Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Ink Voice    11/05/2015    2 recensioni
Tutti diciamo che vorremmo i Pokémon nel nostro mondo, spesso non tenendo conto del reale potenziale distruttivo di queste creature… e se arrivassero davvero, ma con intenti tutt’altro che pacifici? Come faremmo a sopravvivere?
La storia racconta l’esperienza di Andrea, un bambino di undici anni che riesce a stringere amicizia con uno degli invasori e che deve convincerli a non distruggere il suo mondo.
E si capirà anche come si è arrivati a un punto di non ritorno dal degrado del pianeta.
|RIPRESA! - Aggiornamenti mensili (si spera)|
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IV
Primi passi, insieme

Non è stato tanto difficile procurarsi da mangiare grazie all’aiuto di Totodile. Passano i giorni e Andrea sa di potersi permettere di tentennare e rimuginare ancora per poco, solo finché gli sarà concesso e finché troverà qualche magazzino abbandonato o bar aperti ventiquattr’ore su ventiquattro, abbandonati senza essere chiusi al momento dell’invasione. Il suo compagno se la cava da solo e non è sicuro di voler vedere quali siano i suoi pasti preferiti, anche perché spesso torna dalla “caccia” imbrattato di sangue, visione che turba il ragazzino.
Sempre più sporchi di quelle spaventose macchie vermiglie sono i muri delle case e degli edifici. L’odore di sangue pungente e semplicemente spaventoso, a causa delle immagini che ci sono dietro di esso, fa venire il voltastomaco ed il mal di testa ad Andrea, mentre a Totodile non fa né caldo né freddo.
Mano a mano che procedono verso il centro della città i palazzi subiscono trasformazioni eccezionali, le pareti di cemento si fanno di vero e proprio acciaio che non lascia spazio a dubbi: lì sono circolate ricchezze fino a quando è stato un territorio abitato dai cittadini. Ne sono la prova i grandi finestroni di vetro scuro, porte automatiche difese da efficienti sistemi di sicurezza, sistemi di allarme, sportelli per videochiamate con un commesso o impiegato, cartelloni pubblicitari sempre accesi che trasmettono la novità dell’ultima marca di droidi sul mercato, come al solito impagabile da chiunque non sia un uomo politico o comunque al potere.
Andrea si è chiesto spesso come dovesse essere avere un droide. L’evoluzione e la rivoluzione tecnologica è sempre stata confinata ai quartieri più ricchi, nelle zone di periferia o esterne alla città si è in un inferno a causa dell’assenza di mezzi di comunicazione all’avanguardia, sostituiti da idiozie risalenti a ottocento anni prima. Invece pare che i droidi siano molto loquaci e disponibili, anche se un po’ altezzosi e orgogliosi. Si offendono per poco, o almeno è questo che si dice sia a scuola che tra amici.
-Amici…- mormora il ragazzino, attirando l’attenzione di Totodile che fa strada, zompettando davanti a lui. Ha avuto amici, certo, li ha visti tutti i giorni prima dell’inizio delle scuole medie, in cui l’ambiente ostile e il carico di compiti aumentato li ha divisi subito. L’ultima volta che si sono incontrati è stato il giorno prima dell’inizio dell’anno scolastico, nel tentativo di rilassarsi prima di partire per una nuova avventura; poi tutti hanno preso molto sul serio le scuole secondarie - altro modello obsoleto di secoli prima - e si sono persi di vista.
-Chissà come stanno- si chiede. Totodile inclina la testa in un’espressione interrogativa. Il ragazzino gli sorride piuttosto amaramente. -Siamo rimasti soli, eh? Ci toccherà lavorare…
Il Pokémon ringhia sommessamente, disapprovando i toni giù di corda del suo nuovo amico. Ma Andrea non può farci niente; come potrebbe, afflitto da tutte le domande che da giorni lo tormentano? Sono arrivate appena non ha più avuto il problema di una protezione e della compagnia, e da allora è sempre soprappensiero.
Dov’è sua madre, sempre che sia ancora viva? I suoi amici, i suoi parenti, la sua intera città: dove sono tutte le persone che hanno abbandonato Firenze, se non quasi tutta l’Italia, misera provincia dell’Unione d’Europa? Ci sono luoghi al sicuro, protetti e nelle vicinanze, magari delle specie di bunker sottoterra su cui Andrea ora sta forse camminando, chiedendosi cosa ne sarà di lui e del mondo?
Un sospiro turbato è la prima risposta a tanti interrogativi. “Probabilmente chiedo troppo in una situazione disperata come questa” pensa. “E poi Uxie mi ha affidato una missione. A quanto pare deciderò io cosa farne della mia vita, e forse le mie scelte si ripercuoteranno sul mondo intero, vista la mia posizione.”
Andrea non è un potente, non è nessuno in effetti: solo un ragazzino che aspetta la sua ora. Ma lui è l’unico, di questo ne è sicuro, che è riuscito a stringere amicizia - o semplicemente un’alleanza? - con uno dei temutissimi invasori. Quali sarebbero le conseguenze se qualcuno scoprisse di questo rapporto assurdo? Sarebbe denunciato sicuramente, poi sbattuto in carcere - o in un manicomio - o, più semplicemente, ucciso insieme a Totodile. La prospettiva di questo futuro così brusco, neanche a dirlo, non gli piace affatto: ora che ha un dono in sé, il dono della conoscenza, vuole vivere. Vuole andare avanti e basta, anche nelle condizioni peggiori. Ma vuole essere lui l’artefice del suo destino e non vuole consegnarsi così consapevolmente tra le braccia della Morte.
Frammenti di corpi martoriati di droidi ed umani - non che ci sia tanta differenza, soprattutto esteriormente - giacciono sulle strade, ogni volta più numerosi. Forse è solo una sua impressione, ma è abbastanza sicuro del fatto che non tutti abbiano abbandonato subito Firenze, per trovare lì la loro fine. Oppure, nel caso dei droidi, si trovavano semplicemente sul posto di lavoro e hanno creduto di poter fronteggiare quei mostri.
Al pronunciare mentalmente quella parola, istintivamente Andrea lancia un’occhiata a Totodile. Nonostante i suoi grandi occhioni espressivi ed ingenui siano iniettati di sangue a causa di quel rosso cremisi inquietante, il Pokémon armato di zanne e quindi incredibilmente pericoloso ha un’aria del tutto inoffensiva e anche debole, in balia, addirittura tenera viste le forme tondeggianti, i colori vistosi e i tratti da cartone animato che qualcuno potrebbe confondere benissimo con un peluche.
Per questo il ragazzino non riesce più a definire gli invasori come mostri. Totodile non è un mostro, non può esserlo e mai lo sarà grazie all’amicizia e alla solidarietà che lega i due. Due cuccioli, due bambini che rischiano di morire da un momento all’altro per cause esterne, che hanno trovato come unica consolazione e come unica speranza un individuo simile, che può capire, che nonostante sia forse anche più debole li rende forti e infonde in loro la sicurezza. Quella sicurezza che riscalda l’animo che solo l’amicizia può regalare.
Andrea sorride sinceramente. -Ehi, Totodile, perché non mi fai vedere cosa sai fare?
La richiesta del ragazzino viene prontamente esaudita: la sua testa viene investita da un poderoso getto d’acqua sputato dal coccodrillo in miniatura. Quando la mossa si esaurisce, Andrea inizia a ridacchiare quasi senza un motivo: normalmente si indispettireebbe per uno scherzo simile, ma ora non riesce a smettere di ridere.
-Vedo che prendi alla lettera le cose- commenta. -Facciamo che l’obbiettivo non sono io, va bene?
Totodile borbotta qualcosa, evidentemente contrariato per la fine di quello che considerava un gioco. La sua coda scodinzola come quella di un cane, ma indubbiamente più pericolosa. La sbatte più volte a terra senza graffiarsi, inizierebbe a scavare l’asfalto mezzo saltato della strada se solo potesse andare avanti.
-E poi? Che altro?- Non avendo bersagli intorno, Totodile spalanca le fauci per poi chiuderle di scatto.
-Mmh… be’, immaginavo che i morsi fossero le tue armi migliori, a giudicare dalla tua dentatura- mormora il ragazzino. Poi il Pokémon gli mostra gli artigli, poco pronunciati ma abbastanza taglienti. Prima di affilarseli sul terreno, si gratta buffamente il capino. -E anche i graffi. Non c’è male, direi- conclude Andrea.
Ma il coccodrillo non ha mica finito. Gli rivolge un’occhiata fulminante che fa tentennare il ragazzino, che non capisce se le sue intenzioni siano diventate improvvisamente aggressive, ma poi quello riprende la sua normale espressione curiosa e innocua: accenna un sorrisetto così umano che anche quello fa titubare Andrea. Il piccolo cambia un’altra volta espressione, stavolta facendosi sinceramente interrogativo a causa dei comportamenti dell’umano, che lo stupiscono e al contempo incuriosiscono non poco. È proprio un essere strano.
-Anche quella era una mossa? O sono tutti attacchi? Oppure sei semplicemente un po’ squilibrato?- domanda il ragazzino con un filo di voce. Il Pokémon non lo capisce, ovviamente, ma da solo decide che è meglio evitare di mostrare l’ultima mossa in cantiere perché Andrea sembra fin troppo in difficoltà. Fa spallucce prima di girarsi per riprendere a camminare, e anche quel gesto così umano lo stupisce.
Decisamente i Pokémon non possono essere definiti mostri. La specie umana, soprattutto degli ultimi secoli, è sì abbastanza mostruosa e preferibilmente evitabile; ma per correttezza la si ritiene la più intelligente, razionale e raffinata, quindi esseri tanto vicini ad essa e al suo progresso mentale sono semplicemente meraviglie, opere sopraffini della Natura. Che forse, nel caso dell’essere umano, non è stata poi tanto generosa per certi aspetti.
Andrea segue Totodile sentendo un nuovo sentimento in sé: l’ammirazione. L’ammirazione per un essere così simile a lui nei modi di fare e di essere, nella sua umanità, ma molto di più per la sua incontrastabile purezza.
“E io sono puro?” si domanda inevitabilmente. “Il fatto che una creatura come lui abbia accettato l’amicizia che io, proprio io, gli ho offerto, potrebbe significare tutto e niente. Potrebbe significare che ha riconosciuto in me un animo buono, e allo stesso tempo potrei essere un mero e anche abbastanza misero scudo, una difesa necessaria finché non riuscirà a cavarsela da solo… chissà perché Totodile ha accettato il mio aiuto…”
Una nuova paura nasce in lui: che possa essere l’unico al mondo a considerare i Pokémon alla pari degli umani. Ne è certo, perché guardando il male e le ferite prettamente fisiche inferte a tante persone bastano ad armare gli eserciti di ogni confederazione di Stati o Paesi singoli, per sventare la minaccia sempre più evidente, allarmante e pressante sulle popolazioni nascoste e terrorizzate, e per questo motivo arrabbiate.
Ma come biasimarli, in effetti? Questi esseri sono piombati da un momento all’altro in una realtà che, pur essendo per la sua gran parte oscura, era almeno una routine a cui fare riferimento, un punto di ritorno quando qualcosa di diverso da solito succedeva, nel bene e nel male. Invece ora è tutto così precario, tutto è un enorme dubbio che sarà risolto chissà quando e da chissà chi. Andrea continua a chiedersi se spetti a lui decidere delle sorti del suo pianeta e non è sicuro che sia una bella responsabilità da prendersi. Vorrebbe non averla.
Chi la vorrebbe, d’altra parte?

Forse solo quel robot pieno d’orgoglio di Deoxys, che osserva i dintorni dai palazzi più alti e moderni di Firenze, città divisa nettamente nella zona più evoluta e nella periferia bloccata alle condizioni peggiori, a secoli prima che non conoscono cosa sia lo sviluppo tecnologico e informatico. Osserva all’orizzonte quelle che un tempo erano montagne, spianate nel corso degli anni dalle intemperie e dalle precipitazioni, oltre che dalle mani dell’uomo; osserva il fiume senza nome color terriccio che attraversa silenzioso e quasi morto la città, sempre meno abitata nei quartieri più degradati. Osserva l’opera dell’uomo che ha sopraffatto la Natura, di cui lui non è figlio ma che considera una madre acquisita nel corso della sua vita. Osserva tutto ciò che lo circonda, esattamente, lo osserva e si sente al centro di un mondo che aspetta solo di essere liberato dalla minaccia umana, dalla follia di uomini troppo potenti e troppo inadatti a ruoli tanto importanti. È lui l’artefice della Spedizione ed è lui che deciderà le sorti di quel mondo sfortunato, ma che sarà liberato delle sue catene prima che si faccia tardi, che l’uomo tenti di riprendere il controllo. Ma questa Terra avrà un destino migliore di quella che è stata abitata dai Pokémon, lontana anni-luce da questo pianeta, fino a qualche tempo fa. Non possono, non può permettere che anche quel mondo muoia.
Deoxys non può darla vinta agli umani, i suoi acerrimi nemici, e non può non adempiere al compito affidatogli da Arceus.


Ma Andrea non sa cosa passi per la testa di quel Pokémon così poco vivo e continua a camminare, a seguire la sua guida e l’essere che più ammira nella sua vita. Totodile trotterella tranquillo, inconsapevole dello stupore e della contentezza che può suscitare nell’animo tormentato del ragazzino.
-Dobbiamo trovare un modo- esordisce lui atono, attirando nuovamente l’attenzione del compagno. -Dobbiamo trovare un modo per spiegare ai grandi che non tutto è perduto, la Terra non è perduta, ma che non possiamo distruggere i Pokémon… perché loro la riporteranno alla sua età migliore. Totodile, saresti disposto a rendere questo pianeta nuovamente vivo e verde? Tu che comandi l’acqua, contribuiresti, per quanto ti è possibile, a purificarla e ad eliminare l’inquinamento che la affligge? Se ti dessero fiducia, lo faresti?
Il Pokémon lo fissa intensamente e Andrea è nel dubbio costante che non lo possa capire. Ma poi annuisce e lui si sente sollevato, come se una scintilla di speranza si fosse accesa in lui e lo riscaldasse, nonostante l’insicurezza agghiacciante che lo tormenta e che è diventata ormai abituale.
-Se tutti fossero come te non avremmo problemi, ma la tua specie è assetata del sangue umano. Ci volete morti perché ci associate alla rovina del vostro mondo e, viceversa, noi vi vogliamo eliminare per scacciare la vostra minaccia e, magari, riportare tutto alla normalità dopo aver cancellato queste sgradevoli pagine dalla Storia. Io però non voglio, anzi: vorrei trovare un compromesso, un modo per collaborare e per stringere amicizia. Il mio sogno è sempre stato quello di conoscere esseri extraterrestri e divenire loro amico… prima era solo la mia immaginazione, ora però ho la possibilità di avverare tutto questo, nonostante sia una cosa quasi impossibile…
Ha la gola secca, ha bisogno di bere ma anche di parlare, di mettere in chiaro le cose con Totodile ma soprattutto con sé stesso. E sta facendo passi avanti verso il suo obbiettivo.
-Tu, Totodile, sei come me. Siamo due esseri uguali appartenenti a due realtà opposte. Siamo prede degli eventi e deboli, indifesi… ma questo potrebbe essere solo un limite che ci siamo imposti! Forse saremo noi a dare la prima spinta verso un’alleanza che potrebbe dar vita ad un mondo meraviglioso, in cui l’uomo collabora con il Pokémon senza chiedere niente in cambio. Potremmo, anzi, sai che ti dico? Dovremmo essere noi a farlo, perché solo noi siamo riusciti a stringere amicizia nonostante le nostre diversità. Siamo la prova che questo è possibile in scala maggiore, cosa stiamo aspettando allora? Sta a noi e a nessun altro, perché non esistono altri come noi.
Totodile ringhia sommessamente. I discorsi astrusi del ragazzino gli sono per gran parte incomprensibili, non mastica molto bene la lingua umana. Ovviamente si fiderà di lui perché solo lui esiste nel suo mondo, solo lui lo ha aiutato e lo sta portando da qualche parte. Magari lo renderà un Pokémon forte come i suoi genitori.
Se solo Andrea sapesse quali siano le speranze di quel Pokémon, probabilmente ne avrebbe pietà e vorrebbe anteporre i suoi desideri al destino del mondo. Sono bastati pochi giorni per farlo affezionare a quell’esserino che solo appartenemente è indifeso. Però il ragazzino non si è mai nemmeno posto la domanda di quale destino voglia costruirsi Totodile, ritenendo così ovvio che il concetto di destino è prettamente umano. Ma una creatura tanto umana allora non dovrebbe esserne consapevole? Allora perché Andrea non ci ha ancora pensato?
Probabilmente non si porrà mai la questione, a meno che il Pokémon non trovi un modo per dirglielo. Però a lui che è un comune essere della sua specie non è riservata la facoltà di comunicare mentalmente con gli umani, cosa che invece possono fare i Leggendari o alcuni comuni, ma particolarmente abili o in alternativa rari. Se c’è una cosa che Totodile conosce e che ha dovuto imparare in breve tempo prima della grande invasione, però, è l’umiltà e la sottomissione per una causa più grande, oltre che al rispetto nei confronti dei più grandi.
Si sta permettendo parecchia libertà con il ragazzino, ma per come la vede lui è la sua guida e dovrebbe portare il massimo rispetto, non sapendo che metterebbe ancor più in difficoltà il suo “padroncino”.
-Totodile.- La voce stranamente acuta del ragazzino raggiunge le sue orecchie. Il Pokémon si volta e lo guarda incuriosito, poi assume un’espressione interrogativa alla vista del suo pallore: è sbiancato, Andrea, le lentiggini spiccano sul candore della sua carnagione così come gli occhi, scurissimi, che fissano il pavimento vitrei. L’altro emette un basso ringhio di stupore, non eccessivamente preoccupato.
-Vieni qui- gli ordina con una calma innaturale. Il Pokémon obbedisce e Andrea può finalmente dire, con una nota tremante stavolta nel suo tono. -Ho un brutto presentimento. Credo ci sia qualcuno nei paraggi.
È il potere della Conoscenza a informarlo, mentre il suo istinto gli suggerisce che questa persona - perché è un umano - non sia affatto delle migliori da incontrare in quel momento. Per questo il presentimento non è affatto buono e il ragazzino si chiede in che modo potersi mettere al sicuro, nel caso in cui gli eventi prendano una svolta negativa. -Andiamo, Totodile, sbrighiamoci- mormora, prendendo a corricchiare, aumentando a poco a poco la velocità dei suoi passi. Il Pokémon lo segue trotterellando impensierito.
-Fermi lì…
Andrea sussulta. Non hanno fatto che pochi metri, manca ancora qualche passo per svoltare un angolo e cercare un nascondiglio, e invece già sono stati trovati. Sono stati troppo tempo fermi mentre lui ascoltava il potere di Uxie e si interrogava su quelle brutte sensazioni. Purtroppo non si è sbagliato affatto. Si volta lentamente e subito vorrebbe dimenticare la visione che gli si presenta davanti.
È un uomo di mezz’età ad aver parlato. I capelli spettinati sono imbrattati di sangue e sporcizia e in più punti non ricrescono a causa di ampi graffi, ferite; il viso pure presenza tagli lunghi ma poco profondi, se per questo l’intero suo corpo, eccezion fatta per la metà mancante del braccio sinistro, che Andrea evita di fissare per non imprimersi nella mente l’immagine terrificante della mozzatura infetta che sta lasciando nascere una gangrena. Lo stesso si può dire per l’anulare e il mignolo della mano destra. I vestiti sono laceri, ha indosso solo le scarpe e un paio di pantaloncini, mentre il petto nudo e flaccido fa bella mostra di ferite non tutte superficiali. È mezzo inchinato sulle ginocchia piegate, inizia a sviluppare una gobba e un’andatura oscillante, da ubriaco.
L’espressione ottusa del viso risulterebbe comica, se solo la situazione non fosse una delle peggiori. Gli occhi stralunati, fuori dalle orbite, sembrano non essere mai chiusi dalle palpebre aperte più del normale, e fissano proprio Andrea, immobilizzato al suo posto. Una barba incolta è cresciuta in quei giorni, ormai è passata quasi una settimana dall’invasione. La bocca semispalancata mostra denti spezzati o completamente assenti, gengive incrostate di sangue a causa della secchezza della gola, vista la scarsa idratazione a cui è stata sottoposta.
Il taglio che corre dal labbro al naso fa pensare sulle prime a un labbro leporino, ma Andrea capisce - forse una volta ancora grazie al dono della Conoscenza - che se l’è procurate in una battaglia con un Pokémon. Solleva la mano che gli è rimasta verso Totodile, ma continuando a fissare lui. -Perché?- gracchia con un filo di voce.
Secondo Andrea quello non è il momento migliore di mettersi a spiegare il motivo dell’amicizia stretta tra lui e l’invasore, farcendo il racconto delle sue motivazioni e delle sue speranze di risollevare il destino del mondo. Anche perché non è sicuro di avere ancora a disposizione il fiato per parlare, probabilmente quell’inquietante visione gliel’ha portato via. Il silenzio è il sottofondo a una scena che spera ancora di non star vivendo davvero.
-Cibo.
“Non credo proprio mi stia chiedendo di indicargli la strada per il magazzino più vicino” pensa Andrea con un’ironia che non sa da dove possa provenire in un momento come quello. Decisamente quel mostro si riferisce a lui e a Totodile come cibo. “E adesso come facciamo? Totodile è piccolo, sarà fatto a pezzi…!” Ne è sicuro.
Basta un passo barcollante dell’uomo a fargli prendere tra le braccia il Pokémon, strappandolo dal terreno sul quale si trovava una frazione di secondo prima, e a fargli fare uno scatto verso la fuga dal predatore.
Con una velocità inaspettata, viste le sue condizioni, l’uomo parte all’inseguimento e Andrea sente nelle sue orecchie i suoi rantoli affamati, mormorii sconnessi legati alla fame nera che prova in quel momento. Spera che sia solo suggestione, perché bastano quei versi disumani a fargli sentire un assaggio del dolore che proverà nel momento in cui sarà agguantato e ferito, dilaniato, squartato dall’arma del cacciatore: la sua fame.
Non è mai stato un gran corridore, Andrea, ma la strada verso la salvezza e l’adrenalina che gli si è scaricata nel corpo lo rendono invidiabilmente veloce. Qualsiasi via, qualsiasi curva, qualsiasi angolo potrebbe essere la via per la sopravvivenza così come una trappola che lo lascierà acciuffare dall’uomo.
Totodile protesta rumorosamente, graffia le braccia di Andrea con le zampe e strepita di essere messo giù, perché vuole mettere fuori gioco il cane che li insegue e che sta mettendo in pericolo le loro vite.
Andrea non sa come sia possibile, forse la sua velocità è ridotta dalla preoccupazione delle sue braccia che iniziano a sanguinare; fatto sta che quella specie di cannibale lo sta raggiungendo. Sente chiaramente il suo fiato pesante, pestilenziale, famelico, sulla nuca e sulle spalle; getta un’occhiata dietro di sé e vede il braccio più o meno sano proteso in avanti nel tentativo di afferrargli la maglietta e trattenerlo, per poi fare di lui e del suo amico il proprio pasto. Geme al pensiero, inorridisce, i graffi sulle braccia gli bruciano e le gambe arrancano.
Il Pokémon decide di smettere di torturare il ragazzino, suo malgrado impietosito dal suo stato penoso: sente il bisogno di aiutarlo, lo ha sentito fin da quando è iniziata la fuga e ha cercato di convincerlo a mollarlo con quei graffi non sempre superficiali, ma non gli ha dato retta. Continua a proteggerlo senza capire che in quel modo saranno presi entrambi: lui deve almeno provare a rallentarlo per dargli una possibilità di fuga. Ma Andrea è testardo e non crede proprio che un essere così piccolo possa competere con il vero mostro della situazione.
A malapena riesce a formulare pensieri, ode solo il suo ansimare costante e devastato e quello dell’uomo, o di quella parvenza di essere umano, che si fa sempre più vicino. Non incontrano anima viva per strada, uomo o Pokémon che essa sia, e forse è meglio così perché le cose potrebbero peggiorare. Ma non è abituato a correre.
Gli sembra di udire le funeste campane nel momento in cui le dita rimaste dell’uomo agguantano la sua T-shirt. Lancia un grido disperato e inaspettato, un urlo che lacera l’aria e che spera di non dover emettere mai più in vita sua; è il suono che sovrasta le campane e che conferma la sua morte imminente, la morte che non conosce e che non vuole capire proprio ora, ora che ha la possibilità di fare qualcosa.
Inciampa e sfugge alla presa precaria dell’uomo, dovuta all’assenza di tre dita su cinque. Spalanca le braccia per proteggersi il viso e, in uno scatto fulmineo, Totodile scende e si sposta dalla traiettoria del corpo che rovina a terra di Andrea per innaffiare con un violento getto d’acqua il predatore. Quello non dà segni di dolore, molto peggio: è infastidito. Subito si slancia contro il Pokémon, totalmente dimentico del ragazzino che, ignorando il bruciore sempre maggiore di altri graffi causati dal contatto con il terreno, si è girato a guardare la scena.
Totodile schiva ogni tentativo di offensiva del “cannibale”, concentrato unicamente su quell’esserino. Quando può si volta verso di lui e strepita qualcosa di incomprensibile, in un linguaggio animalesco che non sarà il dono della Conoscenza a tradurgli, ma solo l’intuito per quella situazione disperata. Capisce cosa deve fare quando l’uomo sferra un calcio al Pokémon e quello sta per essere colpito. -Mordilo, Totodile!
Il Pokémon esegue il comando e accoglie con i suoi denti acuminati, senza procurarsi alcun danno alle fauci, il piede nudo del predatore. Quello lancia un grido più di sorpresa che di dolore e arretra, dandogli la possibilità di attaccare con i suoi artigli e lacerandogli un polpaccio. L’uomo impreca e riprova con il calcio, ottenendo lo stesso risultato di prima; nel tentativo di scrollarselo di dosso, Totodile stringe maggiormente la presa e i suoi denti penetrano sempre più a fondo, oltre a lasciare veri e propri solchi nella sua pelle sudicia.
Il dolore aumenta e non può negarlo. Totodile molla un momento e quello indietreggia ancora, non più sicuro di voler combattere con quella creatura feroce, determinata e pronta a tutto. Non è nelle sue condizioni migliori, come invece era quando aveva lottato contro quell’uccello, che era riuscito a scacciare per un suo mezzo braccio e altre cicatrici. Ma non può permettersi di perdere contro quel minuscolo Pokémon.
Ci riprova, lo aggredisce, ma stavolta è Andrea a prendere in mano la situazione. Il ragazzino non vuole morire e non vuole che a rimetterci sia anche Totodile, che è pronto a collaborare con lui e ha i mezzi per vincere.
-Mozzagli l’altro braccio.- La sua voce risuona ferma, fredda, stranamente matura. Non sembra appartenere ad uno di undici anni a malapena, così come le parole che pronuncia, la condanna a morte dell’uomo.
Egli spalanca gli occhi. Rivede nella sua mente il combattimento quasi mortale avuto giorni prima e impietrisce dall’orrore, concedendo l’arto più o meno sano alla violenza di Totodile, che spicca un salto e azzanna il braccio dov’è più stretto e quindi facile da staccare. Strilla, l’uomo mostruoso, nello strazio dei muscoli lacerati da quel Pokémon che pare avere i denti più affilati adi ogni morso e che si aiuta con gli artigli; i nervi colpiti inviano scariche elettriche insopportabili al cervello, l’omero inizia a dare segni di cedimento.
-No, no, no!- Ma le sue preghiere sono inutili. Avverte il crepitio dell’osso spezzato dopo pochi secondi e un grido disperato si blocca nella sua gola, mozzandogli il respiro, mentre le carni sono ridotte a brandelli che alla fine si staccano, non reggendo più il peso dell’arto straziato. Fiotti di sangue sgorgano quasi con veemenza sia dalla parte morta che da quella attaccata al corpo. Cade a terra, in qualche modo disteso su un fianco. Evita di guardare il braccio ormai perduto per sempre, anche per evitare conati di vomito.
No, gli occhi fuori dalle orbite fissano supplichevoli il suo vero assassino: quel ragazzino dallo sguardo freddo e micidiale, che gli lancia un’occhiata disgustata prima di voltarsi, seguito dal suo fedele “cagnolino”.
-Andiamo, morirà dissanguato. Su, Totodile, veloce!
Non sa di essere appena diventato, in un modo un po’ cruento, il primo Allenatore del pianeta.






Angolo ottuso di un'autrice ottusa.
Ecco qua, la Ink con la sua storiella minore!
Dai che pian piano i capitoli migliorano anche qui, o almeno è quello che spero. No, soprattutto spero di aver reso bene l’ultima scena e di essere stata abbastanza cattiva/cruda (?), tenete presente che è la prima volta che cerco di scrivere qualcosa anche solo lontanamente horror e prego perché non sia venuta male.
In un extra spiegherò la situazione geopolitica (ahahahahahahahaha se certo ne sono capace) del mondo.
Le mosse che Totodile ha mostrato ad Andreino sono Graffio, Pistolacqua, Fulmisguardo e Morso, se non si fosse capito (?). Mio Dio santissimo, ‘sto Pokémon ringhia e basta per esprimersi. Ma poi il coccodrillo come fa? Non c’è nessuno che lo sa… ahahahahah vado a suicidarmi addio
Ink
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Ink Voice