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Autore: Eilan21    12/05/2015    10 recensioni
Una bambina. Solo una bambina minuta e dall'aspetto insignificante. E agli occhi di chi non la conosceva a fondo, Gunhild sarebbe potuta apparire perfino una bambina beneducata e rispettosa; ma chi le era vicino sapeva bene che sotto la sua pelle infuriava un fuoco pronto ad eruttare come un fiume di lava in piena, impossibile da prevedere o frenare. Era la maledizione del sangue vichingo, era il dono che sua nonna Gytha le aveva portato in eredità.
Lei è la figlia dell'ultimo re Sassone Harold, lui è un Normanno, il suo peggior nemico. Gunhild dovrà trovare un compromesso tra la lealtà e il cuore.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Agosto 1093

Abbazia di Wilton, Wessex, Inghilterra

 

Gunhild non sapeva cosa l'avesse spinta a fare tappa, durante il suo viaggio, nel luogo dove non metteva piede da più di vent'anni. Forse il fatto di essere finalmente una donna libera, di poter decidere della sua vita, anche di visitare il luogo dove suo marito non l'avrebbe mai lasciata andare, per timore che chiedesse asilo e da lì non riuscisse più a farla venir fuori.

Quando aveva chiesto a Waltehof di fare quella piccola deviazione a Wilton, lui aveva alzato un sopracciglio interrogativamente, ma non aveva fatto domande. Sapeva del suo soggiorno all'abbazia e del suo noviziato quando era ragazza, anche se non conosceva le esatte circostanze che l'avevano portata ad abbandonare quel luogo e il proposito di prendere il velo. Ma tanto dovette bastargli perché non aveva chiesto altro, aveva guidato semplicemente la scorta verso Searesbyrig.

Gunhild e Waltehof salirono i gradini di pietra che portavano all’ingresso del monastero. Uno dei cavalieri della scorta batté pesantemente con la mano inguantata sul portone di solida quercia. Venne ad aprire una giovane monaca, che, fattoli accomodare, andò subito a chiamare la badessa. Quando la donna entrò con sua grande sorpresa Gunhild poté guardare negli occhi un'invecchiata, ma perfettamente riconoscibile, Cathryn. La sua vecchia amica aveva fatto carriera a Wilton fino ad acquisire il grado più alto possibile per una donna. Gunhild si chiese se il Vescovo suo padrino ci avesse messo una buona parola.

Cathryn non si scompose quando incrociò lo sguardo di Gunhild. La sua proverbiale calma, che tante volte l'amica le aveva ammirato da ragazze, era ancora intatta. Come se non l'avesse lasciata che da pochi giorni, Cathryn andò dritta da lei e la strinse in un abbraccio.

“Bentornata amica mia” le disse con un sorriso. “Perché non facciamo una passeggiata e parliamo? Ti farà piacere rivedere questi luoghi dopo tanti anni...”

Gunhild annuì. Chiese a Bridgit e Waltehof di aspettarla lì e seguì Cathryn.

Come uscito da un sogno si ritrovò di fronte il chiostro del monastero tra le cui colonne aveva riposato tante volte durante i suoi anni di noviziato, i cui fiori aveva curato e in cui aveva passeggiato quando era pensierosa. La luce che all'esterno sembrava ferire gli occhi, fra le mura dell'abbazia era calda, morbida e rassicurante. A Gunhild nessun posto era mai parso tanto bello. “Ti avevo detto di non andare quel giorno. Avevo paura che non fossero i tuoi fratelli...” le disse improvvisamente Cathryn che aveva avuto quel rimpianto sulla punta della lingua per tutta la vita.

“Se solo ti avessi dato ascolto...” sospirò Gunhild.

“Allora, cosa ti è successo in tutti questi anni? Ho saputo che ti sei sposata...”

“Non per mia volontà, né per mia scelta come sai. Ho avuto una figlia, Matilda, e un figlio adottivo.”

“Quell'uomo che ti ha accompagnata qui?”

“Come sapevi che era lui?”

“Sono una buona osservatrice. Ti guarda con l'ammirazione e l'amore di un figlio.”

“E tu, come hai trascorso tutti questi anni?”

“In pace e in preghiera. Non avrei potuto chiedere di più. Tra queste mura i giorni sono scanditi solo dal calare e dal sorgere del sole.”

“Già” disse Gunhild tra se e se, poggiando le dita su una colonna e guardando il cielo soprastante il chiostro. “Sono stata davvero felice qui, dopotutto.”

“Credevo che non ti avrei più rivista in questa vita. Cosa ti ha portata qui, adesso?”

“Mio marito è morto pochi giorni fa” disse Gunhild volgendosi di nuovo verso l'amica, mentre un refolo di vento le passava tra i capelli. In lontananza si udì il verso di un falco selvatico. “Ora sono libera di decidere di me stessa per la prima volta nella mia vita.”

“Sei tornata per restare?” chiese Cathryn.

“Io... non lo so. Non ora, comunque. C'è una persona che devo rivedere... alcune cose che devo ancora scoprire.”

“Questa persona che devi rivedere è un uomo?”

“Sembra che tu riesca a leggermi nel pensiero” sorrise Gunhild.

“Ho imparato a conoscere le persone, perfino da qui dentro” disse semplicemente Cathryn alzando le spalle.

“Non so neppure io perché sono venuta qui oggi. Volevo rivederti, rivedere questo luogo...”

Cathryn le prese le mani. “Questo luogo aiuta a capire, non è vero?”

Gunhild annuì.

“Torna a casa, parla con quest'uomo” le disse abbracciandola. “E se dopo vorrai qui ci sarà sempre un posto per te.”

 

 



Settembre 1093

Richmond Castle, Northumbria, Inghilterra

 

Il nervosismo afferrò Gunhild nel momento in cui varcò la soglia del castello di Richmond.

Pur di ritorno nella familiare dimora la Contessa Vedova si sentiva irrequieta come un animale selvatico chiuso in gabbia: passava da un'attività all'altra senza trovare pace, aveva i nervi a fior di pelle, scattava per ogni stupidaggine.

Andò avanti così per una settimana finché una frustrata Bridgit non la prese per le spalle e le chiese, esasperata, cosa diavolo avesse.

Erano arrivati a Richmond già da qualche settimana. Waltehof era rimasto alcuni giorni, per essere sicuro che Gunhild non avesse bisogno di nulla. Sembrava quasi preoccupato di lasciarla sola e tornare ad Allerdale. Alla fine fu Gunhild che, quasi sgridandolo come faceva quand'era bambino, gli ordinò di tornare immediatamente a casa dalla sua famiglia, rassicurandolo che lei se la sarebbe cavata benissimo.

A dirla tutta le era dispiaciuto immensamente vederlo andare via, proprio come quando aveva detto addio a Matilda, ma Sigrid e i bambini avevano bisogno di lui e lei era capacissima di badare a se stessa. E per una settimana sembrava veramente che fosse così.

Poi era giunto un messaggio di Alain, le prime parole che riceveva da lui dopo diciannove anni. In realtà non erano proprio parole dirette a lei. Il messaggio era indirizzato ai consiglieri e, per conoscenza, anche a lei. Ed era evidente quindi che non poteva trattarsi di parole d'amore. Alain informava solo che era venuto a conoscenza della morte del fratello, per il quale era addolorato, e che si era messo in viaggio verso Richmond per reclamare la sua eredità.

Gunhild era rimasta spiazzata da quel messaggio così freddo, ed anche un po' delusa. Poi aveva pianto e si era data mentalmente della stupida: cosa si aspettava dopo tutto quel tempo? Erano trascorsi diciannove anni. Una vita. Doveva tenersi pronta a tutto. Forse lui si era sposato, forse aveva avuto dei figli. Probabilmente si sarebbe presentato con consorte e pargoli al seguito. La nuova contessa di Richmond e i loro eredi. Alain avrebbe anche potuto pretendere che lei facesse fagotto e lasciasse il castello su due piedi. Per fortuna non avrebbe dovuto elemosinare per una rendita, come tante nobili vedove erano costrette a fare. Era anche lei una proprietaria terriera. Ma il pensiero della propria sicurezza monetaria la consolò ben poco. Su tutto primeggiava il suo cuore addolorato.

Dopo settimane di agonia riuscì finalmente a sfogarsi con Bridgit.

“Non devi angosciarti così!” l'aveva rimproverata l'amica. “Qualunque cosa Alain abbia scelto di fare in questi anni tu devi essere pronta ad accettarlo. Non puoi biasimarlo se avesse preso moglie. Cosa avrebbe dovuto fare? Tu eri sposata!”

Quelle parole dure le fecero meglio di una dubbia rassicurazione e di una pacca sulla spalla.

Gunhild fu grata come non mai a quell'amica fedele che a differenza di Maud, che aveva lasciato il suo servizio per occuparsi di marito e figli, pur di starle accanto non si era mai sposata.

Per frenare il nervosismo Gunhild aveva quindi deciso di non restare con le mani in mano: se si fosse tenuta impegnata non avrebbe avuto modo di girare sempre intorno agli stessi pensieri morbosi. Impiegò un gran numero di servi e diresse un vero e proprio rimodernamento del castello. Ispezionò personalmente tutto il mobilio e sostituì alcuni pezzi antiquati con dei nuovi ordinati su misura. Controllò le provviste di cibo, rimpinguò la dispensa e ordinò nuove spezie. E, visto che l'inverno era prossimo, presiedette alla salatura della carne e alla cardatura e filatura della lana.

Fece pulire ogni angolo più remoto del castello, spolverare ogni singolo granello di polvere e sbattere tutti i tappeti, cambiare lenzuola e coperte ad ogni letto. Il castello sembrava sotto assedio dall'interno, talmente tante erano le serve che passavano da una stanza all'altro, pulendo, lavando e arieggiando. Coordinò personalmente ogni operazione, e alla fine della settimana si ritrovò stanca, ma soddisfatta.

 

“Quella tenda è da sostituire, non vedi che è tarmata lì in alto? Dovremo farne cucire una nuova” disse Gunhild al servo che era salito su uno sgabello per staccare la cortina di un letto a baldacchino.

Era scesa la sera, ma Gunhild non intendeva abbandonare il lavoro a metà.

“E' che questa stanza è usata di rado” commentò Bridgit con le mani sui fianchi e lo sguardo rivolto in alto. “Dovremmo avere ancora della stoffa adatta, altrimenti la ordineremo.”

In quel momento un servo entrò piuttosto trafelato.

“Milady, il Conte... intendo il nuovo Conte è qui, è appena arrivato!”

Gunhild sentì un groppo in gola.

“E' qui? Dove lo avete fatto accomodare?”

“E' di sotto Milady, nella sala. Chiede di vedervi immediatamente.”

“Non lo hai sistemato nelle camere padronali?” chiese Bridgit.

“No signora, non ha voluto. Io ho provato a dirglielo, ma lui ha detto che voleva prima di tutto parlare con sua cognata e che il resto avrebbe aspettato. Proprio così ha detto.”

Gunhild cercò di ritrovare la propria compostezza. “Ditegli che lo riceverò fra pochi minuti nel mio salotto. E per favore, sistemate i suoi uomini e provvedete a tutto.”

“Molto bene Milady” disse l'uomo e corse via.

“Calmati ora” disse Bridgit guardando l'amica dritta negli occhi. Gunhild fece un profondo respiro e annuì.

Si osservò nello specchio e fece in tempo a notare con panico crescente l'abito non particolarmente elegante e un po' impolverato che aveva indossato per dirigere la pulizia delle ultime stanze. I capelli erano acconciati in una semplice e pratica treccia. I suoi capelli erano la sua unica vanità e non li aveva mai tagliati. Ormai le arrivavano fin quasi all'incavo delle ginocchia.

Mentre si guardava continuava a lisciarsi nervosamente la gonna, finché Bridgit le mise una mano sul braccio.

“Stai benissimo, non angosciarti. Andiamo da lui.”

Gunhild fu grata del sostegno morale e materiale di Bridgit mentre entravano nella stanza dove le aspettava Alain. Cosa avrebbe fatto nel vederlo? Come avrebbe reagito? Voleva vederla così frettolosamente per dirle che doveva lasciare Richmond seduta stante?

Come uscito da un sogno o da un passato troppo remoto per essere ricordato, Alain era lì, in piedi, con la mano poggiata sullo schienale di una sedia. Non era cambiato molto in quegli anni, aveva conservato il suo fascino. Solo qualche capello bianco nella chioma corvina rivelava il tempo che era trascorso.

Gunhild fece qualche passo incerto verso di lui. Un groppo le chiudeva la gola e il sangue le martellava nelle orecchie. Si guardò intorno in cerca della moglie di Alain, ma non c'era nessuna donna, nessun'altro lì oltre loro.

Gunhild e Alain si guardavano negli occhi da una certa distanza, come se tutti e due avessero paura di compiere un passo verso l'altro.

Non si accorsero nemmeno che Bridgit era uscita con discrezione, lasciandoli soli.

“Alain...” cominciò con voce tremula. “Come stai?” Che cosa stupida e banale da dire, ma in quel momento non le venne in mente altro. La sua mente sembrava girare a vuoto.

Lui sembrò leggerle nel pensiero: “Non sei cambiata affatto...” commentò guardandola dritto negli occhi.

“Nemmeno tu...”

Senza che quasi Gunhild se ne rendesse conto Alain percorse a passi rapidi la breve distanza fra di loro, la prese tra le braccia e la baciò con passione appena contenuta. Gunhild non esitò a contraccambiare, lasciando che lui la stringesse a sé, perdendosi tra le sue labbra, sentendosi al sicuro come sotto una campana di vetro che era in grado di proteggere lei e Alain da qualsiasi interferenza del mondo esterno.

Rimasero ancora un po' abbracciati, poi lei si riscosse, come se l'avesse colta un pensiero improvviso. La campana di vetro si sollevò, lasciando che i problemi della vita quotidiana li travolgessero di nuovo.

“Dovresti presentarti ai consiglieri, radunare i vassalli... mostrargli che il legittimo conte di Richmond è arrivato nei suoi domini. Nessuno sa che sei qui” osservò Gunhild con preoccupazione.

“Ci sarà tempo per questo. Ho atteso diciannove anni per poterti fare questa domanda e non intendo attendere un minuto di più. Gunhild, figlia di Harold, Principessa d'Inghilterra e Contessa di Richmond... vuoi diventare mia moglie?”

Gunhild rimase senza parole. Era accaduto l'impensabile, ciò che Alain le aveva detto a Londra si stava avverando sul serio. Tornerò da te solo quando potrò reclamarti come mia moglie legittima, aveva promesso. Ed ora stava mantenendo la sua promessa.

Gunhild si passò la lingua sulle labbra secche. “Ascolta c'è una cosa che non ti ho detto l'ultima volta in cui ci siamo incontrati. Io... non posso avere altri bambini a causa della difficile nascita di Matilda.”

“Non mi importa.”

“Ma non potrai avere un erede...”

“In nome di Dio Gunhild, pensi che ti abbia aspettato tutta la vita solo perché cercavo un erede?” disse Alain esasperato. “Avrei potuto prendermi una moglie in tutti questi anni se avessi voluto un erede legittimo non credi? Tutto ciò che voglio sei e sei sempre stata tu!”

La baciò di nuovo, e tenendola ancora tra le braccia le mormorò con la bocca sulla bocca: “La mia domanda è ancora valida. Vuoi diventare mia moglie?”

“Sai, prima di incontrarti credevo che non avrei mai desiderato il matrimonio. E infatti non è il matrimonio che voglio... io voglio te.”

“Questo era un sì?” chiese Alain divertito.

“Era un sì” sorrise Gunhild.

“Bene, allora andiamo!”

“Dove?” chiese lei perplessa.

“A sposarci”

“Ma... Ora?... Così?” Gunhild si osservò il semplice abito macchiato e prese tra il pollice e l'indice un lembo del velo spiegazzato: non era certo una tenuta adatta ad un matrimonio. Ed anche Alain indossava ancora gli abiti impolverati e gli stivali che aveva usato per cavalcare. ”Ma devo cambiarmi d'abito. Guarda come sono vestita!” protestò.

“L'abito che hai andrà benissimo. Ti ho già detto che non intendo aspettare un attimo di più. Vieni!” replicò prendendola per la mano e spalancando la porta.

“Bridgit!” chiamò. “Trova il prete. Tiralo giù dal letto se necessario.”

“Milord...?” domandò Bridgit, che non era certo di aver capito bene.

“Mi serve il prete al più presto Bridgit. Dobbiamo celebrare un matrimonio.”

 

Fortunatamente padre Alfred si trovava già nella cappella di Richmond, intento con uno dei suoi chierici a riporre gli oggetti da messa.

Si voltò con ancora un calice d'oro in mano e si trovò faccia a faccia con la Contessa Vedova, la sua dama e un uomo che non conosceva, alto, con i capelli neri e l'espressione enigmatica ma decisa.

“Contessa... a cosa devo la vostra visita? Cosa succede?”

“Padre, questi è Alain, il nuovo Conte di Richmond.”

L'uomo impallidì dalla sorpresa; non si aspettava di trovarsi di fronte il suo nuovo signore.

“Milord, quale onore! Quando siete arrivato?”

“Poco fa. Padre, non ci girerò intorno: ho bisogno che celebriate il mio matrimonio qui e subito.”

“Ma, Milord... chi è la vostra promessa sposa?”

Alain prese una mano di Gunhild tra le sue e la fece avanzare in modo che fosse chiaro il suo messaggio.

“V-voi Milady?” l'uomo strabuzzò gli occhi. “Ma... ma la Contessa Vedova è vostra cognata! Tutto ciò è alquanto irregolare Milord.... avrete bisogno di una dispensa del Santo Padre di Roma...”

“Non abbiamo tempo per questo, padre” Alain fece rapidamente passare di mano un sacchetto pieno di monete. “Confido che potrò contare sulla vostra sollecitudine. Come vostro nuovo signore ve ne sarei immensamente grato.”

Gunhild cercò di trattenersi dal ridere nel vedere la faccia di Padre Alfred, rossa come quella di un peperone, mentre l'uomo faceva da arbitro nella lotta tra la propria coscienza e il sacchetto d'oro che teneva in mano, cui si sommava la benevolenza di cui avrebbe goduto col nuovo conte.

“Sarò felice di unire in matrimonio voi e Lady Gunhild, se è quello che entrambi desiderate” concluse alla fine delle sue ponderazioni. “Avete dei testimoni?”

“Lo farò io” disse Bridgit facendo un passo avanti. Gunhild le sorrise, grata.

“Bene, un testimone lo abbiamo. Credete che il vostro chierico sarebbe disposto a fare da secondo testimone?”

Così una manciata di minuti dopo, appena sufficienti a padre Alfred a tirare di nuovo fuori i calici e il pane consacrato, e Gunhild si trovò per la seconda volta di fronte a un prete in procinto di sposarla, e in una cerimonia altrettanto improvvisata e frettolosa. Ma stavolta colui che aveva accanto a sé era l'uomo che l'amava come mai un uomo avrebbe potuto amare una donna. Stavolta l'uomo che pronunciò i voti insieme a lei era l'uomo che lei aveva scelto.

Non appena suggellati i voti nuziali con un bacio, Gunhild era ufficialmente di nuovo la Contessa di Richmond... ma stavolta non avrebbe potuto esserne più felice.

 

Quella sera finalmente Gunhild e Alain poterono giacere l'una tra le braccia dell'altro senza paura, senza doversi più nascondere da niente e da nessuno. Erano marito e moglie ora, e Gunhild rimirò la fede nuziale che portava al dito con tanta meraviglia quanto un tempo aveva osservato la precedente con disperazione. Dopo l'amore rimasero svegli a lungo a parlare, semplicemente godendosi la vicinanza l'uno dell'altra.

“Mi trovi ancora bella dopo tutti questi anni?” chiese Gunhild, colta da un'improvvisa insicurezza “Non sono più una ragazzina.”

Alain la guardò con il suo solito sorriso ammaliante. “Si vede che non ti guardi molto spesso in uno specchio amore mio. Sei più bella dell'ultima volta che ti ho vista.”

“Adulatore!” rise lei, ancora indecisa se credere alle sue parole o considerarle una generosa bugia.

“C'è una cosa che non ti ho detto... ma forse sei già venuta a saperla?” disse Alain.

“Cosa?” si allarmò Gunhild. Che lui si fosse sposato dopotutto? Che le avesse mentito prima? Forse stava per dirle che aveva dei figli, legittimi o illegittimi, da qualche parte lì fuori...

Per un attimo il panico l'afferrò allo stomaco.

Alain non si accorse del suo turbamento e proseguì. “Il 24 di agosto è morto mio fratello maggiore Geoffroi, il conte di Penthievre.”

“Venti giorni precisi dalla morte di Alain?” chiese Gunhild, con un misto di sollievo e genuina sorpresa. “Una ben strana coincidenza!”

Geoffroi era diventato conte nel 1079, alla morte di Eudes. Gunhild ricordava che quello stesso anno suo marito, affranto per la perdita del padre, aveva donato ingenti proprietà all'abbazia di Swavesey per garantire la salvezza della sua anima. Gunhild non lo aveva accompagnato in quell'occasione, ma a fare da testimoni alla firma dell'atto di donazione erano stati i suoi fratelli illegittimi Bardolf e Ribald.

“Non immagini cosa significa?” continuò Alain.

“Brian è morto... mio marito è morto...” elencò Gunhild ragionando tra sé e sé. “Geoffroi non aveva figli?”

“Solo uno illegittimo, Conan.”

“Santo Cielo! Ma allora sei anche il nuovo conte di Penthievre!” esclamò. “Alain te ne rendi conto? Possiedi metà dell'Inghilterra, e ora uno dei feudi più importanti di Francia!”

“Frena il tuo entusiasmo amore mio” disse Alain divertito dalla sua spontaneità. “Ho rinunciato a Penthievre. Il nuovo conte è mio fratello Etienne ora.”

“Ma... perché?” chiese Gunhild sinceramente perplessa.

“Se avessi tenuto il titolo avrei dovuto passare molto tempo in Normandia, dividermi tra la mia vecchia patria e l'Inghilterra. Questo avrebbe significato dover stare molto tempo lontano da te... e io ho già trascorso troppo tempo lontano da te. Non voglio che uno stupido feudo ci divida proprio ora che ti ho ritrovata.”

Gunhild sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Alain aveva rinunciato a tanto per lei senza chiederle nulla in cambio. Le lacrime scesero a rigarle le guance, e d'impulso lo baciò gettandogli le braccia al collo.

“Perché piangi amore mio?” le chiese lui asciugandole una lacrima con un bacio.

Gunhild sorrise. “Tanto tempo fa la regina Matilda mi chiese se il mio matrimonio con tuo fratello mi avesse portato qualcosa di buono. Non le ho mai risposto perché ho sempre creduto che la risposta fosse no. Ma poi ho realizzato che se fossi rimasta a Wilton, se avessi preso i voti, avrei avuto di certo una vita più serena. Avrei potuto dedicarmi allo studio, come ho sempre voluto. Ma se Alain non mi avesse strappata a quel monastero non ti avrei mai conosciuto... ecco cosa mi ha portato di buono il mio matrimonio. Mi ha portato te.”

 

 

Una settimana più tardi Alain organizzò un grande banchetto che avrebbe visto riuniti molti suoi vassalli e, allo stesso tempo, sarebbe stato il festeggiamento delle sue nozze.

Il primo matrimonio di Gunhild era stato piuttosto frettoloso: la cerimonia era avvenuta in fretta e furia e Alain il Rosso non aveva indetto nessun festeggiamento, troppo intento ad evitare che la neo moglie gli scappasse da sotto il naso e a cercare di ottenere le sue terre. Anche il secondo matrimonio era stato celebrato su due piedi a dir la verità, ma questo non le dispiaceva affatto.

Ora che però aveva finalmente la possibilità di avere un ricevimento degno di tale nome Gunhild voleva apparire al meglio. Indossò uno degli abiti più belli che possedeva, all'opposto dell'abito sciatto che aveva indossato per la cerimonia. Era di un bianco candido, con lo scollo, l'orlo della gonna, la lunga cinta ricamate in un azzurro intenso. Era confezionato con una stoffa finissima, quasi eterea. Metteva in risalto il suo incarnato chiaro e gli occhi blu, il castano dei suoi capelli ancora privo di fili bianchi. Nessun altro abito, per quanto lussuoso, le donava come l'abito bianco, e Gunhild lo sapeva. Mise anche una coroncina d'argento intrecciato per tenere fermo il velo, e una collana e dei bracciali in argento, dono di nozze di Alain.

Quando fece il suo ingresso in sala il mormorio sommesso che suscitò tra gli astanti le confermò che Alain non le aveva detto una bugia. La sua bellezza era ancora intatta, ancora in grado di suscitare ammirazione negli uomini.

“Mi sento nervosa come non mai” mormorò Gunhild a Bridgit che camminava appena un passo dietro di lei. “I vassalli non sanno del nostro matrimonio. E se non lo accettassero?”

La capacità di Bridgit di rassicurarla si rivelò ancora una volta preziosa. “Lo accetteranno... anzi, ne saranno entusiasti perché preferirebbero cento volte la loro Contessa ad una perfetta sconosciuta.”

Alain andò loro incontro e Gunhild pensò che anche suo marito - come le sembrava strano riferirsi ad Alain così – era davvero bello. I suoi profondi occhi azzurri e il suo sorriso avrebbero sciolto un pezzo di ghiaccio.

Alain le prese la mano e se la portò alle labbra. “Sei uno splendore, moglie mia” e mentre Gunhild cercava di nascondere il fatto che era diventata rossa come una ragazzina la condusse al posto accanto al suo al centro della tavola, mentre centinaia di occhi li seguivano.

A metà banchetto Alain si alzò in piedi e prese la parola, facendo cessare il brusio dei commensali.

“Amici miei, oggi siete qui come miei ospiti, per rinnovare il giuramento di fedeltà che tanti anni fa faceste a mio fratello. Ma prima che arrivi quel momento, ho un altro importante annuncio da fare. Tutti voi conoscete molto bene la Contessa di Richmond, che è stata la consorte di mio fratello per più di vent'anni. Ora è di nuovo la vostra contessa perché ella è diventata mia moglie. Vi prego quindi di brindare con me alla mia incantevole sposa!”

Ci fu un momento di silenzio attonito alla rivelazione, ma fu solo un attimo.

“Dio benedica il conte e la contessa!” gridò l'assemblea riunita, levando i calici alla coppia.

Alain e Gunhild alzarono le loro coppe in risposta, poi si guardarono negli occhi sorridendosi, come se non esistesse nessun'altro attorno a loro.

“Non vuoi sapere qual'è il mio dono di nozze?” le sussurrò Alain.

Gunhild sollevò i polsi a mostrargli i due bracciali in argento massiccio.

“Mi hai già dato il tuo dono di nozze.”

“Ho un altro dono per te, molto più importante...” disse prendendole una mano tra le sue e carezzandole il polso con il pollice.

Gunhild si chiese si cos'altro potesse trattarsi: Alain le aveva già dato tutto. L'aveva aspettata una vita intera, anche se lei era sposata con suo fratello, aveva rinunciato alle signorie dategli dal fratello prima e ora al titolo di Conte di Penthievre per lei...

“Che ne diresti di andare a vivere a Middleham?” disse improvvisamente Alain, interrompendo i suoi pensieri.

Gunhild lo guardò sorpresa “Dici sul serio?”

“Mai stato più serio” rise Alain, mentre la sorpresa della moglie si tramutava in un sorriso raggiante.

Gunhild resistette all'impulso di baciarlo, perché sarebbe stato indecoroso per una signora del suo rango davanti a tutti i nobili riuniti.

“Grazie” gli disse in un soffio, stringendo la sua mano come se non volesse lasciarla più. Ed effettivamente era proprio così.

Si chiese cosa avrebbe detto sua nonna, suo padre, se avessero potuto vederla ora, felice e sposata con un normanno. Gunhil alzò per un momento gli occhi al cielo, come se la sua famiglia la potesse vedere dall'alto. Sorrise: ne sarebbero stati felici, di questo era sicura.

 

 

 

 

Angolo Autrice: Ed eccoci arrivati alla fine, con molta tristezza (almeno da parte mia^^). Ma la storia di Gunhild è giunta al termine, diciamo al suo “lieto fine”. Spero di aver raccontato al meglio le vicissitudini di questo personaggio storico che mi ha colpito da subito. Quindi, con un po' di malinconia, lascio Gunhild e Alain a godersi la ritrovata felicità. Spero che tutti voi abbiate gradito la storia.

Ringrazio in particolare: innominetuo, Cordelia89, Franci893, MamW, Framboise, Ormhaxan (autrice anche del bellissimo banner), DivergenteTrasversale, Crilu_98, Betta_99 (e spero di non aver scordato nessuno^^)…. grazie per il vostro continuo supporto e i vostri apprezzamenti. Hanno significato il mondo per me! Grazie anche a tutti voi che avete letto, seguito, preferito e ricordato.

Un grande abbraccio e alla prossima!

   
 
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