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Autore: kate98    18/05/2015    1 recensioni
Due ragazzini, due migliori amici.
La loro amicizia dovrà vincere difficoltà più grandi di loro.
Riusciranno a ritrovarsi, o sono destinati a combattersi per sempre?
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Capitolo I


«Katheryne, mi raccomando!» imitai la voce di mio padre, con annessa espressione cupa che si portava sempre dietro il mio vecchio, e scoppiai a ridere seguita a ruota da Ed.
«Dovresti andare in teatro, Kate. Secondo me hai un futuro sicuro. A volte quando mi parli non capisco se stai recitando o no.»
«Potrei anche pensarci, sai? Mi piacerebbe molto.» e così è, la mamma, prima di morire, mi ha trasmesso molte cose, nonostante il breve periodo di tempo nel quale siamo state assieme. Una di quelle cose è stata proprio la passione per la recitazione. 
Guardai Edward, era il mio migliore amico e lo adoravo con tutta me stessa. Quando ci eravamo conosciuti ci odiavamo terribilmente.  Mio padre era un vecchio amico del padre di lui e, un giorno, quando era stato invitato alla sua reggia per parlare di "questioni molto importanti", come le chiamava lui, aveva portato anche me. 
«Katheryne, mi raccomando!» aveva iniziato a dirmi lui, come suo solito. Ormai usava quella frase quasi come un motto. «Comportati bene con il signor Augustus e con suo figlio Edward, ci tengo molto. Mi farebbe davvero tanto piacere che voi diventaste amici.» finì lui, guardandomi intensamente. 
Odiavo quando mi guardava così, sembrava che il suo sguardo penetrasse fin dentro l'anima. Odiavo venire meno a ciò che mi chiedeva mio padre, mi rattristava davvero vedere il suo sguardo deluso e dispiaciuto quando facevo qualcosa che non avrebbe voluto, ma non potevo comandare al cuore, e non potevo essere amica di una persona solo perché mio padre me lo chiedeva. 
Quando fummo arrivati davanti alla dimora del signor Augustus, mio padre si era raccomandato tante volte affinché lo chiamassi sempre così, il mio umore era nero come la pece. Scesi scompostamente dalla carrozza, senza neanche attendere che mi venisse aperta la porta, come una vera signorina dovrebbe fare, e mi diressi verso la reggia, seguendo mio padre. 
Ci venne ad aprire un maggiordomo che si inchinò e si offrì di prendere il mio copri spalle e la giacca di mio padre. Glielo porsi e, come una bambina piccola quale ero, cominciai a guardarmi intorno incuriosita. 
Solo l'entrata era enorme, e l'arredo era esageratamente favoloso. Aveva tutto un'aria così reale, ma senza esagerazioni. Il signor Augustus era una specie di capo del nostro popolo. Non capivo molto di politica, e neanche mi interessava capirne, sapevo solo il minimo indispensabile e, per ora, mi bastava. 
«Benvenuti, è un piacere vedervi!» una donna dall'aspetto molto curato ed elegante ci stava sorridendo gentilmente, non potei fare a meno se non ricambiare il sorriso. 
La donna si avvicinò e abbracció calorosamente mio padre che ricambió stringendola. In seguito si voltò verso di me e si mise in ginocchio per trovarsi alla mia stessa altezza. «E così tu saresti la piccola Katheryne, eh? Non ti vedo da secoli, sei diventata una signorina tanto graziosa. Io sono Evelyn.» aprì le braccia, come per chiedermi se poteva abbracciarmi, ma non si avvicinò. Io non ero molto abituata alle manifestazioni di affetto, perciò mi limitai ad allungare la mano per stringere la sua. Non sembró restare delusa dal mio rifiuto, anzi sorrise ancora più dolcemente e mi strinse la mano. 
«Seguitemi, Augustus ed Edward sono in giardino. Il pranzo verrà servito a breve.»
La seguimmo silenziosi, io continuavo a guardarmi intorno. Non che la nostra casa non fosse bella, anzi, eravamo una famiglia abbastanza benestante, ma quella casa era davvero affascinante. 
Il giardino, poi, era qualcosa di incredibile. Era pieno di rose di tutti i colori. Adoravo le rose, erano i miei fiori preferiti. Sarei stata per ad odorarne il soave profumo. 
Un uomo dall'aria allegra si avvicinò a noi sorridendo a trentadue denti. 
Si rivolse prima a me, «É un enorme piacere rivederla, signorina. Posso permettermi di dirle che è un raggio di sole.» detto ciò mi prese la mano e vi posó un bacio leggero sul dorso. 
Io lo guardai, per un attimo sconcertata da quell'accoglienza, poi rivolsi lo sguardo a mio padre, in cerca di aiuto. 
«Oh, non farti intimidire da questo vecchio bacucco. Gli piace mettere le persone alla prova, vedere come reagiscono.» mi fece l'occhiolino e abbracció l'amico. 
Dietro al signor Augustus, si era avvicinato anche un ragazzino. Supposi fosse Edward. Non mi guardava per più di due secondi consecutivi e, ogni volta che i nostri occhi si incontravano, lui volgeva velocemente lo sguardo altrove. Decisi che avrei potuto divertirmi così. Iniziai a fissarlo intensamente e lui, accortosi di ciò che stavo facendo, inizió ad arrossire. Un sorrisetto mi era spuntato sul viso e, la signora Evelyn, notando che ci stavamo guardando, si rivolse a noi. «Non siate timidi. Katheryne, lui è Edward.» disse posando una mano sulle spalle del figlio, «Edward, caro, non essere maleducato e presentati come si deve alla signorina qui presente.» diede una spinta leggera al figlio, come per incoraggiarlo e lui, tenendo lo sguardo sempre basso, si avvicinò e mi porse la mano. Io la guardai  quasi con disgusto e la strinsi. 
«Perché non andate a giocare un po'? Vi farò chiamare quando il pranzo sarà pronto.» disse sua madre con il solito sorriso sulle labbra, dirigendosi verso la casa. 
Io guardai male il ragazzo e mi avvicinai alle rose per sentirne meglio il profumo. 
Portai la mano in alto, volevo toccare un petalo. Erano così soffici e belli che non riuscii a resistere. La sensazione di morbidezza tra le dita mi dava una calma assurda. Mi ero quasi dimenticata che non ero sola. Il ragazzo si schiarì la gola e io trasalii spostando la mano. 
Una spina mi graffió il dito, dal quale cominció a sgorgare sangue. Mi girai di scatto, fulminandolo con lo sguardo. 
«Complimenti! Davvero bella mossa, grazie tante.» sbottai infuriata. 
Lui mi guardò, finalmente negli occhi, per più di un secondo. Aveva degli occhi molto profondi, intensi. Erano neri, nerissimi. Eppure ci si poteva leggere di tutto in quegli occhi. 
Sbattei le palpebre, rendendomi conto che lo stavo fissando, e mi voltai con la schiena rivolta a lui. Volevo che mi lasciasse in pace. 
«Dai, fammi vedere.» mi toccò la spalla. 
Ma io mi ritrassi, non volevo che mi toccasse. 
«Lasciami in pace! Nessuno ti ha dato il diritto di toccarmi! Mio padre lo verrà a sapere!» gli gridai addosso piena di rabbia. 
Non sapevo proprio perché, ma non riuscivo a sopportare quel ragazzino.
«E va bene, arrangiati!» gridò lui di rimando. 
«Certo che mi arrangio. Io mi sono sempre arrangiata.» lo guardai di sbieco. 
«Bene! Che cosa vuoi, un applauso?». 
«Te lo faccio io l'applauso. Con la tua faccia in mezzo. Che ne dici?» mi preparai a sferrare il colpo, quando fui fermata da una voce alle mie spalle. 
«Signorina Katheryne, signorino Edward! È ora di pranzo.» era il maggiordomo. 
«Sappi che non finisce qui.» cercai di sembrare minacciosa mentre mi dirigevo verso la casa. 
 
La tavola era addobbata con tutto il cibo del mondo. Non avevo mai visto qualcosa di così grandioso, ed era solo un semplice pranzo. 
«Woh, non oso immaginare a Natale!» mi lasciai sfuggire le parole di bocca. 
Notai lo sguardo di rimprovero di mio padre, ma non mi pentii di ciò che avevo detto. Non sopportavo tutte quelle convenzioni sociali in cui le donne dovevano stare sempre zitte e buone. Io non sarei mai stata così. 
 
Mangiai di gusto, assaggiando un po' tutto. 
Seduto di fronte a me c'era Edward, perciò evitavo il più possibile di alzare lo sguardo.
Lui non aveva mangiato quasi nulla. Probabilmente stava cercando di attirare l'attenzione, che atteggiamento infantile. 
«Edward, caro.» richiamò l'attenzione sua madre «cosa succede? Perché non mangi? Non stai bene?» lo guardò preoccupata. 
Io finii ciò che c'era nel mio piatto e riniziai a guardarmi in giro.
Dopo aver mangiato ci spostammo tutti in salotto. 
Mio padre e il signor Augustus si ritirarono nello studio, per poter parlare tranquilli. 
Evelyn aveva notato che suo figlio era diventato cupo, continuava a guardarlo con un cipiglio di preoccupazione sul volto. 
Si avvicinò a lui e lo strinse a sè, poggiandogli poi un bacio sulla fronte. 
Quella scena mi fece male, molto male. Perché la vita era ingiusta, e a me mancava la mia mamma. 
Avrei tanto voluto averla con me, poter stare tra le sue braccia ancora. Ma il destino me l'aveva portata via troppo presto, lasciando mio padre distrutto. 
Nonostante tutto, però, lui si stava comportando in modo eccezionale con me e mi cresceva come meglio poteva. La mancanza di mia madre però era ancora un sentimento forte, e io dovevo andarmene via di lì. Non potevo più stare a vedere quella scena. 
Senza dire nulla mi diressi verso il giardino. Camminai per un po' tra le rose, cercando di liberare la mente, di non pensare a nulla. 
Dopo essermi calmata un po', mi sedetti a terra, sull'erba soffice. 
Chiusi gli occhi e mi addormentai così, nella tristezza di quel momento. 
 
«Katheryne cara, è ora di andare, alzati su!»
Senza proferire parola mi alzai e seguii mio padre. 
Salutai Evelyn e suo marito con due baci sulla guancia e biascicai un "ciao" rivolto a Edward. 
 
Quella sera non riuscii ad addormentarmi serenamente come al solito, troppi pensieri mi inondavano la mente. 



Angolo autrice:
Ciao a tutti, mi sono ricordata di questa storia che ho sognato un paio di anni fa e, dato che mi affascinava, ho deciso di scriverla. Spero di riuscire a descrivere il meglio possibile ciò che accade e spero che piaccia anche a voi come piace a me.
La mia beta è lei 
http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=650515, Elecktra35.
  
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