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Autore: reginamills    17/05/2015    6 recensioni
OutlawQueen AU: Regina Mills è un'insegnante, sposata, ma ha un marito che abusa di lei, la picchia e non le permette di chiedere il divorzio. La sua vita è un vero schifo e Dio sa quante volte ha provato a metterne fine. Ma forse, il principe azzurro non esiste solo nelle favole, e il nuovo preside della scuola in cui lavora, Robin Locksley, forse riuscirà a riportarle quel sorriso che ha perso ormai da troppo tempo.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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tanto per cominciare vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto il capitolo precedente, con un ringraziamento speciale a chi ha voluto lasciarmi una recensione. L'ho apprezzato davvero molto.
Eccoci qui, al secondo capitolo. Spero che questa storia vi piaccia, che vi coinvolga quanto ha coinvolto me mentre la scrivevo -era come se, per quei minuti, non esistesse altro.
Quindi grazie ancora, davvero, e buona lettura!

 

"L'ho trovato a fumare" disse fermamente, mentre faceva ciondolare nervosamente il suo piede in modo circolare sotto la scrivania del preside.
Robin la guardava con occhi attenti e il mento poggiato sulle nocche delle sue mani, un sopracciglio inarcato e un sorriso complice.
"Mh, nel bagno?"
"No, alla finestra, nella classe, prima del suono della campanella."
"Oh. beh, è molto grave." mentre lo diceva, sfogliò la sua agenda, cercò con le dita un numero di telefono e poi lo compose. Regina lo guardava di nascosto, cercando di non farsi notare; era bellissimo con il telefono bloccato tra la guancia e il collo, lo sguardo perso in un punto indefinito e quel sorriso paziente e cortese sempre stampato sul suo viso.
Regina non aveva certo previsto di rivederlo, non così presto almeno. Ma si ripeteva che era il dovere, era sua compito riportare un'infrazione da parte di un alunno, lui era il preside e doveva saperlo. Non c'era nient'altro. Solo il lavoro.
"Sarà qui a momenti." esordì riattaccando il telefono. Immerse gli occhi nei suoi e piegò le labbra in un tenero sorriso. Regina si sentì sciogliere, quindi sorrise a sua volta.
"Io... non credo che sia necessario sospenderlo." disse, cercando in tutti i modi di mantenere quella situazione in tono scolastico. Robin sembrò divertito:
"Non intendevo farlo."
"Bene." distolse lo sguardo, non potendo più sostenere i pensanti occhi blu di quell'uomo che la faceva sentire così meravigliosamente strana come non si sentiva da troppo tempo.
"Allora... sarà meglio che io vada. ho la pausa." 
"Di nuovo sandwich prosciutto e formaggio?" questa volta lasciò che il suo essere divertito prendesse forma in una risatina.
"Tonno e pomodoro. E comunque devi smetterla di giudicarmi!" rise anche lei. Fanculo tutto, si sentiva bene con quell'uomo. Fanculo la situazione scolastica, era capace di illuminarle le giornate sempre più amare e non voleva permettere a niente di trattenerla dal godersele.
“Oh ma tu mi diverti, sai.” le disse tra i sorrisi e il cuore di regina perse un battito. Sentì l'aria entrare ed uscire con fatica nei suoi polmoni e, per un secondo, si preoccupò di essere arrossita decisamente troppo per una sciocchezza del genere.
"Signore, Mc Kluskey è qui." una terza voce -la stessa che aveva interrotto il pranzo di Regina il giorno prima- li interruppe. Il ragazzo entrò con quel sorriso da viziatello, talmente sicuro di sè che a Regina fece venire la nausea. Era vestito di verde, i capelli ricci e scuri, quegli occhi marroni brillavano con sicurezza. Aveva quel non so che di familiare. 
La donna li lasciò soli e gli occhi di Robin lasciarono quelli di Regina per concentrarsi sul ragazzo:
"Lo sai che è vietato fumare all'interno dell'edificio?"
"Infatti fumavo all'esterno."
"La professoressa afferma di averti visto fumare in classe”. Mc Kluskey squadrò Regina dalla testa ai piedi, soffermandosi sul seno, inarcando un sopracciglio alla vista di quanto fosse prosperoso. Regina si accorse di avere gli occhi del ragazzo addosso e si sentì come un pezzo di carne. Disgusto. Puro e semplice disgusto. Abbassò lo sguardo e cercò di ignorarlo, finchè finalmente il ragazzo parlò:
“ma il mio braccio era fuori dalla finestra.” disse con quell'aria sicura di sé che Regina avrebbe volentieri schiaffeggiato via dalla sua faccia.
Sentì Robin sospirare:
“è comunque contro le regole. Questa volta te la cavi con un'ammonizione, ma la prossima volta verrai sospeso.” disse serio, inforcando gli occhiali. Per un secondo, Regina si dimenticò della presenza del ragazzo e dedicò la sua attenzione a Robin: con gli occhiali era ancora più affascinante, se ciò era possibile. Gli davano quell'aria da professore che lei amava da morire. Sorrise quando fu sicura che lui non stesse guardando.
“Signor Locksley.” il ragazzo chinò il capo in cenno di saluto, poi si voltò verso Regina e le fece l'occhiolino “Miss. Mills” 
Robin non lo notò, ma Regina sì, visto che aveva gli occhi dritti in quelli del ragazzo. Sentì lo stomaco rivoltarsi sottosopra, come accadeva quando era a casa con Victor. Non riusciva neanche più ad ottenere il rispetto dei suoi alunni adesso.
Il ragazzo uscì e lei gli corse dietro:
“come ti permetti, Mc Kluskey?” gli urlò contro
“oh andiamo, signorina Mills! Non dica che non ci sta... ho visto come arrossisce quando mi guarda” si avvicinò a lei e le accarezzò un braccio, facendola rabbrividire. Il tremendo senso di nausea che Regina sentiva ogni volta che Victor la toccava, la assalì di nuovo.
“Mc Kluskey...”
“oh... mi chiami Rob. E mi dia il suo numero, così posso chiamarla quando mi annoio la sera” continuava ad ammiccare mentre la sua mano si spingeva sempre più in basso, oltre quella di Regina, scivolando sul retro. Le strinse il sedere, facendola sobbalzare. Regina questa volta reagì: si tirò indietro e gli tirò uno schiaffo in pieno viso.
“come ti permetti?! Ti faccio sospendere!” 
Lui le rise in faccia:
“non ne ha le palle.” detto ciò se ne andò, correndo per il corridoio.
“MC KLUSKEY!” gridò invano. Sentì la porta dello studio di Robin aprirsi e lo sentì camminare verso di sé. Era alle sue spalle, pronto a difenderla. Forse, però, era arrivato un po' tardi.
“cosa è successo?” le chiese preoccupato, avendo sentito le sue urla.
Regina deglutì con difficoltà. Era la sua occasione. Poteva dirgli tutto, o almeno solo quello che aveva fatto Mc Kluskey; poteva farla pagare a quel ragazzo per averla trattata come un pezzo di carne. Poteva smetterla per un istante di essere la debole della situazione ed accettare l'aiuto di qualcuno. Ma non lo fece.
“Niente. Stava solo... correndo in corridoio.” abbassò lo sguardo e lui notò quella luce negli occhi che aveva pochi minuti prima nel suo ufficio spegnersi. Doveva fare immediatamente qualcosa per riaccenderlo di nuovo, non gli importava niente del resto.
“per oggi la mia pausa pranzo è saltata e devo tornare a lavoro. E indovina di chi è la colpa?” disse scherzando, fingendo di guardare l'orologio. Regina finalmente alzò lo sguardo e gli sorrise:
“non certo mia, Locksley!” ridacchiò. 
Si, eccola quella luce.
“oh si, si da il caso che sia proprio la sua, Mills. Allora stavo pensando... cosa potrebbe fare per farsi perdonare?” la colpiva come non si sentisse a disagio nemmeno per un secondo con lui. Sembrava tutto così naturale, come dovrebbe essere normalmente in un rapporto tra uomo e donna. C'era una complicità incredibile e strana che si era creata in meno di 48 ore.
“non faccio ore extra di lavoro, fattene una ragione.”
“oh no no, infatti ti propongo... una maggiore pausa pranzo.” il suo sorriso si ampliò mentre pronunciava il suo invito: “vorrei invitardi a pranzo. E non parlo di quel tipo di pranzo che piace a te, con un sandwich e una bottiglia d'acqua, intendo un pranzo vero. Qui, nel mio ufficio. Ordinerò qualcosa dal miglior ristorante che conosco e farò spazio sulla mia scrivania. Pensa di poter accettare questa mia richiesta, signorina Mills?”
Il cuore le batteva all'impazzata e lei non poteva fare niente per fermarlo. Non riusciva a credere alle sue orecchie: l'aveva veramente invitata fuori! Beh... non proprio fuori. Più che altro dentro il suo ufficio; ma non importava. Voleva passare la sua pausa pranzo con lei, voleva conoscerla meglio proprio quanto lo voleva lei. 
“sì, certo. Mi farebbe piacere.” disse cercando di mantenere un tono pacato. Robin sorrise ampiamente:
“allora va bene. Domani alle 12.30. Puntuale. Ci conto.”
“non mancherò.” gli sorrise anche lei e, questa volta, il sorriso raggiunse gli occhi.

Niente sarebbe riuscito a toglierle quel bellissimo sorriso che aveva stampato sul volto quella mattina. Si era svegliata di buon umore. Il solo pensiero di rivedere Robin le faceva brillare gli occhi e le faceva venire le farfalle nella pancia. Erano sensazioni che non provava da tanto, troppo tempo. Emozioni che aveva desiderato provare ogni giorno della sua vita.
Continuava a ripetersi che tutto ciò era sbagliato. Era una donna sposata, e probabilmente anche lui lo era. E anche se nessuno dei due lo fosse stato, lui era il suo datore di lavoro e lei una dipendente. Ma più ci pensava, più capiva che non le importava niente di tutto ciò: voleva trascorrere del tempo con lui. E il suo matrimonio, per quanto la riguardava, era comunque finito.
China sempre il capo, Regina. Il matrimonio è sacro, e come tale va rispettato. Sempre. Non importa quello che succederà, devi sempre cercare di preservarlo. Le parole di sua madre le risuonarono nella mente e immediatamente il suo sorriso si spense. Si chiese che cosa avrebbe pensato sua madre della situazione in quel momento: le avrebbe chiesto di preservare il matrimonio anche sapendo che il marito la picchiava? Se non fosse morta solo l'anno prima, probabilmente avrebbe avuto una risposta. 
Si ricordava di quando le diceva che era ancora sposata con suo padre perchè era il dovere; il sentimento non c'era più, vivevano praticamente da separati in casa, ma non importava. Per la gente, per gli amici, loro erano innamorati e sposati più che mai.
Bisognava sempre salvare la faccia. 
Regina sapeva che non c'era via d'uscita da quella trappola mortale che continuava a chiamare matrimonio, neanche se lo volesse: aveva provato a chiedere a Victor il divorzio e la risposta era stato un forte e sonoro schiaffo. Forse, un giorno, avrebbe trovato il coraggio di parlarne a qualcuno, forse sarebbe riuscita per la prima volta nella sua vita a chiedere aiuto a qualcuno. E quel qualcuno, forse, era l'uomo con cui avrebbe dovuto pranzare quel giorno.
Non sapeva per quale motivo, ma Robin le ispirava quel tipo di fiducia. Certo, non lo avrebbe fatto di lì a poco, ma forse, con il tempo, con lui si sarebbe aperta. Forse. Se non è sposato. Se ha ancora voglia di vederti dopo una sola uscita, Mills.
“dove credi di andare vestita così?” la voce assonnata di Victor proveniente dal letto la fece sobbalzare. Di solito non si svegliava prima delle undici, dopodichè poltriva sul divano finchè lei non tornava a casa per preparargli da mangiare. Dio, quanto lo odiava.
“a lavorare.” disse, cercando di non suonare troppo infastidita, temendone le conseguenze.
“per strada?” rise da solo “perchè questo è quello che sembra, con quella gonna.” Regina abbassò lo sguardo e per un secondo si domandò se avesse esagerato. Diede un rapido sguardo allo specchio e scosse la testa: non c'era niente di male nella gonna rossa sopra al ginocchio che stava indossando, né nella camicetta bianca di cui aveva lasciato aperti i primi due bottoni. Era vero, le gambe erano nude e aveva più scollatura rispetto al solito, ma continuava a ripetersi che non c'era alcun motivo particolare.  Non era per Robin. Davvero. Solo... a scuola faceva caldo.
“non mi piace che gli altri uomini guardino mia moglie.” disse mettendosi a sedere sul materasso. Regina manteneva lo sguardo basso, cercando in tutti i modi di non incrociare il suo sguardo.
“siamo tutte donne a scuola.” mentì. Forse in quel modo sarebbe riuscita ad andarsene senza essere costretta a cambiarsi. Perchè lui glielo avrebbe chiesto, ne era sicura.
“oh. Beh... allora dovrei venire a farti visita a lavoro più spesso.” rise “ogni tanto devo ricordarmi di come è fatta una vera donna.” Regina sentiva le lacrime premere conrto i suoi occhi per uscire. Era sicura che non gliene importasse più nulla di quello che pensava suo marito; ormai tutto ciò che era anche solo paragonabile all'amore si era trasformato in odio, avrebbe dato tutto pur di non vederlo mai più; ma c'era qualcosa nelle sue parole... le sentiva come un coltello nel pieno del cuore.
“perché non ne cerchi una, allora?” si lasciò sfuggire un pizzico di impertinenza e si morse la lingua, come se potesse già sentire la sua mano schiaffeggiarla in pieno viso.
“chi ti dice che io non l'abbia già fatto?” invece lui rise, rise di lei e di quanto la faceva soffrire. Attimo dopo attimo, giorno dopo giorno. Le aveva portato via la felicità e presto anche la vita, ne era sicura.
Regina lasciò la casa mentre tutto ciò che riusciva a sentire erano le sue risate, e si chiese se quello che le aveva appena detto fosse vero.
Se lui aveva un amante... perchè lei si sentiva così in colpa per andare semplicemente a pranzo con un collega che conosceva appena? C'entravano qualcosa le parole di sua madre? Sei un'idiota, Regina. 
Questa volta, si disse, la voce nella sua testa aveva ragione.

La lezione finì alle 12.20 e lei alle 12.25 era in aula professori, nervosa come non mai, cercando di sistemare il più veloce possibile i vari documenti sul tavolo. Lì, sotto il registro, trovò un bigliettino piegato. Per Regina. Il cuore prese a batterle all'impazzata, convinta di sapere da chi aveva ricevuto quel biglietto. Lo aprì e lo lesse:
Ti aspetto. Puntuale o ti licenzio. 
Le venne da ridere; giurò di riuscire quasi a sentire la risata di Robin.
Dio, il modo in cui la faceva sentire... in altre circostanze, si direbbe quasi che la stesse corteggiando, ma lei continuava a ripetere a se stessa di non farsi troppe illusioni; anche perchè il suo cuore non avrebbe retto all'ennesima delusione.
Smettila, continuava a ripetersi, come a voler fermare i battiti irregolari del suo cuore.
Camminò, o meglio, corse, per quanto i tacchi glielo permettessero, verso l'ufficio del preside e, una volta arrivata, prese un profondo respiro. Poteva farcela. Era una donna adulta, doveva smetterla di comportarsi come un'adolescente alla prima cotta.
Bussò ed aprì la porta con un sorriso che credeva di aver perso tanto tempo prima.
“posso?”
“Miss Mills...” Robin annunciò guardando l'orologio “Due minuti di ritardo. Dovrà rivalutare la sua condotta in futuro.” voleva fingere di essere serio ma non ci riuscì e scoppiò in una risata che Regina ricambiò protontamente. Era così a suo agio con quell'uomo, anche quando aveva chiuso la porta ed erano rimasti soli... aveva sempre avuto paura, da ormai tre anni, di rimanere sola con un uomo in un luogo chiuso. Ma lui era... così diverso...
“vino? È il migliore che avevo in casa.” le porse un magnifico bicchiere di vetro riempito di vino rosso che Regina non potè fare a meno di apprezzare. Aveva fatto tutto questo per lei. 
“dovrei pensare che mi vuoi far ubriacare?” 
“mmh, forse. Ma non faccio mai ubriacare le donne con la fede al dito.” indicò la sua fede, sollevando il dito dal bicchiere, e lì Regina si incupì. Merda. Aveva rovinato tutto con le sue stesse mani, ora non c'era neppure una piccola possibilità che lui la trovasse... cosa Mills? Frequentabile? Lo sapevi che non poteva esserci nulla tra voi, fin dall'inizio.
“ti prego, siediti.” la sua voce la risvegliò dai suoi pensieri e la fece concentrare su quella che normalmente era la sua scrivania. Fino a quel momento non si era accorta di come l'avesse imbandita e preparata per l'occasione. Aveva messo una bellissima tovaglia blu, dei piatti con quello che aveva tutta l'idea di essere del fantastico cibo, una bottiglia di vino nel mezzo ed il pane.
“in caso volessi farti un sandwich.” la prese in giro.
Per tutto il tempo in cui mangiarono, Regina non riusciva a smettere di sorridere. Si sentiva bene, nonostante quello che gli aveva detto, ormai non ci pensava neanche più. Ok, forse non poteva nascere niente tra loro di diverso da un'amicizia, ma di sicuro voleva quell'uomo nella sua vita. 
Parlarono del più e del meno, lui le chiese cose come da quanti anni insegnasse e se amava il suo lavoro, lei gli chiese se avesse dei figli. Non ne aveva.
“io e la mia ex compagna ci abbiamo provato, anni fa, ma... niente. Probabilmente non era destino.”
“beh... sei ancora giovane, magari potresti riprovare... con quella giusta.” si morse il labbro involontariamente e i suoi occhi finirono in quelli blu di Robin. Oh, dio.
“si... con quella giusta.” lui ripetè, come incantato dal suo sguardo. Un brivido li percorse entrambi, completamente, forzandoli a distogliere lo sguardo. 
Robin si schiarì la gola e avanzò la sua prossima domanda:
“e tu? Tu hai... dei bambini?”
Regina rabbrividì di nuovo, e stavolta non piacevolmente. Ricordava che era esattamente quello il motivo per cui il suo matrimonio era andato in crisi, tre anni prima. Lei e Victor avevano provato per molto tempo ad avere un figlio loro, ma non aveva funzionato. Lui continuava a ripetere che era colpa sua, che lui era perfettamente sano; così la spinse a fare delle analisi e... aveva ragione. Lei non era in grado di dargli un figlio. E lì iniziarono le prime liti, le prime spinte, il primo schiaffo.
“no io... non ne ho.” la vide incupirsi, abbassare lo sguardo, così le prese la mano.
"
ehi... non volevo turbarti. Mi dispiace.” Regina non sussultò neppure al suo tocco improvviso. Era tutto così naturale, così confortevole... sentiva la mano calda di lui sulla sua, gelida, e gli sorrise, così come non aveva mai sorriso a nessuno.
“va tutto bene. Sono solo... brutti ricordi, tutto qui.” lui ricambiò il sorriso solo quando si fu assicurato che le fosse tornata quell'aria spensierata che aveva avuto durante tutto il loro pranzo.
“allora” esordì, togliendo la mano dalla sua per alzarsi. Regina non potè negare di essere rimasta dipiaciuta; le mancava già il suo contatto. “ho anche il dolce, cara signorina Mills. Non la lascerò andar via pensando che sono pessimo ad organizzare i pranzi.”
“non l'ho pensato neanche per un secondo. Era tutto delizioso.” si alzò a sua volta, aiutandolo a mettere via i piatti sporchi. Si chiese dove li avrebbe messi e lui gli indicò la stessa scatola con cui li aveva trasportati.
“suppongo quindi che questo non sarà il nostro primo e ultimo pranzo insieme, vero?” lo vide mordersi il labbro, con esitazione. Robin non voleva suonare troppo desideroso di vederla, anche perchè era una donna sposata e quello per lui era un terreno delicato. 
“assolutamente no. La prossima volta, offro io. Ma in un vero ristorante.” Regina rise.
“oh no, milady. Non le lascerei mai pagare il pranzo.”
Milady. Mentre il suo cuore continuava a cercare un modo per schizzarle fuori dal petto, Regina prese un lungo respiro:
“sarebbe un piacere, Robin, davvero. Devo pur ricambiare. Ti prego, dimmi solo quando sarai disponibile.” oh, Dio. Il solo pensiero di rivederlo, che lui volesse rivederla, le fece salire un groppo alla gola. Si, stava succedendo davvero. “se vuoi puoi lasciarmi il tuo numero, così possiamo...” si mordeva il labbro nervosamente, come se avesse paura di qualsiasi parola che le potesse uscire di bocca.
“assolutamente.” il sorriso con cui le rispose la tranquillizzò e, allo stesso tempo, le fece battere il cuore tanto come sempre. Amava il sorriso di quell'uomo, da morire.
Robin si piegò sulla scrivania per scarabocchiare il suo numero su un post-it giallo, poi glielo porse. Regina si soffermò per un secondo sulle dita tra cui era stretto il pezzettino di carta: erano lunghe, affusolate e si chiedeva come si sarebbero posate sulla sua pelle. Sarebbero state delicate, di una delicatezza che ormai non conosceva più, avrebbero accarezzato ogni centimetro del suo corpo, curando ogni ferita, colmando ogni vuoto.
Smettila, Mills.
Scosse la testa e prese il biglietto: “grazie.”
“grazie a te per questa fantastica mezz'ora. Spero di aver trovato finalmente almeno un'amica, in questa scuola.” ridacchiò e Regina provò a convincere il suo cuore che il solo motivo per il quale usava il termine “amica” era per quella stramaledetta fede che portava al dito. Se solo non ci fosse Victor...
“è stato un piacere.” e gli sorrise.

grazie per aver letto fino ad ora! vi prego, lasciate una recensione, anche le critiche sono ben accette!
ci vediamo al prossimo capitolo :) x
   
 
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