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Autore: Always221B    16/05/2015    4 recensioni
"Le nostre labbra che quasi si sfiorano, centimetri per me invalicabili.
Passi d’uomo che diventano di gigante.
Perché non rispondi alla mia richiesta di aiuto?"
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciaaoo gente, ecco il quarto capitolo della fanfiction, sto pensando che possa essere il penultimo.. 
Magari se trovo ispirazione posso anche allungare!
Spero di non deludervi con questo nuovo capitolo!
Se vi va lasciate una recensione, come al solito ho bisogno dei vostri consigli, sono più che utili.
Grazie della lettura e dei precedenti commenti, vorrei ringraziare anche chi segue me e/o le mie storie!
Buona lettura neerd, ci si vede al prossimo capitolo! :3






Capitolo quarto: La donna 

Sei incantato, come se fossi il bambino più felice del mondo.
Babbo Natale è arrivato in anticipo e ti ha portato dei bei cadaveri su cui constatare la durata dei lividi.
Muovi le mani velocemente, percorrendo il corpo gelido del defunto.
-Wow, sembri contento della sua morte. –dice Molly, entrando nell’obitorio con la cartella clinica dell’uomo senza vita.
Sbuffi.
-Mi passi il frustino? È al piano di sopra. Devo ripetere l’esperimento sugli ematomi.
-Certo, posso fare altro? – risponde.
-No, sbrigati. Grazie.
Fai un sorriso angelico che nasconde uno sguardo un po’ perfido.
Sei gentile, se ti serve qualcosa.
-Jaawn, mi puoi passare il cellulare? – mi chiedi, continuando ad analizzare il corpo, senza prestarmi in realtà la minima attenzione.
Hai una bellezza spietata, quasi assassina.
-Dov’è? – chiedo.
-Nella tasca interna della giacca.
Ispiro.
La stai indossando.
-Non puoi prenderlo da solo?
-Ho le mani occupate. – mi fai notare, mostrandomi un bisturi.
Mi avvicino, apri le braccia meccanicamente, aspettando che le mie mani catturino l’oggetto.
Faccio per aprire di più la giacca. Posso farcela, anche se le mie mani tremano al pensiero della distanza annullata, palpitano alla prospettiva di sfiorarti.
Noti il tremore e mi afferri la mano.
Ho i tuoi occhi color cielo fissi su di me.
L’iride è diventato il cibo della tua pupilla, che si dilata con la rapidità dell’olio.
Mi stringi il polso.
Amo questo tocco.
Constati il mio battito accelerato.
-Posso farlo da solo, Jawn.- scandisci il mio nome, poi sorridi.
So benissimo che controllavi il mio battito cardiaco, ti conosco.
Ma non capisco che intenzioni hai.
Nessuno di noi apre bocca, parliamo di sguardi.
La tua mano ancora che stringe il mio polso.
Un rumore di tacchi, che attraversano il corridoio del S.Bart’s che porta all’obitorio, spezza il silenzio.
-Oh, il mio verginello preferito. Mi cercavi? – la donna si avvicina.
Molli la presa.
-Irene. – la stai chiamando.
Adler indossa un cappotto rosso, lungo fino al ginocchio, in tinta con i tacchi e il rossetto.
Elegante, una pantera che non vede l’ora di assaggiare la sua preda.
Ha in mano un frustino nero. Il tuo.
Se ti tocca non credo di poter controllare il mio corpo.
Sono rigido, militaresco. 
Distogli l’attenzione dal tuo frustino, mi guardi con il tuo fare indagatore.
-Riposo soldato. –mi dice la donna, stretta in un cappotto i cui bottoni ricordano il tuo.
Angolo sinistro della bocca incurvato, stai sorridendo debolmente ma sembra che tu non voglia farlo notare.
-La dottoressa Hooper sta facendo un bel sonnellino. – continua, sbottonando lentamente il soprabito.
Lascia scivolare a terra il cappotto, è completamente nuda.
-Perfetto. –rispondi, spostando la mano per afferrare il tuo frustino. 
La guardi in viso, come se il suo corpo non ti interessasse.
-Oh caro, no. –dice, passando la parte a spatola della verga sotto il tuo mento. 
No, no, no.
Non deve osare.
Non deve azzardarsi.
-Mi appartiene. – rispondi.
-E tu appartieni a me.  Niente è appagante come sentirti supplicare. Oh dottore, avrebbe dovuto  sentire com’è Sherlock Holmes quando chiede pietà. Lo ha fatto per ben due volte.
-Elettrizzante. – Ironizzi.
Si avvicina a te, con le pupille dilatate e il frustino che ti accarezza il petto da sopra la camicia.
Non riesco a sopportarvi.
Non voglio.
Pensi che sia facile per me?
Mi schiarisco la voce. – Hamish e John, se vi servissero dei nomi per i vostri futuri figli.
Sto pensando ad alta voce, attiro la tua attenzione. –Buona idea.
Riesci a prenderle la verga dalle mani.
Presti più attenzione al frustino che a me, in questo esatto momento.
-Oh, ora sei tu a voler condurre i giochi? – ti chiede.
-Intrigante.
-Dottor Watson, ci vuole lasciare da soli?
Ti guardo, come per farmi suggerire da te la risposta a quella domanda.
Fai cenno di sì con il capo.
-Certo. –dico, con incertezza.
Ma non riesco ad andarmene.
Non voglio.
Il mio corpo si è arreso, ricordi? Il mio cervello non lo comanda più.
-Non  gli farò troppo male. – mi dice.
Invece vorrei fartene io.
Il militare sta per prendere il sopravvento, e io ho paura di non riuscire a controllarlo.
Irene è bellissima, con il suo corpo perfetto come un cerchio,  è nuda di fronte a me e io penso solo a quanto sia eccitante vederti con quel frustino tra le mani, continuo a chiedermi se la tua pelle è liscia e morbida come sembra, continuo ad ammirarti con quella camicia viola che hai addosso, semicoperta dalla giacca scura.
-Jawn? – sembri sorprendentemente sollevato  dal fatto che non sono andato via.
Ancora quel modo di chiamarmi che mi riempie di una dolcezza  tale da farmi a brandelli il cuore.
-Resti qui?- continui.
I miei piedi sono incollati al pavimento, non andrò da nessuna parte.
Ancora quel sorriso che mi sta lacerando dentro, la voglia di stringerti a me sta diventando insopportabile.
-Bene,  possiamo fare anche con te. È proprio un peccato che tu non l’abbia sentito supplicare.
Irene mi provoca, ho i pugni stretti, le labbra rigide e serrate.
Devo controllare il soldato.
L’aria è carica del mio nervosismo, è tangibile, palpabile.
Mi stai guardando con aria interrogativa, sei quasi perplesso.
La maschera di indifferenza si sta di nuovo impadronendo del tuo volto.
-Ebbene mrs. Adler,  qual è il caso?- chiedi, distogliendo l’attenzione da me.
Abbottona il cappotto e ondeggia per la stanza, sempre perfetta nel suo tacco dodici. –Sono in pericolo. Moriarty mi ha ritrovata, mi avevi promesso protezione.
-Lo sei sempre. – rispondo meccanicamente, in modo freddo, tagliente, con una voce che non mi appartiene.
Lei mi ignora.  – Ho bisogno di te, Sherlock.
 -Potresti aspettare che supplichi. Per due volte.- parlo a sproposito, senza pensare, mi rivolgo a te senza volerlo fare davvero.
-John, basta. – Mi stai rimproverando.
Non capisci che non riesco a fermarmi?
–Mycroft si occuperà di te, un'auto nera ti aspetta. – dici, mostrando il cellulare, hai mandato un messaggio a tuo fratello per lei.
Ma che bello. La famiglia si riunisce per fare un contentino a quella.
Sto mordendo la lingua da ore mentre tento di star zitto e non farmi prendere dal panico, o dalla gelosia.
-Non vorrei  far ingelosire il tuo nuovo ragazzo. – commenta Irene, dirigendosi verso la porta.
-Non siamo una coppia. – ancora il solito meccanicismo carico di amarezza.
-Sì, lo siete. – dice, uscendo.



                                            ***
Se vi va lasciate un commento! A domani :3

 

 
   
 
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