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Autore: Kim WinterNight    11/05/2015    4 recensioni
Ed ecco qui di nuovo Aija, la protagonista di "Blind Moon", in una delle sue nuove sfide, in cui la accompagnerà il ragazzo più dolce e comprensivo che abbia mai conosciuto: Henkka.
Ovviamente, se vi fa piacere leggere anche l'altra OS, a me non dispiace, ma non è necessario, ognuna va da sé.
Buona lettura!
♥ SECONDA CLASSIFICATA al contest "Dieci Trame per Dieci Partecipanti", indetto sul forum di EFP da S.Elric_.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Must be Blind'
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SECONDA CLASSIFICATA al contest “Dieci Trame per Dieci Concorrenti” indetto sul forum di EFP da S.Elric_

Pacchetto Difficoltà




Blind Sun







Eleonoora la osservava con attenzione, analizzando l'espressione sognante e familiarmente persa nel vuoto della sua amica.

Aija, intanto, riusciva a scorgere ben poco, ma nonostante questo piccolo dettaglio, il suo cuore stava esplodendo di gioia.

«Mi spieghi perché ti vengono sempre queste idee, Aija?» domandò Eleonoora, con calma.

L'amica sorrise ancora più ampiamente e si lisciò i lunghi capelli, fremendo per l'eccitazione.

Le due ragazze, intirizzite dal freddo, si trovavano sulla piattaforma della stazione, al binario numero 4, in attesa del treno.

Aija era felice, nonostante i raggi del sole non fossero ancora in grado di illuminare il panorama circostante.

Da quando era riuscita a sbloccarsi e ad uscire con il solo supporto del suo bastone bianco, niente era riuscito a fermarla. Aija aveva deciso che voleva la sua indipendenza a tutti i costi e aveva lottato giorno dopo giorno per ottenerla.

Ovviamente, Eleonoora le era rimasta accanto, scoprendo con lei il piacere delle piccole cose e delle percezioni amplificate dalla mancanza di retine ben funzionanti.

«Leoo, sei sempre la solita guastafeste! Sai anche tu che devo farlo.»

«Non vorrei ti capitasse qualcosa...»

«Cosa vuoi che mi succeda? Henkka mi aspetta alla stazione di Helsinki, che sarà mai un viaggio di un'ora su uno stupido treno?»

Eleonoora tacque, sapendo che la testardaggine della sua amica non avrebbe mai smesso di sorprenderla. Ogni tanto, si ritrovava a pensare a come riuscisse, Aija, ad affrontare tutto con determinazione e senza paura. Lei, al suo posto, non sarebbe stata in grado di far nulla, forse si sarebbe chiusa in casa per il resto dei suoi giorni. Eppure, Aija aveva sempre affermato che era solo grazie al sostegno di un'amica speciale era diventata ciò che era, decidendo di lottare per la sua autonomia.

Aija inclinò il capo di lato, come se ascoltasse qualcosa.

«Senti?» mormorò.

«Cosa?»

«Arriva il treno. Non senti la vibrazione?»

Eleonoora fece per dire qualcosa, ma una campanella prese a suonare e, poco dopo, una voce metallica stava annunciando l'arrivo del treno, prima in finlandese, poi in inglese.

«Ci siamo!» esclamò Aija, con entusiasmo, stringendo l'impugnatura del bastone.

«Promettimi che starai attenta e che mi chiamerai quando...»

«Leoo! Sarò impegnata a sbaciucchiare il mio fidanzato, non penserai...»

«Oh, per favore! Prima mi avvisi, avrai tempo per le smancerie!»

Aija rise, mentre osservava con fiducia la linea dell'orizzone che si colorava, finalmente, di un colore per lei indefinibile. Eppure per lei quella era pura gioia, una sensazione incredibilmente appagante.

«Il treno è in orario, almeno per una volta» commentò qualcuno accanto a loro.

Aija era eccitata. Quello sarebbe stato il primo viaggio che avrebbe affrontato da sola; il fatto che all'arrivo avrebbe trovato il suo amato Henkka ad attenderla, le riempiva il cuore di gioia.

Il suo cellulare squillò e la sintesi vocale annunciò che il mittente della chiamata era proprio il suo ragazzo.

Rispose senza pensarci due volte.

«Henkka? Mi senti? Sta arrivando il treno!» gridò, attirando l'attenzione di mezza stazione.

«Ma sentila!» ridacchiò lui, poi sbadigliò e aggiunse: «Ti sento contenta, ma non vorrei perdere l'udito, specialmente di buon mattino».

«Simpatico. Certo che sono contenta, tu invece?»

«Aija, Aija... mi rendi felice, lo sai anche tu. E poi, come ti dico sempre, abbi fiducia in te stessa. Il viaggio andrà benissimo e io sarò lì ad aspettarti.»

«Sei un amore, Henkki!»

Eleonoora scoppiò a ridere, udendo quel nomignolo tremendamente ridicolo. Questo le permise di scaricare un po' di tensione. Così, aiutò Aija a salire a bordo, non appena il treno si fermò. Insieme cercarono un posto non tanto distante dalle porte d'ingresso e si salutarono con un veloce abbraccio.

«Mi raccomando, avvisami!» strillò Eleonoora, poco prima che lo sportello si richiudesse, costringendola a balzare sulla piattaforma di cemento, lasciando che il viaggio di Aija cominciasse.



Il tempo sembrava scorrere velocemente, Aija ci fece caso perché, ogni tanto, controllava l'orario, facendosi aiutare dall'orologio parlante che portava al polso.

Una signora, salita due stazioni più avanti, si accomodò accanto a lei e parve incuriosita da tutte gli aggeggi che aiutavano Aija a fare ciò che tutti facevano con il solo supporto degli occhi.

«Sei cieca, cara?» le domandò, mentre lei si sistemava meglio gli occhiali sul naso.

«No, signora, ma potrei diventarlo» disse, poi sorrise e premette uno dei pulsanti dell'orologio. Era trascorsa appena mezzora e Aija non stava più nella pelle.

«Oh, io... mi dispiace... ma, ehm... dove sei diretta?» buttò lì la donna, stringendosi nelle spalle con fare imbarazzato.

«Vado ad Helsinki, dal mio ragazzo. Lei invece?»

«Sono una maestra d'asilo, scendo anche io ad Helsinki.»

Le due continuarono a parlare per un po' e la donna scoprì che Aija era davvero felice e che i suoi problemi non erano un limite, bensì una spinta in più per andare avanti a testa alta.

«Vorrei che venissi a parlare con i miei bambini, cara, a fare qualche attività con loro. Ti piacerebbe?» le domandò, quando lasciarono la penultima fermata.

«Dice sul serio?» si sorprese la ragazza, sorridendo con rinnovata gioia.

«Ma certo! Potresti... chiamarmi?»

Aija tirò fuori il cellulare con sicurezza e si preparò per segnare il numero dall'insegnante. Lei rimase sorpresa dalla sua sintesi vocale e le chiese informazioni, curiosa.

«Sa, sono contenta di averla incontrata. Anche lei, oltre al mio ragazzo, ha contribuito a rendere migliore questa giornata.»



Quando giunsero ad Helsinki, Aija stava fremendo per l'eccitazione. Lei ed Henkka si erano conosciuti per caso, durante la visita guidata ad un museo tattile. Lui dava una mano all'interno della struttura ed era rimasto affascinato dal modo in cui Aija accarezzava ogni cosa, tastandone con delicatezza e sicurezza ogni tratto; si era trattata di una bellissima esperienza, la quale venne ripetuta qualche giorno dopo dai due ragazzi. Henkka era riuscito a chiedere un pomeriggio di permesso per accompagnare nuovamente Aija al museo e per poter partecipare come visitatore, con tanto di benda sugli occhi e percezioni tattili e uditive al massimo.

Da allora, non si erano mai lasciati. Si erano conosciuti giorno per giorno, innamorandosi perdutamente l'uno dell'altra. Aija adorava i modi gentili e divertenti di lui, mentre lui non si stancava mai di comprenderla e di rimanere affascinato dal modo in cui lei affrontava i problemi che la sua patologia le poneva sul cammino ogni giorno.

Aija era affetta da retinite pigmentosa e sapeva che sarebbe potuta divenire completamente cieca da un momento all'altro. Tuttavia, non si perdeva d'animo e godeva di ogni singolo istante della sua vita, sperando in una cura che le restituisse la vista o evitasse di fargliela perdere del tutto.

In questo, Henkka le stava sempre vicino ed era divenuto, insieme ad Eleonoora, la persona più importante della sua vita.

Quel giorno in particolare, avrebbero festeggiato i loro primi due mesi insieme e lei aveva deciso di raggiungere Henkka, anziché aspettarlo come al solito. Non lo aveva mai fatto e, quando scese dal vagone insieme all'insegnante d'asilo che aveva incontrato, si sentì soddisfatta e in preda alla felicità.

Il sole era ormai sorto, erano le sette e ventiquattro di mattina, ma c'era qualcosa che non andava.

«Oh no, peccato» mormorò tra sé.

La donna, poco prima di andarsene, si accorse della sua espressione improvvisamente delusa.

«Cosa succede?»

«Ho sperato tutta la settimana che oggi ci fosse unbel sole e un cielo terso, invece... ha visto che nuvoloni? Non potrò vedere granché, di questo passo.»

Improvvisamente, si sentì afferrare per la vita e si spaventò, poi riconobbe il familiare profumo di Henkka e un sorriso bellissimo le incurvò le labbra, inondando il suo viso di luce e calore.

«Buongiorno tesoro, com'è andato il viaggio?» le domandò, scostandole una ciocca di capelli dal viso.

L'insegnante si schiarì la gola.

Henkka sollevò gli occhi scuri su di lei e la osservò, in attesa.

«Io allora vado, cara. Divertiti e tanti auguri per il vostro bellissimo amore! Chiamami presto!» disse e se ne andò, agitando con energia un braccio.

«Chi era?»

«L'ho conosciuta sul treno e... oh, Henkka! Henkki, sono così felice!» esultò Aija, gettandogli le braccia al collo e stringendolo a sé. In un attimo scoppiò a piangere, mentre gli occhi le bruciavano e si riempivano di lacrime. Ancora non riusciva a credere di essere lì, insieme a lui. I sentimenti che provava nei confronti di quel ragazzo, esile e dal profumo più sensuale che avesse mai percepito, erano difficili da spiegare a parole e il cuore martellava così forte che tutto il resto sembrava soltanto un'insignificante cornice.

Con dolcezza lo baciò sulle labbra, lasciando cadere il bastone a terra e avvinghiandosi al suo corpo. Henkka non aveva mai sopportato le effusioni in pubblico, ma con Aija era tutta un'altra storia. Da quando stava con lei e si era innamorato di lei, tutte le convinzioni che aveva sempre avuto erano state stravolte dal fatto che la sua Aija fosse speciale e capace di dare significato alle sue giornate e ad ogni piccola cosa, per quanto apparentemente insignificante.

«Adesso ti porto a fare colazione, hai fame?» chiese Henkka, quando si furono separati.

Aija scoppiò a ridere, con le lacrime che ancora le luccicavano sulla pelle, poi si chinò a raccogliere il bastone e infine annuì con vigore, per poi rivolgere un'altra occhiata al cielo ricoperto di nuvole grige.

«Pioverà?» si domandò.

Lui la udì e rispose: «Non credo».

«Avrei voluto ci fosse il sole... avevo...»

Henkka la abbracciò e baciò, cercando di confortarla. Le sussurrò all'orecchio: «Non ti preoccupare, io sarò il tuo sole e i tuoi occhi, così come tu sarai le mie percezioni. Funziona sempre così, non è vero?»

La ragazza riuscì a sorridere di nuovo, rincuorata da quelle parole.

Mai, nella sua vita, avrebbe pensato di conoscere un ragazzo dolce e comprensivo quanto Henkka.



I due ragazzi trascorsero una giornata meravigliosa.

Aija aveva non poche difficoltà ad osservare ciò che la circondava, ma Henkka non faceva altro che descriverle ogni dettaglio, aggiungendo anche commenti divertenti e ironici sulle persone che passavano o su scene esilaranti che si svolgevano intorno a loro.

Verso sera decisero di sedersi su una panchina, in una zona in cui avevano una bellissima visuale di gran parte della città. Il tramonto incombeva su di loro, colorando il cielo di meravigliose sfumature arancio e oro.

Almeno quello, Aija, riusciva a goderselo appieno, nonostante le coltre di nubi avesse deciso troppo tardi di abbandonare il cielo.

«Non voglio partire, Henkka» mormorò Aija, stringendosi al fianco del suo ragazzo.

«Partiamo insieme, poi io torno indietro.»

«No!»

Henkka le sollevò il mento con un dito e la osservò con attenzione. Poi ribatté: «Vuoi o non vuoi stare più tempo con me?».

Lei rimase spiazzata da quella domanda, ma non avrebbe mai potuto dirgli di no. Sarebbe stata una bugia incredibile!

«Okay, vieni con me!» si arrese, sorridendo raggiante.

«Ma prima devo comprare una cosa» aggiunse Henkka, con il tono di chi sta architettando qualcosa.

«Cosa?»

«Ogni cosa a suo tempo.»



Henkka condusse Aija attraverso un dedalo di stradine contorte, finché non raggiunsero quello che pareva un vecchio negozio d'antiquariato.

Alla ragazza venne un po' d'ansia, nonostante riponesse la sua intera fiducia in lui.

«Dove siamo?» sussurrò, immersa nell'oscurità che ormai stava incombendo sull'intera città.

«Sei sempre troppo impaziente.»

Il ragazzo entrò nella piccola e polverosa bottega, accompagnando anche lei, che lo seguì con un po' di curiosità.

Aija si domandò pigramente perché fossero giunti lì soltanto al calar della sera, ma decise di non porre altre domande, per il momento.

«Avanti, avanti, entrate! Oh...» esclamò un ometto curvo e dall'aria simpatica. Ispirò subito fiducia ad Aija, bastò che lo sentisse parlare per capirlo.

«Salve!» salutarono i due ragazzi, con educazione.

«So perché siete qui. Mia nipote mi ha parlato di voi, credo... eh, vero? State bene? Volete un po' di tisana? Un bicchiere di vodka?»

«No, lei è molto gentile, ma io e la mia signora siamo di fretta» rispose Henkka con estrema cortesia, con Aija sottobraccio.

Lei stringeva il bastone in mano e lo tenne fermo, cercando di scrutare nell'oscurità che la circondava.

«Ragazzi, vi piace Dostoevskij?» domandò l'uomo, all'improvviso.

Aija sussultò per l'eccitazione. Dostoevskij era uno dei suoi autori preferiti, così annuì.

«Questo è per voi. Anzi, per te, piccola» proseguì quello strano signore, avvicinandosi con cautela ad Aija. Seguì un momento di sospensione, in cui nessuno seppe cosa fare né cosa pensare.

Poi, le mani affusolate e delicate di Aija sfiorarono un volume abbastanza grosso. L'uomo lo lasciò tra le dita di lei, sorridendo con una strana luce negli occhi, un lampo di gioia che confuse Henkka, il quale stava ad osservare la scena. In cuor suo, aspettava soltanto la reazione di Aija.

«Ma è... è... oh, cielo...» farfugliò lei, accarezzando la copertina di cartone spesso, su cui spiccava una strana scritta, fatta di puntini apparentemente incomprensibili.

«Ti piace?» domandò con allegria l'ometto, trotterellando attorno alla coppia.

«Non ci credo... è tutto scritto in braille? Io non...»

Aija era totalmente sconvolta e non sapeva più cosa dire.

«È bello, vero?»

«Signore... non so come ringraziarla, sono sconvolta! Mi piace tantissimo, la ringrazio davvero!»

Henkka decise di intervenire: «Mi dispiace, però dobbiamo andare. Tra meno di venti minuti partirà il nostro treno, perciò dobbiamo darci una mossa. La ringrazio, davvero. Passerò in settimana per sistemare tutto, può andare bene per lei?».

«Ma certo, ci vediamo presto, allora!» concluse l'uomo, spingendo i due ragazzi fuori dal negozio.



I due innamorati dovettero quasi correre per non perdere il treno delle 18:47.

Aija non riusciva neanche a parlare, tanto era assorta dall'esame di quel libro.

Era meraviglioso. Lei non si era ancora decisa ad imparare a leggere e scrivere in braille. Era una di quelle cose di cui aveva un po' paura, ma sapeva di doverci lavorare.

Si voltò verso Henkka, seduto accanto a lei sul sedile.

«Henkki? Come hai fatto a trovare quel posto?»

Lui scosse il capo e sorrise, divertito. «Per te mi do sempre da fare. Non so che mi hai fatto, Aija, ma da quando ti conosco, credo di essere impazzito.»

«E come farò a leggerlo?» domandò ancora lei, con aria confusa.

«Imparerai, no? Questo sarà il tuo primo libro in braille, potrai esercitarti» rispose semplicemente Henkka, senza smettere di sorridere.

Rimasero per un po' in silenzio, mentre Aija stringeva la mano del suo amato e rifletteva su come sarebbe stato emozionante leggere Dostoevskij in braille.

«Aija» sussurrò lui, ad un certo punto.

«Sì?»

«Terrò il tuo cuore e non lo lascerò mai andar via» recitò, accarezzandole con dolcezza una guancia.

«Oh, Henkki! Che dolce! L'hai inventata tu?»

Aija era commossa e rischiava di scoppiare a piangere per la seconda volta durante quella giornata.

«No, è una canzone dei Green Day.»

Lei sgranò gli occhi, poi esplose in una risata irrefrenabile.

«Sei ridicolo!» lo accusò, abbracciandolo.

«Sono ridicolo perché ti amo?»

«Sì. E anche io sono ridicola per lo stesso motivo.»

Anche se lei non poteva vedere gli occhi di Henkka, si sentì attraversare dal suo sguardo penetrante e colmo di amore nei suoi confronti.

Si scambiarono un bacio a fior di labbra e il treno si fermò ad una delle tante stazioni.



Leggere il braille non sarebbe potuto essere più semplice, per Aija. Solo l'amore e la dedizione del suo Henkka erano riusciti finalmente a farle capire che doveva affrontare e sconfiggere anche quell'altro ostacolo. Senza neanche accorgersene, divenne bravissima in pochissimo tempo e, un mese dopo, si recò all'asilo e lesse, ad occhi chiusi, una favola ai bambini, sotto gli sguardi sognanti ed invidiosi di ognuno di loro.

«La vita è davvero bellissima, bambini» concluse, sorridendo. «Anche se il sole è cieco o gli occhi non riescono a vederlo.»

Tutti gli scolari la accerchiarono, abbracciandola con calore.




NdA:

Eccomi qui con una nuovissima One Shot, con protagonista Aija, la ragazza ipovedente che ha animato anche la mia storia “Blind Moon”.

Non siete obbligati, ma se voleste leggerla, la trovate qui:

http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2986235&i=1

La frase che trovate in corsivo verso la fine, è una citazione della canzone “Stray Heart” dei Green Day, inserita nel pacchetto che mi è stato assegnato.

Ringrazio S.Elric_ per avermi permesso di partecipare al suo bellissimo contest!

Grazie anche a chiunque sia arrivato fin qui, alla prossima,

Kim ♥

  
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