Buon
Ed eccoci quindi qui, al 2 di gennaio!!!
Nuovo anno, vecchia ff. non credevo di continuare a scrivere
questa ff ancora nel 2009!
Comunque, ormai siamo agli sgoccioli. Il finale sarà doppio,
nel senso che probabilmente metterò in appendice il finale
che avevo previsto
all’inizio e che potrebbe lasciare molte di voi con un
infarto da ricovero
presso l’ospedale di Carlisle!
Per questo capitolo, ecco il ritorno del doppio POV. Prima
Edward e poi Bella racconteranno la mattinata dopo il parto.
Capitolo di passaggio senza pretese, scritto tra un’Ecloga
di Virgilio e un’orazione di Lisia per un invalido ateniese
del V sec a.C. … il
risultato è colpa dei compiti e non mia.
Nonostante questo, spero che vi piaccia!
Auguro a tutte un buon 2009 e vi aspetto Lunedì! E mi
raccomando, lunedì, tenetevi ben strette alle sedie che se
vi fate male cadendo
per lo spavento mentre leggete la mia ff poi mi sento in colpa XD
E un grazie gigante a tutte quelle che hanno recensito o anche solo letto la mia one-shote sulla nascita di Nessie: Our Little Beloved Spero vi sia piaciuta!
Edward’s POV
Bella, che era molto stanca a causa del parto, socchiuse gli occhi
quando si
accorse che non mi rimettevo a letto. Le baciai la guancia per non
insospettirla ma lei voltò il capo e con le labbra
cercò le mie.
Appena le trovarono, mi baciò con passione sempre crescente.
Cercai di non
darle a vedere la mia preoccupazione ma, dato il suo tentativo di
trattenermi e
di stringermi al suo corpo, dedussi di aver fallito.
Alice mi chiamò ancora, la voce troppo bassa
perché potesse sentire anche
Bella, ed io mi separai da mia moglie.
Prima che potesse chiedermi qualcosa, le sussurrai: < Torno
subito. > e
poi raggiunsi Alice che mi attendeva ai piedi delle scale.
< Alice cosa è successo? >
< Vieni. > e mi prese per mano.
Insieme andammo in cucina dove Carlisle ed Esme ci stavano aspettando.
Rose si alzò in piedi quando entrammo e disse: < Vado
da Bella. Avrà bisogno
di aiuto… >
Presi il suo posto. Jasper mi fissò e poi scambiò
uno sguardo d’assenso con
Carlsile.
Emmett prese posto vicino a Carlisle.
< Edward… >
Mi voltai verso Alice che mi aveva chiamato. < Vuoi dirmi che
succede? >
< Edward, ho avuto una visione. Adesso, vedi di non agitarti.
>
< Se mi dici cosa hai visto, potrò valutare io
stesso. > sussurrai
sospettoso.
Alice incrociò le braccia e si appoggiò al
lavandino. Mi fissò negli occhi per
un istante e poi sospirò: < Edward, ho visto i
bambini. >
Rimasi
in silenzio, in
attesa che proseguisse.
< Forse, sarebbe meglio dire che finalmente
ho visto i gemellini.
Avevano circa sette anni. Liz ne aveva 9-10. Erano sani. >
< Ma … > la incoraggiai io, messo in allarme
dal tono tormentato della
sua voce.
< Ma non c’era Bella. Edward, ti giuro, io mi sono
sforzata. Ho cercato di
vederla… ma c’è il vuoto. Prima pensavo
di non riuscire a vedere lei e i
gemelli per colpa della gravidanza. Temevo che sarebbe successo
qualcosa
durante il parto… Ma adesso che i bambini sono nati, ora che
non sono più dipendenti
totalmente dalla vita di Bella, adesso riesco a vederli chiaramente.
Senza nessuna difficoltà! Bella invece non riesco a
scorgerla. >
Prima che potessi proferire la benché minima parola,
Carlisle si intromise.
< Edward, non angosciarti troppo. Le visioni non sono mai
precise. Magari,
fra un po’, riuscirà a vedere anche lei. Volevamo
solo informarti della buona
notizia…Che Alec e Mel staranno bene… >
Ma Alice, preoccupata, si limitava a fissare il pavimento
mordicchiandosi il
labbro.
Alla
fine si decise a
ripensare alla visione, per mostrarmela.
Vidi
mio figlio seduto in
giardino, sulle gambe di Rose che gli passava le dita tra i capelli.
Teneva tra
le mani un pupazzo. Sembrava triste.
Poco lontano Liz e Mel si dondolavano su un’altalena. I miei
figli erano
splendidi e la loro pelle brillava leggermente alla luce del sole.
Quella di
Liz più di quella dei gemellini. Evidentemente, era un
fattore
legato all’età…
Io li osservavo seduto sotto il portico,nello stesso punto in cui
Bella,
incinta di Liz, aveva guardato me e i miei familiari giocare a palle di
neve.
Ero solo, ero… assente con lo sguardo.
Scossi
la testa, quasi a
voler allontanare i cattivi pensieri, e poi cercai di ragionare.
< Alice, non vuol dire che, dato che non la vedi, le sia
successo qualcosa… >
< Edward, non ero riuscita mai a vederli prima di oggi. Ma
sebbene ora veda loro,
non riesco ancora a vedere Bella. Sono preoccupata.
>
In realtà leggevo nella sua mente il terrore.
C’era qualcosa che la turbava e
che non voleva dirmi. Scrutai nella sua mente ma non trovai nulla di
più di
quanto non mi avesse già mostrato.
Il che, bastava a mandarmi in ansia.
Mi presi il capo tra le mani e cercai ritrovare una spiegazione
all’assenza di
Bella nel futuro visto da Alice.
Con voce incerta, le dissi: < Alice, Bella in quel momento
potrebbe essere a
caccia, o in cucina… neanche tu ci sei in quella visione,
nemmeno Esme o
Carlsile… >
< Esatto. È proprio quello che intendevo io. Potrebbe
essere ovunque. >
Disse Carlsile con voce pacata. < Proviamo ad aspettare ancora
un po’ prima
di allarmarci. E comunque, presto, non ci sarà motivo di
preoccuparsi. Bella è protetta e al sicuro. E quando Edward
l’avrà trasformata
potremo stare tranquilli. >
Cercai di interiorizzare quelle parole rassicuranti e mi appoggiai allo
schienale della sedia.
Dopo
alcuni secondi di
silenzio, Alice mi venne vicina. < Edward, ascolta. Presto
verrà a trovarci
Alec… forse, dovresti parlarne con lui. >
<
Alec? >
< Sì… l’ho visto questa notte.
Naturalmente, confidava nel fatto che lo
vedessi. Non si arrischierebbe a chiamarci. È impaziente di
rivedere Bella. Ci
incontreremo a Vancouver… >
< Quando? >
< Fra due settimane. E anche Jacob vorrebbe venire a trovare
Bella… chiamerà
alle 10.14. >
< Lui quando vuole venire? >
< Fosse per lui, anche domani… credo però
di poter convincerlo ad aspettare
un po’. Una puerpera va lasciata riposare.
Stressarla il giorno dopo il parto
non mi pare una bella idea. >
< Gli parli tu? >
< Certo. > E mi sorrise, gentile. Una nota di
preoccupazione sul suo
volto dai tratti delicati.
Bella’s POV
Stava per andare nell’altra stanza. Se fosse rimasto,
si sarebbe sdraiato al mio fianco, invece fissava la porta. Non volevo
che si
allontanasse e quindi voltai il capo per rubargli un bacio vero. Non la
carezza
casta sulla mia guancia.
Le sue labbra non mi respinsero ma furono troppo
ansiose e circospette per rasserenarmi. Quando sciolse il bacio, sentii
sulle
labbra il sapore amaro della separazione.
< Torno subito > la sua voce mi giunse quando
ormai era già oltre la porta.
Mi alzai sui gomiti e Liz, accoccolata vicino a me, mi
osservò.
< Mammi? >
Cercai di sciogliere la presa delle sue piccole manine
dalla mia camicia ma inutilmente.
Poco dopo Rose fece il suo ingresso in camera mia.
< Liz, hai voglia di fare colazione? > Chiese
tutta miele a mia figlia che, sbadigliando, lasciò
finalmente la mia maglietta
e si tuffò tra braccia della zia.
< Shii >
< Bella, a te cosa porto? >
< Niente, Rose, grazie… >
< Non ti ho chiesto se vuoi, ma cosa vuoi. È fuori
discussione che ti lasci a digiuno. Carlisle si è tanto
raccomandato. >
< Rose, davvero… mi sento sottosopra. Non
è che
faresti venire Carlisle, a proposito? prima volevo parlargli ma Edward
ha detto
che era occupato. Io non volevo preoccuparlo e non ho insistito.
>
Rose mi squadrò con un’espressione tutta nuova
dipinta
sul volto.
Passò leggera la mano sulla mia fronte e poi la
ritrasse pensierosa.
< Rose? >
< Adesso ti chiamo Carlisle. > Disse prima di
lasciar andare Liz che venne a nascondersi vicino a me, sotto le
coperte.
La porta si chiuse con un leggero tonfo dietro rose e
Liz mi accarezzò la faccia.
< Mammi? >
< Sì? >
< Ma come hanno fatto Mel e Alec ad entrare nella
tua pancia? >
Eccolo, il momento tanto temuto. Avvampai e sentii lo
sguardo curioso e carico di aspettative di Liz fisso su di me.
Cercai di ricordare cosa mi avesse
detto Reneè a suo
tempo e, quando me ne ricordai, decisi di non tramandare la favola di
Reneè…
Non mi parve un’idea intelligente dirle che i suoi
fratellini, e lei stessa, fossero nati perché io avevo
incontrato una cicogna
ubriaca che non sapeva dove metterli…
Ma cos’aveva in mente Reneè quel giorno?
Non soddisfatta della risposta che Reneè (adesso
potevo capire il suo imbarazzo) aveva dato alla mia domanda:
“Come nascono i
bambini”, ricordai di essere andata a chiedere alla mia
vicina di casa, che
aveva 16 anni, e che mi aveva raccontato cosa succedesse
realmente…
Ero rimasta talmente scioccata che mi ero ripromessa
che non avrei mai fatto una cosa tanto schifosa…
Ehm… effettivamente, non
sapevo cosa mi sarei persa.
E adesso oltretutto mi ritrovavo
con tre figli, la
maggiore dei quali mi stava chiedendo come nascessero i bambini. Pensai
di
dirle di chiedere ad Edward ma sapevo poi me lo immaginai spigarle cosa
fosse
il sesso e, temendo che Emmett riuscisse ad infiltrarsi nel discorso
stile-papà, pensai che era meglio se ci provavo io. Decisi
di dirle una verità
che non la turbasse:
< vedi tesoro, quando una mamma e un papà si
vogliono tanto bene, si fanno tante coccole. Il papà stringe
la mamma e le dà
tanti baci. E quando si vogliono bene, ma proprio tanto bene, allora
l’amore
che il papà prova per la mamma entra dentro di lei e si
unisce a quello della
mamma. E in questo modo si forma un bimbo piccolissimo che cresce per 9
mesi
dentro la pancia della mamma. E quando è cresciuto
abbastanza, allora bussa
alla mamma e la avvisa che deve nascere. >
< Ma allora ieri Mel e Alec hanno bussciato? >
Oddio, mi sembrava che mi stessero uccidendo pugnalandomi
dall’interno dato il dolore, ma lasciamogliela
passare…
< Sì… e il papà, i nonni e la
zia Alice mi hanno
aiutata a farli nascere. >
Liz sembrava soddisfatta della
risposta e sorrise. Io
cercai di sdraiarmi un po’ meglio.
Avevo male ovunque a causa dello sforzo della notte
precedente. Volevo dormire, volevo riposarmi… Ne avevo
bisogno.
per cercare di allontanare Liz senza offenderla, le
chiesi di andarmi a prendere un bicchiere d’acqua.
Lei, gentile ed ubbidiente, sorrise e corse in cucina.
Mi abbandonai ai cuscini cercando di trovare una
posizione che non mi facesse sentire il male alle gambe, alla schiena e
all’inguine.
Mentre me ne stavo sdraiata ad occhi chiusi, una mano
gelata mi fece rabbrividire.
< Bella, Amore? Stai bene, tesoro? Sei calda. >
In un istante di spazientimento mi ritrovai a pensare:
“se non la smette, gli tiro dietro una corona
d’aglio attaccata ad un pugnale
d’argento” per poi ricordarmi però che
gli stupidi rimedi umani contro i
vampiri non avevano nessun effetto pratico.
Aprii lentamente gli occhi,
poggiando la guancia
contro il palmo freddo di Edward.
Vidi Carlisle e sbuffai.
< Bella, se volevi vedere Carlisle, se era una cosa
importante, perché non me lo hai detto? > Mi
rimproverò mio marito, seduto
sul letto vicino a me.
< Rose dice che non stai bene. >
< Sto bene, solo, mi sento strana… non è
il caso di
agitarsi. > Ma dal suo sguardo, capii che lui era molto
più che agitato… era
proprio per quello che avrei preferito parlare con Carlisle in
privato…
Non volevo che Edward si facesse delle paranoie.
< Edward, perché non vai di là con Liz.
Non vorrai
che si senta trascurata? Ci penso io a Bella… >
< Carlsile, Liz può stare con Rose o Esme, o con
Alice. >
< Edward, fa come dice lui… mi sentirei
più
tranquilla se stessi un po’ con lei. Continua ad essere il
padre affettuoso che
sei stato fino a ieri. >
< Bella, ti prego… non se ne parla neanche. Ecco,
questa è l’acqua che hai
chiesto. >
E mi porse un bicchiere stracolmo di acqua fresca.
Quando la vidi, sentii la sete crescere. Mi sporsi ed afferrai il
bicchiere, da
cui bevvi avidamente.
In quel momento Carlisle mi passò la mano sulla
fronte.
Guardò Edward e poi mio marito mi sussurrò:
< Hai
la febbre. Non alta ma comunque è meglio evitare che
salga... >
< Ah, ecco perché mi sento
così… strana. Con Liz, dopo il parto,
è
stato diverso. >
Edward mi sfilò il bicchiere e mi accompagnò sui
cuscini.
< Devi stare a riposo. > poi, rivolgendosi a
Carlisle < Forse ha un’infezione >
< Forse... Potrebbe anche essere la spossatezza però.
Secondo me è per quello. La terremo
sottocontrollo, nel caso sia necessario intervenire con una cura
antibiotica.
>
Mi toccai il seno e sussurrai: < Non prendo niente.
>
Senza realmente darmi retta, Edward disse: < Sì,
tesoro, lo sappiamo. Ma se fosse necessario, non voglio sentire storie.
>
Contrariata, mi voltai di lato. Volevo tenergli il
muso ma non mi fu possibile. Cominciò a massaggiarmi la
schiena dolcemente.
Quando sentii le sue labbra gelate sfiorarmi il collo sciolsi i muscoli
e mi
rilassai.
Sentii Edward annuire e mi voltai.
Lui mi sorrise.
< Carlisle ritiene che sia ora di allattarli. >
< Ah, ok… Non c’è rischio
che… > < No, figurati… >
< Bene.
Edward, mi aiuteresti? >
< Certo. > e con cura infinita prese la bambina
dalla culla. Il fratellino stava ancora dormendo.
< Allora Mel, è l’ora della pappa? >
le fece con
la voce dolce e melodiosa che mi aveva catturato l’anima. La
piccolina
gorgogliò e lui le pulì la bocca minuscola, prima
di porgermela.
Io la appoggiai al mio seno e
lasciai che si attaccasse
con le gengive alla mia pelle. Strizzai gli occhi cercando di non
pensare al
dolore e mi lasciai cullare dal ritmato ciucciare.
Quando sia lei che il fratellino furono sazi, mi accoccolai tra le
braccia di
Edward che, cercando di non farsi notare, mi sfiorava la fronte come
per
controllarmi. Il suo tocco era preoccupato.
< Edward > gli feci all’improvviso <
Perché
prima te ne sei andato di là? Cos’è
successo? >
< Niente di preoccupante. Anzi, sarai felice. >
Queste parole mi risvegliarono e mi aggrappai alla sua
camicia, facendo scorrere le mie dita sul suo petto. < Davvero?
>
Annuì convinto e poi mi confessò: < Alice
ha visto i gemellini. Saranno splendidi.
>
Nella sua voce serena riuscii però a cogliere una nota
di preoccupazione che decisi di non alimentare. < E Elizabeth?
C’era anche
lei nella visione? >
< Sì. Giocava con Melanie. Andranno molto
d’accordo. Alec invece era seduto e giocava con un pupazzo.
La loro pelle
brillerà leggermente. Il bagliore sarà
impercettibile agli occhi umani ma sarà
splendido. >
Sorrisi soddisfatta e mi immaginai i miei figli che
crescevano, sani e forti.
In quel momento sentimmo
strimpellare al pianoforte.
< Liz… > sibilò Edward ironico, con
una punta di orgoglio nella voce sensuale.
< Edward, mi aiuti ad andare di là? Voglio sentire
Liz. >
< Bella, perché non te ne resti tranquilla per un
po’? La si sente anche da qui. > mi
sussurrò all'orecchio, conciliante.
< Va bene, vorrà dire che ci andrò tutta
sola
soletta, visto che non vuoi accompagnarmi tu... > E
così dicendo scivolai fuori dal letto. Mi misi in piedi e
feci
appena pochi passi prima di sentire il braccio di Edward cingermi il
bacino.
Le mie gambe tremavano e faticavo a restare in piedi a
causa dei muscoli indolenziti. Mi pareva di essere fatta di burro.
Lasciai che Edward borbottasse qualcosa riguardo la
mia cocciutaggine senza ribattere. Appoggiata a lui, mi sentivo felice
e
completa.
Mi aiutò a sedermi sul divano e mi avvolse una coperta
intorno al corpo.
Liz si voltò e mi domandò: < Mammi, ti
piasce? >
< Certo, sei bravissima. Anche meglio del papà.
>
Lei rise ed Edward la sollevò dallo sgabello su cui si
sedette talmente
velocemente che quasi non me ne accorsi. Fece accomodare Liz sulle sue
ginocchia e poggiò le sue mani su quelle di nostra figlia,
per guidarla. La
musica chiassosa e sconclusionata che prima riempiva l’aria
venne sostituita da
una melodia dolce e semplice al contempo. Edward sussurrava a Liz:
< Ecco,
più dolcemente. Senti le note? Brava, così. Non
avere fretta. Devi essere
leggera, accarezzare i tasti. Brava. Senti che bella musica? Sei
proprio una
brava pianista. > mentre parlava le baciava i capelli.
Mi portai le ginocchia al petto e rimasi a fissarli
finché Emmett non entrò in sala.
< Edward, vieni a caccia con me e Jasper questa
sera? Carlsile andrà domani e visto che non vuoi che siate
via entrambi… >
< No Emm, preferisco aspettare. Non ho sete. Non
preoccuparti. >
< Se lo dici tu. A proposito, Alice ha parlato con
il cane. Lo ha convinto ad aspettare un po’ prima di venire.
>
Quella frase catturò definitivamente la mia
attenzione.
< Jake viene a trovarci? >
< Sì, ma non subito. Prima devi rimetterti. >
mi
sussurrò Edward senza smettere di guidare le manine di Liz
sui tasti
splendenti.
< Uffa Edward, quanto sei iper-protettivo. >
La musica cessò improvvisamente e Liz alzò lo
sguardo
verso il padre con un’espressione confusa sul visetto
incorniciato da riccioli
rossi. < Papi? >
Lui la fece scendere dalle ginocchia e la poggiò sulla
coda del pianoforte che aveva chiuso in un secondo.
< Che c’è? >
< Alec si sta svegliando… non vorrei che svegliasse
anche Mel. Vado a prenderlo… >
E poi svanì nel corridoio.
Emmett si sedette vicino a me e fissò Liz che stava
sfogliando uno spartito senza però capire cosa ci fosse
scritto. Era
affascinata dalle linee e dai puntini… dondolava le gambe
trasognata.
Era troppo carina con il vestitino lungo e bianco che
indossava. Alice diceva che quel colore le donava ed aveva ragione.
Sembrava
una fatina.
Mio “fratello”
sbuffò e attirò l’attenzione mia e di
Liz.
< Che c’è? > gli chiesi. Lui mi
squadrò e poi
indicò con il mento verso la mia camera.
< Come si fa a chiamare un bambino Alec? Solo due
genitori come voi potevano riuscirci. >
< Emmett!!! E poi, il mio bambino si chiama Alec
Anthony >
< Ecco, appunto… ma si può? Non potevate
scegliere
dei nomi un po’ più… maschili? >
< Alec ha fatto tantissimo per me. Ci tenevo a
dargli il suo nome. E poi, il secondo nome di Edward, Anthony, non
l’ho scelto
io ma sua madre... >
< A me piaceva di più Thomas. Credo che lo
chiamerò
così. >
Edward entrò in camera e guardò male suo fratello
prima di venirmi vicino. Mi passò nostro figlio e si sedette
vicino a me, dal
lato opposto a quello di suo fratello, poi, accarezzandogli la
testolina
minuscola, disse: < Senti, si chiama Alec Anthony Cullen. >
< Io comunque lo chiamerò Thomas. Vero Tom? >
sussurrò piegandosi verso il bambino minuscolo che stringevo
al petto. Io
scostai la coperta per fargli vedere il visetto ed Emmett glielo
accarezzò
delicatamente. Nonostante fosse enorme, Emmett sapeva anche essere
dolce. Alec
strinse i pugnetti intorno ai miei capelli e strusciò il
viso contro la mia
pelle calda e morbida. Edward sorrise e si alzò in piedi.
Alzai lo sguardo < Edward, dove vai? >
< A Mel non piace stare da sola, a quanto pare. Non
la puoi sentire perché l’udito umano non
è abbastanza sviluppato, ma si sta
svegliando. La porto di qua. Ah, a
proposito, Rose ti ha preparato il the e dei biscotti
secchi. Devi
restare leggera. >
Prima di sparire di nuovo andò al piano e prese Liz
fra le braccia.
< Vieni, andiamo dalla tua sorellina. >
Dalla cucina intanto Rose mi
avvisava che mi stava
portando la colazione. Emmett si alzò per andarle incontro
dopo avermi
scompigliato i capelli e detto: < sono contento che finalmente
siano nati. Adesso
potrò ricominciare a prenderti in giro senza che per questo
Edward mi accusi di
farti arrabbiare e, di conseguenza, di far star male i gemelli. Vedrai,
mi devo
rifare di questi ultimi nove mesi! Comunque, sono proprio degli
scriccioli. Spero
che, crescendo,assomiglino di più a te che ad Edward. Di
lui c’è già uno
specchio al femminile. Più cresce, più Liz gli
assomiglia. > E in questo
modo mi salutò.
Seguendolo con lo sguardo notai
Alice che mi spiava,
seduta in cima alle scale. Quando i nostri occhi si incontrarono,
voltò il capo
velocemente e si alzò,
come se non
volesse parlare con me e lasciandomi
perplessa. Il suo nome mi morì sulle labbra con un
sussurrò smorzato. Alec,
sentendo la mia voce, si strinse di più a me con un
movimento inconscio.
Strinsi il mio bambino che era placidamente addormentato tra le
mie
braccia piegate a formare una culla calda e accogliente e aspettai che
arrivasse Edward. Avevo mal di testa e non mi andava di
alzarmi… anche se avrei
tanto voluto andare a fare quattro chiacchiere con Alice…