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Autore: OriginalPrankster    11/05/2015    3 recensioni
Seguito de "La Ballata dell'Aurora Ammazzata"
"La storia continua,
Non è terminata:
Sedetevi ed ascoltate,
E vi sarà narrata;
(...)
"A come Alba, che mai vedrai,
U come Unione, la nostra, che ti ucciderà,
R come Ragni, la tortura che subirai,
O come Ora, la tua, che è scattata già,
R come Rivincita, della quale oggetto sarai,
A come Abominio, ciò che hai fatto con viltà!
Aurora, un nome che unisce il nostro giuramento,
Aurora, vittima del nefasto accadimento.
Aurora, colei che hai ammazzato,
Aurora, vendetta per il sangue versato!"
Genere: Fantasy, Poesia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Omicidio e Vendetta dell'Aurora Maledetta'
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Il Cantato dell'Anticristo Vendicato
 
La storia continua,
Non è terminata:
Sedetevi ed ascoltate,
E vi sarà narrata;
 
Noi quattro marciammo,
Per i sette mari e il mondo,
Disgrazie seminammo,
Ed il terrore più profondo.
 
Non sapevamo la sua locazione,
Ma eravamo stati sguinzagliati;
Era il tempo di un po' di distruzione,
I minuti di corsa non dovevano essere sprecati.
 
Perché solo una volta in cento anni
Riuscivamo a liberarci,
Il mondo doveva subire i nostri danni,
Per poi ri-separarci.
 
Ma ora la posta era aumentata,
Perché vendetta si cercava!
L'Apocalisse era tornata,
E la distruzione si moltiplicava!
 
Guerra alle tensioni era abituato,
Ora una vera battaglia si scatenava!
Carestia nella siccità si era adagiato,
Ora la vera fame imperversava!
 
Io Morte lavoravo nella normalità,
Ora potevo mietere liberamente!
Falso Messia la corruzione nutriva già,
Ora poteva sconvolgere realmente!
 
Nel caos del mondo che regnava,
Io come vedete non smisi mai di dettare,
E quell'assassino si cercava,
La poesia su un teschio ero a tracciare.
 
La nostra scia di fuoco dai Ghiacci si allontanava,
Il nostro canto lugubre ci precedeva,
Verso Sud la compagnia andava,
La nera distruzione ci succedeva.
 
Il Sud del Paradiso così bello poteva apparire,
Ma in effetti il confine aveva già oltrepassato,
E anche se non si vede, faceva soffrire,
Perché l'Inferno era già iniziato!
 
Con l'orbita vuota lì Aurora ti vedevo,
Nelle fiamme a bruciare.
Ma sempre fiera ti scorgevo,
Onore e onere di Anticristo sapevi accettare!
 
Nella marcia della morte,
A volte qualcuno di noi lo sguardo distoglieva,
Ritornava il dolore forte,
Che l'anima dolorosamente distruggeva.
 
In quei solitari tempi,
La tua mancanza si faceva sentire.
Cercavamo di fermare gli struggimenti,
Ma essi parevano mai finire.
 
Ci mancavi, manchi e mancherai,
E anche se sei stata ammazzata,
Non sarai dimenticata mai,
Questa cosa è stata giurata.
 
Verso Paradiso dunque cavalcavamo,
Il Sud di quell'infame paese;
Ciò su cui passavamo crudelmente distruggevamo,
L'omicida pagava a sue spese.
 
Poi arrivammo alla Spiaggia dei Ghiacci,
Spettrali barche nel molo abbandonato;
Un raggio di sole spuntava dai vicini crepacci,
Un lugubre vento soffiava gelato.
 
Le briglie furono all'unisono schioccate,
I cavalli nitrendo s'impennarono
Iniziammo la cavalcata tra onde crestate 
I neri fondali di paura risuonarono.
 
Il mare con il cielo si mischiava,
Mentre quest'ultimo si annuvolava.
 
Tra quelle onde una barca navigava,
Un peschereccio affidato al suo motore;
Sentii la rabbia che mi attanagliava,
E lo affondai con furore:
 
Uno squarcio nello scafo si spalancò,
La barca acqua cominciò ad imbarcare.
E poco dopo essa affondò,
E l'equipaggio non si poté salvare.
 
Riprendemmo a cavalcare,
Con la silenziosa tragedia alle spalle.
Corpi sul fondo s'andavano ad adagiare,
Assieme al rottame pieno di falle.
 
Il profondo mare a noi si piegava,
Ma le onde non volevano farsi calpestare,
Il nero fondale di odio rimbombava,
Ma verso la vendetta continuavamo ad avanzare.
 
Quel mare odio per noi covava
Ma ci doveva sopportare.
La nostra devastazione odiava,
Ma non si poteva ribellare.
 
Dalla mia mente quella nave non se ne andava,
Ed il turbamento che provavo era forte.
Il nome poi dalla memoria non si scollava:
Rosa Rossa, una rosa di morte.
 
Dell'equipaggio le urla disperate
In testa rimbombavano violentemente;
Il pensiero di quelle vite stroncate
Mi si era ancorato alla mente.
 
Non rimorso, no questo non provavo,
Ma il pensiero mi assillava.
La loro morte alla tua Aurora, collegavo,
Sebbene ciò profondamente addolorava.
 
Sguinzagliata avevo un preciso dovere,
Io sono la Morte, il mio esistere a ciò è legato.
Ma questo enorme ed infinito potere,
Quanta tristezza aveva mai portato?
 
Nessuno poteva saperne la quantità,
Ma paragonando la tua morte alla loro
E pensando a questa fatalità
Capivo quanto in fondo la vita sia un tesoro.
 
Un'anima libera mi credevo,
Ma vidi che mi sbagliavo profondamente.
Ero più maledetta di quanto supponevo,
E a ciò sempre ripenso amaramente.
 
Perché io un'amica ho visto morire,
E all'inferno l'ho dovuta trascinare.
Io governo ciò che ti ha dovuto inghiottire,
E io comando chi ti dovrà frustare.
 
Carestia, Guerra e Falso Messia ciò non hanno,
I loro amici da loro non saranno ammazzati:
Quando accadrà, per mano mia moriranno.
Ed i rimorsi dei tre non ne saranno toccati.
 
La Morte cavalca tra i Quattro Cavalieri,
Ma è senza dubbio la più maledetta.
Tutti hanno i loro doveri,
Ma lei alla sofferenza è costretta.
 
Chi ci avrebbe mai scommesso,
La Morte che piange una sua vittima?
Al dominio del fato questo Cavaliere sottomesso?
Sembra quasi una beffa illegittima!
 
Eppure ciò è dolorosamente vero,
E della morte arricchisce il Mistero.
Nonostante la mia rabbia,
Resto un misero ratto in gabbia.
 
Oh, voi che la mia presenza bramavate,
Aprite il vostro cuore!
Hey voi, che la fine della vita chiamavate,
Ponete fine al vostro dolore!
 
Alle vostre case io stavo tornando,
Voi che di me paura avevate,
Io a bussare stavo ricominciando!
A fuggire meglio facevate!
 
Uniti resistevano,
Divisi cadevamo.
E non ci sfuggivate,
Neppure se uniti rimanevate!
 
Anche se pensavo al dolore che ho portato,
Il mio ricevuto non potevo perdonare.
E dato che di smettere il permesso non mi era dato,
La morte continuavo a portare!
 
E se un scheletro con un nero saio avvistate,
Con una falce ed un cavallo dal pestilenziale odore
Fuggite urlando a gambe levate,
Vi prenderà il Triste Mietitore!
 
La nostra venuta con orrore temevate,
I Quattro a prendervi stavano arrivando!
Non sapevo né credevo vi salverete,
All'Inferno le lame stavano affilando. 
 
Ed avevo le lacrime che mi scorrevano,
Ma sono uno scheletro, non potevo piangere:
Quindi le lacrime non si vedevano,
E duro dovevo tenere.
 
Ma il mio teschio si poteva inumidire,
E le lacrime potevano scorrere,
Nere gocce iniziavano a comparire,
Ed acidi fiotti iniziavo a piangere.
 
Da sotto il mio cappuccio il cielo andavo ad osservare:
C'era un nuvolone, e sembrava un teschio.
Il peso incombente così veniva a riaffiorare,
Nelle orecchie del dolore udivo il penetrante fischio.
 
Alla fine il destino si va sempre ad avverare,
Nessuno al proprio fato può sfuggire,
Puoi tentare in tutti modi di imbrogliare,
Ma finirai sempre con il morire.
 
Un uomo lesse che il figlio avrebbe ammazzato,
Si volle sottrarre al destino crudele.
Così si uccise, tentando di sottrarsi al fato,
Disse "Al destino sono stato infedele"
 
Ma ciò al suicidio del figlio portò,
Nonostante lui si fosse abbandonato alla morte.
Come vedete, il fato lo stesso si avverò,
E lui era solo caduto nelle spire della sorte.
 
È il triste dominio del fato,
Una letale spirale di morte;
Non ne esci, è provato,
È l'incombenza della sorte. 
 
Con un occhio ti scorgevo all'Inferno, Aurora,
Dai diavoli sorvegliata nell'eterna dannazione.
Era arrivata la tua ora,
Era il momento della punizione.
 
La tua limpida voce sentivo,
Mi diceva di non addolorarmi
E di cessare questo dolore distruttivo;
Così ti ascoltai e andai a vendicarmi.
 
Sentii il tuo canto che mi andò ad incitare:
"Alzati, alzati, Triste Mietitore!"
Ed allora ripresi a cavalcare,
La nostra marcia riprese con ardore.
 
I pescatori le prede vanno ad arpionare,
Noi gli uomini con le disgrazie ad infilzare.
Rossi fiotti di sangue si riversano nel mare,
Visibile traccia del nostro passare.
 
All'orizzonte terra vedemmo apparire,
Navi comparvero nei porti.
Nei cieli andammo a proseguire:
Non ci dovevano vedere finché morti!
 
Dalla visione sopraelevata
Si vedeva la vostra vita di miseria.
Presto la tranquillità doveva essere devastata,
Con l'arrivo della falce della Morte nera.
 
Su un nuvolone ci andammo ad accomodare,
Io in un angolino mi accomodai.
Dopo il viaggio ci volevamo riposare,
Ed io con gli occhi all'Inferno andai:
 
In una tomba spalancata
La tua anima si erigeva:
Nera lastra marmorea infuocata,
Un essere alato che si contorceva.
 
Sprofondata nell'Inferno,
Nel girone dannato degli Eretici.
L'Anticristo aveva perso sul mondo il governo,
L'Aurora era condannata nei sepolcri ermetici.
 
Il Sole dei Ghiacci nella sua tomba era dannato,
Un Angelo con grandi ali nere,
Come la notte in cui lo abbiamo sotterrato.
Lo divoravano ardenti fiamme fiere!
 
I lunghi capelli marroni,
Gli occhi sofferenti del medesimo colore.
La pelle brucia sui carboni,
L'espressione triste ma fiere nonostante il dolore.
 
Oh Angelo, ricordi come cavalcavamo al sole?
Nessuno poteva fermare il nostro ardore...
Ad occhi chiusi odo ancora il tuo lamento,
E le ali che la spalla m'accarezzano sento.
 
Le tue nere ali piumate, un paio maestoso:
Simbolo del Triste Destino, sovrano impietoso.
Oh, Tristi Ali del Destino, dal dolore mi volete liberare?
Oh, Angelo, oh, Aurora, oh, Sole, mi vuoi illuminare?
 
Ora che a te questa storia sto narrando,
Di scrivere come vedi non ho cessato.
Ma come lo sentivo, il dolore lo sto ancora sentendo,
La non fine di questo canto è fatto accettato.
 
Riaprii gli occhi sofferente,
Con i miei compagni ci fissammo;
Affilai la falce lucente,
E sui destrieri rimontammo:
 
L'infernale cavalcata avanti andava,
E tanto quel Paradiso così beato,
Che la devastazione, la bellezza non estirpava,
Tanto il Sud di esso era dannato.
 
Sapevamo dove l'infame lavorava,
Assassino che m'aveva insultato;
La rabbia verso lui non crollava,
Sporco Angelo della Morte autoproclamato!
 
Si era permesso di usurpare il mio posto,
La vita o la morte di qualcuno aveva decretato:
La nobile scienza nel suo studio aveva infangato,
Ed aveva ucciso chi gli si era affidato.
 
La sua vittima, inoltre, l'Anticristo era stato,
Eterno male necessario al bene:
Il suo nome era Aurora, Sole dei Ghiacci incarnato,
Simbolo del Nord, per il Sud portatore di pene.
 
Ma ora, voi che questa storia state leggendo,
Sistematevi ed ascoltate bene.
Perché ora si fa avvincente ciò che sto trascrivendo.
Inizio a narrare la vendetta per le subite pene. 
 
Attraversammo luride città,
Ci infilammo nei vicoli più oscuri;
Frugammo tra i rifiuti della civiltà,
Scrutammo in mezzo a tutti i muri.
 
Passammo al setaccio ogni ricca dimora,
E tutti i lindi ospedali ed ambulatori.
Di quell'infame neppure una traccia sola,
Ma mietemmo tanti e tanti peccatori.
 
Arrivammo all'ingresso di una casa elegante,
Insospettabile dimora di quell'assassino immondo.
La fissammo e per un minuto fu silenzio asfissiante:
Lasciammo che l'odio trasudasse profondo.
 
Ad un sol cenno i cavalli impennammo,
Un gelido vento iniziò a soffiare:
Con gli zoccoli la porta sfondammo, 
E al galoppo nella casa potemmo entrare.
 
Noi quatto spiriti lo trovammo nel suo letto,
Lo stordimmo, e sul mio cavallo lo caricai.
Aurora, nel farlo ti pensavo con affetto,
Suadenti gli dicevamo "oh, che bella tortura avrai...".
 
Oh, qual gioia vedere nei suo occhi il terrore,
Ormai sapeva del suo destino all'orrore.
 
Spronammo i cavalli, della luce più veloci,
Diretti nuovamente alla Terra dei Ghiacci.
I miei tre compagni mi precedevano feroci,
Si tornava al cimitero della Chiesa dei Pazzi!
 
Sapeva di casa quella spiaggia salmastra,
In quella fredda landa, di ghiaccio un'unita grande lastra.
 
Arrivammo a quel malinconico cimitero,
Il tempo uggioso che lo incorniciava;
Accanto, in rovina, la chiesa con il portone nero.
Ah, l'infame assassino tremava!
 
Guerra lo legò all'altare,
Carestia con una benda nera gli occhi tappava.
Io con un sorriso sul teschio l'ascoltai implorare,
E Falso Messia con un abito nero lo drappeggiava.
 
Oh, certo, la sua anima avrei mietuto,
Ma dato che tu indietro non potevi tornare,
Prima un po' di divertimento avremmo avuto,
Poi all'inferno l'avrei accompagnato.
 
Dalle vetrate infrante della luce entrava,
Color freddo grigio perché dalle nuvole oscurata.
Il gelido raggio sul suo volto si posava,
La pelle ne era lentamente bruciata.
 
La tortura doveva avvenire di notte, come il tuo funerale,
E in quel momento era appena sorto il sole.
Quindi ci ritirammo nella cripta spettrale,
Ferimmo sul petto l'assassino e lo lasciammo nel dolore.
 
In quella cripta ci ritrovammo a banchettare...
Oh, tristi ricordi, sembrava la sera del tuo funerale!
Come era la strofa, come recitava?
Cosa diceva la ballata, cosa narrava?
 
"Tutti assieme a banchettare,
L'Anticristo ricordare.
La tua bara ci guarda mangiare,
E la vendetta progettare."
 
Ebbene adesso quel momento era arrivato,
La vendetta si stava compiendo.
Un nuovo banchetto era stato consumato,
Il nostro desiderio si stava esaudendo.
 
Io con la cote la falce affilavo,
Guerra con metodo la spada lucidava;
All'acuto stridio le ossa scricchiolavo,
Il sorriso mostruoso mi si sfoderava.
 
Carestia spolpava le ossa con fare bestiale,
Falso Messia un'arpa di ossa aveva impugnato:
Noi udivamo le urla da sopra di quell'animale,
Ma il lamento da una grottesca musica era accompagnato.
 
Poi, dopo ore di bighellonamento,
Le urla del prigioniero di colpo cessarono.
Poi l'aria fu squarciata da un atroce lamento,
E i lupi, all'unisono, lugubremente ulularono.
 
"È sorta, è salita la luna!
La fatidica nottata è iniziata!
Osserva dall'alto la luna,
Veglierà sulla notte insanguinata!"
 
Il mio pensiero a te ritorna,
Nero angelo del peccato.
Il tuo viso, il mio pensiero adorna,
Adorna il mio compimento del fato.
 
Noi quattro uccellacci della malasorte,
Saliamo e fissiamo l'altare gioiosamente.
Era il momento della tortura prima della morte,
E quindi lo slegammo alacremente.
 
Per la prima volta l'osservai in viso,
Scrutandolo attentamente;
Sul viso insanguinato comparve un macabro sorriso,
E negli occhi castani balenò una scintilla impertinente.
 
Era alto, e magro, con i capelli neri;
Le orbite incorniciate da occhiali rotti.
Ma i suoi tratti restavano vagamente fieri,
Anche nell'ultima delle sue notti.
 
Vicino al sopracciglio, a destra,
La carne tempo fa si era maciullata:
Forse una caduta sulla testa,
Fattostà che lì c'era una cicatrice frastagliata.
 
Mentre lo slegavo, si avvicinò Falso Messia;
Gli mise una mano sulla fronte,
E scrutò nella sua pazzia,
E ne ripercorse le impronte.
 
"Ha solo la madre", decretò.
Poi il suo volto si fece appagato:
Mi venne affianco, e al mio orecchio sussurrò
"Dai ragni costui è fortemente terrorizzato..."
 
Carestia lo fissò dritto in viso,
"Orsù, dicci il tuo nome!"
Al suo diniego, ricevette un pugno sul sorriso:
"Non ho capito, hai detto come?"
 
"Christian Hakos" sputò finalmente,
E poi accennò un inchino, impertinentemente.
 
Guerra gli si avvicinò,
E alzò la spada, che emanava potenza.
Piegato dalla forza, Hakos s'inchinò,
E sul volto apparve la prima traccia di sofferenza.
 
Così guidato, nella notte nera ci avviammo,
Tutti e cinque, un uomo e quattro demoni, senza affanno.
 
Giunti nel piccolo, lugubre e deserto cimitero,
Vedemmo ciò che non avremmo mai voluto vedere:
La realizzazione del nostro terrore più nero,
Il compimento delle sentenze più severe.
 
La terra era stata brutalmente devastata:
Le zolle divelte, che puzzavano di putrefazione.
L'erba, perché mai più crescesse, era stata bruciata:
Gli steli tutti anneriti, corona della devastazione.
 
Ed in mezzo al fango, si vedeva la bara:
Il tuo nome scarlatto che come sangue riluceva.
La bara era ancora sigillata, per fortuna cara,
Ma la vista della profanazione negli occhi incombeva.
 
Quella terra, che i resti della vita aveva divorato,
Di morte e miseria in modo acre puzzava.
Quell'odore, ed il malsano gas sprigionato,
L'orrore del gesto violentemente esaltava.
 
L'assassino sfoderò un odioso sorriso,
Carico di sincera e gioiosa colpevolezza.
L'esaltazione mai abbandonò il suo visto,
Mentre si proclamava artefice di quella nefandezza.
 
La rabbia, già ardente nei nostri acidi cuori
Si moltiplicò infinite volte istantaneamente:
E come al comando "aprite il fuoco!" fuggì fuori,
E pensammo a come punirlo ancora più selvaggiamente.
 
Di nuovo scrutammo nella sua mente
Per capire come ci fosse riuscito.
Vedemmo che si era liberato agilmente,
E a profanare la tomba era fuggito.
 
Ma anche un'altra cosa scoprimmo, che ci suonò crudele:
Egli era fermamente convinto fosse un sogno con fattezze vere.
Per questo, dopo la profanazione,
Era tornato alla sua prigione.
 
Con orrore lo guardammo, 
E solennemente pronunciammo:
 
"A come Alba, che mai vedrai,
U come Unione, la nostra, che ti ucciderà,
R come Ragni, la tortura che subirai,
O come Ora, la tua, che è scattata già,
R come Rivincita, della quale oggetto sarai,
A come Abominio, ciò che hai fatto con viltà!
 
Aurora, un nome che unisce il nostro giuramento,
Aurora, vittima del nefasto accadimento.
Aurora, colei che hai ammazzato,
Aurora, vendetta per il sangue versato!"
 
Falso Messia, l'eterno ingannatore,
Sfoderò un sorriso terrificante,
Con un dito accarezzò il profanatore:
"Possiamo iniziare?", chiese invitante.
 
Con un cenno del capo diedi il via,
E alzai lo sguardo nella notte nera:
I due corvi, stavano lì a memorizzare la poesia
Che continuavo a dettare quella sera.
 
Carestia tese la mano avvizzita,
E la tomba si sistemò, ma nell'animo ferita.
 
D'improvviso, si levò una fiammata,
Tinta di blu, e dal fetido odore,
Proveniva dalla bara sotterrata:
Fuoco fatuo, con il suo inquietante colore.
 
Allora alla lapide lo legammo,
Con il fuoco che le gambe gli lambiva:
Per vedere il risultato di un po' arretrammo,
E soddisfatti notammo che già soffriva.
 
Soffrire la sete e morire bruciati,
Con la fiamma di un cadavere:
Sulla pena ci sentivamo equilibrati,
Era quella giusta da ricevere.
 
Inoltre aveva un taglio sul petto.
Ma pensammo di migliorare:
Quel taglio era troppo da Cristo Benedetto,
Un taglio diverso si doveva fare.
 
Quindi, Guerra fece la prima incisione:
Da una spalla allo sterno si stendeva.
Carestia tracciò la seconda, con precisione:
Dall'altra spalla fino allo sterno, con l'altra si congiungeva.
 
Falso Messia finì con lo squarcio finale:
Dallo sterno fino all'ombelico tagliò.
Io, Morte, allargando i lembi andai a completare:
E fu bello quando quell'infame urlò.
 
"Ebbene, tu eri medico, vero?
Questo taglio per te non è un mistero!
È il taglio di un'autopsia,
Non una ferita di fantasia!
 
Resterai qui a morire,
In pasto a corvi e lupi andrai a finire!"
Alche lui ci guardò,
E a parlare, stentatamente, iniziò:
 
"L'ho uccisa per il trionfo del bene,
Il mare deve scomparire!
Il mondo non deve avare pene,
E l'Anticristo deve morire!"
 
Con schifo l'osservai,
Ma a rispondergli andai:
 
"Il tuo è forse un nobile pensiero,
Ma ignori una cosa importante:
Per l'esistenza stessa del bene veritiero,
Il male antagonista è una colonna portante!
 
E lei è vendicata, ora:
È all'Inferno, ma è vendicata, Aurora!
Il Sole dei Ghiacci è sì tramontato,
Ma l'Anticristo è vendicato!"
 
E così stette in silenzio, e chinò il capo,
Un corvo gli si posò in spalla e dette la prima beccata.
Il piede destro dal fuoco era già stato bruciato,
La mia falce a quell’uomo era arrivata.
 
Il silenzio nella Chiesa dei Pazzi aleggiava,
Nella Chiesa dei sacrifici proibiti,
Nel Cimitero dove la disperazione dimorava,
Nella Parrocchia degli spiriti feriti.
 
Gli strappa della pelle dal torace,
E continuai a scrivere la mia poesia,
La nera piuma che correva verace,
La mente che ideava rime con fantasia.
 
Il poema infinito non deve terminare,
Su tante superfici lo si potrà rintracciare!
Non si sa cosa mai accadrà,
Quando qualcuno tutto lo ricomporrà!
 
Ma si sa che deve avvenire.
Tutti tracciano una loro parte,
Ognuno dei versi deve inserire,
Tutti con il loro stile nell'arte.
 
E così in quel momento,
La luna d'improvviso s'oscurò.
Un'anima parlò dal suo tormento,
Senza la luna a vedere, lo spirito comunicò.
 
Un verso comparve, nel sangue tracciato,
Il contributo di Aurora s'era aggregato:
 
"L'infame mi fece fuori,
Mentre ero in preda ai malori.
Ora sono costretta a penare,
E nell'Inferno lui sopportare."
 
Il ricordo a lei con amore volò:
La giurata vendetta s'era completata.
Un lupo nel silenzio ululò,
Quasi a simboleggiare quella vittoria conquistata.
 
Una nebbia malsana aleggiava,
Mentre ormai nel cielo albeggiava.
 
Allora anche i miei tre compagni si fecero avanti,
Poiché i versi da scrivere toccavano a tutti quanti.
Ed ecco i loro contributi,
Ed ecco i loro saluti:
 
"L'Aurora è stata vendicata,
Da noi Quattro Cavalieri è stata aiutata. 
Io, Falso Messia, la notizia farò circolare,
Perché dell'Anticristo la memoria deve restare"
 
Questo il contributo del Bianco Cavaliere,
Che il Sole dei Ghiacci volle ricordare!
Invece il Rosso Messere,
L'annuncio di furia volle portare:
 
"Ed ecco Guerra che accorre
La furia negli animi mortali è solito apporre
Come fuoco inestinguibile divampa
E il sangue umano veloce dilaga"
 
Forse la rima non combacia con amore,
Ma le spade in battaglia non fan forse rumore?
Il poeta lascia il suo segno sulla sua via,
E guerra c'è nelle rime di questa poesia!
 
Carestia scrisse ben sei versi,
La sua venuta annunciò con modi perversi!
 
"Qualcuno ha chiamato la Carestia?
Eccomi son qui, pronta per portare l’anarchia.
 
“Una misura di grano per un danaro
 e tre misure d'orzo per un danaro”.
Questo ripeto,
mentre un’altra anima il proprio corpo ha abbandonato
 
sì, è colpa mia, lo ammetto
ma io non provo alcun improvviso deperimento.
 
Cavalco sul mio destriero
Che della mia anima porta il colore,
sì, è il nero!
E dei genocidi son esecutore.
 
Vi posso assicurare che in mano e in corpo nulla vi rimarrà.
Acqua, cibo, viveri, ogni cosa mi apparterrà!
 
Dite addio ai bei tempi andati,
La fine è arrivata,
e presto ne vedrete i risultati!"
 
Abbiamo scritto la nostra vicenda,
La nostra vendetta tremenda.
Ora tocca a voi continuare,
Il compito del male su qualcuno dovrà gravare! 
 
Ma prima dell'ultimo saluto,
A quattro anime che ci hanno aiutato,
Un ringraziamento è dovuto,
Vanno ricordate perché ci hanno guidato.
 
Ringraziamo tanto Aurora Pilloni,
Che ci fece vedere le molteplici direzioni:
Prendi questa ascia danese affilata,
Ogni testa al suo cospetto sarà spacciata!
 
Un vero grazie a Martina Zanoni,
Lei alle nostre armi fece tante riparazioni.
Ti doniamo questo spadone a due mani,
Maciullerà ogni corpo in cibo da cani!
 
Grazie mille a Karin Pegoretti,
Che accudì i nostri cavalli con tanti lavoretti:
Ecco a te questa katana,
Contro lei ogni resistenza è vana!
 
Non ultima grazie a Matilde Zucchini,
Che ci dette provviste ed i migliori vini!
Tua è questa mazza ferrata,
Ogni ossa sarà fracassata!
 
Che il loro nome sia sempre ricordato,
Come le anime che i Quattro hanno aiutato.
 
Ma adesso è ora che ce ne andiamo,
Disperazione e vendetta abbiamo portato.
I cavalli assieme voltiamo,
Il cadavere da dietro ci guarda, come disperato.
 
Lentamente nella nebbia avanziamo,
Dentro di essa fino a sparire.
Con un lento rumore di zoccoli proseguiamo,
E l'Inferno ci va ad inghiottire.
 
Assieme agli eretici un'anima sta gridando,
Un cadavere si sta decomponendo.
Su una tomba un corvo sta gracchiando,
Un nuovo giorno sta sorgendo. 
 
Quattro cavalli, Quattro Cavalieri.
Quattro oscuri e malvagi poteri.
 
Guerra, rosso di sangue su rosso destriero,
Falso Messia, bianco, ingannatore fiero.
Carestia, magro, scheletrico e nero,
Morte, senza vita, l'orrore più vero.
 
La poesia infinita cercate di trovare...
O dei versi andate ad accodare.
A me già manca lo scrivere questa poesia,
Ma devo andare per la mia via.
 
E tu...
 
Sai dire cosa c'è dopo la morte,
Quando si varcano quelle oscure porte?

 
 

 
Note: allora. Ho finito questa... chiamiamola saga. Questa saga. A cui tra pochi minuti troverò un nome. Diciamo che già da stamattinia mi mancava scrivere rime in classe.
Passiamo alla ""poesia"": sebbene sia la prima storia che non riguardi uno più gruppi, ciò non mi ha minimamente impedito di infarcirla di citazioni ai più svariati gruppi, o perfini film; riflettono, questa rime, come mi sentivo.
Un premio a chi me ne elenca almeno tre di riferimenti!

Ho già ringraziato nella poesia, ma devo rifarlo, quindi grazie alla mia capretta satanica che mi ha corretto la poesia. Grazie anche ad una persona di cui amo l'accento e con cui ho cercato (ma non trovato) Metal Hammer, la quale sta disegnando i Quattro: appena il disegno sarà finito (e se, ahah, lo sarà) cercherò di ficcarlo qui dentro.
Ovviamente, grazie ai miei tre fidi compagni: Carestia, Guerra e Falso Messia, che mi hanno assistito, accompagnato, e hanno perfino scritto delle rime per me. Ebbene sì, le rime tracciate dai tre altri Cavalieri sono state veramente scritte da loro. Quindi grazie. E un grande grazie all'Anticristo, l'Aurora, il Sole dei Ghiacci, che ha accettato di farsi ammazzare e perfin profanare, anche se vendicato.
Che altro dire? Grazie anche a tutti i lettori, sia i lettori invisibili che coloro che si fermano a recensire.


Ritornerò con una nuova storia:
Non iniziate a cantar vittoria!


O
riginalPrankster
 
  
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