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Autore: The Ghostface    13/05/2015    1 recensioni
Sono passati tredici anni…tredici lunghissimi anni da quando Ghostface è stato rinchiuso nel Tartaro.
Di lui non resta che un vago ricordo, voci, leggende urbane…tutto sbiadito dal tempo…dalla magia…
Sulla Terra le cose sono cambiate, nonostante il tempo trascorso i Titans sono rimasti uniti…e con un membro in più, un vecchio rivale pentito…
Alcuni si sono sposati, alcuni hanno avuto dei figli…alcuni nascondo terribili segreti nel profondo del loro animo che mai mai e poi mai dovranno essere svelati.
Il ritorno in circolazione di un noto avversario da un occhio solo terrà alta la guardia dei nostri eroi.
Ma quello che tutti loro non sanno…e che sono finiti tutti nel mirino dell’ormai leggendario…Ghostface.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Ghostface, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rigor Mortis'
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CAPITOLO 14
 
Erano passate due settimane e di Ghostface nessuno notizia.
Nessuno l’aveva visto, nessuno trovava indizi, nessuno sapeva dov’era.
Tutti lo cercavano.
Era partita una spietata caccia all’uomo, i Titans seguirono qualsiasi traccia a loro disposizione, interrogarono ogni singolo eroe, passante o criminale che incontravano…nessuno sapeva niente, e chi sapeva taceva per paura delle conseguenze.
Intanto all’interno dei Teen Titans si andava allargando una terribile spaccatura, una crisi che stava portando al collasso dell’intera squadra.
BB e Corvina quasi non si vedevano, vivevano ancora separati seppure nessuno dei due avesse accennato al divorzio, parlavano tra loro al telefono ma rifiutavano di incontrarsi finché l’altro non avesse ammesso la sua colpa.
Corvina voleva delle scuse, vere e sincere per le accuse ricevute.
BB voleva una confessione che però dimostrasse il pentimento della moglie…e sperava ancora segretamente in qualcosa che potesse smentire i suoi ormai radicatissimi sospetti.
Perlomeno avevano ripreso a dialogare da persone civili ma praticamente non accennavano mai alla loro situazione, la vivevano nel reciproco silenzio e solitudine…anche se Corvina qualcuno con cui passare la “solitudine” l’aveva; il tema dei loro discorsi era principalmente come spartirsi il tempo da trascorrere coi loro bambini.
Bambini che erano usciti tutt’altro che illesi da questa separazione: i gemelli erano ormai intrattabili, nessuno era in grado di tenerli buoni, il minimo pretesto era buono per diventare delle furie selvagge e sfogare la loro infantile frustrazione con la rabbia.
Solo quando i genitori stavano assieme, anche solo nella stessa stanza, di colpo si rasserenavano tornando i solari bambini che erano sempre stati.
April dal canto suo si era chiusa in una profonda depressione, dall’incontro con Ghostface aveva smesso di venire in missione, aveva scoperto di avere paura: paura della morte e ancor più del dolore.
Si malediceva per questo, perché voleva davvero essere un’eroina ma si sentiva debole, vigliacca…una codarda.
A prendere a calci dei vecchietti in sedia a rotelle son buoni tutti…ma quando un vero nemico era comparso all’orizzonte lei si era subito rintanata in un angolo tremante come una foglia nelle tempesta, lasciando che quel pazzo massacrasse i suoi cari.
Si faceva schifo da sola.
Per vincere le sue paure aveva intensificato i suoi sforzi, cercando di dominarle tramite la meditazione come sua madre, dando ogni volta il 110% durante gli allenamenti coi Titans per diventare più forte, impegnandosi ogni volta al massimo quando si incontrava con Jonathan, chiedendogli come trovasse la forza di uccidere e di insegnarle come fare, per diventare pericolosa.
Ma quello che voleva era più di qualche semplice mossa per bloccare il cuore, mosse che tra l’atro ancora non riusciva a fare, quello che voleva davvero era smettere di avere paura.
Solo Bruce riusciva ancora a farla sorridere ogni tanto, ma anche lui la spaventava: non maneggiava spade affilate, non portava pistole alla cintola, non aveva uno sguardo assassino e non le avrebbe mai puntato un pugnale alla gola….era proprio questa sua dolcezza a spaventarla, April aveva paura di ferirlo perché ancora non sapeva cosa provare per lui.
Anche Robin era sempre più introverso, consumato dal senso di colpa, lavorava settimane a prototipi di antidoti alle bio-sonde iniettate a suo figlio, ma temeva a provarli per paura di risvegliare il virus latente anziché eliminarlo e quindi gli antidoti andavano ad accumularsi sullo scaffale contrassegnato col cartellino “da testare”.
A quest’opprimente ansia, generata dalla paura che un giorno Ghostface si alzasse e decidesse di attivare le bio-sonde, così per noia, e dalla frustrante d’impotenza nella situazione frastagliata che attraversavano i suoi migliori amici, situazione che lui aveva creato, si sommava il dolore al lungo dimenticato ma mai del tutto sfogato della perdita della suo primogenita.
Come aveva potuto dimenticare Mar’i? Non se lo spiegava neppure lui, ma tutti parevano esserci riusciti.
Stella non era stupida, capiva che qualcosa non andava in suo marito, lo vedeva incupirsi ogni giorno di più e nonostante tutti i suoi sforzi non c’era nulla che potesse fare per risollevarlo.
Lui si rifiutava di parlare riguardo a cosa provava, non voleva metterla in pericolo.
Le ripeteva quasi ossessivamente che l’amava e che tutto quello che faceva lo faceva solo per il suo bene e che tutto si sarebbe concluso per il meglio.
Ma queste parole anziché rassicurarla la inquietavano…ormai non lo riconosceva più.
Nessuno sapeva più di chi potersi fidare…il piano dei due killer stava funzionando, i Teen Titans non erano più una squadra, non pensavano come una squadra, non agivano come una squadra.
Erano un gruppo di persone differenti, ognuna coi suoi interessi e coi suoi segreti, che agiva come meglio riteneva.
L’affetto che li aveva sempre saldamente tenuti insieme sembrava scomparso con l’arrivo di quel maledetto video.
E di questa diffidenza interna tutta la città ne risentiva.
Come speravano di aiutare gli altri se non sapevano aiutare neppure se stessi?
 
Corvina era nuda, un dolce vento le solleticava le natiche e i seni giovanili, mentre passeggiava in quella sconfinata distesa di erba verde, alta e fitta, che pareva estendersi all’infinito, s’accorse di essere di nuovo nel suo corpo da quindicenne.
Lo stesso corpo mingherlino e atletico, non ancora provato dalle gravidanze e dalle troppe battaglie.
Le piacque molto quella sorpresa.
Camminava senza un pensiero al mondo, guardando il verde acceso fondersi con l’azzurro abbagliante di quel cielo senza nuvole.
Si sentiva felice, libera da ogni oppressione, con la mente finalmente leggera.
Era serena…dopo tanto tempo finalmente lo era di nuovo.
Ad un tratto sentì il frusciare dell’erba alle sue spalle farsi più intenso, si girò e dai lunghi steli, che le arrivavano fino all’inguine, sbucò fuori un grosso panda, molto più grosso dell’ultima volta.
Si chiese come aveva fatto a nascondersi in quell’erba troppo piccola per lui, ma si ricordò che stava sognando: quelli erano solo dettagli.
-Ancora tu?- disse rivolta al suo spirito animale, coprendosi i seni con le braccia.
-Ancora io. Come vedi niente corvi o pantere – rispose quello sedendosi a terra.
Era alto circa tre metri, zoppicava un po’ aveva la schiena coperta di ferite e la spalla destra sanguinava copiosamente.
Anche dai denti e dagli artigli gocciolava sangue scuro…ma non suo.
-Messo su qualche chiletto?- disse lei quadrandolo dal basso in alto.
-Anche tu- replicò quello, con parole calme, mentre tra loro si proiettava, come un miraggio, l’immagine del corpo trentenne di Corvina, per poi svanire nell’aria subito dopo.
Corvina s’accorse delle ferite, allungò titubante la mano verso la spalla da cui zampillava rosso il sangue toccandola delicatamente, il panda la lasciò fare –Per Azar…che ti è successo?-
Il panda tossì violentemente, con voce roca, una tosse intensa e grossa, pareva che stesse per vomitare, e infatti, pochi colpi di tosse dopo risputò a terra un grumo di penne nere, zampe contorte e artigli.
La testa dell’uccello pendeva a lato priva di vita, dal collo spezzato ricoperto di arruffate e scomposte penne nere spuntava un cranio deforme su cui spiccavano quattro occhi rossi, sbarrati e spalancati; dal lungo becco aguzzo sporgevano innumerevoli denti affilati.
Il cadavere giaceva ai piedi di Corvina che lo guardava con ribrezzo, sapeva benissimo da dove venivano simili creature.
-Ho incontrato un po’ di resistenza stavolta per accedere al tuo subconscio…- disse il panda mentre si leccava le ferite, sdraiatosi a terra esausto per la lunga lotta sostenuta contro lo stormo demoniaco.
-Aspetta forse posso fare qualc…-
Il panda la interruppe –Ricordi il nostro primo incontro? Mi chiedesti cos’è bianco e nero e tutto coperto di rosso? C’è l’hai davanti…- tossì ancora affannosamente –Corvina, non mi resta molto tempo, ascoltami: la ragazza con cui dividi il letto, la bionda, non è quello che sembra.
Non fidarti di lei, ti ama è vero, ma nasconde un oscuro segreto, lo custodisce gelosamente, un segreto molto importante per te e per i tuoi amici.
Devi scoprirlo, Corvina, a tutti i costi-
Detto questo il panda si rialzò sulle quattro possenti zampe, e prese a camminare rivolto verso il nulla.
-Aspetta- lo richiamò la maga, confusa da quelle parole sibilline –Dimmi di più!-
Il panda si voltò e le sorrise, per quanto possa sorridere un panda –Pensavo fossi tu l’esperta di inganni e misteri, dopotutto io sono solo la tua parte repressa che non riceve abbastanza coccole, un tenero puppolo-coccolo panda-
Corvina avrebbe voluto ribattere, trattenerlo, ma il panda aveva ricominciato a camminare, lasciandola senza parole: benché l’orizzonte s’inclinasse il panda procedeva in linea retta, salendo nel cielo come se avesse la terra sotto le zampe, ad ogni passo le parti nere si sbiadivano, divennero prima grigio cupo, poi cinerine, color nebbia e infine candide, il panda perse progressivamente la sua forma e compattezza finché non si trasformò in una nuvola in cielo.
Una passeggera nuvola bianca in quel cielo senza nuvole.
Corvina si svegliò di soprassalto. 
Si guardò attorno, c’era solo il buio.
Doveva essere tarda notte.
Terra dormiva tranquilla accanto a lei, nuda e raggomitolata sui suoi seni.
Avevano fatto nuovamente sesso quella sera, e già Corvina si sentiva in colpa: lo avevano fatto spesso in quelle due settimane, e ogni che volta Corvina cedeva alla tentazione poi sentiva i sensi di colpa attanagliarla, torturarle l’animo senza pietà alcuna, allora per placarli chiamava BB desiderosa di scusarsi e confessare di lei e Terra, ma prima che ciò accadesse riprendeva a litigare col marito e riattaccava più furiosa di prima, pronta a tradirlo nuovamente ed avviare ancora il circolo vizioso in cui era finita.
Circolo che forse stava per spezzarsi.
Cosa aveva voluto suggerirle il panda?
Bhe c’era un solo modo per scoprirlo…
-Terra, Terra…- la chiamò scuotendole delicatamente le spalle.
La bionda si svegliò sbadigliando –Che c’è? Che ore sono? Vorrei un panino con la porchetta…- si stropicciò gli occhi intontita dal sonno, praticamente non riusciva a mettere in fila due pensieri.
-Terra dobbiamo parlare- ripeté Corvina con molta calma ma anche serietà, la maga levitava sul letto a gambe incrociate, osservandola attentamente.
La posizione non prometteva nulla i buono e la bionda lo intuì subito.
Terra si fece seria a sua volta- Va bene, parliamo. Che succede?-
La maga sospirò, forse stava per mandare all’aria anche l’ultimo rapporto umano che aveva –Questa notte…ho fatto un sogno…-
-Oh! Anch’io!- la interruppe rumorosamente l’altra, partendo a raccontare il suo –C’era una città bellissima che si specchiava su un lago, tutti gli abitanti però erano ombrelli e vivevano nel riflesso della città, e il cielo era solcato da centinaia di pinguini laser che cavalcavano arcobaleni che hanno iniziato ad attaccar…-
-Terra!- la zittì la strega, un po’ su di giri –È una cosa seria!-
La bionda s’ammutolì impaurita, restando ad ascoltare.
-Ho avuto un sogno premonitore…o qualcosa del genere…nel sogno mi hanno detto cose, cose su di te. Terra, se davvero tieni a me devi essere sincera: tu sai qualcosa che mi riguarda, qualcosa di importante…vuoi dirmelo?-
La ragazza dagli occhi azzurri rimase sbigottita, tutta la sua copertura, i suoi segreti, i suoi piani… tutto saltato a causa di un sogno?
La paura si fece largo in lei.
Com’era possibile? Forse Corvina aveva un informatore, o forse lei parlava nel sonno…non aveva idea di come ma per una qualche ragione adesso Corvina sapeva che lei sapeva qualcosa.
Per sua fortuna non sapeva cosa.
Nascose l’ansia che le accelerava il battito con una maschera di imperturbabilità.
-Corvina ti rendi conto di quello che dici? Sono le due di notte e tu sei qui a farmi il quarto grado basandoti su un sogno che hai fatto…è assurdo!-
-No, Terra. Io so che è reale. Mi è già capitato in passato- insistette la maga guardandola fermamente con occhi glaciali.
Terra ne fu intimorita-P-penso sia meglio se ora vado a casa…- disse alzandosi e raccattando in fretta e furia i vestiti sparsi al suolo.
Corvina l’afferrò per un braccio –NO! Adesso mi rispondi! È vero che mi nascondi qualcosa!?-
L’altra si divincolò liberandosi dalla presa, iniziando a rivestirsi –Ma che cos’hai!? Così mi fai male!- le disse aggressiva la bionda –Senti, so che per te è un periodo difficile ma non farmi partecipe delle tue paranoie. Io non sono una 007 al soldo dei russi…- le disse infilandosi maglietta e pantaloncini, incrociò il suo sguardo d’ametista e tutta la paura di essere scoperta e la rabbia difensiva sparirono dai suoi occhi azzurri, non poteva avere paura della donna che amava, non poteva odiarla.
Sospirò maledicendosi per essere così debole.
Si sedette al suo fianco sul letto, circondandole le spalle con un braccio –Sei solo stressata, Corvina. È normale, chi non lo sarebbe al tuo posto? Stai affrontando un sacco di disgrazie una dietro l’altra…il rapimento di tua figlia, l’incidente di Cyborg, poi quel video maledetto che ti ha distrutto la vita, i tuo litigi con BB e adesso il ritorno di questo Ghostface…da come me ne hai parlato si direbbe un tipo molto pericoloso. Sei solo un po’ esaurita. Vedrai, tutto passerà, io sono sempre qui per te…e ti amo-
Corvina guardò in basso, con la testa in preda alla più caotica confusione.
-Lo so…ma “lui”…è molto più pericoloso di quanto immagini…- disse la maga con un fil di voce.
Terra l’abbracciò teneramente –Non ti preoccupare…- le sussurrò rassicurante –Sono sicura che Jonathan non si farà più vedere…-
Quelle parole, anzi…quel nome!
Per la maga fu come se un fulmine a ciel sereno avesse squarciato la sua mente…incenerendola!
Corvina alzò la testa di scatto, liberandosi dalla dolce stretta della sua amante, balzò in piedi fissando Terra sbigottita, incredula…il suo volto era una maschera di sorpresa.
-I-io non ti ho mai detto che si chiama Jonathan….- disse stentando a credere alle sue parole.
Di colpo la nebbia nella sua testa si fece un po’ più rada e  i discorsi criptici del panda iniziarono a prendere forma.
Terra si morse la lingua, si era tradita da sola.
Cosa poteva fare? Negare? No di certo.
Attaccare? No.
Confessare?....poteva trovare un’idea migliore….
Scappare? Sì.
S’alzò di scatto facendosi largo verso la porta, correndo letteralmente –Devo andare! Mi dispiace!- urlò mentre sbatteva la porta alle sue spalle.
Corvina la inseguì, precipitandosi giù per le scale ma le trovò deserte.
Tornò subito sui suoi passi, al pianerottolo dove c’era il suo appartamento si affacciava una delle uscite d’emergenza che portavano alla metallica scala anti-incendio.
Una struttura simile a un’edera di metallo che si aggrappava all’edifico, da lì era semplice arrampicarsi sulla scala d’emergenza della palazzina di fianco, tutti gli edifici di quel quartiere sembravano fatti con lo stampino, distavano neppure tre metri l’uno dall’altro.
Sicuramente Terra era uscita da lì, era balzata sulla scala dell’altro palazzo ed era fuggita chissà dove.
Corvina bestemmiò il nome di Azar, battendo i pungi sulla parete…proprio lei si era fatta fregare come una principiante.
Non voleva ammetterlo neppure a se stessa, non voleva credere di provare qualcosa per Terra ma dovette riconoscere che le calde lacrime che ora le rigavano il viso erano dovute al dolore di essere stata tradita da lei…di nuovo.
Per tutto questo tempo Terra l’aveva solo sfruttata, presa in giro.
 
Terra giunse trafelata al covo segreto.
Le gambe le tremavano, il respiro era pesante e affannoso ed era mandida di sudore, aveva fatto un giro ampio per seminare eventuali pedinatori e solo quando fu certa di non essere stata seguita si diresse alla zona delle centrali nucleari, senza mai smettere di correre.
Ora finalmente era al sicuro.
-Eccoti finalmente- disse Slade appena entrò, era rimasto in piedi tutta la notte ad aspettarla.
-Ho notato che da un po’ di tempo sei solita a sparire di punto in bianco, a volte anche per giorni-
-Ho dei casini- rispose quella evasiva.
Era appena scampata all’interrogatorio di Corvina, non aveva alcuna intenzione di sottoporsi a quello di Slade.
-Vuoi parlarmene?- le chiese quello, non per gentilezza, ma per timore che stesse riacquistando i ricordi che credeva di averle cancellato.
-No. Si tratta di “casini” da donne. Preferisco starmene da sola in questo periodo - disse lei facendo ben intendere a cosa alludeva, sospirò per la stanchezza.
Slade decise di lasciar perdere, aveva qualcosa di molto più importante da discutere con lei, qualcosa che lo premeva terribilmente.
-Ti ricordi quando di ho raccontato la storia di Jonathan? Di quanto sia instabile la sua pazzia? –le domandò l’uomo, restando impassibile.
Terra annuì chiedendosi cosa questo centrasse al momento.
-Terra, è giunto il momento di cui ti parlavo…-
La ragazza sgranò gli occhi –Di già!?-
Slade non si curò di risponderle, continuando a parlare–Hai visto con che ferocia ha sgomitato i Titans? Fosse solo quello non mi preoccuperei…ma la fatto con totale non curanza delle conseguenze, poco ci mancava che mandasse all’aira tutto! Si fa sempre più irrequieto, più aggressivo  e imprevedibile…sta diventando una minaccia anche per noi. Dobbiamo liberarcene ora che non se lo aspetta, prima che sia troppo tardi. Tu mi capisci, vero?-
 La ragazza deglutì, sudando freddo, col tempo si era affezionata all’arzillo nonnetto molto più di quanto non si fosse legata all’uomo che aveva davanti, che ancora detestava con tutta se stessa.
Gli voleva bene a quel canuto compagno d’avventura ed era anche un suo prezioso alleato e informatore.
Ma su una cosa Slade aveva ragione, ormai Ghostface era una minaccia…non per lei ma per Corvina, e lei non avrebbe permesso che la sua dolce maga corresse altri rischi.
Andava fermato.
-S-sì- rispose col cuore pesante, l’idea di avercelo contro la inquietava e la rattristava al contempo…ma la vita è come una partita a scacchi. Non sperare di vincere se non sacrifichi qualche pezzo.
- Ora però ho proprio bisogno del bagno…- concluse la bionda dileguandosi e si diresse a grandi falcate verso la toilette lasciando Slade da solo nella sala principale.
S’incamminò silenziosamente, sicuramente Ghostface dormiva e lei aveva un disperato bisogno di una doccia che le liberasse la testa da tutti quei pensieri inopportuni.
 
La figura dai lunghi capelli canticchiava sotto il getto d’acqua calda.
-Son così
crudele, sì!
Tutto quanto sai, mi fa impazzir!
Ooo lalalalalala
Ooo lalalalalala-
La porta si aprì di scatto.
Un strillo femmineo risuonò in tutta la base.
-YYYAAAAAAAAAAA!!!-
Slade strabuzzò l’unico occhio buono, c’era una sola persona lì dentro in grado di gridare con una voce così acuta.
-Terra!!!- urlò precipitandosi come un tornado verso la zona da cui proveniva il suono: il bagno.
Correva a perdifiato per salvare la ragazza che amava dalle grinfie del suo aggressore… non ce ne fu bisogno.
S’inchiodò davanti alla porta del bagno, chiusa: appoggiata alla parete stava Terra rossa in volto, che si dondolava sui talloni.
Svelto il guercio tornò ad assumere i suoi soliti toni calmi e controllati che non lasciavano trasparire nulla… ma quando Terra gli era sembra in pericolo non aveva esitato a scattare in suo soccorso.
-Cos’è successo? Perché hai gridato?- le chiese con quella voce calda e pacata…apatica.
-S-sono entrata in bagno…solo che era occupato-rispose picchiando le punte degli indici l’una contro l’altra –Ma non sono io che ho gridato-
-Già sono stato io- intervenne Ghostface uscendo in quel momento dal bagno, stringendosi l’accappatoio color ghiaccio in vita, i lunghi capelli bianchi gli cadevano sulle spalle, fradici.
Gli occhi erano allo scoperto, freddi, glaciali, cadaverici, bastava uno sguardo per sentire il midollo congelare nelle ossa.
Fissò turpe la ragazza bionda che incapace di sopportare quei cristalli di morte chiuse gli occhi storcendo il viso dall’altro lato.
-Hai miei tempi si usava bussare prima di andare in bagno, ragazzina!-
-M-mi dispiace…- balbettò lei
-Lasciala stare. È stato un incidente- replicò Slade allontanando Ghostface dalla bionda con un gesto della mano, un gesto forte  e deciso.
Il vecchio lo fissò con aria di sfida.
Slade fece ricorso a tutta la sua forza di volontà per sostenere quel terribile sguardo, lo stesso sguardo che il suo mentore gli rivolgeva quand’era solo un ragazzo, quando falliva...o quando osava contraddirlo.
Ma un unico occhio non poteva sostenere due pupille così bianche, iridi così fredde…occhi così vuoti.
Rabbrividì chiudendo l’occhio.
Ghostface ghignò.
Si fece strada tra i due –Con permesso, signorine, vado ad asciugarmi i capelli-
Terra e Slade rimasero soli –Che ti dicevo?- incalzò lui –Sta solo giocando con noi. Non ha rispetto di nessuno, non ha a cuore nessuno, dobbiamo sbarazzarci di lui prima che lui si sbarazzi di noi e credimi…potrebbe accadere da un momento all’altro. Non sai cosa aspettarti da quel folle-
Terra annuì, insicura.
 
Il rumore assordante del fon si mischiava alle note malcantate dell’ennesimo motivetto.
- When there's trouble you know who to call…Teen Titans!!
From their tower they can see it all, Teen Titans!!-
-Ma tu canti sempre?- gli chiese ridacchiando la ragazza bionda sedendosi alle sue spalle.
Ghostface si voltò sorridente, spegnendo l’attrezzo, aveva nuovamente gli occhiali indosso e si era già lasciato dietro alle spalle quel piccolo battibecco di prima –Mi tiene libera la mente dalle voci – rispose.
-Quali voci?-
-Brutte voci. Ma molto persuasive. Mi fanno fare cose cattive-
Terra era ancora più confusa, ma che Jonathan avesse qualche rotella fuori posto ormai l’aveva capito.
-Perché ti fai la doccia alle tre del mattino?- domandò la ragazza cambiando discorso.
-Di solito non lo faccio, ma Slade mi ha svegliato dicendo che c’era un lavoro da fare, ma non mi ha detto cosa.
 Però senza una doccia e mezzo litro di caffè Ghostface non funziona a quest’ora. Dal momento che ho una certa età la cosa mi sembra fattibile-
-Ok…comunque lui mi ha mandato qui. Vuole che ti sbrighi e che ti prepari è quasi ora di andare- lo informò Terra.
-Vieni anche tu?- domandò quello
-No. Io no-
 
Poco dopo Slade e Ghostface si trovavano davanti a un vecchio capannone abbandonato, un tempo avrebbe dovuto essere una piscina ma il progetto era stato abbandonato, oramai era solo parte di un cantiere in rovina.
Il buio regnava sovrano, non c’era la luna quella notte e il cielo nuvoloso oscurava le stelle, il buio e il silenzio.
Pareva di essere in un tetro cimitero di gru e bulldozer.
Imponenti carcasse di elefanti meccanici…si dice che chi entra nei cimiteri degli elefanti non ne esca più.
Erano lì, soli, con indosso i loro costumi, Ghostface era disarmato, Slade gli aveva assicurato che non gli sarebbero servite armi per quel genere di lavoro, né le armi né la maschera.
Ma stranamente lui le sue le aveva portate.
Comunque Ghostface l’aveva assecondato senza problemi, non aveva certo paura di Slade, tutto quello che sapeva era stato lui ad insegnarglielo.
-Che ci facciamo qui?- domandò il vecchio al suo ex-allievo.
-Vedrai- rispose quello aprendo il portone di lamiera del prefabbricato, l’anta cigolò sinistramente ferendo le orecchie dell’albino.
-Entriamo-
L’interno era ancora più tetro dell’esterno.
Nell’ambiente non filtrava uno spiraglio di luce, all’interno c’era solo una profonda piscina interrata, senz’acqua, rivestita di mattonelle di ceramica, rotte o sporche.
La vasca era lunga circa diciotto metri e profonda tre con due condotti interni per far affluire l’acqua all’interno.
Dentro la vasca c’erano pezzi di cartone, resti di giornali stracciati, latine di birra vuote e altri rifiuti maleodoranti, tra cui frugavano dei topi di fogna, il tanfo era rivoltante… una desolazione senza pari.
-Che squallore!-esclamò Ghostface –Che ci facciamo qui?-
Slade ghignò da dietro la maschera bicolore.
-Oh, tu non devi fare assolutamente niente John…-
-A parte morire!!- urlò Mammut sbucato da nulla all’improvviso, caricandolo come una furia.
Colto di sorpresa Ghostface non riuscì ad evitare il colpo che lo spedì in mezzo alla vasca diroccata.
Le pallide dita si contrassero a pugno mentre si rialzava, col dorso della mano si pulì dal sottile rivolo di sangue che gli fuorusciva dal labbro.
Rimessosi in piedi, puntò lo sguardo su chi lo aveva aggredito, nonostante il buio riusciva a distinguere la massiccia sagoma al fianco di Slade.
Senza perdere le staffe fece alcuni lenti passi verso i due come un felino con la preda.
-Cosa significa questo, Willy?-
-Significa…- rispose quello – Che sei impulsivo, irruento, distratto, imprevedibile e disorganizzato. Certo sei riuscito a evadere dal Tartaro senza che nessuno lo scoprisse, assieme abbiamo architettato un piano geniale, grazie a te ho resuscitato Terra e diviso inesorabilmente i Titans, che ora ti affibbiano la colpa di tutto, al punto da non essere più una minaccia –
Ghostface sorrise sarcastico –Suvvia, Willy. Così mi lusinghi…-
Slade continuò a fissarlo imperturbato col suo unico occhio, uno sguardo crudele, bramoso di una lunga e agognata vendetta –Non ti sto facendo i complimenti… sto solo dicendo che a questo punto sei diventato superfluo: e quindi eliminabile-
Il vecchio rise sommessamente prendendosi la fronte tra le dita –E come conti fare? Con l’aiuto di quell’armadio alle tue spalle?- dallo stivale Ghostface estrasse un pugnale a doppio taglio, un lato con la lama liscia l’altro seghettato.
Non si era fidato di Slade, non lo aveva mai fatto.
-Avanti, fatevi sotto! Vi sgozzo tutti e due prima che riusciate a sfiorarmi!-
-Non siamo in due- grugnì Mammut a denti stretti, schiumante di rabbia e assetato di sangue, sangue che avrebbe lavato quello di Iella, crudelmente versato.
Alle sue spalle, appena sull’orlo della vasca, apparve See-More che lo fissava minaccioso, sul bordo destro stavano Wykkyd e Gizmo mentre quello sinistro era interamente ricoperto da una schiera di Billy.
Ghostface si guardò intorno per nulla impressionato.
-Speri davvero che questi cinque coglionazzi possano mettermi in difficoltà? Per uccidere me ti sei rivolto alla legione degli sfigati??- ridacchiò un po’ ironico un po’ sorpreso –Mi aspettavo qualcosa di più da te…-
-Per questo ci sono io!- il vecchio si volse e alle sue spalle, al fianco di See-More, stava una bellissima ragazza bionda.
-È così che ringrazi chi ti ha fatto superare l’ultimo livello di Kompy’s Kastle, Terra?-  Ghostface si tamburellò il mento barbuto col piatto della lama, il fatto che Terra avesse scelto di dargli addosso lo infastidiva molto –Anche se ammetto che forse tu e Willy renderete le cose un po’ interessanti…-
Il guercio riprese la parola –So benissimo che se ora entrassimo in quella vasca non ne usciremmo più…ma ci sono diverse tecniche di combattimento: se non puoi vincere il corpo a corpo, prova con un attacco a  distanza-
Schioccò le dita, a quel gesto gli Hive Five agirono, si udì il sordo suono di un cavo metallico che si tendeva.
Ghostface avvertì un improvviso quanto lancinante dolore alla mano desta.
La sollevò  e la trovò trafitta da un piccolo arpione, uno di quelli che si usavano per la pesca al tonno, lungo una trentina di centimetri.
L’arpione era collegato a un cavo metallico che a sua volta si attaccava alle carrucola del fucile che l’aveva sparato.
Un Billy reggeva l’arma.
Il ragazzo tolse l’assicura e il cavo venne riavvolto tendendosi al massimo.
Di colpo Ghostface si trovò tutto il braccio tirato in quella direzione, stava per andargli addosso quando un altro arpione scoccò silenzioso, trafiggendogli il polpaccio sinistro, stavolta era stato Gizmo a sparare.
Ora il suo corpo era conteso tra due forze opposte come una bambola in mano a due bambini litigiosi.
Messo il pugnale tra i denti, il vecchio killer prese a tirare la corda che gli bloccava la mano destra con l’altra, cercando di liberarsi, ma anche See-More scoccò il suo dardo, trapassandogli il bicipite sinistro e tirandolo a sé.
Anche Mammut impugnò  la sua arma, prese la mira  e premette il grilletto.
Assieme a lui anche Wykkyd, Terra, See-More e una mezza dozzina di Billy.
Tutto accadde molto velocemente, Ghostface si trovò di colpo col corpo trapassato da  dodici arpioni i cui cavi gli tiravano le membra ognuno in direzione diversa, non c’era modo di muovere un arto che subito il cavo si tendeva costringendolo a stirare il muscolo il più possibile, manco fosse l’Uomo di Da Vinci.
Era stato immobilizzato come una mosca nella ragnatela.
-Terra, vuoi farci il piacere?- domandò Slade, senza accettare un rifiuto.
La ragazza ghignò e si calò gli occhialini che portava intesta sul volto, gli occhi le si illuminarono di un giallo intenso e i lunghi capelli biondi e setosi iniziarono a fluttuare nell’etere come in assenza di gravità.
Con inaudita violenza da condotti che solitamente conducevano l’acqua nella vasca, uscì una valanga di cemento liquido che investì il vecchio, senza che però gli arpioni gli consentissero di cadere, talmente il suo corpo era litigato tra le forze.
Terra brillò ancora di più intensificando i suoi sforzi, in poche decine di secondi il livello del cemento arrivò alla vita di Ghostface, senza accennare a smettere di salire.
-Vi avviso, stronzi! Liberatemi subito o faccio un macello! Divento una bestiaccia!- urlò l’uomo strattonano i cavi quanto più poteva nel tentativo di liberarsi.
-Lasciatemi andare, ragazzini- disse rivolto agli ormai maturi Hive Five –E prometto che ci andrò piano con voi!-
Ruggì come un’animale in  gabbia, divincolandosi come posseduto dal demonio.
-Vi ammazzo, stronzi! Vi ammazzo tutti!!-
Ma nessuno sembrò dar preso alle minacce…e il cemento continuava a salire inesorabile.
-Vi faccio a pezzi, figli di puttana! Vi strappo il cuore!! Tu per primo Slade, GIURO CHE TI AMMAZZO!!!-
-Sei sempre stato un pessimo insegante- commentò quello, quasi assente.
-E tu si vede che non hai imparato niente dai miei insegnamenti…e non hai imparato un cazzo di me!-
In preda a una furia senza pari, Ghostface tirò così forte il braccio destro che gli arpioni uscirono da esso lacerando la carne.
-AAARG!!!-
Il dolore era allucinante, aveva tutti i tendini squarciati, ma adesso aveva un braccio libero e quel che meglio, leggeva nell’unico occhio di Slade un’espressione di assoluto sbigottimento …e paura.
Con rabbia inumana si strappò anche gli altri arpioni dal corpo, ferendosi gravemente ma senza curarsene un minimo, sopportando il dolore, accecato com’era dall’ira e dalla voglia di sangue.
Ora l’espressione di sgomento si era diffusa sul volto di tutti i presenti, arrancando col cemento che gli arrivava al basso ventre Ghostface si diresse il più velocemente possibile verso Slade, schiumante dal desiderio di vendetta.
-Sei fottuto, amico! Fottuto!-  ringhiò mentre costringeva le proprie gambe ad avanzare speditamente in quel denso pantano che continuava a crescere.
-Terra, fermalo!- urlò l’uomo mascherato, che iniziava davvero a preoccuparsi, forse aveva sottovalutato la forza e la determinazione di Ghostface…non osò pensare alle conseguenze di un simile errore.
Lei obbedì: numerose mani di cemento liquefatto uscirono dal pantano che riempiva la piscina andando ad afferrare Ghostface, tirandolo indietro, cercavano disperatamente di arrestare la sua avanzata di morte.
Ma per quanto Terra si sforzasse sembra che nulla potesse contenerlo!
Né i suoi arti di pietra né i raggi con cui Gizmo e See-More lo bersagliavano.
Incazzato com’era neppure si accorgeva di simili quisquilie.
C’era una pena ben precisa per chi lo prendeva in giro, per chi lo sfruttava o cercava di assassinarlo: morte.
Furente, richiamando a  sé tutte le forze residue, Ghostface riuscì a raggiungere il bordo e ad issare il torace oltre di esso, aggrappandosi con entrambe le mani alla caviglia di Slade che aveva assistito impietrito alla scena.
Non pensava che il vecchio fosse in grado di compiere un simile sforzo, ma si sbagliava…l’aveva sottovalutato.
-Incontra il tuo destino, bastardo!!- gli urlò l’assassino bianco, affondando le dita nello stivale.
-Non oggi!- ringhiò Slade tirandogli una pedata in faccia col piede libero, colpo che fece scivolare Ghostface ulteriormente nella fossa, ormai quasi colma di cemento.
Ma il vecchio non mollava la presa, ruggiva come un leone, braccato, senza curarsi di nulla se non di ammazzare Slade con le sue mani.
-Ti ammazzo, stronzo! Sei morto, sei morto! SEI MORTO!!-
Slade continuava a impedirgli di risalire a furia di calci sui denti, annegandolo in quella melma di calcestruzzo.
Col viso pesto e tumefatto, Ghostface lasciò la presa della caviglia con la mano destra solo per poter impugnare il suo coltello a  doppio taglio, lo affondò nel polpaccio di Slade fino all’elsa, l’uomo gridò mentre un fiotto di sangue scuro gli usciva dalla gamba, accecato dal sangue Ghostface continuò ad accoltellare l’arto lacerando i tessuti, strappando la carne, squarciando i tendini.
-Ti scanno come un porco!! E poi tutti i tuoi amichetti con te!!-
Il guercio raccolse tutte le sue forze, obbligandosi a ignorare il dolore, con l’unica gamba buona, gli tirò un calcio sotto il mento tale che il vecchio lasciò finalmente la presa, scivolando ancor di più nella melma, finendo con la testa, sotto il cemento, ma restando ancora disperatamente aggrappato al bordo con le dita, contratte allo spasmo per lo sforzo.
Slade arretrò a fatica reggendosi alla parete di lamiera, aveva una gamba maciullata ma almeno questa storia era finita….
-NON È FINITA!!!-
La voce che disse quella frase non era nulla di umano.
Grazie a chissà qualche inarrestabile forza della disperazione, Ghostface era riuscito a balzare completamente fuori dal cemento che iniziava a solidificare.
Grondante dell’impasto che si raggrumava sul suo corpo, si erigeva lì, davanti al suo vecchio apprendista, schiumante di rabia, con un coltellaccio in mano e uno sguardo insostenibile, strabordante, d’ira e sete di sangue.
-Sei sempre stato un pessimo apprendista…e adesso….-
-MUORI!!- urlò a squarciagola sollevando il pugnale con ambo le mani sopra Slade, come fosse un agnello sacrificale.
-AARGG!!-
Il metallo affondò nella carne.
Ma a cadere come un corpo morto cade, non fu il guercio, bensì Ghostface.
Il corpo privo di sensi dell’assassino albino giaceva a terra, impiastricciando le piastrelle di ceramica azzurra.
Il corpo fumava per l’elevatissima scarica elettrica ricevuta.
Slade, chino sulla propria ferita, alzò l’occhio.
In piedi davanti a lui si stagliava la longilinea figura che l’aveva salvato, gli artigli metallici della sua mano grondavano di sangue e ancora guizzavano d’energia, la stessa energia che aveva messo a tappeto Ghostface quando l’aveva colpito alle spalle.
Non gli tese la mano per aiutarlo a rialzarsi, non gli sorrise, non fece nulla che potesse intaccare quella sua maschera di freddezza.
L’uomo era rimasto nel buio fino ad ora, valutando se fosse il caso o meno di intervenire.
Smise di fissare Slade, spostando il suo unico occhio rimastogli dal guercio a Mammut.
-Ti dispiace liberarci di lui?- disse cortesemente indicando il corpo del vecchio.
Il gigante fulvo aveva assistito come paralizzato allo scontro, incapace di reagire, quelle parole sembrarono riscuoterlo da un trance.
-S-sì….maestro- balbettò intimorito da quell’individuo a lungo sottovalutato dal resto della comunità criminale, un uomo che aveva ingannato persino la morte.
Mammut sollevò Ghostface incosciente e con un lancio lo scagliò in mezzo alla vasca come fosse senza peso.
Il corpo iniziò lentamente ad affondare in quelle sabbie mobili artificiali, in pochi minuti solo la testa sporgeva da quella fanga e poi neppure più quella.
Attesero alcuni minuti per accertarsi che il corpo avesse raggiunto il fondo poi, come concordato, Terra solidificò tutto il cemento che colmava per intero la profonda piscina.
Slade ghignò da sotto la maschera.
-Mi ha detto “muori”…l’ho già fatto e sono sopravvissuto. Vediamo come se la cava lui all’inferno-
Ma non potè continuare a sollazzarsi nella soddisfazione, l’atroce dolore della gamba gli fece stringere i denti fino quasi a frantumarli tra loro.
-Brutta ferita…- commentò  l’uomo che aveva condotto lì gli Hive Five, a lui era bastato solo un’occhiata per riuscire ad esaminarla nei minimi dettagli.
-Il tuo tendine d’Achille è andato, così come i tuoi giorni da combattente immagino- aggiunse con noncuranza, anzi con una puntina di malizia.
-Tu hai troppa fantasia- replicò Slade; dalla cintura estrasse una piccola siringa, non più luna di un dito mignolo contenete un liquido di un acceso colore rosso.
Se la iniettò nella coscia.
Tolse lo stivale e tutti i presenti assistettero prima disgustati dallo spettacolo di quel polpaccio macellato e scarnificato fino all’osso, grondante di sangue, e poi increduli, alcuni dandolo a vedere, altri rimanendo posati ma ugualmente sorpresi, a quello che sembrava essere un prodigio: la ferita, a poco a poco, iniziava a rimarginarsi, i tendini si riallacciavano tra loro, i muscoli tornavano a ricoprire le ossa, i tessuti si legavano l’un’l’altro e la pelle tornò a ricoprire tutto espandendosi come un macchia di petrolio.
Pochi secondi dopo, Slade era di nuovo in piedi, con entrambi gli stivali, e le braccia conserte dietro la schiena.
Impassibile dietro quel volto nero e rame, pacato come se nulla fosse successo, sembrava del tutto dimentico del pericolo corso soli pochi istanti prima.
Era tornato il silenzioso, misterioso, imperscrutabile e minaccioso Slade di sempre.
E quel che più lo appagava…era che finalmente era riuscito ad uccidere il suo vecchio maestro, che tempo addietro fu con lui e altri ragazzi un vero despota.
Una soddisfazione che da tempo desiderava togliersi.
-Cos’era quella roba?- domandò Terra che l’aveva raggiunto ancora con gli occhi spalancati.
-È Ghostface- rispose il guercio –Un estratto che ho ricavato dal suo sangue che permette a chi lo assume di assimilare temporaneamente il suo fattore di guarigione-
Terra stentava a crederci come il resto dei presenti.
Solo uno non era rimasto colpito dall’accaduto, lui.
La figura nell’ombra.
Essa passeggiava sul blocco di cemento solidificato immerso nel buio…erano quasi le quattro e mezza del mattino.
Ogni passo risuonava sordo e metallico sul lastrone di pietra.
-Sei sicuro che sia morto?-
-Sicuro- assicurò Slade –Ho avuto modo di studiarlo a lungo, il suo fattore rigenerante lo guarisce anche delle ferite più gravi, lo rende immune ai veleni e alle malattie, lo rende  resistente alle condizioni di vita estreme, solo il fuoco può arrestare questo potere…ma esistono altri modi per uccidere un uomo.
E sebbene Ghostface non lo sia più da un punto di vista morale lo resta da un punto di vista pratico, e un uomo ha bisogno di due cose principalmente; cibo e aria.
Il suo fattore rigenerante non può fornirglieli, togliglieli e morirà.
È probabile che ora il suo processo guaritivo stia utilizzando ogni molecola d’ossigeno nel suo corpo per autoalimentarsi e mantenerlo in vita, cosa che funzionerà per circa due ore poi esaurirà l’ossigeno a disposizione e morirà. Una volta per tutte. Questa è la fine di Ghostface.-
L’uomo nell’ombra accanto a lui non disse nulla, ma sorrise.
Slade estrasse un’altra siringa di siero R*, come l’aveva chiamato, e la porse allo strano figuro.
-Una di queste potrebbe farti tornare normale-
Quello prese la fialetta in mano, sbuffò pieno di disprezzo schiacciandola tra le dita metalliche.
Il liquido rosso gocciolò a terra infrangendosi sulla dura scorza del cemento sottostante.
-Normale? Vuoi dire debole. No grazie. Quello che mi aspetto da te è che rispetti i patti, come li ho rispettati io. Nulla di più nulla di meno-
-Sono un uomo d’onore- ripose schietto e piatto Slade.
-Sarà meglio…io invece sono un uomo vendicativo. E non credere che mi faccia intimorire dai tuoi modi di “signore del male” come vedi anche i migliori possono essere uccisi.
Rispetta i patti, Slade. Non chiedo altro-
 
 
Esatto cari lettori, dopo tanto tempo ho deciso di mandare Ghostface in “pensione”…
Ma la storia non finirà qui.
Non perdete il prossimo capitolo per altri colpi di scena!!
 
*R sta per “Reset” ossia “ricomincia, riprova”; l’alternativa era siero 2C…seconda chance.
 
Ghostface
  
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