Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Bloody_Schutzengel    12/05/2015    1 recensioni
[Primo capitolo della serie: Sotto mille ciliegi]
Anno ****, mese di Agosto, quindicesimo giorno.
Lo stato di Kintou viene stravolto da un violento colpo di stato da parte di estremisti detti Rivoluzionari, che attuano un macabro e violento regime di ferro nella parte orientale del paese. La parte occidentale, invece, è popolata ancora da creature magiche, sacerdotesse e dalla natura. E' chiamata Terra Pura ed è sotto tiro dal generale salito al potere che vuole emulare violentemente i costumi delle popolazioni d'Oltremare, industrializzate e moderne all'esterno ma sanguinose e ingiuste all'interno.
Yoko è una semplice ragazza di Kintou Shuto, la capitale di Kintou Est, che a causa di vari eventi, si troverà ad entrare nell'esercito della morte della città, pur di sfuggire all'esecuzione pubblica. Tra le file, Yoko dovrà affrontare i suoi compagni, tutti uomini, le battaglie, le campagne militari ma soprattutto il vero e proprio generale, del quale è oggetto di desideri perversi e omicidi allo stesso tempo.
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
• Capitolo 17 •
Bella addormentata

 
 


“Kanpai!” 1
 
Un brindisi. Un brindisi alla fine del discorso del generale. Tutti i calici di vino o spumante erano in alto come segno di festeggiamento dell’inizio della campagna militare a Kintou Ovest. Yoko aveva alzato il proprio calice, lentamente e timidamente, senza che la situazione potesse strapparle un sorriso. Le persone continuavano a guardarla affascinate, soprattutto i signori, tanto da farla quasi arrossire. Lei non si trovava un granché bella, si sentiva diversa, sì, ma non tanto meravigliosa da meritare tanti sguardi indiscreti. Specialmente quello di Heizo. Quello, però, non era uno sguardo d’ammirazione: tutt’altro. Le pupille sottili e nere del vice generale fissavano tra la folla la povera ragazza, meditando su come potersene liberare al più presto. Nella sua mente c’erano immagini di sangue, della sua katana sporca del cremisi che scorreva nelle vene di Yoko che nelle sue fantasia era a terra in un bagno scarlatto con il generale alle spalle che sorrideva al lavoro appena compiuto. Stava seriamente pensando di sbarazzarsi in quel modo tanto cruento di quella macchia nel loro esercito, ma quando la lama della sua katana brillò fuori dalla federa per qualche centimetro, Heizo ci ripensò e subito la rimise via.
Guardò nel vuoto, fissando quella federa decorata, nera, piena di ghirigori e scritte nella lingua di Kintou, quella lingua tanto odiata dal generale, era stranamente dappertutto: incisioni, scritte, indicazioni erano scritte in kanji2 ed hiragana3, perché purtroppo il regime non era abbastanza radicato da imporre pure a sé stesso di imparare una lingua delle terre d’oltremare. Era, dopotutto, una contraddizione, come il permettere di indossare i kimoni alle ragazze con cui i soldati si divertivano o l’uso delle katana. Sarebbe stato più facile e coerente utilizzare vesti da notte trasparenti e pistole, al posto di quelli, ma senza che se ne spiegasse il motivo, il generale preferiva mantenere tali oggetti nel suo palazzo. Non che non disponessero di un’armeria piena di armi a polvere da sparo e altri tipi di spade, ma le katana non mancavano mai in qualunque momento.
Il generale si intrufolò tra la folla, come un dio che si confonde tra i comuni mortali, avanzando a fatica urtando le persone per raggiungere Yoko. La sua dama lo stava aspettando come da copione, ferma, immobile e visibilmente contenta della sua presenza accanto a lei, nonostante non sapesse di essere una così brava attrice. Dovevano sembrare davvero una coppia tranquilla, anzi, non una coppia, solo un generale e la sua dama per una serata. Non dovevano solamente ed assolutamente trasparire la voglia di scappare di Yoko che si sentiva sempre più a disagio e l’istinto del generale che l’avrebbe potuto spingere ad approfittarsi della ragazza da un momento all’altro. Sarebbe stato difficile, stando vicino a lei tutto quel tempo, pensò Yoko, ma poi si corresse. Non era forse vero che durante tutta la degenza di Hatori era rimasto buono e docile come un cagnolino senza sfiorarla? Ma non era anche vero che non sapeva se l’avesse pensato di approfittarsene? Proprio per questa sua impossibilità di capire ciò, Yoko si sentì man mano sempre più sbagliata in quella situazione, mentre il desiderio di sparire e di non voler provocare alcuna ritorsione si facevano sempre più forti e sembravano volerle far esplodere il cuore. Mentre pensava a questo, guardando per terra, della dita morbide e profumate, lunghe e curate, le toccarono il mento, alzandolo e facendola risvegliare. Davanti a sé vide il generale con uno sguardo da assassino che in quel momento poteva permettersi dato che erano in un angolo della stanza. Sembrava volerle dire di ubbidire e di recitare la sua parte senza far troppi commenti, ed effettivamente, era proprio quello che stava pensando. Le cinse i fianchi con un braccio sussurrandole qualcosa, poi la fece voltare verso la gente, sorridendo.
Waratte4…” le sibilò. “Signore e signori, cari colleghi e comandanti di Kintou Shuto, della Terra Rossa e dalle Terre d’Oltremare, do ufficialmente il via al ballo vero e proprio. Prendete con voi la vostra dama!2 Sentenziò il generale, mostrando un fare molto diverso dal solito: le sue labbra erano curve all’insù, gli occhi apparentemente allegri ma risoluti e sembrava calmo. Si sentiva davvero così a suo agio in tutto quel trambusto che a sua propria detta gli dava fastidio. Si poteva sapere cosa avesse nella testa? Il braccio sul fianco della ragazza la spinse leggermente in avanti costringendola ad avanzare verso la sala. Il generale camminava solennemente, composto e con un’aria che dava chiaro esempio della sua autorità. Yoko lo scrutava, lo osservava bene: quegli occhi spiccavano ancora più neri e densi senza il cappello a coprirli, non l’aveva mai notato fino ad allora, poiché non l’aveva mai tenuto tanto vicino. Il collo era sottile, bianco, profumato. O forse era il vestito a profumare? Le decorazioni rigide da militare che c’erano sulle spalle lo facevano apparire più imponente, dalle spalle larghe ed autorevoli. Il codino gli dava un pizzico di delicatezza ed eleganza, tipico della sua persona, anche se non si direbbe. Yoko non l’avrebbe mai ammesso, ma per quanto androgino potesse sembrare, alle volte, era proprio un bell’essere umano. Esteriormente, s’intende, dato che era ancora dubbiosa se quel contenitore finemente curato e rifinito custodisse un’anima. Anche un’anima nera, ma un’anima. Questi pensieri la fecero quasi abbattere e rivolgere lo sguardo a terra, ma sapeva che poteva continuare a recitare la sua parte in modo impeccabile, quindi guardò dritto avanti e sorrise.
La dama di Heizo era una ragazza delle Terre d’Oltremare: una giovane sui vent’anni (più o meno l’età del vice stesso, anche se un po’ più piccola) dai capelli castani e mossi e gli occhi verdi. Mentre volteggiavano a suon di musica elegante, gli aveva detto di essere originaria di una terra dove il sole splendeva sempre sul Paese e sul suo comandante. Una terra fertile rigogliosa e ricca da cui famosi scienziati, pittori, artisti e medici erano nati portando prestigio al Paese che veniva comunemente chiamato Terra del Sole5. Heizo tutto quello non l’aveva minimamente ascoltato, facendo solo cenni distratti d’aver capito, mentre era occupato a pensare a come trasformare Yoko in uno youkai infelice e tormentato con residenza all’inferno. Avrebbe potuto scavalcare la folla, sfoderare la katana e tagliare la testa sia a lei che a dei presenti innocenti con un balzo, roteando la lama in cielo. Avrebbe potuto avvicinarvisi di soppiatto e sgozzarla o attirarla in disparte per soffocarla, farla a pezzi e nasconderne il corpo nella stanza proibita sotto delle travi di legno rialzate. Un ghigno malefico di manifestò sul suo volto.
“Cos’avete, vice generale?” gli sorrise la dama, roteando sotto il braccio dell’uomo. Questo si scosse e ritornò alla realtà, cingendole i fianchi e continuando a danzare.
“Non è niente…” La spostò in modo da vedere bene Yoko e il generale cosa stessero facendo. “Non è niente…”
 
“Cerca di sembrare sorridente, cazzo.” Sibilò il generale ancora una volta alla ragazza, senza farsi sentire da nessuno. Lei ci provava, tentava di incurvare le proprie labbra all’insù, ma per tutto quello che era successo e di cui i presenti non sapevano, le era molto difficile sorridere, quindi provò ad intavolare un discorso.
“Avete fatto mettere alla ghigliottina Hatori?” Sussurrò, con un lieve sorriso.
“Ti sembra il momento di parlare di questo, incosciente?” Le strinse i fianchi con le dita in una morsa, per farla stare zitta.
“Giacché avete parlato, ora rispondetemi.”  Questo le costò un’occhiataccia delle più crudeli da parte del proprio accompagnatore e non significava niente di buono per quella notte.
“Come osi darmi ordini, ragazzina?” La penetrò con lo sguardo, volteggiando tra la folla il più rapidamente possibile per non far rendere conto ai presenti del discorso. Giunti lontani e dall’altra parte della sala, sempre in mezzo agli altri signori, il generale prese la mano di Yoko e la fece volteggiare sotto il suo braccio, tentando di sembrare appagato dalla presenza della sua dama, cosa che però l’altra non riusciva molto bene a dimostrare, seppur per finta. La riprese per i fianchi delicatamente, come si tocca un cristallo o una tazza di porcellana della Terra rossa, sovrastandola col suo sguardo. Pochi lunghi capelli si staccavano dal lungo codino per ondeggiare nell’aria per poi tornare al loro posto, facendo sembrare il generale un essere magico, alle volte. “Tuo cugino non è morto, non l’ho ucciso. Dopo tanta fatica per tenerlo in vita sarebbe stata una cosa insulsa metterlo alla ghigliottina…” E lì si bloccò, perché davanti ai presenti che sapeva stavano sentendo, non sapeva come chiamare Yoko. Soldato? Avrebbero scoperto l’inganno e che non era la sua dama. Dama? Troppo formale, magari… Chiamarla per nome? Non voleva dimostrarle confidenza, lui era pur sempre il suo capo, l’innegabile dio del suo universo. Chiamarla col suo nome di battesimo avrebbe colmato per un lungo tratto questa discrepanza, questa differenza tra i due e il generale non si sarebbe mai permesso che ciò accadesse. Per non sbagliare, stette zitto e tentò di non sembrare a disagio da questo piccolo incidente, ma Yoko l’aveva già capito e sorridere le sembrò più facile, vedendo il suo nemico in difficoltà. Era una cosa meschina, ridere di chi, sul momento, non ha il coltello dalla parte del manico, ma nessuno lo sarebbe venuto a sapere, pensò.
“Allora…” Il generale alzò lo sguardo da terra al viso di colei che aveva di fronte, come fosse stato chiamato all’allerta. Yoko percepì anche questo. “…L’avete fatto ritornare alla Terra Rossa?”
“Perspicace, ragazzina, ma anche stupida.” Sibilò tra sé e sé senza farsi sentire. “Facendo due calcoli avresti potuto arrivarci prima, baka6 .” L’ultima parola, la sibilò ancora a sé stesso. 
La musica, solo allora Yoko se ne accorse, era rilassante ed elegante. Quelli che suonavano erano in un angolo della stanza, era un’orchestra: pianoforte, violini, direttore, violoncelli, viole… erano tutti suoni molto delicati e che portavano la ragazza, anche se solo con la mente, alla Terra Pura, sebbene non fosse musica tradizionale di Kintou. Le faceva immaginare quella terra che avrebbe a breve visto, proprio come gliene raccontava Hatori: piena di alberi di ciliegio, fiori rosa, prati verdi, templi rossi grandi che sovrastavano le foreste e piccoli nascosti nel sottobosco, tra cascate, ruscelli dominati da piccole lucciole di notte e da farfalle di giorno. Gli spiriti che apparivano e di dissolvevano felici tra le foglie degli alberi, le kitsune, i koppa, gli Oni, la Yuki Onna e gli youkai7… E poi, la leggendaria Nami che proteggeva quel piccolo paradiso ancora non intaccato dal regime. Ancora non sapeva come fare per sfuggire a quella guerra che sarebbe stata costretta a fare. Forse avrebbe preso in considerazione l’idea di morire per la salvezza di quella terra, da eroina, schierandosi con gli spiriti e con la loro sacerdotessa. Morire da eroina era diverso dal morire da vigliacca pur di non affrontare le difficoltà: sua madre e Tohma gliene avrebbero reso conto, una volta in uno dei nove paradisi…
Arigatou…” disse d’improvviso Yoko, prima che la musica finisse e che tutti si fermassero. Il generale la guardava stupito, non capendo cosa volesse dire ringraziandolo con un viso così triste e perso nei propri pensieri che guardava in basso. Essendo tutti immobili, Heizo aveva la possibilità di guardare, attraverso gli altri presenti, il suo bersaglio. Non resistette, con una scusa si allontanò dalla sua dama ed uscì dalla sala senza dare nell’occhio. A quanto pare, nessuno sembrava vederlo, come se non fosse esistito. Aprì il portone e si diresse su, per le scale dell’entrata nel silenzio più tetro. Parve quasi scomparire nell’ombra…
Gli invitati cominciarono a muoversi verso le pareti della stanza, lasciando spazio al centro per quello che doveva accadere. Pian piano il generale e Yoko rimasero quasi come fossero stati da soli nella stanza. Quello le indicò di indietreggiare come stava facendo lui, in modo da distanziarsi e trovarsi di fronte a quello che doveva essere suo nemico… doveva. Iniziarono i violini, con una melodia non troppo lenta ed elegante, intrigante quasi. Che fosse una bella canzone Yoko lo potette capire. Erano ancora fermi, ma il generale, con un movimento composto e studiato, portò una mano dietro la schiena, un piede dietro l’altro e con l’altra mano designò un arco in avanti come a voler invitare formalmente la sua dama a ballare. Lei non seppe che fare quando, una volta aggiuntosi anche il pianoforte, colui che le era dinanzi avanzò lentamente e al passo con le note, fermandosi nel centro. Yoko lo raggiunse tentando di imitarlo, si congiunsero le loro mani e i loro petti divennero spaventosamente vicini. Il generale sembrava sovrastarla, nonostante non fosse molta la differenza di altezza, ma la sua grandezza d’animo, nel modo più negativo si voglia, precedeva il suo aspetto fisico delicato. Una sua mano era sul fianco della ragazza che lo seguì egregiamente nei movimenti dei piedi. Non era un valzer, non era un lento… era una danza strana, ma piacevole, che prendeva corpo e mente, che le faceva battere il cuore con quei violini veloci ed appassionati. La mano si distaccò dal suo fianco e vi sopraggiunse l’altra: si trovarono uno di fianco all’altra, poi, ancora, faccia a faccia che volteggiavano velocemente ripetendo lo stesso movimento molte volte. Yoko si sentiva come una principessa che veniva corteggiata da un pretendente, una preda scrutata dagli occhi assassini del predatore. Non avrebbe saputo meglio descrivere lo sguardo del generale in quel momento. Questo, staccatosi completamente da lei, la invogliò a camminare in tondo tenendola incollata al proprio sguardo. Il loro contatto visivo faceva da diametro a quella circonferenza che stavano descrivendo i loro passi in senso opposto e man mano che la musica andava avanti, si faceva più piccolo, più angusto fino a farli ritrovare ancora faccia a faccia. Se non fosse stato per la cipria, le guance di Yoko sarebbero state perfettamente in grado di abbinarsi al rosso del suo vestito. Era una cosa che la faceva arrabbiare. Era una stupida reazione fisiologica dettata da tutta la situazione presa nel suo complesso. Era l’atmosfera, erano gli invitati, ma non poteva mai essere il generale. Non avrebbe mai potuto arrossire per un tale mostro, per quanto potesse ora persuaderla e ora torturarla. Non sarebbe mai ceduta: se l’era ripromesso chissà quante volte. La musica andò avanti, creando uno stacco ancora più coinvolgente dell’intero componimento: il generale si staccò, la guardò negli occhi per assicurarsi che restasse ferma e continuò a ballare da solo. Iniziò a volteggiare, a saltare, a fare repentine pose regali e composte come se fosse stato un umile vassallo che si pone al suo signore onnipotente. Era un atteggiamento piuttosto servile, a giudicare dai vari inchini, a volte preceduti da salti, ma era allo stesso tempo un atteggiamento da dominatore, da padrone e da soverchiatore. Yoko era in balia di quell’esibizione e rimase imbambolata finché la musica non riprese il ritornello e li fece riunire faccia a faccia per altri pochi secondi, poi, al terminar della musica, il generale cinse saldamente la ragazza per i fianchi e la fece abbassare all’indietro tenendole la schiena e la sovrastò piagandosi altrettanto. All’ultimo vibrar di corda dell’ultimo violino, sembrava come se il naso del generale fosse troppo vicino a quello di Yoko. Troppo, decisamente troppo. Mica si stava avvicinando di più? Era l’unica cosa che lei riusciva a domandarsi, mentre effettivamente il naso del generale sfiorava e premeva pian piano quello della ragazza.
Troppo vicino… Troppo
Il generale si staccò immediatamente da Yoko, facendola rialzare lentamente. Mentre tutti applaudivano, Yoko fissava la folla davanti a lei che sembrava visibilmente soddisfatta dall’evento, mentre si sentiva osservata solo dai due unici occhi che non la stavano guardando, al suo fianco.
 
Gli ospiti tornarono ognuno da dov’era partito, a notte quasi fonda, sfidando i pericoli dell’oscurità. Macchine, antiche carrozze, chi preferiva avviarsi a piedi pur essendo nobile. Il generale, anche se Yoko pensò il contrario, era stato l’ultimo a ritirarsi. Quando lei tornò verso la sua camera, stanca, stordita, confusa per tutto il ballo e il resto, non fece che pensare a quegli occhi che non la guardarono quando se l’era più aspettato. Era veramente confusa, la sua mente era un gomitolo di lana srotolato ed ammucchiato, di cui non si potevano trovare gli estremi. Sorpassato l’ultimo scalino, imboccò la porta che scopriva la stanza dalla quale si accedeva al lungo e buio corridoio. Lo attraversò senza troppa paura, perché era focalizzata su ben altro che il corridoio stesso… proprio altro.
“Soldato.” Quella voce la fece sobbalzare.
“G-Generale, signore…” Non si voltò perché nel buio non l’avrebbe visto lo stesso.
“Dritto a letto, domani mattina partiremo per la spedizione. Buonanotte.” Disse solamente, poi un sospiro strozzato, fece fermare ancora la ragazza che intuì avesse ancora qualcosa da dire.
“Mh…?”
“Hai recitato bene, soldato. Ottimo lavoro, ragazzina.” Concluse e lasciò il corridoio facendo rumore con i tacchi degli stivali sul ciliegio ch’era sotto la moquette.
Una volta chiusa la porta, Yoko rimase per un po’ ferma, cercando di pensare a dormire al più presto, altrimenti non avrebbe retto una marcia lunga un’intera giornata, il mattino seguente. Saranno state le undici? O mezzanotte… Non poteva saperlo, ma poteva intuirlo.
C’era qualcosa nella stanza che non andava. L’aveva percepito da quando ebbe chiuso la porta. Stordita com’era, ci mise un po’ a capirlo e per farlo dovette scrutare timorosamente ogni angolo della camera. Per prima cosa si diresse allo scrittoio, ne aprì ogni cassetto temendo potessero uscirne ragni e insetti. Andò poi verso l’armadio, perché si sentiva osservata di soppiatto, quindi aveva paura che qualcuno pronto ad ucciderla nel sonno fosse stato lì dentro… Lo aprì: non c’era nulla di strano. L’odore era sempre lo stesso… ma allora cos’era? Entrò nel bagno: la vasca era vuota, gli asciugamani a posto come li aveva lasciati e il lavandino in ordine. C’era qualcosa che non andava… Si diresse verso il letto e, dandosi della stupida, lo vide: un comodino. Per di più, c’erano delle vivande in un vassoio sopra di esso. Da quando le era stato concesso il lusso di avere un comodino? Chi ce l’aveva messo se tutti i servi erano impegnati tra le vivande del ricevimento ed il servizio? Il generale… forse… ma perché farle un dono tanto… dolce?
Sul vassoio c’erano dei biscotti decorati finemente, una bevanda apparentemente zuccherosa ed un bigliettino scritto a mano.
Shougun kara, Yoko ni8.”
Allora aveva ragione. Ma… Perché l’aveva chiamata per nome? C’era qualcosa che non andava, se lo sentiva. Ma… forse che il generale s’era raddolcito? Non poteva essere. Yoko prese in mano un biscotto: era di cacao friabile e profumato. Lo annusò: sapeva di loto, come il generale. Forse doveva iniziare a distruggere tutti quei dubbi che le si riproponevano e riproponevano… Mangiò il biscotto: era davvero buono, croccante… Era proprio una delizia, una dolce delizia. Che avesse dovuto significare qualcosa? Come quella frase, del resto. Le aveva detto che aveva recitato bene, ma il tono sembrava il tono di qualcuno che si tratteneva dal voler dire cose che probabilmente non avrebbe dovuto. Che forse…? Prese la piccola ampolla della bevanda e la buttò giù delicatamente tutta d’un fiato, senza rigarsi il mento con il liquido. Assaporò: aveva ragione, era dolce e zuccherina. Era biancastra, come il latte… Forse era colpa del troppo zucchero? Era davvero la cosa più dolce che avesse mai bevuto, come quei biscotti… Yoko li finì tutti, lentamente e man mano si sentì sempre più assonnata. Forse era proprio il caso di andare a dormire… Quasi non si reggeva più in piedi. E dire che prima aveva intenzione di farsi un bagno. Ma le sue gambe protestavano, si facevano sempre più molli tanto da non farle nemmeno aprire l’armadio per infilarsi la camicia da notte. Si stese sul letto, col vestito e col trucco ancora addosso e prima di addormentarsi le parve di vedere qualcosa.
Quando realizzò di chi fossero quegli occhi rossi quel sorriso maligno, fu troppo tardi.
 
Gli sembrò d’aver sentito qualcosa. Un soffio di vento, una presenza, uno spirito. Il generale non aveva tempo per quelle cose, o almeno così pensò per distrarsi dal brivido che gli aveva provocato quella visione repentina. Pochi secondi prima, gli sembrò come se una figura nera gli fosse corsa davanti. Se non errava, era la figura di un soldato, con un cappello ed una katana, dai capelli corti. Sembrava non avere massa, sembrava un fantasma, uno youkai disperato, nero e dagli occhi in fiamme. Continuò a camminare lungo un altro corridoio cercando di raggiungere la propria grande camera, quando sentì una sferzata. Un suono simile a quello di un lembo di tessuto usato come una frusta e poi di nuovo quel vento che sembrava il fiato di uno spirito.
“Non posso aver paura di queste cose. Cazzate.” Proseguì dritto per la sua via, quando sentì improvvisamente una voce, una risata cupa ma non maligna, quasi simile ad un mugolio. Si volò indietro e non vide nessuno.  “Mi stanno prendendo per il culo? Domani mattina voglio vedere come faranno a sopravvivere se sequestro loro le borracce d’acqua e li costringo a bere p-“ Mentre si girava, col volto annoiato e disgustato, ebbe un sussulto che non gli fece terminare la frase: il corridoio leggermente illuminato mostrava Heizo ad un palmo dal suo naso, immobile, con lo sguardo abbassato e coperto dal cappello. Il generale lo spinse via, ma quello s’allontanò di poco, rimanendo nella stessa posizione, come se fosse stata una pedina da scacchi appena mossa. Il generale non mostrò di star rabbrividendo.
“Che cazzo vuoi ancora? Ti pare il caso di saltare così? Che sei un moccioso che si diverte a fare queste stronzate?” Ringhiò, ma in pochi secondi si rese conto di star parlando da solo. Strano. Eppure l’aveva visto… Lui… “Lasciamo stare…” Pensò solamente mentre veniva attraversato da una leggera folata di vento che non si sa da dove provenisse. Seppe soltanto che un impulso crescente dentro di lui gli diceva di andar nella stanza di Yoko e di possederla dolcemente, come il diavolo avvicina con calma le proprie vittime succhiando loro poi l’anima. Non che volesse ascoltarlo o meno, ma il generale fece dietro front e si diresse speditamente verso la camera di Yoko.
Una volta spalancata la porta senza far rumore, ritornò in sé, non più spinto da quello strano impulso e si mise ad osservare il volto dormiente della ragazza. Era davvero una bambola di porcellana, alle volte. Chissà come era con il suo colore naturale di capelli… No. Il nero era simbolo del regime, non poteva pensare certe cose. Che gli prendeva? Il fatto è che era così delicata ed indifesa da quasi volerlo invitare a posare un ginocchio, poi l’altro, sul materasso. Dopo questo, il generale seguì quell’invito e gattonando, sovrastò l’esile figura della giovane con la propria, sciogliendosi il codino e lasciando i lunghi capelli poggiarsi sul letto. Era così indifesa… Si avvicinò dolcemente al suo petto, vi poggiò le testa e sentì il suo cuore battere piano piano, rilassatamente. Era la volta buona? Una mano s’infilò tra le vesti accarezzando quello che vi era sotto, ma quando il generale stette per poggiare le sue labbra su quelle di Yoko, il cuore della ragazza cessò di battere.

 

 

• Note dell’autrice •
 
 
Hello everyone! Lo so, è corto, troppo corto per tutto ‘sto tempo che non ho aggiornato, ma… ho avuto dei contrattempi. L’ho scritto un po’ ogni giorno perché gli impegni non mi permettevano un’accidente… spero non vi abbia delusi… Vi ho lasciato con un po’ di suspance, spero non vi dispiaccia! Spero che per giovedì sera possiate scoprire cosa è successo ( ancora ) a Yoko! Ma: hey! La storia si tinge di giallo?! No, non è un racconto misterioso… ù.ù adesso… i milemila numeretti che vi ho sparpagliato per la storia!
 
  1. Sarebbe il nostro “cin cin!” quindi… Brindiamo!
  2. Il giapponese ha tre alfabeti: l’hiragana il katakana e i kanji. I kanji sono gli ideogrammi presi in prestito dai cinesi, quelli “difficili” in parole *toppo* povere.
  3. L’hiragana è caratterizzato da segni curvi e rotondi e si usa per scrivere le parole in giapponese in alternativa ai kanji o per particelle, suffissi e prefissi, preposizioni…  Il katakana è più spigoloso e si usa per trascrivere parole straniere. I suoni sono gli stessi, ma scritti in modo diverso J Sono organizzati in sillabe! Date un’occhiata alle tabelle di katakana e hiragana su internet! ^^
  4. Sorridi.
  5. Non so se si era intuito, ma era proprio l’Italia: AHAHAH!
  6. Una delle prime parole che gli otaku imparano quando iniziano a guardare gli anime… significa “Stupido.”
  7. La kitsune, i koppa, gli Oni, la Yuki Onna e gli youkai sono tutte creature della mitologia giapponese.
Le kitsune (lett. Volpe.) sono delle creature muta forma che di solito assumono l’aspetto di donne attraenti o persone indifese come anziani per attirare a sé le loro vittime. Possono avere più di una coda: chi conosce la volpe a nove code di Naruto?
I koppa sono delle tartarughe della mitologia giapponese.
Gli oni sono dei mostri, tipo dei troll (se non sbaglio).
La Yuki Onna è una creatura mitologica che appare come una donna dai capelli lunghi e neri e la pelle chiarissima. Letteralmente vuol dire “ Donna delle Nevi” se non erro.
Gli Youkai, li abbiamo incontrati parecchie volte, vero? Tutte queste creature popolano la Terra Pura, essendo scappate dalla parte Est di Kintou.

9)   Dal generale, per Yoko. 

Spero di aggiornare il prima possibile, ma fino ad allora, non smettete di seguire la storia e lasciate una piccola recensione, voi nove seguaci che la seguite! È.E non fate i cattivi, dai, non vi costa nulla! ^^ Alla prossima!
 
-Bloody Schutzengel. 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Bloody_Schutzengel