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Autore: vivajackson99    11/05/2015    1 recensioni
Dal testo:
“-Hey Annabeth!!- disse percy.
-Ciao Testa D’alghe!-rispose la ragazza che accompagnava Alice.
-Aspettate un attimo. Ma voi due vi conoscete!?- dissi irritata per il semplice fatto che nessuno mi stesse dicendo cosa cavolo stavano facendo.
-Ceerto. Io e Annie eravamo d’accordo di portarvi tutte e due al campo-mi rispose Percy sorridendo.
-Ora Chirone vi spieghera tutto quello che...
-Aspetta ma tu dici quel Chirone quello dei miti greci!?!-disse sbalordita estupita alice.
-Precisamente- rispose Annabeth sbuffando.
-Quindi voi volete dirmi che gli dei, i semidei, le creature mitologiche...ESISTONO!?!?!- chiese speranziosa.
-Si esistono. E voi due siete figlie di una dea o un dio greco- spiegò percy allargando di più il suo sorriso, se si può fare.
-Se,se. E sentiamo...tu di chi sei figlio- domandai sarcastica
-Io sono il giovane figlio di Poseidone, dio del mare, e lei è figlia di Atena, dea della saggezza.- disse recitanto Percy e poi dando un veloce bacio sulle labbra ad Annabeth.
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La storia è abbientata un anno e mezzo dopo la famosa guerra contro Gea. I nostri eroi sono miracolosamente sopravvissuti e ora dovranno affrontare una nuova missione con due nuove compagne. ATTENZIONE: NIENTE SPOILER.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leo Valdez, Nico di Angelo, Nuova generazione di Semidei, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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p.o.v. nico
 
- Ahia! Fai piano!- l'ennesimo lamento mi uscì dalle labbra mentre afferravo per l'ennesima volta il polso di Alice. Era ormai qualche minuto che disinfettava la ferita e ormai era quasi alla fine credo. Aveva ripulito tutto il sangue e ora si vedeva bene la ferita. Non era molto profonda ma bastava a farmi perdere  un po' le forze. Mi riferì un'occhiata truce strattonando il polso liberandosi dalla mia presa ferrea.
- Ho quasi finito. Dopo arriva il dolore vero, non ti preoccupare - disse lei con un sorriso sarcastico. Sgranai gli occhi e stavo per ribattere ma non me ne diede il tempo perchè tornò a lavoro. Esasperato buttai la testa all'indietro contro il divano chiudendo gli occhi ed esalando un sospiro frustrato, mentre strani pensieri vorticavano nella mia testa rendendomi confuso e vulnerabile più di quanto ero già. Dopo un minuto esatto Alice allontanò le mani dalla ferita e sentì il suo sguardo su di me. - Dov'è il bagno?- disse con una nota di fastidio nella voce. Aprì gli occhi e la trovai in piedi davanti a me con le mani alzate, un po' sporche del mio sangue sulle punte delle dita. La guardai per poi indicarle con un cenno della testa la porta di fronte al divano, nella parete opposta a dove eravamo noi. Si diresse da quella parte aprendo la porta nera dietro di se. Chiusi gli occhi gettando la testa all'indietro poggiandola sul divano cercando di calmare il battito  del mio cuore impazzito. Non potevo nascondere la sensazione che avevo provato quando le mani di Alice si erano posate su di me, facendo attenzione a non farmi troppo male. Era una sensazione magnifica che sarebbe stata ancora più bella se non fossi stato ancora così confuso. Perchè si, non avevo capito il motivo per cui Alice lo stava facendo. Perchè mi stava aiutando dopo tutto il dolore che le avevo procurato? Sentì il rumore dell'acqua scorrere. Avvolte mi chiedevo se ogni azione che facevo fosse giusta o meno. Sentì il rumore dell'acqua fermasi e Alice che ritornava nella stanza e prendere il kit in mano. Aprì gli occhi per vederla estrarre dalla scatola un paio di guanti che indossò -anche se le stavano piuttosto larghi- e prese ago e filo.
- Non avrai intenzione di ricucirmi con quelli!?- chiesi con la voce più alta di un'ovatta. Mi guardò inarcando un sopracciglio facendo nel frattempo passare il filo nell'ago.
- Certo. Con cosa allora?!- disse avvicinando le mani alla ferita, ma prima che infilasse l'ago nella carne alzò gli occhi nei miei. Io la stavo già guardando con evidente curiosità e un accenno di timore, trattenendo il respiro, e la vidi sussultare leggermente ma si ricompose immediatamente come se non fosse successo niente  - Ti conviene aggrapparti a qualcosa, farà un po' male...- disse solamente infilando l'ago nella carne e incominciando a cucire con cura. La mia prima reazione era quella di urlare. E al diavolo se faceva un po' male. Faceva un male cane. Non urlai. Dannato orgoglio. Mi trattenni all'ultimo e mi morsi il labbro così forte da sentire il sapore metallico del sangue in bocca. Ogni volta che infilava l'ago nella carne il mio corpo era scosso da brividi di dolore e dovevo stringere con forza la federa del divano per non urlare. Erano passati quasi cinque minuti quando tagliò il filo facendogli un nodo. Non mi ero lamentato nemmeno un po', a parte qualche grugnito e qualche imprecazione in greco sussurrato tra i denti. - Ho finito non ti preoccupare - disse battendogli una mano sul ginocchio coperto dai jeans neri. Sospirai di sollievo rilassando i muscoli delle spalle - Cerca di non fare strani movimenti col braccio almeno per le prime ore o i punti saltano - aggiunse poco dopo. Riaprì gli occhi che fino a quel momento avevo tenuto chiusi e li posai nel punto in cui la pelle era più rossa e dove emergeva una piccola cicatrice che presto ne ero sicuro sarebbe sparirà. Alice aveva fatto proprio un ottimo lavoro. Quel pensiero mi fece tornare a guardarla.
- Grazie... per tutto... - la ringraziai un po' incerto abbassando lo sguardo per poi cercare di alzarmi. Feci leva sul braccio destro ma mi sbilanciai un po' e sarei finito con la faccia per terra se Alice non mi avesse afferrato al volo per la spalla stabilizzandomi in piedi.
- Dove credi di andare?- esclamò quasi accusatoria. La guardai male appoggiandomi alla sua spalla prendendo un lungo respiro per poi risponderle.
- Nel mio letto. Sono stanco, ho avuto una giornataccia, merito anch'io un po' di riposo o no? - ribattei acido. Non volevo rivolgermi a lei così ma purtroppo in questi momenti ogni minima cosa mi faceva scattare sulla difensiva. Alice non si offese ma si limitò a guardarmi male e a sbuffare masticando tra i denti un "Ti ci porto io" prima di trascinarmi praticamente verso la mia stanza. Aprì la porta trovandomi davanti alla mia camera. Nulla di che. C'era solo un letto matrimoniale rigorosamente nero, un armadio nero e il comodino nero accanto al letto, con una foto sopra. Mi diressi, sorretto da Alice, verso il mio letto e mi ci sedetti sopra con un sospiro. Sollevai lo sguardo e vidi che Alice stava guardando la foto sul comodino. La foto raffigurava me e mia sorella Bianca. Avevo all'incirca sette anni e stavamo costruendo un pupazzo di neve. Era l'unica foto che possedevo e di cui non sarei mai riuscito a separarmi.
- E' tua sorella?- chiese lei osservando la foto mentre qualche ciocca di capelli le finiva sul viso e lei le riportava dietro l'orecchio in un gesto naturale, quasi senza accorgersene. Io allungai la mano abbassai la foto chiudendo gli occhi. Non mi andava di parlarne, non mi andava di scavare nei miei ricordi così annuì soltanto. Sentì la mano di Alice sulla mia spalla sana e aprì gli occhi. La trovai che mi sorrideva teneramente - Ti somiglia molto- disse poi carezzandomi i capelli per poi lasciare la stanza. Dopo un po' sentì urlare - Non fare tardi per l'appuntamento alla casa Grande! Ci vediamo alle tre e mezza!- per poi sentire il tonfo della porta. Ero solo, di nuovo.
Mi distesi sul letto togliendomi le scarpe e facendo attenzione a non forzare troppo la spalla. Fu in quel momento che i miei pensieri presero il sopravvento. Quella mattina, quando mi ero svegliato nella mia stanza nel palazzo di mio padre credevo che mi aspettasse la solita noiosa giornata che mi attendeva da ormai dieci giorni -che comprendeva vagare per i campi elisi in cerca di compagnia, o giocare con la signora O' Leary, o anche salire in superficie e che ne so, visitare qualche città?-  ma mi sbagliavo. Infatti quando ero andato a fare colazione con mio padre e la mia matrigna non trovai nessuno dei due, al loro posto solo una lettera. Quello che lessi mi sconvolse. Erano andati sull'Olimpo per un'emergenza, a quanto pare il re degli Dei era scomparso. Nella lettera mio padre mi aveva espressamente detto di andare subito al campo perchè ci sarebbe stato bisogno del mio aiuto. Così feci colazione alla svelta -se può essere chiamata colazione una tazza di caffè- e andai in superficie con un viaggio nell'ombra. Non avevo intenzione di apparire di punto in bianco nel bel mezzo del campo così atterrai poco fuori dalla barriera e chi trovai? Decine di dracene che mi stavano aspettando, pronte a farmi fuori. Una cosa che diede subito all'occhio erano stati gli occhi dei mostri, con le orbite completamente bianche, quasi come se fossero posseduti o addirittura comandati. Ero corso verso la barriera facendone fuori tantissime di loro ma ne comparivano sempre di più. Così mi ero limitato a correre e solo quando avevo superato  la barriera mi ero premurato di gettare un sospiro di sollievo. Ma non appena mi ripresi avevo notato che i mostri continuavano a fare pressione sulla barriera, battendo i pugni su di essa, fino a quando non si era frantumata sotto ai miei occhi. Avevo resistito per un bel po' ma non era bastato infatti dopo un po' ero stato ferito e mi ero dovuto ritirare. Con un viaggio nell'ombra ero arrivato alla Casa Grande dove già si stava svolgendo la riunione.
E ora mi trovavo li, nella mia stanza, a contemplare quell'assurda giornata. E poi c'era stata Alice. Rivederla era stato come ricevere un pugno dritto nello stomaco. E poi quando mi aveva curato la ferita, non so, avevo avuto una strana sensazione, come di felicità. Ma forse mi sbagliavo. E poi era assurdo. Come potevo provare qualcosa nei suoi confronti? Con quei pensieri per la testa, mi addormentai.
 
p.o.v. alice
 
Quando chiusi la porta della cabina di Nico gettai un sospiro di sollievo. Ero rimasta tesa tutto il tempo e il figlio di Ade non se n'era nemmeno accorto. Un po' delusa per la sua non-reazione andai nella cabina di Atena per prepararmi alla missione. Era ormai mezzogiorno e non avevo molto tempo. Davanti alla porta trovai Annabeth che batteva un piede per terra impaziente e quando mi vide si illuminò.
- Oh, bene eccoti!- disse lei prendendomi per le spalle e spingendomi dentro casa - Abbiamo tanto da fare e di cui parlare - mi spiegò lei aprendo un' armadio -uno tra i tanti in quella stanza- ed estraendone uno zaino di quelli da viaggio buttandomelo addosso. - Allora cosa dobbiamo portare in una missione, un cambio, qualche scorta di cibo e oh ricordo ancora la mia prima missione. Ero solo una bambina, avevo dodici anni. Ero partita con Percy per recuperare la folgore di Zeus. Com'è che c'entra sempre lui? Bah. Comunque tornando a noi...-  Annabeth non la smetteva di blaterare mentre io con la mia calma posai lo zaino sul mio letto e cominciai a metterci dentro ciò che pensavo potesse servirmi per quell'impresa - ... mi devi ancora spiegare quella faccenda su tuo padre e sul fatto che solo ora ho scoperto che sei..- aveva ricominciato a blaterare introducendo quel discorso.
- Ok Annabeth ora smettila di parlare in continuazione se vuoi ti racconto la mia storia! Vuoi?- chiesi prendendola per le spalle guardandola in attesa di una risposta. Lei deglutì annuendo - Bene..- dissi ritornando al mio zaino.- Allora con cosa incomincio... Sono nata in Italia in una cittadina in provincia di Venezia. Sono vissuta lì per otto anni mentre mio padre diventava famoso con le sue opere. Poi mi sono trasferita qui a New York perchè gli avevano offerto un lavoro qui e lui non poteva rifiutare. Quindi abbiamo fatto i bagagli e ci siamo trasferiti. Dopo un anno abbiamo comprato la casa attuale in cui viviamo e solo dall'anno scorso mio padre si è sposato con la sua segretaria che io odio. Comunque il mio nome vero è Mary Alice Watson. Mary lo uso solo per politica quando vengo nominata da mio padre. Alice rimane comunque il nome che uso. Mi faccio chiamare così, da tutti quelli che non conoscono la mia vera indentità. Quindi..- lasciai la frase incompleta non sapendo come continuare. - Tutto qua- dissi evitando di finire la frase. Mi seccava un po' raccontare tutta la mia vita e Annabeth parve accorgersene.
- Ok va bene. Qui ci sono un paio di pantaloncini, una maglietta, una felpa.. Ah! E poi ti serviranno anche dei soldi e...- Annabeth non finiva di parlare cosi la bloccai.
- Hei, hei! Calma! I soldi non ce li ho!- ribattei mentre mi legavo in capelli in una cosa bassa.
- Ah ok. Allora te li presto io - ma il quel momento la conchiglia suono. - Vai ti raggiungo. Io finisco di sistemare alcune cose - e con quello mi caccio via dalla cabina. Rimasi imbambolata per un po' e poi decisi di incamminarmi verso la mensa. Gettai un'occhiata alla cabina di Ade ma da lì non uscì nessuno. Arrivata alla mensa Nico non c'era. Era ovvio.
- Hei Aly! Come va? Dopo dobbiamo parlare. Non te lo scordare!- Lauren mi passò davanti dandomi una pacca sulla spalla e rivolgendomi un sorriso sghembo. Non mi diede il tempo di ribattere che già si stava dirigendo nel suo tavolo insieme al fratello. Scrollai le spalle e mi andai a sedere nel mio tavolo accanto a Max. Chiacchierai un po' con lui fin quando non si aggiunse a noi Annabeth.
- Ti ho preparato lo zaino con tutto ciò che ti serve. Quando hai tempo vacci a dare un'occhiata - disse lei sedendosi accanto a me. Annuì e finì il mio pasto. Mi alzai uscendo dalla mensa e indecisa se andare da Nico o meno mi fermai nel bel mezzo della piazza principale del campo. All'improvviso qualcuno mi acchiappò le spalle e io saltai in aria indietreggiando di un metro e tenendomi la mano al cuore.
- Hei Alice sono solo io. Dei del cielo ti spaventi per un non nulla - disse Lauren quasi ridendo. Mi imbroncia e incrociai le braccia al petto infastidita.
- Sei tu che mi spunti all'improvviso alle spalle. Potevo morire d'infarto lo sai! Sai quante persone muoiono per essersi spaventate troppo in questo modo?- dissi io duramente squadrandola con occhi pieni di rabbia. Lei roteò gli occhi e fece un gesto di nonchalance con la mano - lo sai che così ti escono gli occhi fuori dalle orbite?- dissi sospirando e lei roteò ancora gli occhi per dispetto sorridendo. Sbuffai - Cosa devi dirmi?- chiesi arrivando dritta al punto. Lei sorrise, mi indicò il bosco e si incamminò verso il sentiero tra gli alberi. La seguì un po' confusa. L'ultima volta che ero stata nel bosco era stato quando si era svolta la caccia alla bandiera e in quei momenti non avevo avuto il tempo di osservarlo come si deve. Gli alberi alti ricoprivano il cielo azzurro rendendo così difficile ai raggi del sole penetrare tra le loro foglie verdi. Gli uccellini volavano tra gli alberi cinguettando e gli scoiattoli si arrampicavano sugli alberi saltando da un ramo all'altro. A terra cresceva poca vegetazione per via della poco luce, ma alcuni cespugli e piante di vario tipo spuntavano vicino agli alberi diventando magari il nascondigli di alcuni animaletti. Ero così immersa nel contemplare la natura che non mi accorsi che Lauren si era fermata finchè non le andai a sbattere contro. Quando mi ripresi notai che ci trovavamo in un grande piazzale dove al centro stava il cumulo di rocce che prima erano la statua di Zeus. Proprio il posto in cui ho parlato per la prima volta con Nico e dove abbiamo combattuto insieme. Lo ricordo come se fosse stato ieri. Sapevo che lui mi avrebbe stravolto la vita, più di quanto me l'aveva stravolta lo scoprire di essere una semidea. Con quel suo salutarmi in italiano aveva solo reso le mie convinzioni ancora più chiare e la mia mente ancora più confusa.
Il colpo di tosse di Lauren mi distrae dai miei pensieri e la trovai voltata verso di me con le mani sui fianchi. Mi fece gesto di seguirla e si andò a sedere su  un cumulo di rocce. La imitai sedendomi accanto a lei e attendendo che parlasse, mentre lei fissava i suoi piedi. Passarono alcuni minuti e a quel punto, scocciata dissolsi lo sguardo e lo poggiai davanti a me e iniziai a torturarmi le mani. Dopo un minuto buono Lauren parlò e io alzai lo sguardo per guardarla. - Tu cosa pensi dell'impresa?- disse lei velocemente incerta cercando di evitare il mio sguardo. Sgranai gli occhi incredula. Cosa ne pensavo? Non lo so.
- Bè che dovrei pensare!? Penso che sia un'impresa suicida ma dobbiamo partire ugualmente con o senza la nostra volontà. Dobbiamo salvare Zeus. E' questa la nostra priorità - risposi con calma apparente vedendo Lauren che alzava lo sguardo nel mio. Dentro di me un groviglio di emozioni stavano prendendo vita, dalla responsabilità che dovevo assumere in quell'impresa alla paura di morire una volta usciti dal campo. Ma io non ero una persona che si ritirava dal gioco, non mi arrendevo facilmente e cosa più importante odiavo quando qualcuno mi diceva che avevo paura delle sfide, come dicevano spesso a scuola. I miei compagni di classe mi ripetevano continuamente che ero una secchiona fifona che aveva paura dei ragni. E' vero avevo paura dei ragni ma non ero fifona, questo no, non potevano dirlo! E per questo non mi ritirerò mai da questa impresa. Mai!
- Hai ragione!- Lauren sorrise per poi scendere giù dal masso su cui eravamo sedute. Con un balzo si ritrovò con i piedi per terra e mi rivolse un sorriso allegro - Allora che stiamo aspettando!? Andiamo a prendere a pugni qualche mostro e a cacciare via le dee cattive con un calcio in culo - così dicendo scoppiò a ridere tenendosi la pancia con le mani. Mi tappai la bocca con la mano cercando di trattenere le risate ma inutilmente, la risata di Lauren era troppo contagiosa. Così mi ritrovai a ridere assieme a lei lì nel prato, circondata dalla calma innaturale del bosco dove sembrava essere sparita ogni forma di vita esistita in questo campo. Dagli animaletti innocenti e le driadi ai mostri che lo popolano. Smettemmo di ridere e sorrisi a Lauren prendendola a braccetto e cominciare a camminare a passo di marcia verso il sentiero del bosco.
- Okay accetto. Andiamo a fare il culo a tutti quelli che ci ostacoleranno in questa impresa - dissi sventolando un pugno in aria per poi far scontrare le nocche con quelle di Lauren. Lei sorrise e poi mi seguì inoltrandosi con me nel bosco.
Dopo parecchi minuti che camminavamo raggiungemmo il fiume. Bene eravamo quasi arrivati. Feci per muovere un'altro passo ma un basso ringhio gutturale mi bloccò il sangue nelle vene facendomi rizzare i peli nelle braccia e facendomi gelare sul posto. Mi voltai lentamente verso un cespuglio molto grande da cui pareva provenire il ringhio, poi mi voltai verso Lauren. Aveva piano e silenziosamente sfilato la spada dal fodero e ora la stava impugnando con due mani con la punta della lama rivolta verso il cespuglio. Uscì anch'io il mio pugnale dal fodero impugnandolo con la lama rivolta verso il terreno. Un altro ringhio si fece sentire questa volta più basso e profondo e più terrificante di quello precedente. Indietreggiai di un passo e gettai un'occhiata a Lauren che aveva gli occhi fissi sul cespuglio. Ritornai a guardare il cespuglio  e mi lasciai sfuggire un guaito di paura misto sorpresa. In mezzo alle foglie brillavano due occhi infuocati che ci guardavano famelici e indietreggiando di un'altro passo un ramo sotto ai miei piedi si spezzò. Gli occhi scomparirono e davanti a noi atterrò un gigantesco mastino nero alto circa due metri con gli occhi che brillavano come due braci ardenti e ora che ci facevo caso quegli occhi aveva una strato trasparente, come un velo davanti gli occhi. Ci guardava con le fauci in mostra e le zanne ben in vista. Alternava lo sguardo da me a Lauren come se dovesse scegliere chi tra le due fosse la più saporita, o magari chi fosse più scarsa nel combattere così sarebbe stato facile ucciderla. Infine dopo un lungo silenzio carico di tensione da parte nostra il segugio si lanciò contro Lauren. Lei velocemente si spostò di lato rotolando per terra alla sua destra evitando una zampata da parte del mostro e contrattaccò con un fendete mirato alla spalla del mostro che prontamente evitò spossandosi di poco di lato. Io non sapevo che fare. Lauren continuava a combattere ma io non sapevo come entrare nella lotta e salvare la mia amica. Se cercherei di attaccare il mostro alle spalle quello mi vedrebbe sicuramente e mi farà fuori in pochi secondi. E a quel punto non servirei più a niente. Dovevo fare qualcosa! La lotta nel frattempo si era spostata un po' più in là, sotto un albero un po' ricurvo con un ramo piegato nell'angolazione perfetta per atterrare sopra il mostro ed ucc- oddei! Era perfetto! Corsi verso l'albero e velocemente mi arrampicai sull'albero posizionandomi sul ramo. Mi feci vedere da Lauren e gli feci segno di far andare il mostro sotto il ramo. Con un po' di fatica lei lo fece e poi il mostro fu proprio sotto di me. Mi lanciai a cinque metri da terra e atterrai nella schiena del segugio e conficcai il pugnale al centro della schiena tra le costole. Il mastino nero guaì spalancando gli occhi e si dissolse in una nuvola di polvere. A quel punto atterrai col sedere per terra, gemetti di dolore e mi alzai massaggiandomi il fondoschiena. Raggiunsi Lauren che si era seduta a terra con le spalle contro la corteccia dell'albero su cui mi ero arrampicata un attimo prima. Mi misi davanti a lei sorridendo, riponendo il pugnale nel fodero. Sorrise anche lei chiudendo per un attimo gli occhi e gli porsi la mano che accettò con un mezzo sorriso.
- Secondo te da dove è spuntato quel coso?- chiese Lauren una volta che avemmo superato il fiume. Ci pensai un po' su stando in silenzio per qualche secondo ma poi risposi senza esitare.
- Ti ricordo ciò che ha detto Nico. La barriera è debole e possiamo essere attaccati da un momento all'altro. Dovevamo stare più attente. Ma non mi spiego come mai questo segugio infernale si sia spinto così tanto. E' troppo vicino al campo ed è da solo. Magari sapeva che eravamo qua e voleva farci fuori. Magari era controllato..-  pensai ad alta voce non completando la frase. Eravamo ormai arrivati al confine del bosco e si poteva vedere la Casa Grande da qui. Erano circa le due e mezza e fra poco dovevo recarmi lì per fare la famosa telefonata.
- ... da Ecate! Lo controllava con la magia!- esclamò Lauren incredula e preoccupata. Mi voltai a guardarla e vidi che negli occhi brillava quella determinazione che vedevo ogni volta che voleva risolvere la situazione a ogni costo. Dovesse solcare mari e monti.
- Andiamo da Chirone!- affermai decisa e con voce ferma. Scendemmo la collinetta e andammo dritte verso la Casa Grande. Lauren bussò alla porta e senza attendere risposta, come sempre fa, entrò. Dentro c'era solo Chirone che scrutava una cartina dell' America nella sua forma umana seduto sulla sedia a rotelle.
- Chirone?!- chiamò Lauren facendo voltare il centauro dalla nostra parte rivolgendoci un sorriso tirato. Ci avvicinammo a lui e presi parola io.
- Chirone deve assolutamente mettere delle pattuglie ai confine della barriera, nel bosco. Poco fa siamo state li e siamo state attaccate da un segugio infernale. Ma era strano. Gli occhi erano come ipnotizzati e avevano come un velo trasparente davanti. Secondo me Ecate sta controllando i mostri e li stia mandando qui a fermarci. Quel mostro non ha esitato un attimo ad avventarsi contro Lauren. Ecate sa che è Lauren a comandare la nostra missione e ha deciso di farla uccidere ma siamo riuscite a far fuori prima lui. La prego Chirone. Metta al più presto delle pattuglie al confine - dissi io quasi tutto d'un fiato. Chirone cambiò espressione facciale così tante volte che le uniche emozioni che riuscì a leggere furono la perplessità, la preoccupazione e la rassegnazione.
- Lo farò subito. Lauren va a chiamare Annabeth e dille di venire subito qui. Alice tu vieni con me andiamo a fare questa telefonata -
 
p.o.v. lauren
 
Ero ancora un po' scossa dopo il combattimento e così quando Chirone mi incaricò di andare a chiamare Annabeth non ribattei e mi congedai con un veloce saluto della mano. Camminai a passo svelto verso la capanna di Atena sperando di trovare Annabeth lì. Bussai alla porta e dopo qualche secondo mi andò ad aprire un ragazzo alto e robusto dai capelli biondo cenere e gli occhi grigi, di poco più scuri di quelli di Annabeth.
- Posso esserti d'aiuto?-  chiese lui facendo uscire dalla cabina metà corpo come se avesse fretta di rientrare dentro casa.
- Si... scusa però forse ti ho disturbato..!- dissi un po' indecisa torturandomi le mani e cercando di evitare il suo sguardo. Ma quello che mi girava per la testa era una domanda che c'entrava perfettamente. "Perchè cavolo sto avendo una reazione del genere per un ragazzo di cui non conosco nemmeno il nome?"
- No.. non hai disturbato nessuno - disse lui sorridendo.
- Okay se è così allora... stavo cercando Annabeth.. è qui?- chiesi cercando di sbirciare all'interno della casa ma senza successo. Il corpo massiccio del ragazzo - figo davanti a me mi bloccava la vista. Osservai lo sguardo del ragazzo davanti a me rimanerci deluso e da un lato mi fece quasi pena ma dall'altro no. Chi si credeva di essere, io non sono una tipa che prende delle sbandate per il primo che passa. O almeno di solito è così.
- No. Non è qui. E' sparita subito dopo pranzo con Percy e ora devono essere nella cabina di Poseidone - disse lui riassumendo il suo sorriso gentile. Gli sorrisi e lo ringraziai con un cenno del capo. Mi diressi verso la cabina di Poseidone ma quando mi trovai di fronte alla porta, pronta per bussare, mi era sorto un dubbio. "Ma cosa fanno di solito due ragazzi innamorati da soli in una cabina tutta per loro dove nessuno li può disturbare?" Spalancai gli occhi mentre le guance mi diventavano rosse come le fragole mature del campo. Bè se era quello che pensavo stavano facendo loro allora potevo benissimo entrare. Bussai tre volte alla porta e senza attendere risposta entrai spalancando la porta e dirigendomi a passo spedito verso la camera da letto.
- Perseeeeuuuus!!- cantilenai ad alta voce per poi spalancare la porta della stanza. La scena che trovai davanti poteva essere considerata esilarante. C'era Annabeth che si stava infilando in fretta la maglia con ancora solo le mutande addosso mentre Percy si era in quel preciso istante messo i boxer. Meno male che lo avevo chiamato sennò sarebbe stato molte botte per lui. - Bene allora volevi goderti le ultime ore di relax facendo sesso con Annabeth eh?- dissi io senza un po' di tatto. Vidi Annabeth diventare bordeaux e Percy quasi esplodere per l'imbarazzo.
- Lauren zitta! Cosa ci fai qui?- chiese Percy imbarazzato e indignato. Sorrisi maliziosa e mi avvicinai a lui sfiorando il suo petto con un dito e avvicinando la bocca al suo orecchio.
- Per spiarti testa d'alghe - gli sussurrai dritto nel suo orecchio in modo molto sensuale. Mi separai da lui sorridendo ingenuamente per poi guardare Annabeth che teneva gli occhi spalancati su di me e il viso contorto in una smorfia tra l'incredulità e la gelosia.
- Che?- fece Percy spaventato e sorpreso allontanandosi da me con un salto.
- Dai Perce stavo scherzando. Ci hai creduto sul serio?- risi tenendomi la pancia mentre Percy e Annabeth mi guardavano male.
- Allora perchè sei qui Lauren?- parlò finalmente Annabeth mentre incrociava le braccia al petto. Mi ripresi e mi ricomposi tornando seria. Bè forse dovevo dire 'facendomi seria' perchè fino a quel momento seria non lo ero stata.
- Io e Alice siamo state attaccate nel bosco e ora Annabeth, Chirone ti vuole alla Casa Grande credo per parlarti delle pattuglie che praticamente Alice gli ha quasi ordinato di piazzare ai margini della barriera del campo..- dissi velocemente mentre vedevo Annabeth spaventare gli occhi - quindi ti conviene vestirti  e andare alla casa Grande - conclusi poi avvicinandomi alla porta della stanza - Comunque... mi dispiace sul serio per avervi interrotto - dissi con un finto sorriso ingenuo. Ottenni un cuscino in faccia e un'imprecazione in greco da parte di Percy. Sorrisi tra me e uscì dalla cabina sedendomi sulle scalinate del portico. A quell'ora non c'erano molti semidei in giro. La maggior parte si allenava, o giocava al campetto da calcio e le coppiette innamorate si scambiavano effusioni in un angolo dove nessuno li avrebbe visti. Gli unici che camminavano per il vialetto delle cabine erano i fratelli Stoll, che confabulavano tra loro salutandomi con un cenno della mano che io ricambiai. E poi c'era.. uh ... ma quella non era Helena o sbaglio? Mi strofinai gli occhi e li sbattei più volte. Eh si, era proprio lei. Sorrisi passandomi una mano tra i capelli. Chi poteva mai immaginarsi che Helena, la figli di Ares, usciva con Theo -sono un figo- Gray, figlio di Ecate. Erano messi nel giardinetto della cabina di Ecate dietro un albero in un punto è che in qualsiasi altra angolazione non potevano essere visti ma che da dove ero messa io si vedevano perfettamente. Bene allora Helena è cotta proprio. Ridacchiai per poi sentire la porta dietro di me venire sbattuta con una forza tale che sussultai sul posto e sollevai la testa per vedere una Annabeth arrabbiata.
- Sei arrabbiata con me per caso? - chiesi timidamente facendomi piccola piccola. Di certo la mia intenzione non era far arrabbiare Annabeth bensì far imbarazzare Percy. Annabeth si votò a guardarmi e sospirò facendomi segno di alzarmi e seguirla.
- No Lau, non con te. Ma con quel testa d'alghe che mi ritrovo come fidanzato. Ha fatto il casca morto con te e non vorrei immaginare se tu avessi fatto sul serio tutti quei gesti per attirare la sua attenzione in quel senso. Cioè Percy ti stava quasi sbavando a dosso e io... - spiegò lei non riuscendo poi a continuare. Mi fermai di scatto e mi voltai a fronteggiarla puntando le miei iridi blu nei suoi occhi grigi ghiaccio.
- Hei frena! Frena! Di cosa stai parlando!? Innanzitutto io e Percy siamo solo amici. Secondo poco fa la mia unica intenzione era metterlo in imbarazzo di fronte a te. Terzo, non volevo farti venire dei dubbi riguardo all'amore di Percy nei tuoi confronti e quattro.. Percy ti ama. Fine della storia - partì alla carica io elencando il tutto sulla punta delle dite. Annabeth mi guardava con un sorriso grato e mi abbracciò.
-  Sai assomigli molto a tua sorella, Thalia - mormorò tra se Annabeth in un sussurro quasi non volesse farlo sentire a nessuno. Io non ribattei anche perchè non era proprio il momento di parlare di una cosa del genere. Ci sarebbe stato tutto il tempo di parlarne dopo, almeno speravo. Ci separammo dall'abbraccio e finalmente arrivammo dinanzi alla porta della casa grande. Annabeth bussò, e solo dopo aver ottenuto un 'avanti' entrò all'interno. Chirone si era alzato dalla sua sedia a rotelle e ora si ergeva nella sua forma equina occupando metà stanza. Ci dedicò un saluto muto per poi indicare Alice che parlava al telefono.
- Non mi interessa nulla!- stava dicendo ad alta voce contenendosi però, assumendo una posa all'apparenza tranquilla ma che di tranquilla non lo era affatto. Aveva una mano su un fianco mentre con l'altra reggeva il telefono. - Dovete farmi trovare la macchina alle quattro precise nel punto esatto in un cui vi ho detto di farmela avere cinque minuti fa e dovete farmi avere anche il jet e la destinazione per l'aeroporto del Minnesota. Se ci saranno complicazioni vi farò licenziare tutti a partire da te, sono stata chiara?- disse Alice con voce ferma e autoritaria. Sentì dall'altra parte un indistinto mugolio simile a un 'si' sussurrato timoroso e vidi Alice sorridere soddisfatta e rilassare le spalle. - Bene allora ci siamo capiti. Se qualcosa va storto sai cosa ti aspetta. E ricordati che non è la prima volta che faccio licenziare qualcuno per aver disubbidito alle mie esigenze e richieste - detto chiesto chiuse la chiamata senza nemmeno salutare - Stupidi uomini senza cervello!- mormorò tra se quasi lanciando il telefono sul tavolo sbuffando e incrociando le braccia al petto.
- Alice..?- chiese Annabeth in un sussurro con un piccolo sorriso che stava per nascere sulle sue labbra. La sorella alzò gli occhi e sorrise di riflesso. Per poi rivolgersi a Chirone.
- Tutto risolto. Se mi ascolteranno troveremo macchina e jet pronti ad aspettarci. Ma credo che lo faranno. Questi impiegati hanno troppo paura di perdere il posto di lavoro e quindi agevolano sempre tutto quello che voglio. Anche se di solito non chiedo un jet privato. Mi ricordo che una volta quando ero solo una bambina ho detto a un tizio che era un dipendente di mio padre che volevo a tutti i costi tornare in Italia e volevo un jet privato. Il tizio mi ha detto categoricamente di no e io mi sono messa a piangere. La scena seguente è stata esilarante. Io piangevo, mio padre entrava in ufficio mi vedeva e licenziava l'impiegato e dichiarando pubblicamente che chi non avesse eseguito ogni mio minimo capriccio verrà immediatamente licenziato. Non me lo posso dimenticare mai!- raccontò Alice con gli occhi pieni di gioia. Io e Annabeth scoppiammo a ridere mentre Chirone sorrideva ridacchiando. Smettemmo di ridere e tornammo seri.
- Chirone mi è stato comunicato che vuoi mettere delle pattuglie al confine, è vero?- domandò Annabeth rivolgendosi al centauro. Ma come!? Non si fida di me?? Il centauro annuì ad Annabeth e ci esortò a farci avanti.
- Annabeth... Lauren e Alice sono state attaccate da un segugio infernale e pare che questo fosse sotto l'effetto di un incantesimo. Semmai ci fosse un attacco dovremmo essere pronti ad ogni evenienza. Vorrei che dopo che i ragazzi siano partiti porterai qui alcuni semidei, i migliori. Siamo intesi?- spiegò Chirone indicando poi dei punti sulla cartina - li posizioneremo tutti intorno alla barriera, sugli alberi, dietro le rocce. Ragazze voi andatevi a preparare - si interrompe Chirone rivolgendosi a me ed ad Alice. Annuimmo e uscimmo dalla stanza.
- Bene. Ci vediamo dopo allora?!- chiesi rivolgendomi ad Alice una volta arrivata davanti la casa di Zeus.
- Certo. Ci vediamo alla casa Grande - disse lei avviandosi verso la cabina di Atena. Sospirando entrai a casa e fui accolta da due braccia che mi avvolsero e mi abbracciarono. Jason dopo diverso tempo si separò da me e mi sorrise.
-Ti ho preparato lo zaino. Spero che ti vadano bene le cose che ti ho scelto - disse con un sorriso tirato porgendomi un zaino da viaggio. Decisi di non aprirlo però - Non controlli cosa ti ho messo dentro?- chiese appunto Jason confuso.
- Mi fido del tuo giudizio. La mia giacca di jeans dov'è?- chiesi guardandomi intorno alla sua  ricerca. Nel frattempo adocchiai i miei anfibi e li indossai al posto della converse rosse. Sarebbero stati più comodi per il viaggio. Jason mi indicò lo zaino con un cenno della testa.
- Dentro - aggiunse. Sorrisi e mi misi sulle punte abbracciandolo. Gli diedi un bacio sulla guancia e poi avvicinai le labbra al suo orecchio.
- Sei il fratello migliore del mondo - sussurrai per poi guardarlo in faccia. Mi scappò un risolino. Jason era diventato rosso come un peperone ed era proprio ridicolo. - Augurami la buona fortuna!- esclamai facendomi vedere felice cosa che non ero affatto. Jason parve sollevarsi un po' di morale e sorrise.
- Buona fortuna!- mormorò lui. - Non te la prendi se non ti vengo a salutare? E' che poi... - si inceppa nelle parole e cosi lo interrompo posandogli una mano sulla spalla.
- Non me la prendo, tranquillo. Ci rivedremo promesso.. - sorrisi accarezzandogli la spalla per poi uscire dalla cabina. "O almeno spero" finì la frase nella mia mente. Ispirai forte per poi rilasciare il tutto in un sospiro frustrato. Feci per muovere un primo passo quando una voce mi chiamò urlando e al solo sentirla mi fece sollevare il morale alle stelle.
- Laaauren!- sorrisi e mi voltai verso di Leo che stava avanzando nella mia direzione tirandosi dietro Percy. Erano entrambi vestiti per la missione e avevano gli zaini in spalla. Una volta che furono proprio davanti a me Leo mi rivolse un sorriso così enorme e caldo che io non potei non sciogliermi alla vista. - Pronta per l'eroica e suicida impresa che ci attende?- chiese col suo modo sarcastico che si ritrova. Sorrisi. Forse con Leo nei dintorni non sarebbe stata poi cosi noiosa. Lui riesce sempre a scacciare la paura dal mio cuore. Con lui al mio fianco non avrei mai avuto paura.
 
p.o.v. alice
 
Quando entrai nella cabina di Atena non trovai nessuno a parte mio fratello Malcom che mi salutò con un sorriso e poi mi abbracciò sussurrandomi nell'orecchio la buona fortuna per la missione. Ricambiai l'abbraccio e lui mi strinse a se affondando il viso nell'incavo del mio collo. In quei giorni ho legato con quasi tutti i miei fratelli, ma con Malcom più di tutti. Era il più grande tra noi, super giù sui vent'anni, ed era la persona migliore a cui confidarti o a chiedergli qualcosa o a risolvere un dubbio. Dopo diversi minuti mi separai sorridendo alzandomi sulle punte e dandogli un bacio sulla guancia. Lui sorrise ad occhi chiusi, mi scompigliò i capelli e tornò alla sua occupazione che aveva lasciato poco prima mentre io andai a prendere lo zaino sul mio letto, che mia sorella aveva gentilmente preparato con ogni cosa che potesse servirmi. Mi ero messa una bandana blu notte tra i capelli per tenerli fermi lasciati però sciolti e gli anfibi, ed ero uscita dalla cabina pronta a partire per la missione suicida. Ora ero alla Casa Grande con qualche minuto di anticipo e non sapevo che fare. Poi lo vidi! Nico stava seduto scompostamente su una panchina attaccata al muro della casa Grande, i gomiti poggiati sulle ginocchia, le mani intrecciate a sorreggere la testa. In mezzo alle sue gambe era poggiato uno zaino nero, quelli della comix che tanto mi piacciono, e dal fianco pendeva la sua inseparabile spada dello Stige. Aveva gli occhi chiusi, sul viso un'espressione quasi rilassata e il bello è che non poteva vedermi, così mi avvicinai piano a lui. Quando però gli fui davanti, Nico aprì gli occhi e un'altra volta nero e grigio si scontrarono. Ma anche questa volta durò poco perchè di nuovo lui evitò il mio sguardo.
- Come va la ferita?- domandai lo stesso cauta avvicinandomi. Lui mi guardò, ma non come prima. Non come quando i nostri occhi si scontravano facendoci bloccare come se il mondo non esisteste e c'eravamo solo noi. Non mi stava guardando negli occhi. Stava guardando un punto lontano tra la mia spalla e il mio collo.
- Meglio - rispose in tono neutro scrollando leggermente le spalle tornando poi a guardare i suoi piedi. Rimanemmo per un po' di tempo cosi, fermi imbambolati, in un silenzio teso quasi imbarazzante ognuno perso nei propri pensieri. Non sapevo come reagire. Sembrava che fosse inutile interagire con lui o semplicemente intavolare una conversazione degna di essere chiamata tale. Ma niente. Anche se fossi riuscita a strappargli più di due o tre parole, lui poi ricadeva nel mutismo. Era inutile provarci se non si aveva un argomento preciso di cui parlare.
- Hei ragazzi!- una voce squillante e calda arrivò alle miei orecchie interrompendo il flusso dei miei pensieri. Mi voltai e mi ritrovai davanti gli occhi vivaci di Leo che teneva entrambe le braccia sulle spalle di Lauren e Percy, creando così un buffo abbraccio. Leo stava sorridendo quasi contento, come se non seste per partire per un'impresa suicida, Percy invece aveva un piccolo sorriso divertito sulle labbra. Lauren invece era completamente rossa in volto e guardava a terra, sicuramente per la troppa vicinanza con Valdez. Leo si separò dai ragazzi e si andò ad accomodare accanto al figlio di Ade che lo guardava con aria truce come a intimargli di non avvicinarsi più di quanto già non fosse. Ma Leo fece finta di niente e scompigliò i capelli al ragazzo con fare dolce e tenero. Nico si scostò immediatamente inorridito provocando l'ilarità di tutti e quattro mentre il povero ragazzo metteva il broncio. Fummo interrotti dall'entrata in scena di Chirone seguita da Annabeth che ci guardavano chiedendosi cosa ci fosse di così divertente da ridere.
- Ragazzi! Siete pronti a partire?- chiese Chirone avvicinandosi a noi. Nel frattempo Nico e Leo si erano alzati e ora noi cinque eravamo messi in fila, uno accanto all'altro, come dei soldati. Fu Percy a parlare.
- Si Chirone, pronti - poi andò verso Annabeth e l'abbracciò, poi si separarono e si baciarono ardentemente. Arrossì come un pomodoro e abbassai la testa in imbarazzo. Alla mia destra vidi Lauren e Leo sorridere maliziosamente, invece Nico, poco più in là, aveva serrato la mascella e stava guardando con malcelato odio Percy e Annabeth. Non ne capivo il motivo, potevo solo pensare che non aveva un buon rapporto con Annabeth o Percy. Tossì più volte per attirare l'attenzione dei due innamorati e loro subito si separarono, Percy rosso in volto e Annabeth che rideva di gusto.
- Sarà meglio andare!-  dissi riportando l'attenzione di tutti su di me tornando seria e ora li guardavo tutti in cerca di qualcuno che ribattesse, non trovandone continuai - sono quasi le quattro e se l'assistente di mio padre mi ha dato ascolto, tra un po' troveremmo la macchina pronta proprio fuori il bosco - dissi mentre guardavo l'orario nel mio orologio da polso. Li vidi tutti annuire e Chirone a quel punto batte le mani.
- Bè non posso fare altro che augurarvi la buona fortuna!- detto questo ci avviammo verso l'uscita del campo.
 
Come previsto la macchina ci stava aspettando nella strada, poco più sotto dell'uscita del campo dal bosco. Mi avvicinai a passo di marcia e bussai al finestrino oscurato dalla parte del guidatore. Subito mi fu abbassato potendo vedere che al guidatore c'era il mio autista personale, Jhordan. Gli rivolsi un sorriso freddo e indicai i miei amici che fissavano l'auto imbambolati. - Non le dispiace se porto qualcuno con me vero?- chiesi seducente e con la voce più impassibile che avevo, regalandogli un sorriso falso e freddo capace di spezzare completamente quella debole ribellione che voleva controbattere  il mio autista. Lui con gli occhi che mi trasmettevano tutto il suo timore annuì e io poi mi rivolsi tutta pimpante ai miei amici. - Prego salite. Il mio autista ci porterà alla meta prestabilita - dissi aprendo loro lo sportello. Dopo che furono tutti dentro entrai anch'io. Mi trovai all'interno della macchina che ormai avevo a mia disposizione da quando avevo dieci anni, ovvero da quando mio padre non aveva più tempo per me. Capita a volte che mi portasse lui con la sua macchina fino a scuola, ma capitava raramente, al massimo due o tre volte al mese. Mi ero abituata ormai ad andare in giro con diverse macchine, in base a dove andavo, ma questa era la mia preferita. Era un limousine bianca per circa sei posti a sedere, super lussuosa e con tutti i comfort possibili. Aveva all'interno tre divanetti a due posti ciascuno rifoderati in pelle nera, due di essi disposti uno di fronte all'altro, il frigo-bar, il tavolino per gli spuntini, il televisore, il telefono e uno stereo dove poter ascoltare tutta la musica che si voleva. Tra l'autista e noi c'era una barriera e l'unico modo per comunicare era un piccolo finestrino a vetro oscurato.
- Per tutti gli dei del cielo, Alice! Questa è una Limousine! Non ho mai visto tutta questa lussuosità tutta in una volta- esclamò Leo buttandosi su un divanetto con gli occhi spalancati. Percy si sedete accanto a lui nelle stesse condizioni.
- Concordo - sbaglio o stava sbavando?! Andai verso il finestrino oscurato aprendolo.
- Jhordan! Può partire! Sa dove andare vero?- chiesi col mio solito tono impassibile.
- Certo signorina!- disse questo mettendo in moto e partendo in direzione di New York.
- Bene! Dobbiamo essere per le quattro e mezza all'aeroporto. Non mi faccia arrivare tardi o sarà peggio per lei!- dissi, e senza aspettar risposta chiusi di scatto il portellino. Mi voltai verso i miei compagni di viaggio e vidi che Percy stava per sbavare sul pavimento. - Percy, ti sarei grata se non sbavassi sul mio parquet!- Non mi accorsi che avevo usato il tono freddo che di solito uso con gli impiegati di mio padre. Ma ne ebbi conferma quando Percy poggiò gli occhi su di me irrigidendo le spalle. Vidi che anche gli altri si erano allarmati ma li feci calmare sorridendogli - Scusate! Voi lo sapete che la mia è solo una mascherata!- dissi piano abbassando leggermente lo sguardo. Non era una domanda ma i miei amici annuirono ugualmente. - Bene, volete servirvi qualcosa o siete apposto cosi?- chiesi con un sorriso andando verso il frigo-bar estraendone una coca - ne volete un po'?-
- Dammi a me! Che mi carico un po'!- disse Lauren prendendo la lattina di coca e bevendone un lungo sorso - Caspita! E' buona!- esclamò, gli occhi che brillavano. Sorrisi e mi accomodai a mia volta sul divanetto accanto a lei.
- Allora che faremo quando arriveremo al Minnesota? Cioè.. sicuramente ci arriveremo quando già sarà sera quindi la domanda vera è.. dove dormiremo per la notte?- chiese a quel punto Percy rimasto zitto fino a quel momento. Il mio sorriso si spense quasi subito e al suo posto appari il broncio tipico di quando sono pensosa e in cerca di una soluzione.
- Quando saremo in volo potrò fare delle ricerche su qualche hotel nei pressi della cascata Minnehaha, poi gli telefonerò direttamente per prenotare le stanze. Sarà facile! Gli dirò di prendere i soldi direttamente dal conto di mio padre. Tanto sa che qualche volta le prendo, è capitato moltissime volte - dissi poi vaga. - Quindi abbiamo risolto anche questa, c'è altro che dobbiamo risolvere?- chiesi guardandoli. Nessuno fiatò, o almeno erano pensierosi, tutti tranne Nico che se ne stava comodamente sdraiato sulla sua poltrona con gli occhi chiusi. Forse si era appisolato. Non gli diedi molto peso, ma potevo avvertire che si era addormentato. I miei pensieri furono interrotti dalla voce del mio autista che mi richiamava a prestargli attenzione.
- Signorina Watson?- chiese lui dall'altra parte del muretto. Mi precipitai con calma verso quella parte e mi accovacciai aprendo lo sportellino.
- Cosa c'è Jhordan? Siamo arrivati?- chiesi, la voce gelida. Il mio autista strinse le mani sul volante e serrò la mascella raddrizzando la schiena.
- Siamo quasi arrivati. Si prepari a scendere con i suoi amici. Mi hanno assicurato che il jet sarà li ad aspettarla come richiesto. Ma deve riferire al comandante la meta prestabilita. Al telefono non mi ha detto niente - si difese a modo suo il mio autista.
- E' un'informazione Top Secret, Jhordan! Mi pare ovvio che non ti dissi niente nella telefonata di poche ore fa. Ora se non ti dispiace, quando siamo arrivati mi chiami!- detto questo richiusi lo sportellino di scatto. Gettai fuori un sospiro di frustrazione - Odio quando mi si pongono troppe domande. Mi fa salire i nervi!- dissi più a me stesse che al resto dei passeggeri. Passammo il resto del tempo in silenzio, non sapendo cosa dire, con in sottofondo il lieve russare di Nico. All'improvviso la macchina si fermò con una frenata brusca che ci fece praticamente volare  e riuscendo a svegliare purè Nico.
- Ma che cazzo... ?- urlò quasi spaventato lui. Ma non gli diedi ascolto e scesi dalla macchina dirigendomi verso il finestrino che mi fu subito abbassato rivelando il volto annebbiato da un leggero timore del mio autista.
- Un'altra frenata brusca come questa e ti sollevo dal tuo incarico!- sentenziai dura puntandogli un dito contro. Lui divenne bianco e fa per replicare ma lo anticipai - Se dirai a qualcuno di questo mio viaggio dell'ultimo minuto ti licenzio e farò in modo che non avrai più nessun lavoro dopo questo. O almeno.. di così alto rango - sogghignai sorridendo crudele. Jhordan annuì velocemente e poi mi rivolsi ai miei compagni di viaggio - Pronti?- chiesi loro col tono di voce più morbido. Erano tutti scesi dall'auto con lo zaino in spalla e mi guardavano imbambolati. - Che c'è?- chiesi ma non ottenni risposta. Sbuffai - Andiamo! Vi faccio strada - dissi e mi incamminai verso l'ingresso dell'aero porto.
 
Il nostro jet si trovava nell'area designata per i vip. Appena dissi il mio nome all' hostess questa subito aveva sgranato gli occhi e aveva chiamato un certo Dylan al telefono fisso. Poco dopo ci spuntò un ragazzo sui venti anni, occhi ambrati e capelli castani lunghi portati su con il gel. Indossava un paio di jeans scuri stretti e una felpa senza maniche rossa. Aveva un gran sorriso, quasi da maniaco, e mi stava fece un cenno con la mano a mo di saluto. Io ricambiai un po' riluttante e il ragazzo ci fece segno di seguirlo.
- Signorina mi è stato incaricato di accompagnarla fino alla destinazione stabilita. La prego di non obbiettare - disse il ragazzo dopo un po'. Lo fissai ad occhi sgranati fermandomi e poi assottigliai gli occhi.
- Ma lei chi sarebbe? Ho detto che non volevo nessuno a bordo! E come fa a sapere dove andiamo?- ribattei piccata incrociando le braccia al petto. Lo sconosciuto non si scompose e ci scortò in posto lontano da occhi e orecchie indiscrete.
- Ho i miei metodi per scoprire le cose - disse lui scrollando le spalle. - Comunque mi chiamo Dylan piacere?- mi porse la mano ma io questa volta non accettai fulminandolo con lo sguardo. Lui non parve farci caso e ritirò la mano continuando a sorridere.
- Tu non ci seguirai sull'aereo- ribattei puntandogli un dito contro - ti farò licenziare da questo posto se ci sali..- stavo ancora minacciando ma venni interrotta dalla risata sorta spontanea del ragazzo davanti a me. Rimasi completamente a bocca aperta e per diversi secondi rimasi in fase di shock. Questo si asciugò le lacrime ai bordo degli occhi e tornò quasi del tutto serio.
- Oh cara Alice io non mi faccio comandare da nessuno - disse lui sempre col sorriso stampato in faccia. Ora che ci facevo caso aveva lo stesso sorriso folle di uno Stoll quando sta per commettere uno dei suoi soliti scherzi. Ma quello che mi stupì di più fu il fatto che disse il mio nome italiano. Faccio per porre la domanda ma vengo di nuovo interrotta. - Io sono proprio come voi, piccoli mezzosangue - disse infine lui con un sorriso.
- Cosa?!- sentì domandare all'unisono da Lauren, Percy e Leo. Nico aveva una faccia niente affatto sorpresa mentre io avevo la mascella per terra in senso metaforico.
- Cosa.. come.. che vuoi dire? Tu chi sei?- chiesi balbettando ancora stupita. Il sorriso di Dylan sparì sostituito da un sospiro esasperato.
- Mi chiamo Dylan, per la seconda volta, e sono un figlio di Hermes - disse questa volta senza porgere la mano. - Ora dovremmo proprio andare, il tuo aereo sta aspettando ormai da diversi minuti - disse guardando il suo cellulare ultra moderno nella tasca dei jeans. "Cosa?!" non riuscì a dar voce ai miei pensieri per via di Lauren che mi precedette.
- Allora che stiamo aspettando eh? Andiamo su! Non voglio perdere tempo in chiacchiere futili. Abbiamo un aereo da prendere. Forza. Muovete quelle chiappe, su! - disse lei prendendo a braccetto un Dylan un po' confuso dalla sua reazione mentre lo trascinava verso.. ehm.. da qualche parte. Mi sbattei una mano sulla fronte e mi incamminai al loro seguita, dietro di me i tre ragazzi che non avevano spiccicato parola.
Arrivati all'aereo salimmo e l'hostess chiuse il portellone del jet. Ci accomodammo nelle nostre rispettive poltrone. L'aereo era di prima classe ovviamente, dotata di cibo, televisione, riviste.. bè tutto quello che si poteva immaginare. Il comandante fece la sua entrata in scena. Era un uomo sui quarant'anni, capelli castani come la barba curata e occhi azzurri.
- Bene! Benvenuti sull'aereo Olympus, vi prego di tenere le cinture allacciate per la partenza. Signorina Watson, la meta?- chiese il comandante.
- L'aeroporto del Minnesota - dissi poi un po' esitante.
- Bene! Chiamerò l'aeroporto per avvertirlo del nostro atterraggio. A proposito, figliolo tu che fai qui?- chiese il comandante rivolgendo la sua aria corrucciata a Dylan che lo guardava sorridendo in imbarazzo, come un bambino che veniva scoperto a mangiare le caramelle proibite. "Figliolo, ma suo padre non era Hermes?"
- Loro sono miei amici. Li sto accompagnando fin lì. Sai papà, cose Top Secret - disse lui poi sussurrando quasi. Il comandante sgranò gli occhi e annuì velocemente, poi si voltò verso di me.
- Saremo all'aeroporto di Minneapolis-Saint Paul nel Minnesota tra circa... cinque ore e mezza. Quindi vi consiglio mettervi comodi. Buon viaggio - e con questo il comandante uscì di scena ma lo sentì comunque borbottare qualcosa sugli Dei dell'Olimpo e sui loro dannati figli. Guardai Dylan un'ultima volta, prima che il comandante riferisse a tutti i passeggeri di allacciare la cintura di sicurezza ed era da quel momento che partimmo in volo - per la felicità di Lauren, l'indifferenza di Leo e il terrore di Nico e Percy - verso la nostra eroica e suicida impresa.
 
ANGOLO AUTRICE: Eccomi tornata gente con un altro capitolo. Scuso per la milionesima volta l'immenso ritardo. In questo capitolo... non c'è nulla di emozionante. A parte l'Alico * occhi sognanti* e poi la chiacchierata tra Alice e Annabeth, e poi quella tra Lauren e Alice, il combattimento e... che ne pensate di Theo ed Helena? Io Li Amooo!! * occhi ancora più sognanti *( se qualcuno sta abbastanza attento all'aspetto fisico può scoprire da chi ho preso spunto per fare Theo, e da dove ho preso il nome (-; ). Va bè, poi c'era ancora Alico e Leoren * occhi super sognanti * e poi.. Ah! Cosa ne pensate delle parte nascosta di Alice? Ma che schifo come mi esprimo! Voglio dire.. non è fantastica un' Alice fredda e impassibile con i sottomessi impiegati del padre? Bèè fatemi sapereee! Aaah ... cosa ne pensate di Dylan? Chi lo riconosce me lo scriva nella recensione e io confermooo!! Ciaooo!
 
p.s. Sono rimasta parecchio delusa l'ultima volta, quando nello scorso capitolo non ho trovato nessuna recensione. Questa volta scrivetemene una, anche se la storia vi fa schifo o che nella recensione ci sia scritta una sola singola parola, per favoreee! * occhi da cucciolo  *
p.s.s. Raga! Ho finito da poco di leggere BoO. Ci sono rimasta un po' male per il finale, ma non faccio spoiler a chi non ha ancora letto, prima che mi ritrova con la lingua tagliata. Chi di voi lo ha già letto?
   
 
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