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Autore: _Aly95    15/05/2015    1 recensioni
(REVISIONE in corso capitoli)
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"Durante quel racconto aveva ricordato ciò che il corpo non aveva mai dimenticato: la sua pelle, le sue mani fredde, che si infilavano sotto la propria carne, quel suo sangue di ghiaccio, da predatore paziente e calcolatore, implacabile. E quel suo senso di superiorità e di potere che sprigionava con ogni parte del suo essere, la sua natura possessiva e misteriosa: sbagliato, forse morboso, ma era ugualmente eccitante. [...] Era rabbrividita, con un certo timore: un essere del genere, avrebbe mai trovato la pace, in particolare nella sua folle vendetta..?
Si stava sciogliendo. Sciogliendo tra la neve."
[Pre-Thor] / [Post-Avengers] - [Thor: The Dark World] - [Post- Thor: The Dark World]
Il destino mescola le carte e noi giochiamo _ Arthur Schopenhauer
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La luce abbaglia, bianca e inconsistente, eppure spessa, come un velo di latte: tornavano ad Asgard.
Insieme a Loki, prigioniero in catene e in pazzia, fatta di corde talmente disperate da essere più resistente del ferro, dell’acciaio, del vibranio.
Può una mente a pezzi diventare una fortezza inespugnabile?
“La realtà che vivi tu, caro figlio di Odino, è falsa, è solo un’illusione. Sei vissuto nel tuo palazzo dorato con i sensi tappati e l’intelletto distorto da un’ingenuità che ti fa quasi onore”
Thor si era limitato a fissarlo negli occhi mentre le strette e pesanti manette che Sif gli metteva con molta poca delicatezza gli portavano via un sorriso a trentadue denti che altrimenti avrebbe mostrato.
Non doveva ascoltarlo. Loki sapeva sempre cosa dire per tentare le sue vittime; se gli avesse dato spago, sapeva che probabilmente se ne sarebbe pentito.
Intanto tornavano.
Avvolti dalla luce del Ponte, che tante volte aveva attraversato, con l’antica gloria dell’esito positivo delle proprie missioni, di quando ancora, più giovane e semplice, vedeva la vita e l’eternità prospettarsi come una serie infinita di fama e vittorie, di coppe di vino invecchiato di millenni, di amici e sorrisi familiari.
Di cosa poteva vantarsi, adesso? Del proprio fallimento come fratello..?
Le vittorie si profilavano sempre più come scottanti sconfitte od amare disfatte.
E più battaglie combatteva, che fossero personali o meno, maggiormente si accorgeva della complicatezza, della difficoltà, del sacrificio e del dolore che davvero la morte e la sofferenza portavano con sé.
“Tu sei un vecchio, e un pazzo!”*
Mai le sue vecchie parole gli erano parse tanto arroganti e futili, una mente di strette vedute, discorsi di un bambino vissuto nella gloria e nell’agio, in un’era di pace.
Sì.
Adesso comprendeva pienamente il fardello che Padre portava sulle proprie spalle, la tristezza e la rassegnazione verso un mondo che si teneva in piedi con i fili, tanto era instabile e pronto, in ogni momento, a sfaldarsi per cadere nelle tenebre.
A casa, fratello, non nuocerai a nessuno. A casa, Loki, è il posto dove devi stare.
Uno, due.
Le palpebre che sbattevano permisero di mettere a fuoco l’ambiente interno del Bifröst, solitamente ampio e cavo, quasi sacro per il vuoto e il silenzio che vi regnavano, governati da un guardiano che amava contemplare l’universo e le sue meraviglie.
La scena che gli sfilava davanti non poteva essere più diversa.
Il Dio del Tuono passò lo sguardo attorno, basito, scartando sui visi di guerrieri, guardie reali, che niente avevano da dire: un volto concentrato, carico di determinazione, gli occhi puntati sui sopraggiunti, nessun’ombra di vitalità.
Un esercito, quasi.
Occupava il Bifröst, e pareva estendersi fino ad una buona metà del Ponte.
Tuttavia, non fu tanto la vista di quell’enorme marmaglia a farlo sussultare, a smarrirlo nella propria coscienza razionale, bensì la figura che svettava vicino al tronco d’oro dal quale il dio dagli occhi di miele aveva appena estratto la propria arma: in dure vesti metalliche grigie e nere, un mantello rosso fuoco, ecco che si innalzava il Padre degli Dèi.
Thor rimase immobile, in silenzio, mentre osservava quell’occhio di freddo azzurro brillare di nuovo dopo tanto, troppo, tempo.
Dove sei stato, Padre?
Di fianco a lui, percepì Volstagg e Sif inchinarsi col pugno al petto: l’occhiata che gli scoccarono con la coda dell’occhio, in un secondo momento, lo avvertiva della stessa incredulità che li metteva tutti nella stessa barca. Dal canto suo, Lorelei, immobile, era sbiancata.
‹‹Odino ha sempre il gusto di fare le cose in grande..››
Prigioniero, ferito, umiliato nella privazione delle sue capacità occulte, eppure spaziava tranquillo, per nulla meravigliato, lo sguardo per tutto l’interno del Bifröst come si trattasse di una visita di piacere, con un agio che lui solo riusciva a trovare anche nelle situazioni più sconfortanti.
Loki mostrava all’esercito un sorrisetto di ostentata arroganza che, il Dio del Tuono immaginava, sia Sif che Lorelei, l’intero regno, avrebbero strappato con le proprie unghie, quella lingua d’argento che avrebbero tagliato con un morso di collera.
Perché doveva sempre peggiorare la sua situazione, tirando la corda al limite? Prima o poi si sarebbe spezzata, rimanendogli in mano.
Chiuse le dita sul palmo, a pugno, scostò il mantello di velluto; fu colto da una consapevolezza improvvisa.
Tu sapevi, fratello..
Strinse i denti, mosse velocemente le pupille chiare sul pavimento, come se stesse contando delle mattonelle invisibili.
O magari Loki stava semplicemente giocando con le loro menti, fingendo di conoscere un fatto stupefacente tanto per loro quanto per lui. Insomma, non era poi così difficile crederlo.
La sua voce trasudante ironia non aveva ancora finito di infrangersi sulla volta, per poi cadere sulle teste dell’esercito silente, che Thor percepì il rumore delle catene, la cui estremità teneva in mano, accompagnato da un lieve movimento.
Il Dio dell’Inganno aveva appena porto i polsi incatenati al Padre degli Dèi.
‹‹Mi sento profondamente onorato per la tua magnifica accoglienza, Odino..››
Gli avrebbe mollato un ceffone più che volentieri.
D’un tratto risuonò, ferma e decisa, la voce di uno dei migliori condottieri del re.
‹‹I figli di Asgard sono tornati. Il regno gioisce della loro incolumità››
Silenzio.
Nessuno sembrava in realtà gioire, e lo sguardo severo di Odino era una maschera di pura cera secca. Il tempo rimaneva in sospeso, immobilizzando ogni cosa ed ogni pensiero.
Non un fiato, forse nemmeno un battito di ciglia.
Thor avvertiva i propri muscoli rigidi nella tensione di un fermo movimento.
Fu Odino, infine, a dare nuovamente un calcio al tempo raffermo, allargò elegantemente il braccio destro per far cadere i granelli della clessidra il cui stretto passaggio il silenzio aveva ostruito; porse la mano verso i suoi due impavidi compagni di battaglia.
La bocca si aprì, le labbra si mossero; e i presenti riconobbero di nuovo quel timbro deciso e quel tono perentorio che faceva di Odino il grande Padre degli Dèi.
‹‹Valenti guerrieri che avete sostenuto il vostro amico e compagno Dio del Tuono, vi ringrazio infinitamente›› chiuse l’occhio buono al pari di un grato cenno di testa. ‹‹Tuttavia avrei ancora un favore da chiedervi, se la stanchezza e il dolore non abbiano ancora sopraffatto le vostre ammirabili e preziose abilità di guerrieri››
Volstagg, dio dalla pelle dura, si era fatto qualche graffio superficiale lungo le braccia, le cosce e il petto; ma colui che poteva atterrarlo, doveva ancora nascere. Persino Jörmungand aveva avuto problemi a metterlo fuori combattimento. Sif, invece, a parte qualche ciocca di capelli corvini tagliata, e piccoli segni sul collo, leggere ferite sotto il mento, non aveva niente di cui lamentarsi.
Entrambi si limitarono ad un inchino rigido, carichi di una fedeltà e un’ammirazione che il re sembrò apprezzare.
‹‹La sostanza che recate con voi ha già procurato troppa sofferenza››. Indicava col palmo la scatola di metallo dove avevano deciso di rinchiudere l’Aether, dopo averla trovata. ‹‹Sarei lieto se la portaste laddove non potrà più causarne. Sarà Heimdall a guidarvi nella giusta direzione››
I due guerrieri annuirono.
Odino fece un cenno alle guardie, un cenno del capo lieve, prima di dare loro le spalle e avviarsi fuori dal Bifröst; esse, irrigidita la postura, si prepararono a partire e con passo cadenzato ma inflessibile, automatico, apparentemente privo di vita, si avvicinarono a lui e al prigioniero.
Con un sospiro, Thor lasciò le catene delle manette nelle loro mani.
Stava consegnando Loki a due individui dagli occhi grigi e spenti, la faccia squadrata e l’umore di lutto. Stava consegnando suo fratello all’indifferenza; al disprezzo.
Non avrebbero certo avuto i suoi stessi riguardi di quando l’aveva scortato a palazzo tempo prima**,  o la stessa preoccupazione del suo stato d’animo di quando aveva evitato di umiliarlo più di quanto non avesse già fatto con le proprie mani, senza strattonare la catena, senza farlo sentire un cane bastonato.
Per quanto potesse non provare più speranza nei suoi confronti, rimaneva sempre suo fratello, lo stesso bambino che lo seguiva per tutto il castello col pollice in bocca e le dita della manino attaccate alla sua giacchetta di seta, lo stesso ragazzino che gli sorrideva quando Padre li prendeva per le spalle e mostrava loro il grande e potente Mjölnir, lo stesso uomo che ancora riusciva a farlo ridere con le sue pungenti osservazioni.
Era Loki.
E lo stava lasciando in quelle mani apatiche e disinteressate.
Alzò gli occhi su di lui, cercando sul suo volto quel sorrisetto altezzoso che, stranamente, avrebbe potuto avere il potere di confortarlo.
Cercò, ma non trovò sorrisi, i suoi specchi celesti incontrarono invece la chioma corvina; Loki era voltato in altra direzione.
Si sentì un po’ smarrito.
Non l’aveva mai detto a nessuno, ma la forza e la determinazione che lo avevano sempre accompagnato derivavano dalla vicinanza del fratello che, sapeva, sarebbe sempre stato pronto a riprenderlo, a consigliarlo, a fermare – o perlomeno a mettere in dubbio – il suo ardore, le sue decisioni sempre affrettate e impetuose.
Ad ogni scelta, condivisa o meno, si era sempre accertato che Loki lo seguisse comunque, come un’aquila sempre pronta a vegliare su un fratello troppo cocciuto.
O forse, era stato tutto frutto di un’ennesima illusione.
Loki si voltò di nuovo, quasi subito, fronteggiando le guardie con un’attenzione sciatta ed annoiata cui faceva contrasto una pelle malamente conciata. Disse qualcosa, un commento che Thor riuscì a cogliere non con le orecchie ma con la vista, dal momento che il dio aveva alzato con derisione un angolo della bocca. Le guardie invece parvero udirlo bene.
‹‹Cammina›› ordinò secca una, strattonando la catena delle manette. Doveva far male, più all’orgoglio e alla dignità, calpestati, che alla carne effettivamente morsa dal metallo pungente.
‹‹E' sempre bello tornare a casa, Thor, non credi..?››
Il figlio di Odino alzò gli occhi, incontrando due iridi fredde.
Sei tu che hai voluto che “Casa” ti trattasse in questo modo.
Tirarono di nuovo la catena, costringendolo a camminare.
Thor attese, preferendo non assistere alla scena poco pietosa con cui sarebbe stato scortato a palazzo. Spostò distrattamente le iridi verso destra, di nuovo, nella stessa direzione che lo sguardo del fratello aveva lasciato prima di voltarsi nuovamente verso le guardie.
Si accigliò, per un attimo, credette di non aver visto bene; socchiuse le palpebre.
In mezzo alle guardie ancora ferme, ma che si stavano preparando per lasciare l’edificio, spiccava una donna dai lunghi capelli sciolti, scuri, lisci, e la pelle chiara.
Si trattava di Anirei, non poteva sbagliarsi.
Era lì, tra la schiera del re, una guardia le teneva il braccio, irremovibile.
Da quanto si trovava là…? Che cosa ci faceva?
Fece per raggiungerla, mentre il grosso delle truppe si disponeva attorno al prigioniero, pronte a scortarlo alla fortezza.
Era meglio se non assisteva. Non ne avrebbe tratto nulla, se non pena e compassione, forse sofferenza per un dio che amava fallire nei suoi stessi piani.
Per Anirei, però, sembrava non esistere altro posto dove posare gli occhi.
Click.
Un rumore metallico lo costrinse a voltarsi indietro; un paio di manette pesanti abbracciavano i polsi di Lorelei.
S’interpose subito, senza pensare. ‹‹Ho dato la mia parola che non sarebbe stato indetto alcun arresto››
Le due guardie si diedero un’occhiata in tralice, poi costrinsero la strega a seguirle.
‹‹Ho dato la mia parola›› insistette.
‹‹Figlio di Odino, questi sono gli ordini del Padre degli Dèi. Non i vostri››
La dea guardò con disprezzo misto a terrore le manette, ma non si sognò di ribellarsi: incontrare l’ira di Odino era l’ultimo dei suoi desideri.
 
 
 
‹‹Padre..›› chiamò non appena l’accesso alla Sala del Trono fu disponibile e le grandi porte si aprirono. Percorse il lungo corridoio dorato, il pavimento decorato con geometrici fregi dalla linea sottile e ingarbugliata seguendo la quale qualunque occhio si sarebbe perso.
Odino sedeva nuovamente come un tempo, con la sua alabarda nella mano destra, i fedeli corvi Huginn e Muninn*** sui due lati del trono, lo splendore prezioso della scalinata.
L’ultima volta che aveva visto una scena simile, sotto quelle mentite spoglie si nascondeva un abile fratello, che era riuscito a creare un’illusione più perfetta della realtà.
Non aveva dimenticato alcuna ruga, nessuna sfumatura di quello sguardo sempre severo ed aspro, nondimeno capace di addolcirsi dinanzi a ciò che riusciva ad ammorbidire il suo cuore di padre e uomo. Poche volte lo aveva visto sorridere davvero sinceramente.
E sovente si era trattato dell’amore provato per lui o Frigga. Ma anche per Loki.
Col tempo sembrava essersi dimenticato come fare a piegare le labbra.
Giunse ai piedi delle scale, le stesse dove tante volte madre e figli avevano atteso il regno, le cerimonie importanti, le visite che il re riteneva necessarie ricevere. L’unico luogo dove Loki abbassava gli occhi, incapace di guardare in quelli di Padre quando carichi prima di invidia, poi di rabbia, infine di odio.
Come poteva, Thor, non essersene mai reso veramente conto? Come poteva non averci dato mai troppo peso?
“Sei vissuto nel tuo palazzo dorato con i sensi tappati e l’intelletto distorto da un’ingenuità che ti fa quasi onore… oppure si tratta solo di vano ed egoistico egocentrismo?”
‹‹Thor›› riecheggiò potente la voce di Odino, mentre i due corvi lo guardavano con curiosità.
Ne aveva abbastanza; senza risposte, possedeva solo la voce di Loki che insinuava dubbi nella sua mente, che tentava di renderlo un burattino inerme, sconfitto dalle sue stesse domande.
Fissò Padre, non abbassando lo sguardo. ‹‹La donna che ti teneva sottochiave è stata catturata..›› prese un respiro, aprì le mani ‹‹Puoi spiegarmi che cosa ti sia capitato?››
Odino inspirò profondamente, il petto si alzava con lentezza. Era forse un sospiro?
‹‹Loki si è approfittato della mia temporanea incoscienza per governare al mio posto››. Thor si accigliò, mentre una lieve ciocca di capelli biondi sfuggiva da una piccola treccia. ‹‹E la donna che vi ho chiesto di catturare aveva il compito di sorvegliare il sonno del mio corpo celato agli occhi del guardiano››
Aggrottò le sopracciglia. ‹‹Una maga, una..?››
Odino intervenne ‹‹Una serva. Molto fedele. Innamorata e parecchio gelosa, che nella mia liberazione ha visto un impetuoso mezzo di vendetta verso chi l’ha ferita››
Al solito, i piani di Loki si rivoltavano sempre contro di lui.
Come quando aveva tentato di impadronirsi del trono mentendogli e volendolo uccidere – quando avrebbe potuto benissimo starsene in silenzio e beneficiare del proseguimento naturale degli eventi - e ne aveva subito le conseguenze, o quando aveva finito per assaggiare la stessa sconfitta umiliante che aveva programmato per i protettori della Terra. E la lista sarebbe potuta continuare.
C’era sempre qualcosa che stonava nei suoi piani melodici, forse quell’eccessivo desiderio di rivalsa che lo voleva completamente vittorioso su tutti e tutto, un eccessivo moto di sentimento che gli faceva fare quel passo falso.
E ancora una volta ne era uscito sconfitto.
Eppure..
Non riusciva a togliersi quell’espressione soddisfatta dalla mente.
Si guardò distrattamente attorno, annuendo con poca convinzione. ‹‹Cosa hai intenzione di farne di Loki?››
‹‹Sconterà la sua pena››
La voce del Padre degli Dèi si era fatta intimidatoria, così come i suoi occhi: lo sguardo era talmente perforante da bilanciare l’assenza dello zaffiro mancante.
Sapeva cosa volesse comunicargli: se avesse anche solo pensato di liberarlo dalle sue prigioni come l’ultima volta, non avrebbe più potuto varcare i cancelli di Asgard.
Una minaccia muta ma più chiara di qualsiasi discorso.
‹‹Tieni ancora delle speranze verso di lui, Padre..?››
‹‹Thor, devi capire che non si tratta di speranza. Si tratta di giustizia. Qualunque sia il nostro pensiero, il nostro cuore, bisogna metterlo a tacere. Per quanto possa essere doloroso. Rammentalo sempre››
Thor piegò la testa, stringendo le labbra.
Vorrei davvero essere in grado di aiutarti, Loki.. ma sembra che il male che ti si è radicato dentro sia ormai parte integrante del tuo animo..
Udì rumore di passi, lenti e pacati. Padre gli toccò una spalla col palmo, stringendo forte ma senza fargli male.
‹‹Avrei dovuto aiutarlo, Padre.. non dicevi sempre che era il mio compito di fratello maggiore proteggerlo dai pericoli del mondo?››. Come poteva, d’altronde, difenderlo dalla reazione alle sue ferite interne, che sanguinavano ad ogni momento del giorno e della notte?
La stretta si fece più forte. ‹‹Non biasimarti, Thor. Non siamo in grado di controllare le decisioni altrui, esse sfuggono, oserei dire fortunatamente, alla nostra volontà››. Alzò lo sguardo, incontrò lo zaffiro del re. ‹‹Esistono cose ed eventi cui sembra sia impossibile opporsi..››
Già. Per quanto avessero potuto combattere, raddrizzarlo, metterlo sulla retta via, Loki inciampava sempre nell’odio che il destino aveva deciso di fargli soffrire.
‹‹Hai altro da chiedermi, figlio dei tuoni?››
‹‹Ho dato la mia parola a Lorelei che non le sarebbe successo niente. Se non fosse stato per lei, dubito fortemente che saremmo riusciti a catturare Loki, o a imprigionare l’Aether››
Odino ritrasse la mano, meditabondo.
‹‹E sia›› disse infine, voltandosi e salendo di nuovo i gradini che portavano all’alto scranno.
 
 
                                                                                         ***
 
 
Bianco.
Bianco.
Un individuo dagli occhi verdi, freddi, fissava insistentemente le sue pupille.
Il resto era bianco, una luce d’avorio che assolava l’intera stanza.
Non puoi sfuggirmi..
Distolse lo sguardo, rimirò la propria mano pallida e secca sulla gamba avvolta in stretta stoffa marrone.
Il corpo era immobile; l’intera figura non lasciava presagire movimento di alcun muscolo.
Picchiettava il mignolo sul ginocchio.
Uno.
Due.
Tre.
Ballava piano e scandito, come stesse contando i granuli di una lenta e opaca clessidra.
Stai forse crollando?
Alzò gli occhi, per ritrovare ancora una volta quelli verdi.
Li riabbassò, impassibile, con poco interesse.
Il bianco era ovunque, si rifletteva sulle pareti di specchio, sul soffitto lucido e il pavimento cristallino; e ovunque avesse volto lo sguardo, quegli occhi freddi sarebbero stati sempre lì, pronti a ricordargli il vero colore che celavano dietro di sé.
Un rosso fuoco pronto a divorare l’iride.
Un paio di lingue di fiamme mostruose, cariche del sangue di coloro che avevano ucciso con la stessa freddezza del corpo di ghiaccio.
Un verde volto a rammentargli il rosso.
A rammentarti ciò che hai fatto, e ciò che sei..
Un mostro.
Le dita della mano destra solcarono piccoli cerchi sulla rotula, le unghie annusavano la tentazione di conficcarsi nella carne. Se anche avesse abbassato le palpebre, quella luce luminescente le avrebbe oltrepassate, condannandolo a un fascio di verità, a un fascio senza illusione.
Dove puoi nascondere la verità quando ti vengono tolte le tenebre, mostro?
Già.
Il buio, le tenebre.
Un ottimo luogo che, una volta imparato ad accettarlo e a non temerlo più di quanto non facciano gli altri, si trasforma in una spessa coltre di coperte, decisa a celare qualsiasi cosa le si chieda; un corpo, un pugnale affilato prima pulito e poi sporco di rosso, un piano, un segreto.
Qualunque cosa.
Le tenebre sono una madre che si disprezza, ma cui si deve ipocritamente sorridere per non essere subito asfissiati dalle sue braccia, dal suo abbraccio sul petto, sul seno. Essa, terribile e mortale, cullando, richiede il prezzo dei suoi servigi.
Loki la odiava, ma doveva farsela piacere dal momento che, sebbene avesse voluto trinciare quelle braccia di odore nauseabondo, di sempre viva decomposizione, fatta di vermi e carne putrefatta, finiva sempre in quella stretta asfissiante, nolente e rassegnato.
E a mano a mano, intanto, essa si spargeva, voleva abbracci sempre più duraturi, baci sempre più appassionati, a poco a poco consumava, tra quelle braccia di odio crudo.
E' così: chi abbraccia quella madre, chi abbraccia le tenebre, diviene un corpo che si dissipa, che mangiando si mangia.
Sbatté le palpebre, con lentezza stanca.
Aveva combattuto tutta la vita, contro la sua rivale, spesso perdendo.
Ma ella non si era data per vinta, e aveva continuato imperterrita a staccarlo dall’abbraccio del buio per riportarlo a quello della luce, quando né Odino, né il destino stesso, erano stati in grado di allontanarlo da quella che si proclamava in silenzio la sua vera madre.
Eppure, quella donna dai cristallini occhi azzurri, e i lunghi boccoli biondi sembrava convinta del contrario. E aveva continuato, testarda, fino a quando il destino non aveva deciso di portargliela via.
Sarebbe tanto voluto mostrarsi a quel ciliegio, e fissarne le radici, anziché i rami.
Come credevi di riuscire, tu, illusa di una regina? L’altra madre è riuscita a metterti fuori gioco.
Non c’è speranza di staccarmi dal suo fatale abbraccio di morte.
Sì, glielo avrebbe voluto dire. Tuttavia sapeva, il dio, che non una di quelle parole sarebbe uscita dalle sue sottili labbra. Non una.
Perché dentro di sé non riusciva a staccarsi del tutto, non riusciva ad abbandonare una sciocca e infantile speranza, lieve, di potersi liberare di una madre che odiava con tutto il disprezzo possibile.
Una madre che gli aveva impedito di stare con l’altra, di renderla fiera di sé.
Di poterla davvero stringere e sentirsi di nuovo suo figlio, come prima che tutto cadesse a pezzi, scivolando da quel ponte dai colori dell’iride e finendo inghiottito nelle tenebre che, gelose, avevano provveduto a seppellire anche i frammenti luminosi di ciò che la madre d’oro, di sole, aveva costruito.
Chiuse gli occhi.
Ricordò una piccola fiammella verde come le sue iridi, che seguiva magicamente il movimento delle dita della mano; era stata poi adagiata sul suo palmo, ne era rimasto affascinato.
“Potrai farlo anche tu se ti piace. Scommetto che diventerai bravissimo: tu hai cuore.”
Le piccole labbra stirate in un sorriso pieno di speranza, di gioia; e tendeva il braccio per afferrare quella mano che gli veniva offerta, la mano liscia e morbida, calda, di chi ti sa riscaldare il petto.
Si sporgeva per afferrarla, nonostante le tenebre avessero già rubato parte del suo cuore rifiutato, nonostante cominciassero a spandersi fino a rubargli qualsiasi battito.
“Allora io non sono tua madre”
E la sua piccola mano, divenuta grande, trapassava solo una vana illusione.
Crash.
Veloce e violento fu il pugno sul vetro lucido, tra le sue gambe.
Schiantato in mille pezzi, le schegge gli fornivano il riflesso delle iridi verdi: migliaia di rifratti identici, di occhi freddi solcati da una lucidità che non sarebbe dovuta trasparire.
Guardati.. non c’è nemmeno bisogno di mostrarti il vero mostro che sei, per tormentarti..
Sei solo un debole.
Stornò lo sguardo, lo diresse con poco interesse sulla mano di minuscoli frantumi di vetro, attaccati alla sua carne pallida ed emaciata, traslucida e quasi trasparente, come pidocchi dalla resistente tenacia.
Il petto era immobile e vuoto.
Studiò una goccia rossa, tra le tante, colare in mezzo all’indice e il medio, scivolare sul polso con lentezza di fatalità, disegnare una lunga riga sull’interno del braccio da tempo liscio; rimase a fissarla, quella goccia, che solitaria scendeva giù, giù, sempre più giù, sino a curvare e toccare la punta del gomito.
La seguiva in un morto silenzio, in un contemplativo guardare: perché si può provare a cancellare dal corpo, volenti o nolenti, ma ne resterà sempre una scia nell’anima.
“Perché non te ne vai?”
Come poteva anche solo immaginare che riuscisse a dimenticare, ad andare avanti, a levarsi dalla testa l’ossigeno che gli necessitava per vivere..?
Abbandonò stancamente l’arto riverso sul pavimento di cristallo a specchio, strizzò gli occhi chiudendoli più volte. Avrebbe voluto distruggere tutte le pareti a specchio di quella stanza snervante, ma se lo avesse fatto, avrebbe arrecato gioia e soddisfazione al grande e potente re Odino. Gli avrebbe fatto capire che il suo assurdo e malevolo piano di metterlo davanti a se stesso, forzatamente, stava dando i suoi risultati.
Benché minimi, certo. E sicuramente ininfluenti sul Dio dell’Inganno.
E poi..
Abbassò le fredde pupille verso la pavimentazione, tra le gambe: non c’era più alcun segno di sfregio, la superficie era tornata liscia e cristallina.
Sarebbe stato tutto un inutile spreco di tempo ed energie.
Appoggiò la testa sullo specchio dietro di sé, levò le ciglia verso l’alto. Oltre a quegli occhi verdi, scorgeva il riflesso di una leggera macchia bluastra che si delineava attraverso la pelle straordinariamente trasparente, sul polso destro.
E non poteva farci nulla.
Come puoi nasconderti quando ti viene tolta la dignità?
Senza le unghie per graffiare e difendersi, il suo corpo era nudo. Nudo e vulnerabile, umiliato, sotto gli occhi di tutti, come un riccio senza spine, o un albatro senza ali, uno squalo senza denti.
Ciò nondimeno sorrideva, assottigliando le labbra lungo una linea curva: sapeva di essere osservato.
Credi che senza seiðr io smetterò di lottare e cadrò ai tuoi piedi..? Non mi conosci.
L’arma più potente del Dio dell’Inganno non risiede nelle sue grandi capacità occulte.
Potevano sottrargli tutto, ma non l’intelletto, non la lingua appuntita e manipolatrice di povere menti ottuse.
Non mi piegherai mai, vecchio.
Abbassò le ciglia, stanco, desideroso di una riposante dormita, si abbandonò tra i vapori della stanchezza, mentre ricordi confortanti, adesso dolorosi, gli attraversavano la mente.
“Perché non te ne vai? Mi hai già ringraziato abbastanza, per ieri, mi sembra.”
Le onde brune al vento, si era voltata, la fronte leggermente aggrottata, stupita; un attimo, e gli sorrideva, le guance appena intorpidite dall’imbarazzo.
“Mi va di farti compagnia. Posso..?”
I muscoli del braccio cominciarono a formicolare.
Perché non te ne vai dal mio cuore..?
 
 
 
                                                                              ***
 
 
La vide seduta sgraziatamente sul letto dalle coperte in seta chiara, la schiena curva, le spalle all’ingiù, lo sguardo vacuo che fissava il pavimento grezzo. I capelli, per nulla curati, giacevano inermi e spenti in una molle coda bassa, mentre gli occhi arrossati e stanchi, un paio di occhiaie leggermente accennate, indicavano notti sofferte nell’assenza del sonno, una preoccupazione che le consumava il colore del viso, rendendola sempre più pallida e grigia.
‹‹Anirei..?›› chiamò piano, avvolgendola con un tono della voce appena pacato. Ella aveva subito levato lo sguardo, non appena aveva sentito lo strascico di una porta stanca e abbattuta; si era alzata all’istante, dirigendosi verso di lui per abbracciarlo con tutta la sua forza di mortale.
‹‹Come stai..?›› le domandò, mentre la fanciulla scioglieva lentamente la stretta.
La vide rianimarsi un poco, alzare leggermente il sopracciglio destro e fare una piccola smorfia: significava che aveva di che lamentarsi. Thor sorrise appena, ricordando uno dei tanti particolari che un tempo aveva amato, le espressioni sul suo viso, i suoi repentini cambi d’umore, le sue lacrime, i suoi sorrisi. Gli occhi che le brillavano ogni qual volta un suono od un’immagine, qualcosa, le facevano venire i brividi sulla pelle e sentire la vita nel cuore.
Come possono essere cambiate le nostre vite, in così poco tempo?
‹‹Non posso uscire se non accompagnata dalle guardie, sono sotto stretto controllo, e non posso avvicinare nessuno..››
Stirò le labbra, con tenerezza. Il dio si riferiva al suo stato d’animo dopo tutto ciò che era e stava accadendo d’intorno a Loki..
Il sorriso si spense all’istante.
Un brivido preoccupato pervadeva nel fondo della sua carne, da quando il Dio dell’Inganno l’aveva rapita, su Midgard. Si era chiesto continuamente se prima un giorno, e poi due, fossero bastati per farle del male, per farle pentire di essere stata messa al mondo, per farle assaggiare il suo odio vendicativo.
Perché sei rimasta invischiata in tutto questo..?
Thor aveva sempre avuto l’impressione che una macchia scura si allargasse su di lei, la coprisse gradualmente come una chiazza d’olio nero sempre più grande, pronta ad inghiottirla, dalla forma di serpe. Non gli erano mai sfuggiti quegli occhi verdi che l’avvolgevano, senza che Anirei si accorgesse di nulla, silenziosi, freddi e possessivi.
E adesso più che mai, avendola davanti a sé, temeva cosa le avesse potuto fare.
‹‹Thor.. tutto bene?››
I suoi occhi scuri, che lo scrutavano con sincera apprensione, cacciavano via quella domanda inconscia che continuava a rimandare. Non aveva la forza di porre quell’interrogativo, ogni momento tentava di convincersi dell’abbaglio che il suo istinto aveva preso. Non ci riusciva.
Annuì.
Anirei mosse lievemente il capo, per poi sospirare. Esitò appena, il tempo di mordersi il labbro inferiore affinché potesse scaricare la tensione di un velo nero d’ansia che le scendeva addosso; infine sputò fuori ciò che più le premeva.
‹‹Sai se sta bene?››. Un filo di voce arrochita, ma ferma. ‹‹Sai che cosa gli accadrà..?››
Il Dio del Tuono ricambiò quello sguardo appena mogio e preoccupato, nondimeno forte: lo leggeva nel tentativo estremo di non abbassare gli occhi nocciola che così spesso era costretta a far rifuggire: adesso, sembravano non scappare più.
“Non sono solo coincidenze, Thor”
E quella domanda risaliva di nuovo le sue corde vocali, gli si piantava violenta nel cervello con una maggiore, se non certa, consapevolezza.
Fu lui a distogliere lo sguardo, spostando le pupille azzurre sulla terrazza.
C’era il tramonto, la luce calda del giorno che a poco a poco si trasformava in quella fredda del buio, già si notavano alcune stelle isolate nella volta più scura.
Si sentì sfiorare un braccio scoperto dalla casacca di metallo. Strinse le labbra.
‹‹Odino l’ha rinchiuso in una cella di specchi fino a quando non riterrà opportuno annunziare l’alta sentenza››
Era forse la punizione peggiore per il Dio dell’Inganno. Inerme, senza un briciolo di arma con cui opporsi a se stesso, a quella stessa mente che lo faceva smarrire dentro di sé. Se già non lo avesse creduto impazzito, avrebbe detto che quella tortura psicologica l’avrebbe fatto, e in una maniera che non aveva dell’umano.
Anche Anirei sembrava condividere il suo stesso pensiero.
Mormorò piano, come se stesse parlando tra sé e sé, gli occhi sul pavimento per aiutarla a formulare il suo pensiero. ‹‹Thor..››
Quella domanda ricominciò a martellargli i neuroni.
Che cosa temi, Dio del Tuono?
‹‹Vorrei parlare con lui, Thor›› replicò con voce ferma, ma con tono preoccupato. Alzò gli occhi scuri, fronteggiandolo. ‹‹Devo››
I lineamenti del suo viso di porcellana sembravano tremare; il colorito della carne assumeva sempre più l’espressione colpevole e agitata di chi non aspetta altro che togliersi un peso che gli corrode la lingua e la bocca dello stomaco.
Quella preoccupazione lo scavava sempre più.
‹‹Odino non lascerà mai entrare nessuno, men che meno te, Anirei. Non sappiamo cosa possa averti fatto, o potresti essere quantomeno confusa in seguito ad un trauma..››
Lo guardò intensamente, unendo le labbra. ‹‹Ma tu sei qui, Thor. Non significa che almeno tu ti fidi di me?››.
Aveva già capito che il problema di Odino verteva sulla fiducia da darle, tanto per lei quanto per lui. Questa volta Padre non voleva rischiare.
Tuttavia quell’osservazione nascondeva una consapevolezza maggiore: molti credevano, forse in maniera non poi così bizzarra, che Anirei fosse e fosse stata in combutta col Dio dell’Inganno per tutto il tempo. E non c’era bisogno di andare tanto lontano con i primi nomi, che gli venivano in mente, dei sostenitori di questa accusa.
Rimase in silenzio, passandosi una mano sul volto e massaggiandosi gli occhi.
Non vuoi la verità, Thor..?
E' così semplice ed evidente, eppure rifiuti di accettarla.
Cos’è che temi?
La fanciulla emise un lungo sospiro, il petto si alzava piano e scendeva in profondità. ‹‹Ho commesso errori tutti uguali a se stessi, Thor: ho paura, e finisco sempre per scappare via, per rifuggire quella sensazione che mi opprime e mi attanaglia i polmoni, impedendomi di respirare. Ne ho abbastanza. Dei miei timori, di questo atteggiamento che non farà altro che distruggermi, pezzo dopo pezzo, ogni volta fino alla fine della mia esistenza. Voglio uscire da questo turbine cui sono inevitabilmente caduta, in cui soffro per me stessa e per coloro che ferisco e deludo, i medesimi dai quali fuggo››. La vide accarezzarsi il dorso della mano, la stessa sulla quale troneggiava una lunga cicatrice. ‹‹Non voglio commettere più gli stessi errori.. Devo parlargli››
Thor si morse il pollice, incastrando l’unghia tra i denti. ‹‹Sta giocando con la tua mente, Anirei. Ti conosce fin troppo bene, e sa che il tuo senso di colpa potrebbe tornargli utile in maniera concreta, se il suo non fosse solo un modo per vendicarsi di noi››. Se doveva sfruttare il rammarico di qualcuno per farsi liberare, Anirei era un campo davvero fertile per un’occasione simile.
La fanciulla scosse la testa, allargando le braccia e gesticolando. ‹‹No, Thor, non si tratta di questo, o almeno non del tutto. Non capisci..? Lui..››
‹‹Rientra nei suoi piani, Anirei. E' normale per lui sedurre, e ingannare per i propri fini. Qualunque cosa ti abbia fatto..››.
Si fermò improvvisamente, leggendo sul suo viso ciò che più temeva; gli occhi che accarezzavano dolcemente la cicatrice, la pelle che vibrava in ricordi permessi solo all’intimità della sua mente.
Si morse le labbra, pervaso da un brivido freddo e di ghiaccio che lo trapassò da parte a parte.
No. No, no, no.
Non poteva averlo fatto davvero.
Non poteva averla sedotta, lasciandosi andare agli istinti carnali dettati dalla sua vendetta piena d’odio.
No…
Aveva deciso di fidarsi di un suo benché minimo barlume di lucidità, di umanità.
Non poteva averlo fatto.
Sentì il mondo crollargli addosso.
Era colpa sua. Non era riuscito a proteggerla, l’aveva lasciata tra le sue folli mani, indifesa fanciulla.
Non dirmi che ti aspettavi il contrario, caro fratellino.
‹‹Thor..?››
Chiuse le mani a pugno, cercò di resistere allo svuotarsi su una delle pareti sulla stanza con tutto se stesso. Perché diavolo era dovuto succedere..?!
Ah-ha, Thor. Non provare nemmeno a scusarti. Quello che le hai fatto subire è imperdonabile.
Nella sua mente non esisteva nessun pensiero se non la voce di Loki che si divertiva a torturarlo; nel corpo, nulla se non la sconfitta, la rabbia, e l’impotenza.
La fanciulla gli andò davanti, gli prese il volto con entrambe le mani, costringendolo a farsi guardare negli occhi. Ancora, vi leggeva una tremenda sensazione colpevole.
‹‹Thor, mi spieghi che cosa ti stia prendendo..?››
Rantolò qualche parola. ‹‹Aveva già cercato di portarti via da me, solo per farmi un torto. Avrei dovuto dargli meno leggerezza e adesso..››
Gran bella giustificazione, potente dio dei fulmini.
Cercò di raggiungere la porta, mentre fuori cominciava a rannuvolare.
E io sarei il protettore dei Nove Regni..?
‹‹Thor!››
Abbassò gli occhi, se la ritrovò davanti alla porta.
‹‹Lasciami, Anirei. Adesso..››
‹‹Adesso mi ascolti››
Aggrottò la fronte, abbassò le sopracciglia. Quel volto continuava a tremare di colpevolezza.
Dentro di sé, già cominciava a capire.
Già aveva compreso, da tempo, ma aveva deciso di rifiutarlo.
‹‹Che cosa vuoi dirmi..?››. In quel momento gli parve una domanda retorica.
‹‹Voglio soltanto dirti che quello che provo per lui non è il frutto di una seduzione››
Prese un respiro, chiuse gli occhi.
‹‹Ti ho tradito, anni fa››
E' di questo di cui hai in realtà paura, figlio di Odino..?
Che anche il resto della realtà in cui hai vissuto sia falsa, e che la tua cecità fosse completa?
 
 
 
 
 
 
*:osservazione di Thor a Odino, nel primo film, poco prima di essere esiliato sulla Terra per la sua arroganza, la sua ignoranza, e la sua maleducazione.
 
 
**:Già Thor, plausibilmente dopo il film “The Avengers” , aveva scortato Loki a palazzo usando il potere del Tesseract.
 
 
***:i corvi di Odino, i cui nomi significano rispettivamente “Pensiero” e “Memoria”. Sono gli occhi e le orecchie di Odino che volano per tutti i Nove Regni, rincasando soltanto a sera e informando il re su ciò che hanno scoperto.
 
 
 






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Rieccomi qua, scusate il ritardo!
Dunque, a parte dire che questo capitolo mi ha fatto vedere i sorci verdi, e che il risultato non mi soddisfi, sono almeno contenta di una cosa: quel poveretto di Thor sta finalmente cominciando a scoprire un po' di cose, e vedremo se si fermerà, o continuerà ad indagare per vederci chiaro (intanto ha già preso una cantonata povero diavolo).
Poi.. vediamo un po'. Il ricordo di Loki su Anirei risale circa all'arco temporale tra il terzo e il quarto capitolo (il ringraziamento deriva dall'averla aiutata dopo essere uscita dall'arena con tutti i dolori), e mi piace pensare che fosse stata Frigga a dire a Loki "Tu hai cuore" (frase utilizzata dal dio prima di controllare la gente col potere dello scettro); per il resto non credo ci siano grandi interrogativi (tutt'al più ponetemeli, che ci sta che sbagli o mi dimentichi qualcosa).
Come al solito, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e che continuerete a seguirmi:)
Bye,
Ali
P.s: Sto revisionando la prima parte della storia. Non farò (e non ho fatto) grandi cambiamenti alla trama, né al succo di ogni capitolo: solo, taglio e aggiungo o frasi o descrizioni che secondo me arricchiscono (o snelliscono) la trama (per esempio, ho interamente tolto la citazione del Notre-Dame de Paris: non che non fosse carino -a mio parere- ma mi pareva abbastanza superfluo). Per ora, posso comunicarvi che ho finito la revisione dei primi tre capitoli.
Spero perdonerete questa revisione generale che però, come già detto, non subirà nessun cambiamento a livello di trama (almeno non importa che andiate a rileggere).
Ciao! <3
   
 
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