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Autore: Cocconut_N    10/05/2015    0 recensioni
Durante la WW2, ci sono state molte storie che poche persone conoscono, qui vi racconto una storia di un gruppo di giovani partigiani proveniente da tutta l'Europa.
E tutto ciò dobbiamo iniziare dal Marzo di 1939, sul punto di fine della guerra civile spagnola, quando le Brigate Internazionali e gli spagnoli stessi sono obbligati ad abbandonare la Spagna. Alcuni ritornano alla patria, alcuni immigrarono in una delle poche nazioni non in guerra, e ci sono altri che poi divennero uno dei partigiani in Italia.
E uno di loro, un ragazzo di nome Antonio fece parte della prima brigata "Garibaldi", e proprio dei membri di questa brigata parleremo, il ragazzo italiano Lovino, il "filosofo" tedesco Gilbert, la zingara Elizabeta, il vide comandante francese della brigata Francis, il misterioso Robinson Arthur e la bellissima russa Natalia.
coppie: SpaMano, PruHungary, FrUk.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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•Venticinquesimo capitolo•


 
“Adesso, ci occupiamo noi di noi stessi!”
Un tempo quelli che guidava la prima brigata d’assalto erano il gruppo di comando formati da ben tre persone: la prima si è sacrificata; la seconda è una spia; e proprio un secondo fa, la terza persona ha appena lasciato il suo posto di comando, cercando di recuperare tutto.
Adesso tutti colori che restano ancora sulla cima di questa collina, calcolano l’amicizia in base al metodo partigiano, decidendo così con chi potrebbero formare un gruppo durante le missioni. Davanti ad una situazione a tale difficoltà, c’è sempre quella voca roca e stanca ma forte e sicura che dice: “Adesso, ci occupiamo noi di noi stessi!”
Decidono di eseguire gli ordini del vice, i due cadaveri vengono sepolti frettolosamente, i due gravemente feriti vengono portati sul carro e invece i tre leggermente feriti dopo aver avvolto le ferite con una benda per poi iniziare a camminare insieme agli altri. Quando tutti stanno facendo dei preparativi per lo spostamento, Gilbert Beilschmidt si trova sulle rovine della villa accovacciato con un piccone in mano.
 “Cosa vuoi ancora trovare?” Sente provenire dalle spalle una voce indifferente, “La tua nazione aveva già finito la sua ricerca di tu sai cosa per tutta l’Europa.”
Ormai solo Natalia Arlovskaya lo tratta come se fosse un nemico come i suoi compaesani, il tedesco prese in mano alcuni libro mazzi rovinati che si trovavano su dei mattoni accanto ad esso, facendo finta di non aver sentito la sua provocazione:
“L’ex proprietario della villa aveva una biblioteca, te lo ricordi? Non possiamo lasciare tutti questi libri qua… Wow, guarda qua cosa ho trovato! Un libro su Peano!” Fece all’improvviso un lungo fischio, prendendo un’opera di matematica che si trovava in mezzo a quelli di Dante, Petrarca e Machiavelli, “Peccato che è una versione italiana! Non fa niente o no, La nostra intelligentissima matematica!”
Gilbert infila il libro nelle mani di Natalia, e riprese in mano il piccone. L’espressione del tedesco che sta scavando è solenne e decisa. Questi libri nella quale è seppellito tutti i mondi del passato, sembrano che stessero riprendendo la libertà grazie le mani di Gilbert.
 

Addio, cara collina! Benedica ancora una volta la tua gente, questi che erano stati nelle tue braccia per tutti questi mesi, questi che stanno per lasciarti, per rifugiarsi in una montagna più lontana. Non sarai più quella che riesce a sapere al più presto le notizie di questa tua cara gente, perciò non potrai sapere così presto chi di questi riusciranno ancora a vedere le margherite che fioriranno in primavera dell’anno prossimo. In quest’inverno che porterà la fine dell’anno 1943, sei destinata ad essere al posto delle madri e mogli che attendono a lungo il ritorno del proprio figlio o marito, che guardano a lungo le lontane montagne aspettando qualche notizia da parte dei venti, che lacrimano davanti i davanzali, quelle lacrime che vengono puliti con un pezzo di fazzoletto per poi ritornare vicino ai fornelli e le culle.
Solo al tramonto,  quando il colore della notte inizia a tingere sull’immenso cielo, i partigiani possono finalmente riposarsi vicino al falò. Gli abeti e i cedri nascondono le luci del falò con le loro braccia ancora pieni di foglie.
 “Tra poco ci sposteremo.” Qualcuno dice, “Se non è successo qualcosa, penso che quel maledetto è già arrivato nella città di Genova, e mi sa che ormai sa tutto, dannazione…”
“Perciò abbiamo mandato Sandro a riferire agli altri tre gruppi del nostro arrivo, quando arriveremo al villaggio di Grosergi, possiamo subito spostarci per un’altra parte.” Gli risponde un vecchio da una cinquantina di anni, “Che guaio, spero che il vice riuscirà a raggiungere Nicola.”
“Se riuscirà a raggiungerlo è un fatto, e se riesce a raggiungerlo e poi sbarazzarci di lui è già un altro fatto.” Le parole di Gilbert sembrano un’ascia che cade su delle legna, “Calcolando un po’ le probabilità con la matematica, serve solo che Tiche sia dalla nostra parte. Ma comunque se non riuscisse, sarebbe ancora Francis!? Dovete sapere che per i francesi, nulla è poi così stravagante.”
 

Ci sono sempre queste persone che sono nati per far diventare realtà le fantasie. E chi ha mai detto che solo gli adulti sono in grado di farlo? E chi ha mai detto che i quattordicenni possono solo compiere errori impossibili da mettere a posto?  Se non ci fosse stato quel qualcuno che l’ha fermato, ordinandolo di spostare insieme al gruppo, Peter sarebbe sicuramente corso giù dalla collina insieme al vice generale per acchiappare la spia.
Però adesso, non può fare altro che stare davanti il falò con gli occhi socchiusi, sentendo lo strato di calore e luce sulla ciglia. Tanti anni fa, quando era su una barca in mezzo al fiume Mersey insieme ad Arthur, in quella giornata di pioggia – I ragazzi inglesi non hanno mai paura della pioggia – quelle luci delle case della città che vedeva, erano dello stesso color di quello che  adesso è difronte a lui.
Peter Kirkland, il fratello minore di quel bastardo di Arthur Kirkland, per la prima volta nella sua vita, gli manca così tanto Liverpool. Proprio così, seduto in silenzio, con gli occhi socchiusi, davanti al fuoco, poi mamma verrà vicino a lui abbracciando le sue spalle chiedendogli: “Cos’è successo, mio caro?” E solitamente con una faccia triste rispondeva: “È andato una schifezza il compito di matematica.” “Non fa niente, quando tornerà Arthur, chiedigli gli argomenti che non capisci ancora.” La mamma lo perdonava sempre, quale suo sbaglio non può essere perdonato dalla mamma…
“Cos’è successo, caro?” Qualcuno si è seduto accanto a lui, abbracciandolo le spalle, calciando via la sua spensierata infanzia, alzò il viso, cercando di trattenere le lacrime che cercano di fuoriuscire dalle palpebre. Pulisce con forza gli occhi con la mano, e vede il viso della zingara. Nessuno potrebbe arrabbiarsi difronte ad un viso del genere.
“Era una domanda retorica? Comunque se non lo fosse ho fatto un casino.”
“Ah…” Fece un lungo sospiro dispiaciuta, “È per Robinson giusto? Anche se non so chi sia… lo vuoi veramente molto bene no?”
Per un attimo Peter le stava per dire che era il primo figlio della sua stessa madre che è stato appena tradito dal suo fratello minore non facendolo ovviamente di proposito. Sente la mano della ragazza che carezza con gentilezza i suoi capelli, un tempo la mamma faceva lo stesso gesto per dimostrare il suo affetto per il figlio più piccolo. Ah, cara mamma, per quale grave motivo Dio avrebbe dovuto punirti in questo modo, facendoti diventare la padrona della famiglia Kirkland.
 
Dall’altra parte del falò ci sono Antonio e Lovino, uno seduto accanto all’altro. La mano sinistra dello spagnolo e la mano destra dell’italiano si stringono fortemente sopra il terreno in mezzo ad essi: come se volessero giurare sopra a questo terreno che non si separeranno mai.
“Adesso capisco…quello stronzo di… bah!” Lovino dice, “Ecco perché ero stato catturato nella piazza di Parma…e ho anche perso il capello, quel cappello che mi aveva regalato. Bah!”
Antonio appoggia dispiaciuto una mano sul ginocchio dell’italiano, ma l’ultimo continuò a parlare: “Deve pregare davanti al Dio per non cadere nelle mie mani!”
“Non serve che ti vendichi, caro.” Antonio sospirò, “Francis lo raggiungerà, non ti preoccupare.”
“Quel stupido gallo francese? È andato così a testa calda, si deve solo sperare che tutto vada bene, dannazione!”
“…Hey, caro, parliamo qualcosa di più allegro dai! Basta con Nicola Richie.”
“Perché?”
“Mi fa ricordare di quel momento…quel momento, pensavo che ti avrei perso per sempre…”
L’italiano girò all’improvviso il viso, e vede la faccia triste di Antonio, e gli viene in mente un idea stupida.
“Dimmi!” La sua punta del naso si è quasi attaccato a quella dell’altro, “Dimmi cosa sto pensando! Se lo indovini non ti do più fastidio con questo fatto!”
“Stai pensando a Victoria, al vecchio e la nonna.” Antonio sorrise, e mette il pollice sul naso di Lovino.
“Che cretinata stai dicendo.”
“No, tu che cretinata stai dicendo. Stai sicuramente pensando, perché per spostarci da qui dobbiamo per forza fare una sola strada? Perché non potremmo fare la strada un po’ più lunga per Victoria? Andare a salutare un attimo i parenti…”Antonio non continuò , si stese a terra, appoggiando la testa sulle mani, però appena le spalle toccano il terreno, sentì l’ordine di andare.
Antonio sospirò a lungo, ma non si alzò comunque, e in questo momento, Lovino inizia a stringere con le mani le sue orecchie, facendolo alzare da terra.
“Senti!” Lovino bisbigliò vicino le sue orecchie, “Posso dire addio a chiunque…ma non serve che tu mi dici quest’addio, e ovviamente non serve nemmeno a me di dirtelo! Non ci separeremo mai…”
 

Quel giorno, non passarono per Victoria, ed è questo il motivo per cui Lovino solo molto in poi saprà che la sua cara Victoria è stata distrutta durante i bombardamenti dell’alba.
In quel momento, il nonno Romolo era seduto insieme altri vecchi amici un po’ fuori dal villaggio come sempre a chiacchierare dei pettegolezzi. Quando le bombe iniziarono a cadere dal cielo, si era persino alzato in piedi urlando delle maledizioni verso il cielo. Quando i vecchi tornarono nel villaggio ormai completamente distrutto, gli dissero che c’era una bomba caduta proprio sul mulino all’est del villaggio dove c’era in quel momento la nonna Ersilia… Al posto del mulino è rimasto un grande buco nero, e di Ersilia, non ne è rimasto nemmeno un suo capello.
“Stupida vecchia!” Dopo aver sentito le parole dei vicino, Romolo si mise a ridere, “Giocare ancora a nascondino a quest’età? Ma per favore!”
Appena finito la frase, svenne. Quando si risveglia capisce finalmente che quella che ha perso è lei! Non ha perso una di quelle bellissime donne greche ed egiziane, ma Ersilia! Quella fanciulla di campagna che poi gli aveva donato ben quarant’anni della sua vita, ormai non c’è più. Proprio quella fanciulla poi gli aveva concesso tre figli maschi che gli portarono a casa altri quattro nipoti…
Quelli del villaggio ancora vivi piangono, seppellendo i cadaveri mezzi mancanti in quelle tombe fatti al momento con dei chiodi e dei pezzi di legno, e cercando tra le rovine un po’ di ricchezza ancora rimasta. Solo Romolo è seduto in silenzio senza fare niente davanti al fornello di casa sua che ormai è l’unica cosa rimasta della sua piccola cascina, guarda con dubbio i vicini che seppelliscono i familiari, si calmò. “L’hanno messo nelle tombe. Quello è del figlio più piccolo di Luigi, e quello è della sorella di Andrea…ah, giusto, giusto, sono stati seppelliti, perché sono morti. Ma Ersilia? Ersilia…io non l’ho seppellito! Chi era quello che mi aveva detto che era morta?”
Molti dei vicini decidono di trasferirsi in altri villaggi dai lontani parenti.
“Romolo, mio vecchio amico.” Il vecchio Luigi venne da lui, “È meglio che prepari un po’ e vai a trovare i tuoi figli.”
“Sono troppo lontani, non ci vado.”
“Allora vieni a Nocenza con me, dal mio figlio! Non è proprio una buona idea passare l’inverno in questo posto…”
“Ma che cazzo dici! Non ci vado!” Romolo si arrabbiò.
“Che testardo, e va bene, se vuoi veramente restare qui, vieni a casa mia.” Luigi indico l’unica casa ancora intera del villaggio, “E quando hai rinfrescato la tua mente, puoi venire quando vuoi a trovarmi.”
 
È rimasto solo lui a Victoria, si siede fuori al villaggio, come un aquila ormai invecchiato, guarda dall’alto il villaggio completamente distrutto. Ed al tramonto, come al solito, inizia a tornare a casa. Quando vede il fornello che ormai non ci sarà più l’odore dei pasti della cascina in mezzo alle rovino, capisce completamente tutto ciò che era successo.
Si appoggia vicino al fornello, piangendo per la prima volta ad alta voce da quando inizia la sua memoria:
“Ersilia! Ersilia! Mi hai rovinato la vita!”
 
Angolo della traduttrice:
Ciaoo a tutti, e buona festa della mamma! Comunque, questo è il venticinquesimo capitolo della Collina dei Fiori, che spero che vi sia piaciuto il capitolo. Sono così contenta che a Luglio inizia la nuova serie di Hetalia ^^ ma prima di ciò, mi aspetta un mese infernale di Maggio, perciò alla prossima che sarà molto probabilmente dopo la fine della scuola!
  
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