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Autore: Teen Idle    17/05/2015    1 recensioni
La presidentessa Cora stava nel suo studio privato. In silenzio. Non una parola, un suono, oltre alle sue dita che tamburellavano sulla scrivania. Tic tac, tic tac. Spari. Sembravano degli spari nel silenzio.
Morte.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ariel
Il treno procedeva verso la capitale senza che nessuno lo azionasse. Quella sera stessa sarebbero stati lì. Non avevano un mentore. Perciò, fu l'accompagnatrice ad istruirli su quanto riguardava l'audience, gli sponsor e le varie fasi prima dell'arena. Poi venne il momento di guardare il riepilogo delle mietiture.
Il tributo più spaventoso era di certo il ragazza del 2, sembrava che fosse nata per combattere. Ariel decise subito che l'avrebbe evitata come la peste.
Distretto 4… si vide salire sul palco, e pensò che lei non doveva aver colpito nessuno; ma meglio: più probabilità di essere ignorata.
Nessun tributo, a parte la ragazza del due, la colpì particolarmente. Anche se la ragazza del distretto uno era inquietante, sembrava disposta a tutto pur di vincere. 
Il riepilogo terminò. 
Nessuno disse niente; Killian era troppo arrabbiato, l'accompagnatrice era troppo emozionata e Ariel, Ariel aveva paura.
La ragazzina notò due bottiglie di rum vuote vicino a Killian
«Killian… non credo che dovresti…bere» disse Ariel, nel modo più delicato possibile
Il ragazzo la squadrò con aria scettica, per poi scoppiare a ridere
«Ne vuoi un goccio?»

***

Lo staff di preparatori era decisamente irritante; non faceva che starnazzare in continuazione di cose, quale più quale meno, molto stupide. E perché si ostinavano a chiamarlo “cucciolottina”, “pesciolina”  mentre le  allungavano le ciglia, le tagliavano le unghie e le mettevano creme sui capelli? Quando finirono con lei, ne fu solo felice.
Dolorante, infastidita e triste, coperta solo da un asciugamano rosa confetto, venne portata al cospetto della sua stilista.
«Ma che stellina!» strillò la stilista; aveva i capelli blu e la pelle bianca. 
«Io sono Turchina!» si presentò 
«Io sono Ariel Blusea» le rispose con una vocetta flebile
«Ma certo! Tutti gli abitanti di Capitol City conoscono a memoria i nomi e i cognomi di ogni singolo tributo!»
«Mh» commentò Ariel. 
Turchina tirò fuori da dietro la schiena una gruccia a cui era appeso un abito. Distretto 4, pesca. Il costume era di tutte le varietà di blu, disposte in diagonale lungo la stoffa, ed era percorso da numerose squame sulla parte finale dell'abito che la facevano sembrare una sirena.
«Vedi, la Prima Stratega ha chiesto espressamente che alla parata ogni tributo appaia come il più forte dei guerrieri. Vuole il meglio per la sua Prima Edizione dei Giochi!» gongolò Turchina.
«Non mi sembra un costume particolarmente bellico...» fece notare Ariel.
«Non senza questo!» esclamò la stilista con voce acuta. Prese  un tridente – peraltro vero– appoggiato alla parete e lo infilò nelle mani della giovane ragazza.
La condussero sul carro del suo Distretto. L'abito di Killian era tale e quale al suo. L'arena era relativamente lontana, ma la guerra cominciava lì. Sponsor, pubblico, addestramento... non avrebbero potuto sopravvivere senza.
Di lì a poco, i primi Hunger Games sarebbero cominciati.

Mary
Mary squadrò il suo abito: era una tuta semi trasparente color nero ricoperta da una spessa patina nera, sulla sua testa, un casco arancione le scompigliava i capelli. Era ridicola. Altri tributi erano molto più dignitosi.
Regina Mills aveva un abito semi trasparente ricoperto di diamanti e ogni tipo di pietra preziosa; anche se c'entravano poco con il Distretto 6, i costumi da drago di Wendy e Peter non potevano passare inosservati: le gigantesche ali blu sembravano muoversi in autonomia; i tributi del 2 erano incredibili, in intimo e ricoperti di una sostanza che assomigliava ad oro colato.
C'erano poi quelli che, come lei e il suo compagno, risultavano patetici: i ragazzi dell'11 coperti da qualche frutto qua e là, o quelli del 7 ricoperti di foglioline e con una finta pianta carnivora in testa.
A Mary non importava nulla di moda, ma se voleva vincere doveva avere sponsor; e apparire in quel modo davanti a tutta Panem non era un buon modo.
Il carro del Distretto 1 uscì all'aria fresca e serale di Capitol City. Le urla di giubilo non tardarono ad arrivare.
«Non saranno così contenti di noi» ridacchiò David in piedi vicino a lei sul carro. 
Distretto 3...4...5... i cavalli cominciarono a muoversi, e i pomposi finimenti di cristallo tintinnarono. Il carro del Distretto 11 si mostrò alla folla; toccava a loro.
La musica si fece più intensa. 
I coloratissimi abitanti della capitale urlavano in loro direzione mentre passavano per le vie, beandosi della vicinanza con dei tributi.  L'inno cessò. Il vento scompigliava i capelli neri di Mary, ma la ragazza riusciva comunque a vedere bene l'inquietante figura di Cora.
«Buonasera, tributi»scandì la donna. «Vi porgo il mio saluto, e al contempo i saluti di tutti gli abitanti della città. Benvenuti a Capitol City» ghignò. La folla esultò.
«Felici Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!»
La ragazza avrebbe giurato che la presidentessa non stesse augurando buona fortuna proprio a nessuno.

***

Il suo abito era troppo scomodo, la tuta iniziava a darle un prurito fastidioso, i tacchi erano troppo alti, e il trucco iniziava a darle fastidio.
Vennero introdotti nella suite al dodicesimo piano. Dopo la sbrigativa cena, Mary andò subito a dormire. Aveva paura di morire, e quel pensiero la teneva sveglia.
Si sorprese a pensare che non avrebbe più rivisto i suoi amici, come un fatto certo. Che non avrebbe mai più corso nelle foreste, che non avrebbe mai più usato l'arco....
Con un gesto rabbioso, si tolse le coperte di dosso. Doveva tornare a casa semplicemente per non morire in un'arena, punto e basta.
Doveva cercare di vivere per sé stessa.
Si rinfrescò il volto con dell’acqua gelida.
Distrattamente, notò che le gocce d'acqua sulle sue guance sembravano lacrime.
O forse lo erano.
  
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