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Autore: DilettaMaselli    19/05/2015    1 recensioni
Un secondo e tutto può cambiare. Tutto può diventare più difficile e insopportabile.
La felicità si spezza, si commettono errori e la quotidianità diventa insopportabile. Ma la vita va avanti e sarà l'amore, l'amore più puro, a rendere tutto più luminoso anche se la luce non la si vede più.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il Luna Park quel giorno era chiuso. Pioveva a dirotto e nessuno si sarebbe mai presentato per fare un giro sugli autoscontri o per prendere uno zucchero filato. 
Un paio di anni prima, quando Ian e Giorgia si erano dati appuntamento vicino al tiro a segno, il sole era bollente e penetrante con i suoi raggi luminosi. Quel 28 settembre, invece, il maltempo sembrava non voler dare tregua a niente e nessuno.
Sarà che era autunno e, invece, quel giorno di sole di due anni prima era trascorso in pieno luglio, ma Ian aveva la sensazione che il cielo lo stesse prendendo in giro. In un giorno felice ti regalo il sole, il momento più brutto della tua vita lo condisco con la pioggia. 
I giochi e i chioschi del Luna Park erano coperti da teloni impermeabili o protetti dalle saracinesche. Ian, però, si ricordava bene cosa si nascondeva lì sotto. Giorgia, amante delle giostre come lui dello sport, lo aveva portato in quel posto almeno una decina di volte se non di più e Ian ricordava ormai bene tutte le attrazioni che c'erano, anche se non poteva vederle. 
Non c'era molto da fare quel giorno, sotto la pioggia. Gli venne poi in mente che forse, un luogo in cui gli sarebbe piaciuto finire di inzupparsi per benino, c'era. 
Si allontanò dal Luna Park di circa duecento metri, per poi svoltare a destra. Pochi passi e si ritrovò davanti ad un minuscolo parchetto o, per meglio dire, una piccola area verde, dato che lì c'era soltanto un cestino, un giovane pino e un tavolo da pic nic. Fu proprio lì, seduti uno di fronte all'altro che Giorgia ed Ian, due anni prima, si fermarono a chiacchierare. Entrambi scoprirono quanto amassero parlare con l'altro e quanto una lunga chiacchierata poteva farli sentire soddisfatti.
<< Giorgi... >> Ian fece un sospiro e incrociò le braccia. << Giorgi, Giorgi. Sei veramente la ragazza più stramba con cui io sia mai uscito. Insomma, mi hai portato sulle giostre e mi hai fatto mangiare le frittelle al cioccolato. >> Scoppiò a ridere e Giorgia lo imitò. << Io odio i cibi dolci. Eppure le ho mangiate e me le sono godute. >>
<< Forse sono io che rendo tutto migliore. >> scherzò.
<< Sicuramente. >> disse serio, poi tornò a sorridere. << Non credo che con te dovrò mai preoccuparmi di portarti in un buon ristorante, a te bastano i cupcakes. >>
<< Hai fatto bingo. Però potresti doverti preoccupare di portarmi in una buona pasticceria. Alcune possono farti sborsare un bel po' di quattrini, lo sai? >>
Giorgia piegò la testa di lato e sorrise. Ian sospirò sonoramente. 
<< Ti piacciono i miei capelli? >> domandò lui.
<< Cosa? >>
<< Sì, i miei capelli. Cosa ne pensi? >>
Giorgia lo fissò impassibile, poi gli rise in faccia. << E poi sarei io quella stramba! Le persone normali non se ne escono con improvvise domande fuori luogo. >>
<< Due strambi insieme potrebbero compiere un sacco di meravigliose stramberie. >>
Si sorrisero un po' su di giri tutti e due per la promessa racchiusa in quella frase. << Potrebbero. >> rispose poi lei in tono provocatorio. 
A quel punto, sentivano entrambi che ormai il seme era già piantato e in quello stesso momento stava mettendo le radici. Il fiore del loro amore sarebbe sbocciato molto presto. 
All'apparenza potevano sembrare due persone molto diverse, ma infondo loro sentivano di avere qualcosa che li accomunava. Qualcosa di più profondo dei passatempi e dei gusti riguardo al cibo. Ciò che li rendeva simili era la voglia di stare bene. La voglia di essere leggeri come quando ci si butta con  il paracadute o come quando ci si diverte con gli autoscontri. La voglia di vivere.
La conversazione proseguì.
<< Comunque la domanda era molto seria. Io giudico la pochezza di una ragazza in base alla sua risposta a questa domanda. >>
<< Tu... giudichi la pochezza? >>
<< Voi donne non giudicate la mascolinità di un uomo? Mettila un po' sullo stesso piano. >>
<< Assurdo. >> bisbigliò.
Assurdo non era l'insolita fissazione di Ian per i suoi capelli, assurdo era che Giorgia in quel momento non sentisse bisogno più di niente. Nemmeno di un pasticcino (cosa più unica che rara).
<< Niente assurdità, qui >> fece un gesto con la mano per indicare lo spazio circostante. << si sta parlando di questioni di vita reale. >>
<< Cosa stai dicendo? >>
<< Oh,>> sospirò. << non ne ho la minima idea! >> Ian appoggiò i gomiti sul tavolo e si prese la testa tra le mani con aria annoiata. << Vorrei solo una risposta sincera. >>
Giorgia capì di essere dinnanzi ad una povera anima in pena. Decise di non prolungare oltre la sua ingiusta sofferenza, ma...
<< Prima una domanda. >>
<< Mio dio. Se dopo tutto questo tempo perso non ti piacciono i miei capelli, sarò costretto a riporti nella categoria "Ragazze con poco buon gusto da chiamare alle feste-flop di amici noiosi" >>
< < Ecco...  io mi innamoro abbastanza facilmente. >> La pelle pallida di Giorgia arrossì di colpo mentre ascoltava l'eco delle sue stesse parole.
<< L'ho notato. Quale sarebbe la domanda? >> Ian manteneva un'espressione annoiata, ma in realtà era molto preso da quella conversazione.
Lo disse tutto ad un fiato: << Mi chiedevo se faresti mai soffrire una ragazza innamorata. >> La domanda che le premeva da quel giorno, dal primissimo istante quando lo aveva visto nella caffetteria.
In un certo senso, premeva anche ad Ian. Avrebbe mai ferito una ragazza? Avrebbe mai fatto soffrire Giorgia? Qualcosa gli faceva pensare che con lei sarebbe stato diverso. Diverso da tutte le storie avute con ragazze superficiali e sempre su di giri, che Ian non si era fatto scrupoli a tradire per cercare qualcosa di più profondo. Purtroppo, talvolta, si accorgeva di avere abbandonato una ragazza per una ancora più sciocca e noiosa.
<< Dipende. Di cosa è innamorata questa ragazza? Dei soldi dei miei genitori, del mio aspetto, di un mio amico. >>
<< Dei tuoi capelli? >>
<< Ecco, questo sarebbe una motivo più che ragionevole per non farla soffrire. >> Risero insieme, per l'ennesima volta.
<< Mi spieghi perché sei così fissato con l'acconciatura? >>
<< Non te lo dirò mai .>> 
<< E dài! I tuoi capelli mi piacciono. >> Ian portava da sempre i capelli un po' lunghi, che arrivavano fino a sotto l'orecchio. Erano molto curati e lucenti, a Giorgia non dispiacevano per niente. Anzi, a volte avrebbe desiderato affondarci le mani... << Prometto che non lo dirò a nessuno. >>
Ian storse la bocca e scosse la testa. << Niente da fare. Stai evitando un'altra domanda, comunque. >>
Giorgia sapeva a che domanda si riferiva e non aveva intenzione di sviarla. Nemmeno di parlare usando terze persone. << Beh, io sono innamorata di te. >> sorrise debolmente.
No, Giorgia non era sciocca e noiosa. Giorgia era speciale e Ian lo aveva capito dal primo istante. Forse aveva un po' la testa tra le nuvole e faticava a stare con i piedi saldi a terra, ma era proprio quella la caratteristica che attirava lui. Era bello, ogni tanto, raggiungerla nel suo mondo. Lì, era tutto più bello. 
Giorgia aveva proprio ragione: lei rendeva tutto migliore. 
<< Anche io sono innamorato di te. >> disse Ian quel giorno d'autunno, sotto la pioggia, seduto nel posto esatto dove si era accomodato tempo prima. 
Fissava assorto un punto di fronte a lui, sperando che guardando più intensamente sarebbe ricomparsa Giorgia. Era impossibile e lo sapeva, ma non poteva smettere di farlo. 
Neanche un tuono potente e rumoroso portò Ian alla realtà. 
La pioggia che iniziò a cadere più determinata gli stava inzuppando i jeans, le All Star e i capelli. L'unica cosa che si salvava era il giubbotto di pelle, su cui le gocce scivolavano via. 
Il viso era completamente bagnato. Le lacrime che avevano iniziato a scorrere già da un quarto d'ora abbondante si confondevano con la pioggia. Ian si accorse di stare piangendo solo quando iniziò a singhiozzare, ma ben presto quei singhiozzi si trasformarono in un ruggito di rabbia. 
Era arrabbiato, furioso con se stesso. Era colpa sua se Giorgia era in fin di vita; era colpa sua se il giorno prima era uscita a camminare sotto la pioggia. Le aveva detto lui che prendere un po' d'aria l'avrebbe aiutata a rilassarsi in vista di un importante colloquio di lavoro. Avrebbe dovuto essere lì quando era scivolata in mezzo alla strada, doveva esserci. In qualche modo era sicuro che avrebbe potuto evitare che un furgone la investisse in pieno mentre si stava rialzando. La loro vita sarebbe proseguita nella normalità.
Ma non era così.
Giorgia forse non avrebbe superato la notte. E lui non se lo sarebbe mai e poi mai perdonato. 
  
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