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Autore: Zola_Vi    12/05/2015    4 recensioni
“So perché hai paura di parlarmi. O guardarmi. O toccarmi.”
Aggrottò le sopracciglia, forse infastidita. 
“Il tuo cuore sa benissimo che torneresti da me, se solo tu lo facessi.” 
“Io ascolto la mia testa, Harry. Il mio cuore non c’é più, ormai.” 
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“Ti detesto.” 
Lui rise. 
“Davvero, Harry.” 
I suoi occhi brillavano di una luce strana, che ultimamente non aveva visto. 
Mi soffermai ad osservarli. 
Era da tempo che non lo facevo, che non lo guardavo attentamente. 
“Ti sei incantata?” 
Scrollai la testa, alzandogli ben in vista il mio dito medio sulla faccia, con un sorrisetto beffardo disegnato sul viso. 
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Corrugò la fronte e con passi impercettibili cercò di tornare indietro verso la porta, poiché io mi mossi verso di lei, intrepidamente e senza ripensamenti. 
Toccò la maniglia, ma non riuscì a girarla: avevo chiuso a chiave. 
Spalle contro il muro, alzò lo sguardo per guardarmi negli occhi. 
Il suo flebile respiro, adesso scostante, arrivò al mio petto. 
Mi avvicinai al suo orecchio, abbassandomi di qualche centimetro. 
“Devi fare solo ciò che ti dirò.” 
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Voleva la guerra? 
“E guerra sia.” pensai. 
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 12

 

Narra: Ploon. 

 

“Dove sei stata?”

Era buio. 

Completamente. 

Saranno state, probabilmente, le tre. 

Le luci erano spente, tutte quante. 

Ogni persona, dentro la casa, dormiva sicuramente. 

O almeno, ognuna tranne lui. 

I miei occhi, ancora non abituati alla notte, non riuscirono a focalizzare la sagoma di fronte a loro. 

Chiusi la porta dell’ingresso dietro di me, lentamente. 

Emisi un lungo sospiro, sentendo che, purtroppo, ancora si sentiva leggermente l’odore del vomito provenire dalla mia bocca. 

Qualche conato ancora saliva dal mio stomaco fino a raggiungermi la gola. 

Ma, con determinazione, almeno adesso, che non ero sola, lo rigettavo giù. 

Stetti ferma, posando le chiavi sul mobiletto sotto al grande e vecchio specchio, vicino al mio corpo. 

“Non sono affari tuoi, mi sembra.” 

La sua voce, tuttavia, ero riuscita a riconoscerla. 

Come non avrei potuto?

Sentii alcuni passi avvicinarmisi, prima lenti. Poi, veloci e scattanti. 

Capii, dal respiro di fronte al mio, che adesso, contro la mia voglia, eravamo davvero vicini. 

Forse pochi centimetri ci dividevano. 

Probabilmente, adesso, teneva la fronte corrugata, ed anche le sue sopracciglia. 

Mi sentii sollevata dal fatto che, almeno durante il buio della notte, non fossi costretta a vedere le sue smorfie mentre mi fissava e studiava. 

Da settimane, ormai, andavamo avanti così. 

“Questa é casa mia. E voglio sapere cosa fa la gente che vi ci abita.” 

Sghignazzai, scuotendo il capo in segno di disapprovazione. 

Non era proprio nessuno per controllarmi. 

Non lo avrei permesso, per lo meno, senza lottare. 

“Fai un interrogatorio anche ad Arya quando esce per prendere un po’ d’aria?” 

“Lei non devo tenerla d’occhio.” 

Stetti zitta. 

E imprecai dentro di me. 

Ma mi trattenni per non spingerlo lontano da me e comportarmi come un essere superiore. 

“Ti sollevo dall’incarico. Non sei costretto a sapere cosa faccio ogni singolo secondo della mia vita.” 

“Ma io lo voglio sapere.” 

“E perché? Visto che pensavo non volessi più avere a che fare con me.”

“Forse solo per infastidirti.” 

Sorrise, e lo capii dal fatto che emise uno strano verso, simile ad un ghigno. 

Adesso, dopo questa affermazione, volevo davvero sputargli in faccia. 

“Posso andare?” chiesi facendo un passo in avanti. 

Il mio naso sfiorò il suo petto. 

Appena lo intuii, mi spostai, nuovamente. 

“Hai paura di me adesso?” 

“No. Voglio solo starti lontana.”

Sentii sospirarlo, ma non amaramente. Sembrava arrabbiato, adesso. 

Afferrò con forza le mie braccia, senza farsi nessuno scrupolo, e in pochi secondi, mi sbattè contro il muro. 

Gemetti, molto piano. 

Un’ intensa scossa mi fece tremare la schiena. 

Alzai il viso per incrociare i suoi occhi color smeraldo. 

Riuscii a vederli. 

Scuri, profondi. 

Non volevo abbassare lo sguardo, non questa volta, non rendendomi debole. 

Potevo benissimo sfidarlo, senza timore. 

Non disse nulla. 

E nemmeno io. 

Restammo in silenzio, guardandoci. 

Da tempo, ormai, non stavo accanto a lui così a lungo. 

Anche se solo per un attimo, sorrisi al pensiero. 

I miei sentimenti erano sicuramente contrastanti. 

Non lo odiavo soltanto. 

Era stato il mio primo amore. Non era possibile dimenticarlo. 

“Perché lo hai fatto, Ploon?” 

Corrugai la fronte, insieme al ventre dolorante. 

Continuava a credere che fossi stata io a tradirlo. 

Bruciava, questa ferita e consapevolezza.

“Mi fidavo, nonostante tutto.” 

“Non sono stata io.” 

Posò la sua fronte sulla mia. 

Cosa voleva fare?

Era arrabbiato, ma perché, allora, essere così… delicato?

Alternava momenti di disprezzo puro, a momenti di tenera malinconia. 

Stava impazzendo almeno un po’ quanto lo stessi facendo io?

“Dimostrami che sbaglio.” 

“Ci conosciamo da diciannove anni, Harry. Basterebbe fidarti sul serio, e non solo a parole.” 

Portò le sue mani sulle mie guance, accarezzandomele lentamente. 

Una piccola lacrima scivolò dai miei occhi, attraversando le sue dita. 

Sperai non la sentisse.

“Era necessario arrivare a questo punto?” 

Scrollai le spalle. 

Sinceramente, non sapevo che pensare, ne che dire. 

“Posso chiederti una cosa?” 

Feci un cenno di capo, leggero. 

“Louis… ultimamente come mai tu e lui siete così…” 

“Uniti?” 

Annuì. 

“Non mi giudica.” 

Allontanò il suo viso dal mio, così da studiarmi con maggiore attenzione. 

Rilassò il viso, un po’. 

“E’ questo che vorresti, non é vero? Che io non ti giudicassi?” 

Non mi mossi. 

Non dissi nulla. 

Sapeva già la risposta. L’aveva sempre saputa. Ma l’aveva ignorata. 

“Io non lo faccio, Ploon. Ero solo preoccupato.” 

Ero

Adesso, non gli importava più. 

“Non devi esserlo.” 

Irrigidendomi, allontanai il suo corpo dal mio. 

“So badare a me stessa.” 

“Vorrei prendermi cura io di te.” 

Mi mancò il fiato, al suono di quella dolce frase. 

Lo trattenni, come. 

Dovevo resistere. 

Adesso, soprattutto, che lui non poteva. 

“… stai con Arya, no?”

Aggrottò le sopracciglia. 

“Me l’ha detto Zayn. L’hai baciata.” 

“Non stiamo proprio insieme.”

Abbassò lo sguardo, taciturno. 

“Ero arrabbiato quando l’ho fatto.”

“Con me.” sussurrai. 

Non rispose, non ce ne fu bisogno. Lo sapevo già. 

“Ploon, io…” 

“Lo so.” 

Sapevo esattamente cosa volesse dire. 

‘Ti amo’. 

Era ciò che avrei voluto fare anche io. 

Ma la mia mente lo impediva categoricamente, in ogni singolo istante. 

“Harry…”

“Si?”

Esitai nel porgli quella domanda. Solo affrontare l’argomento, mi rendeva cupa. 

“Riuscirai ad amare Arya, prima o poi?” 

Sapevo pensasse ancora a me. 

Ma l’idea di averlo vincolato per sempre alla mia persona, irreparabilmente e inconsciamente, mi sembrava… terribile.

Volevo fosse felice, prima o poi. 

E con me non era possibile. Non dopo tutto quello che avevo passato. 

“E’ questo che vuoi?” 

Aggrottai le sopracciglia. 

“No” pensai. 

Ma non lo dissi. 

“E’ questo che farebbe un buon padre.” 

Il bambino meritava una famiglia felice e unita. 

… proprio come non lo era stata la mia. 

Il solo ricordo mi pizzicò lo stomaco. 

Strinsi la mia mano al petto, cercando di trattenere il dolore con la forza. 

Ma grugnii, senza volerlo, e finii per portare entrambi i palmi attorno alla vita, che si contorceva dolorosamente. 

Lo notò, e scattò verso di me, immediatamente. 

Preoccupato, come se dovessi svenire da un momento all’altro, mi afferrò i fianchi. 

“Sto… bene.” 

“Non dire stronzate.” 

Senza fare troppa fatica, mi sollevò e mi prese in braccio. 

Mi cullai tra le sue braccia, guardandolo attentamente. 

Il suo profumo era ancora lo stesso di anni prima, Chanel. 

Appoggiai il capo al suo torace, ascoltando il battito del suo cuore pulsare normalmente. 

“Ploon.” 

Annusò l’aria, come se vi trovasse qualche strano intruso, facendo una smorfia disgustata. 

“Puzzi di vomito.” 

Fissò i miei occhi severo, fermandosi sulle scale. 

“Non ho… digerito bene la cena.” sussurrai, non troppo convincente. 

Avrebbe capito. Prima o poi avrebbe capito sicuramente. 

Se non oggi, domani. 

Mi teneva d’occhio, l’aveva detto. 

Iniziai a tremare, sentendo un po’ di freddo. Vedendo i suoi occhi accusatori e severi su di me. 

“Non mi mentire un’altra volta, Ploon. Devi dirmelo se c’é qualcosa che non va.” 

La sua prima frase mi irritò.

Doveva finirla con quella storia.  

“Mettimi giù.” 

Corrugò la fronte, e non lo fece. 

Alzai il tono di voce, e lo ripetei con più convinzione.

“Harry, fallo o…” 

“O?” 

Non risposi alla domanda. 

Abbassai lo sguardo, ancora infuriato. 

“Lasciami in pace.” 

Sbuffò, stufo. 

Riprese a camminare verso la mia stanza. 

Io, ascoltando attentamente i passi dei suoi piedi sul pavimento, restai immobile, trattenuta dai muscoli della sue braccia. 

“Sei sempre più lunatica.” 

Gli lanciai un’occhiataccia. 

La ricevette e stette zitto, senza aggiungere nulla.

Mi posò sul letto, coprì il mio piccolo corpo con le coperte azzurre, e si sedette accanto. 

“Ora dormi.” 

“Con te qui? Neanche morta.” 

“Io non me ne vado, rassegnati.”

Lo guardai ancora per qualche secondo. 

Perché doveva essere così dannatamente testardo?

Io lo ero almeno quanto lui però. 

Non avevo intenzione di accontentarlo. 

Finché non se ne fosse andato, io non avrei dormito. 

 

Narra: Harry. 

 

Giuro che il mio istinto fu quello di soffocarla con il cuscino, pur di farla addormentare.

Ma non lo feci, perché un brutto presentimento, da quando avevo sentito quella puzza di vomito, mi aveva raggiunto. 

E se davvero tutte le sere, da quando era arrivata ad Holmes Chapel, le aveva passate a vomitare in giro per la città? 

E se io non me ne fossi accorto? Non me lo sarei mai perdonato. 

All’inizio, quando l’avevo vista rientrare in casa, avevo scherzato per darle fastidio, ma adesso ero serio. 

L’avrei controllata da più vicino. 

Al diavolo il mio segreto rivelato. 

Lei superava tutto. Ogni mio problema. 

“Se non ti arrendi, mi corico qui vicino a te e ci resto tutta la notte.” 

Forse pensò ne fossi capace, perché finalmente chiuse gli occhi. 

Sorrisi, nel vederglielo fare. 

Avevo vinto io, questa volta. 

“Buonanotte, Ploon.” 

 

 

La mattina seguente, la luce penetrante dalla finestra, non troppo accecante perché invernale, mi svegliò. 

Piccola Peste, ancora, dormiva. 

Sghignazzai. 

Sembrava tutto tranne che una principessa, adesso. 

Le mancava la bava la bocca, ed era perfetta per un set fotografico imbarazzante.

Poiché seduto per terra, con la schiena appoggiata al mobile bianco attaccato alla parete blu della stanza, mi alzai, sgranchendomi un po’ le gambe. 

Dormire per terra non era sicuramente una tra le cose che amavo fare.

Mossi il capo, lasciando che i miei ricci si scuotessero per bene.

Mi tolsi la maglia, sporca e sudata, ormai. 

La lanciai nell’angolo della stanza, con noncuranza.

A petto nudo, mi avvicinai alla bionda. 

Persino nel sonno teneva lo sguardo imbronciato. 

Le accarezzai una guancia, e subito si rigirò nel letto, brontolando. 

Feci attenzione a non toccarla, mentre le rimboccai le coperte. 

“Harry.” sussurrò. 

Sorrisi. Almeno l’abitudine di chiamarmi nel sonno non l’aveva persa. 

Era dolce il fatto che lo facesse ancora. 

 

“Disturbo?”

In un primo tempo, decisi di non girarmi in direzione di quella voce. 

Ma, alla fine, mi costrinsi a farlo. 

Scossi il capo. 

Vidi il corpo della rossa avanzare verso di me, rilassato, mentre guardava dormire Ploon. 

“Non sei venuto a dormire con me questa notte.” 

Nell’ultimo periodo, da quando avevo litigato con Louis, avevo sempre passato le notti insieme ad Arya, coricato vicino a lei. Forse, in realtà, con la speranza di ferire e far ingelosire Ploon. 

Me ne pentii solo in quel momento. 

Non era corretto, per nessuno. 

“Sono stato qui.” ammisi. 

Lei annuì, solamente. 

Forse la ferii. 

Ma non me ne importò, poiché sapevo di starle dicendo la verità, almeno.

Sapeva quanto me come stessero le cose. 

E poi non stavamo proprio… insieme. Almeno non ne avevamo ancora parlato. 

“E’ cambiato qualcosa?” 

“No.” 

Mi domandai come si dovesse sentire. Una seconda scelta, forse. 

Il pensiero mi innervosì. Non potevo trattarla così. 

Ma non potevo nemmeno fingere. 

Era un bel casino. 

“Non sono arrabbiata.” 

“Lo sei mai?” le sorrisi. 

“Esplodo difficilmente.” 

Al contrario mio. E quello di Piccola Peste. 

Forse per questo tra di noi c’erano sempre così tanti problemi: perché eravamo due teste calde. 

“Scusa Arya.” 

Mi mise una mano sulla spalla, accarezzandomela lentamente, come al solito. 

“Si é sentita poco bene, stanotte. Per questo non sono venuto.” 

Sentii il bisogno irrefrenabile di dirglielo, questa volta, come per giustificarmi. 

In fondo, a lei ci tenevo. 

Ma mi sarei sempre preoccupato di più per Ploon. Volevo esserci in caso di bisogno. 

“Cosa ha avuto?” 

“E’ quasi svenuta.” esagerai. 

“Sicuro sia tutto ok, adesso?” 

Feci un cenno di capo, tornando a sorvegliare Piccola Peste. 

“Ti preparo la colazione, allora. Devi essere stanco.” 

“Grazie.” 

 

“Ancora qui?” 

I suoi occhi color oceano, finalmente, si spalancarono. 

“Sempre.” le sorrisi, in modo beffardo. 

Alzò gli occhi al cielo e, solo successivamente, mi colpì leggermente la spalla con un pugno, forse volendomi far capire di non essere ancora incazzata con me. 

Risi. 

Adesso sembrava di buon umore, al contrario del solito. 

“Da quanto mi guardi dormire?” 

“Da quanto mi basta per ricattarti con foto imbarazzanti, se volessi.” 

Strizzò gli occhi, e se li strofinò aiutandosi con le mani. 

“Lo hai già fatto poco tempo fa e non ti é andata bene.” 

“Esistono le seconde occasioni, sai?” 

Le feci un occhiolino, e lei si alzò poco dopo.

Mi guardò il petto nudo e, anche se impercettibilmente, capii si sentì leggermente in imbarazzo. 

“Esci, devo cambiarmi.” 

“Già, puzzi ancora di vomito.” 

Mi fulminò con lo sguardo, immediatamente. 

Capii di aver detto qualcosa di inopportuno. 

Forse la faccenda era davvero più grossa di quello che voleva far apparire. 

“Non devi dirlo a nessuno.” 

Corrugai la fronte. 

“Prometti, Harry.” 

“Perché?” 

“Non sono affari tuoi.” 

“Se si tratta di te, lo sono.”

Abbassò lo sguardo, con severità, toccandosi la maglietta lercia. 

Provò con un fazzoletto recuperato dal suo comodino, presa da una specie di mania incontrollabile, a scrostare la sporcizia ormai solidificatasi.  

Senza successo. 

“Posso aiutarti se…” 

“Non rovinare tutto. Non adesso.” 

Tutto cosa?

Forse intendeva quella specie di rapporto insolito che avevamo stabilito la notte precedente? 

Che poi, esattamente, cos’era successo?

L’avevo aggredita, in un primo tempo. E lei mi aveva odiato. 

E poi, tutto ad un tratto, era cambiato lo scenario. 

I nostri corpi si erano ritrovati a pochi centimetri di distanza e i nostri cuori avevano parlato al posto delle nostre menti. 

Poteva davvero tutto questo essere una specie di nuovo inizio?

Niente più litigate e occhiatacce?

Lei leggermente si era lasciata andare. Davvero voleva continuare per questa strada?

E cosa, io, esattamente, dovevo tenere segreto, per lei?

Ragazzuole! *0*
In questo momento dovrei studiare per la verifica d'inglese... e invece eccomi qui a scrivere :')
Ahah sono senza speranze. Ma avevo l'ispirazione e non potevo non aproffittarne <3 
Capitolo totalmente dedicato alla coppietta non troppo felice *0* 
Questi due ci fanno proprio penare. 
Ma darvi un bacetto vi fa proprio schifo? AHAH. 
Vabbe, passiamo oltre. 
Sto già scrivendo il seguito :) 
Recensite, ragazze. Ditemi se vi é piaciuto! 
Era da tempo che non dedicavo intero spazio ad Harry e Ploon insieme. 
Buona lettura e un bacio grande a tutte, 
-Zola. 

 
   
 
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