come il veleno, e lui si rese conto solo in quell’istante che un pesante alito di profumo aveva improvvisamente saturato la stanza: era un odore di fiori, di rose di Shiraz e gelsomino, ma tinto da un leggerissimo sentore sulfureo che gli riempiva le narici e si spargeva, così intenso da offuscare quasi i suoi sensi.
Quando la risata cessò, Matt - incapace di muovere un solo muscolo e finanche di gridare - osservò che la forma di nebbia diventava di momento in momento più concreta e solida, fino a quando sul tappeto finto persiano si erse al suo posto una donna di straordinaria bellezza: Lilith, la Regina dei Lilin, bella come mai nessuna donna mortale potrà essere gli sorrideva, apparentemente di carne e sangue.
Lilith, bella di una bellezza da troppo tempo dimenticata per esistere anche solo in un ricordo remoto.
Lilith, Ardat Lilî, l’immortale sovrana delle notti di luna, sorta dalla polvere dei cervelli morti di innumerevoli amanti, dai corpi tramutati in sabbia di coloro che l’avevano adorata sulla piana di Babilonia.
I suoi occhi dal taglio allungato, ombreggiati da folte ciglia ricurve, fissavano l’americano con un’intensità tale da togliergli il poco fiato che ancora gli era rimasto in corpo.
Scosse con grazia i lunghi capelli, lucenti di bagliori fiammeggianti e intrecciati in un’elaborata acconciatura; da essi esalò ancora più penetrante il profumo che Matt  aveva sentito pochi istanti prima riempire la stanza.
Tu sai chi sono io, Baali, sei tu che mi hai evocata” disse quella voce strisciante come un serpente e altrettanto tentatrice.
“Ci deve essere un equivoco” esclamò a quel punto l’uomo, e nello stesso istante si rese conto di quanto fossero ridicole quelle parole, data la situazione; ma, in tutta onestà, era già un miracolo non essere svenuto.
“Io non ho evocato nessuno…”.
Distolse lo sguardo, cercando di non fissare quella meravigliosa nudità che gli stava davanti in tutto il suo abbagliante splendore.
Per tutta risposta la creatura avanzò di qualche passo verso di lui annullando la distanza che ancora li separava e, senza staccare gli occhi da quelli dell’uomo, rispose: “Tu mi hai richiamata dalle tenebre, dal tempo senza vecchiaia che rappresenta la mia esistenza eterna. Tu, il tuo sguardo e la tua mano hanno attraversato la polvere dei millenni per giungere fino a me”.
“Mi hai richiamata dall’oblio. E le orecchie che per tanto tempo non avevano sentito la voce dell’adorazione, nuovamente trepidano al suono della tua voce”.
“Sei riuscito nel tuo intento, Baali, ma adesso c’è un prezzo da pagare e, credimi, ti assicuro che non è un prezzo troppo elevato per ciò che ne riceverai in cambio
…” aggiunse maliziosa.
“Guardi, signora” fece Matt Trakker sempre più stravolto, indietreggiando senza volere  “Io non ho chiamato nessuno e non pagherò niente”.
Lilith adesso era vicinissima e gli posava una mano sul petto: il suo tocco era bollente e da quella piccola porzione di pelle si irradiavano, nel corpo del milionario, come ardenti scintille di eccitazione e brividi che lo attraversavano dalla testa ai piedi.
Ormai consapevole che stava per perdere il controllo, gettò un’occhiata disperata all’orologio-comunicatore che si era tolto, lasciandolo sul tavolo dell’ingresso, a poche decine di centimetri da lui: non sapeva se sarebbe riuscito a chiamare qualcuno dei suoi, né se le loro maschere avrebbero potuto fare qualcosa contro la creatura che aveva di fronte, ma tanto valeva almeno tentare.
Il demone intuì il suo disegno, o forse lesse il suo pensiero sconvolto, sorrise crudelmente e all’istante al posto dell’orologio Matt vide solo un mucchietto di sabbia biancastra e luccicante, che un vento improvviso disperse.
A un tratto, l’agente ebbe un’idea.
“Se io ti ho chiamata, io posso anche rimandarti indietro da dove sei venuta!” esclamò “Vattene, te lo ordino!”.
Ma il suo sollievo durò solo una frazione di secondo, perché Lilith rise di nuovo: ancora quella risata bassa, musicale e al tempo stesso terribilmente seducente.
Non mi puoi rimandare indietro, Baali!” disse in tono di sfida.
Non puoi rimandare indietro me, la Regina di Zemargad. Ora sono qui e mi prenderò ciò per cui sono venuta!”.
Poi aggiunse, più dolce: “Tu preferisci me a tutte le donne terrene, Baali, non può essere diversamente: guardami, non sono forse attraente?”.
“No!” replicò ancora lui senza guardarla, tentando una strenua difesa.
A quelle parole gli occhi di fuoco di Lilith scintillarono per un istante, accendendosi di bagliori purpurei, e dalla sua bocca voluttuosa uscì un mormorio che l’uomo non comprese, ma che aveva un suono decisamente minaccioso.
Con entrambe le mani lo spinse sul divano e gli si sedette sopra a cavalcioni: adesso Matt non poteva fare a meno di guardarla, i suoi occhi parevano tizzoni d’inferno, ma le sue labbra dipinte promettevano il paradiso.
Sentiva i suoi seni nudi schiacciarsi contro il petto, nelle narici quel profumo che gli faceva perdere la ragione; il suo calore, il calore della sua pelle perfetta come quella di nessuna donna mortale potrà mai essere.
Era sull’orlo del baratro, ma ancora tentava di resistere.     
Io posso fare tutto ciò che vuoi, padrone, tutto ciò che mi comanderai” bisbigliò, vicinissima alla sua bocca, tanto che i loro respiri ormai si confondevano.
 “Tutto”.


Note&Credits: la frase “It matters not what a key is made of, so long as it opens the lock” Bruce la pronuncia nella puntata n. 2 The star Chariot.

 

   
 
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