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Autore: piccolo_uragano_    19/05/2015    1 recensioni
(1992- camera dei segreti)
Oliver Baston, sesto anno, Capitano Grifondoro. Affascinante, coraggioso, fanatico del Quidditch, testardo e dolce. I suoi più cari amici si chiamano Fred e George Weasley, il che è tutto dire. Crede nell'amore ma non di essere in grado di amare.
Jo Wilson, sesto anno, Capitano Serpeverde. Purosangue nobile da generazioni, traditrice del suo sangue, testarda, furba, bellissima e con un passato scomodo e tenuto nascosto, che l'ha portata ad avere paura d'amare. Fragile, ma bravissima nel nasconderlo.
Due mondi paralleli che si incontrano per caso, fondendosi l'uno con l'altro. Come andrà a finire?
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Dal testo:
"Sei mia." sussurrò schiudendo le labbra, allontanandosi leggermente dal suo viso.
Lei sorrise, nella penombra. "Solo se stai zitto e mi baci, Baston." rispose, con un sussurro altrettanto flebile, e lui riprese a baciarla con più foga.
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[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Oliver Wood/Baston
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Jo fu svegliata dal suono dei cassetti del comodino di Flora che si aprivano, e dal suo poco rispetto per il sonno altrui. Si girò in modo da poterla guardare, controllandosi i capelli, per assicurarsi che non fossero rossi come nel sogno. Intanto, Flora si spennellava la faccia cercando di coprire le occhiaie, date un po’ dalla sua insaziabile sete di pettegolezzi, un po’ dal succhiotto ben visibile sul collo, che, a intuito, doveva essere opera di quello scimmione privo di neuroni di Marcus Flitt.
“ … ‘giorno.” Borbottò Jo, in un goffo tentativo di essere gentile.
“Buongiorno Jo.” Rispose Flora. “Dormito bene?”
Jo annuì, indicandosi il collo per chiederle di quel succhiotto. “Di nuovo Flitt?”
Flora annuì, stranamente felice ed amichevole. “Tu e Baston?”
Jo socchiuse gli occhi, stringendosi nella felpa gigante che usava come pigiama. “Io e Baston cosa?” chiese.
“Non te la fai con lui ora? Sembravi così felice ieri sera, a cena.”
“Flora, quante volte te lo devo dire? Io non mi faccio nessuno, non dopo …” si bloccò. Stava per pronunciare il suo nome, di nuovo. “Non mi faccio nessuno e basta.” Disse fredda, cercando di nascondere il fatto che, di nuovo, stesse per parlare di lui. Automaticamente, allungò la mano verso il comodino e si mise il ciondolo.
“Afferrato. Però Baston è carino, non negare.” Disse, mentre si stringeva la cravatta, e Jo si alzava a malincuore.
“Mh.” Disse. “Ma tu non lo odiavi?” “No, non più.” Rispose Flora, mentre Jo si toglieva la felpa per infilarsi la camicia ed il maglione in un colpo solo.
“Non più?”
“Non da quando ti ha fatta ridere.”
Jo guardò Flora come se avesse appena infranto un tabù, poi come se fosse una strana creatura Oscura, e poi, sorprendendola, sorrise. Non come con Oliver e gli altri, un sorriso più forzato e meno luminoso, ma sorrise, mentre si infilava le scarpe. “Si, mi fanno sorridere.”
Sorrise anche al pensiero del sorriso di Oliver quando ridevano insieme, sorrise pensando a quanto lui fosse in grado di farla sentire leggera e libera senza nemmeno accorgersene. Questo da una parte la spaventò a morte, dall’altra aumentò pericolosamente la sua voglia di vederlo.
Flora rispose al sorriso, mentre si assicurava che la cravatta fosse perfetta e Jo si sistemava il nodo della sua più o meno all’altezza del ciondolo babbano.
“Jo?”
“Si?”
“Hai idea di chi possa essere l’erede di Serpeverde?”
Jo la guardò, scuotendo la testa. “Era troppo bello per essere vero.” Sbuffò, mentre si avvicinava all’uscita del dormitorio con a tracolla la borsa con i libri.
“Sono seria!” rispose Flora, seguendola.
“Io non lo sono di sicuro, tu e tua sorella nemmeno perché i vostri genitori sono Corvonero. Mettiti il cuore in pace.” Spalancò la porta ed uscì, maledicendosi per aver pensato che Flora fosse gentile solo perché le andava.
Flora, dal canto suo, capì che era una causa persa e si diresse da sua sorella, mentre Jo saliva le scale accorgendosi di avere bisogno di uscire dal sotterraneo perché le veniva da soffocare. Incrociò Malfoy con le sue marionette (Tiger e Goyle). Il ragazzino la salutò con finta gentilezza, e lei, già di pessimo umore, rispose con un grugnito.


“Jo Wilson?”
Si girò di scatto. Prima che riuscisse a metterla a fuoco, Caty Roxel, seguita da quella che, a intuito, era Angelina Johnson, con dei riccioli da invidia e una camminata elegante.
“Caty Roxel.” Rispose Jo, fermandosi, invidiando quella sua cravatta rossa e oro.
“Ciao, io sono Angelina.” Disse la riccia, alzando la mano in segno di saluto.
Jo rispose al saluto con un gesto goffo, chiedendosi perché la Roxel l’avesse fermata per i corridoi alle otto e mezza della mattina.
“Hai visto i ragazzi?” chiese la  Grifondoro.
“Beh di sicuro non erano nella mia Sala Comune.” Rispose Jo, accennando un sorriso.
Caty si bloccò un secondo, per poi recuperare la sua solita parlantina. “No, nel senso, i gemelli e Baston hanno detto che sarebbero venuti a cercarti, perché volevano che fossi tu a parlare con Harry, Ron ed Hermione, sai, per ciò che è successo ieri hanno detto che tu hai più tatto in certe cose, e si sono svegliati presto apposta per venirti a cercare e …”
Jo la bloccò con un gesto. “Mi dispiace, Caty, ma io non li ho proprio visti.” Disse, con un sorriso gentile, ma, in quel momento, si sentì chiaramente Flora Carrow strillare “Smettetela! Non so dove sia andata!” e, un secondo dopo, la videro voltare l’angolo del corridoio seguita da Fred, George e Oliver.
“Oh, eccoti! I tuoi amici sono più simpatici di Gazza!”
Fred e George la presero come un’offesa molto seria, mentre Oliver scoppiò a ridere, mentre si poggiava una mano dietro la nuca ed esclamava “Ciao Jo!”
Jo alzò la mano quel tanto che bastava per fare ‘ciao ciao’ e sorrise imbarazzata.
“Tutto okay, Flora?”
“Ritiro tutto quello che ho detto stamattina sui Grifondoro! Tutto!” strillò lei, mentre si allontanava da loro.
Jo fece la faccia di una che se l’aspettava, mentre Oliver le era fin troppo vicino. “Che le avete fatto?”
“Siamo stati nei sotterranei a cercarti.” Cominciò Fred.
“Ma tu non c’eri.” Continuò George.
“Poi abbiamo incontrato Flora, e le abbiamo chiesto …”
“ … in modo abbastanza insistente …”
“ … dove fossi, ma lei ha detto, che non lo sapeva e noi non le abbiamo creduto, allora poi …”
“Siamo arrivati qui!” concluse Oliver.
Jo annuì. “Di solito la mattina vado verso la Sala Grande per bere il mio sacro santo caffèlatte.”
“Giusta osservazione!” esclamò Caty Roxel alle sue spalle. “Che cosa vi avevo detto io?”
Oliver e i gemelli abbassarono la testa come tre bambini colpevoli. “Che probabilmente sarebbe andata in Sala Grande per la colazione.” Sospirarono i battitori.
“Appunto.” Esclamò Angelina Johnson. “E io direi che questa colazione dovremmo proprio farla.”
“Ho bisogno del mio caffèlatte.” Aggiunse Jo, avviandosi a grandi passi verso la Sala Grande. Erano ancora troppo vicini ai sotterranei perché lei potesse sentirsi libera di essere sé stessa.
“Si, ma ti dovevamo parlare di …”
“Parlerò con i tre ragazzini, si, ma non credo c’entrino nulla con quello  che abbiamo visto ieri sera.”
“Come fai a sapere che ti stavo parlando di quello?!” chiese Oliver, stupito.
Jo sorrise, scambiandosi uno sguardo complice con Caty, che sorrise a sua volta.
“Intuito, Baston, intuito!” esclamò la serpe, ridendo, lontana dai sotterranei.


“Non abbiamo fatto nulla!”
“Harry Potter, calmati.” Jo lo invitò a sedersi di nuovo. “Sono assolutamente convinta che voi non abbiate nessuna colpa, vi sto chiedendo se avete visto, sentito o capito qualcosa.”
Alla parola ‘sentito’ i tre si guardarono con aria sospetta.
Jo stava seduta sul tavolino al centro della Sala Comune dei Grifoni, davanti a lei, i tre ragazzini se ne stavano sul divano rigidi, e dietro di lei, Oliver, Fred, George, Percy e Caty attendevano risposte a braccia incrociate.
“Avete sentito qualcosa?” domandò Jo, togliendosi la cravatta.
“Ne ho abbastanza di questa buffonata.” Sbuffò Percy. “Ho di meglio da fare, io.”
Jo lo guardò con indifferenza. “Ciao, allora, Prefetto Weasley.” Percy era sicuramente il membro del clan Weasley che le stava meno simpatico.
Lui la fulminò con lo sguardo, prima di imboccare la scala per i dormitori, mentre i tre ragazzini continuavano a scambiarsi sguardi perplessi. Poi, tornarono a guardare Jo, sentendo che di lei avrebbero potuto fidarsi.
“Beh.” Cominciò Ron. “Harry ha …”
“Ho sentito una voce.” Ammise lui con aria quasi colpevole.
Jo rimase impassibile. “Che cosa diceva?”
“Che avrebbe ucciso, che aveva sete di sangue.”
Jo, di nuovo, non mostrò emozioni. Lei non credeva che Harry fosse pazzo, o almeno non lo dava a vedere, e il ragazzo gliene fu grato. Con un gesto nella mano, lo invitò a continuare il racconto.
“Era come se si muovesse … nel muro.”
“Nel muro.” Ripetè Jo. “E voi due non avete sentito nulla?”
“No.” Rispose la Granger. “Abbiamo seguito quella voce, quella che sentiva Harry e … ci siamo ritrovati davanti alla scritta.”
“Jo?” chiese Ron.
“Si, Ron?”
“Noi ci possiamo fidare di te.”
“Si, certo.”
“Quindi posso chiederti una cosa?”
Jo annuì.
“È una cosa brutta, vero, la Camera dei Segreti?”
Jo, per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare, si girò per chiedere consiglio agli altri. Loro scossero la testa. Tornò a guardare il trio e si guardò le mani, poi prese un respiro profondo.
“Io non so molto. Quello che so ve lo posso dire, ma dovete promettermi una cosa.”
I tre si guardarono e poi annuirono.
“Dovete promettermi che non farete nulla di stupido senza prima aver coinvolto noi. Vorrei potervi aiutare. E credo che valga anche per loro.”
“Sicuro!” esclamarono i gemelli.
“Mi aggiungo. Potete contare su di me.” Aggiunse Oliver, leggermente arrossito dopo quel ‘noi’.
Harry, Ron ed Hermione sorrisero. “Promesso.” Dissero.
Jo sorrise, guardò di nuovo gli altri e poi tornò seria. “Io non so molto, davvero. So che è una leggenda, una leggenda che parla di … discussioni tra i fondatori perché Serpeverde voleva limitare l’accesso alla scuola ai Purosangue. Lui odiava davvero i Babbani, ma teniamo in considerazione che in quel periodo, i Babbani tendevano a dare fuoco ai maghi e alle streghe. Credo che Hogwarts sia stata fondata  anche per questo, per … salvare i giovani maghi. Comunque, Salazar non andava d’accordo con gli altri tre, e scappò. Alcuni sono convinti che prima di fuggire, costruì una stanza segreta che sarebbe stata aperta solo dal suo degno erede.”
Hermione annuì, pensierosa, mentre Harry e Ron si guardarono perplessi.
“Potresti chiedere informazioni alla tua famiglia! Voglio dire, voi siete Serpeverde da secoli, no?” esclamò Ron, dopo qualche istante.
Jo sembrò rattristarsi. “Ron, io non … non ho una famiglia. Cioè, teoricamente sarei una Wilson, praticamente i miei genitori mi rinnegano.”
“Ma come?! Gli Wilson sono tra i Purosangue più nobili di sempre, e …” poi, il ragazzino sembrò capire. “Oh. Sei una traditrice del tuo sangue?”
“Esattamente.” Ammise Jo, con un sorriso triste.
“Quindi non potresti chiedere ai tuoi di dirti …” iniziò Harry, poi i ragazzi si scambiarono un’occhiata piena di pensieri.
“Tu no. Ma Blanca si.” Disse Oliver, dando voce ai pensieri di tutti.
“Harry?”
“Si?”
“Dammi carta e penna.”

Cara Blanca,
come stai? Come vanno i preparativi per il matrimonio?
Qui le cose procedono come sempre, ma ultimamente stanno accadendo troppe cose strane. Tomas sta bene, l’altro giorno lui e Alexander sono venuti a vedere gli allenamenti. Ieri, è comparsa una scritta sul muro del terzo piano che parlava della riapertura della Camera dei Segreti. Credo tu ne sappia qualcosa di più di me: ho un ricordo vago della mamma e della zia che ne parlano, ma ero piccola. Tu eri più grande, ricordi qualcosa? Sapresti darmi qualche informazione utile?
Grazie in anticipo,
tua sorella Jessica.


“Jessica?” chiese Hermione.
Jo le fece segno di lasciare stare, mentre piegava la pergamena e la metteva un una busta.
“Ti presto il mio gufo.” Disse Harry, mentre Jo gli rivolgeva un sorriso gentile e lui afferrava la lettera.
“Blanca Wilson, castello Wilson.” Disse, con aria leggermente disgustata, mentre il trio si avviava alla guferia.
“Speriamo bene.” Sospirò Oliver, appena furono usciti.
“Speriamo di non metterci troppo nei guai.” Aggiunse Caty, ritrovandosi gli occhi di tutti addosso. “Ho detto troppo!” aggiunse, in sua difesa.
“Speriamo che Blanca non faccia la stronza.”  Aggiunse Jo con un sospiro, fissando la porta.
Oliver le mise goffamente una mano sulla spalla. “Andrà bene.” Le disse.
Lei sorrise. “Andrà bene.” Ripeté. Per qualche strano motivo, ora che lo aveva detto lui ci credeva un po’ di più.
“Comunque sia, Jo ... Se tu fossi nata Babbana, saresti stata una bravissima psicologa.” Aggiunse Caty, stiracchiandosi  e trattenendo uno sbadiglio.
Jo sorrise tristemente. “Si, me lo hanno già detto.”

“Dove hai detto che studi?”
Lei lo guardò, seduti in un bar davanti ad due frappé. “In Irlanda.”
“Figo. Che scuola è?”
“Una scuola di chi sa farsi i fatti propri.” Rispose Jo, ridendo, maledicendo i jeans Babbani che portava e prudevano moltissimo. Era luglio, ma a Londra erano necessari i jeans lunghi per via della pioggia.
Lui, con quei riccioli scuri e quegli occhi chiarissimi, sfoggiò il più seducente dei suoi sorrisi.
“Secondo me, invece, dovresti fare la psicologa.” Aggiunse, senza smettere di ridere.
“La cosa?”
“La psicologa! Dai, non dirmi che non sai cosa sia. In Irlanda esistono gli psicologi, ne sono sicuro!”
“Non nella mia scuola!”
“Oddio, ma come fai a non saperlo? È quel medico, che ti fa sdraiare su un lettino e parlare dei tuoi problemi, e … insomma, hai capito!”
Jo bevve l’ultimo sorso di frappé e poi appoggiò un gomito sul tavolino e si tenne la testa con una mano. “No, però non fa niente. Io non diventerò una psicologa, e per favore tu non diventare insegnante!”
“Forse io diventerò psicologo e tu insegnante.”
“Ne io ne te diventeremo psicologi, Edward.”


“E tu che hai risposto?” chiese Caty, costringendo Jo a scendere dalla sua nuvoletta.
Jo fece per rispondere, perché Caty le stava simpatica, e parlare di lui le pesava sempre meno, ma fu interrotta da Oliver, che si alzò di scatto portandosi le mani nei capelli. “Tra dieci giorni siamo contro di voi a Quidditch, Jo!”
Jo lo guardò come se avesse scoperto l’acqua calda. “Si, ci alleniamo giovedì e lunedì.”
“Vi stracceremo!” esclamò Fred.
“Guarda che Malfoy non così è male.”
Oliver si chinò quel tanto che bastava per arrivare a pochi centimetri dal viso di Jo, seduta sul divano, e sussurrò: “Io ho il piccolo Potter, Wilson.”
“Ma io sono io, Baston.” Ribatté lei, per niente intimidita dalla vicinanza e dal tono di sfida. “Non ho bisogno di un ragazzino del secondo anno come Cercatore per essere grandiosa.”
“Ti credi grandiosa, Wilson? Lo vedremo.”
“Ho centrato i tuoi anelli talmente tante volte con la mia Pluffa che conosco i tuoi punti deboli.”
Fred colse la palla al balzo. “E lui presto metterà qualcosa nel tuo, di anello!”
“Non è proprio un ane…” Ma George fu fermato da Jo, che aveva scostato Oliver con un gesto semplicissimo come se stesse scacciando una mosca, si era diretta a grandi passi verso Fred e gli aveva afferrato il colletto della camicia.
“Dimmi un’altra cosa del genere, Weasley, e ti ritroverai appeso a testa in giù in Sala Grande.”
Per la prima volta Fred sembrava impaurito. Primo perché Jo lo stava sollevando da terra come se pesasse quanto un chihuaua, e poi perché faceva davvero paura.
Caty scattò in piedi. “Jo. Stava .. stava solo scherzando.” Le sfiorò una spalla, ma lei sembrava fatta di pietra.
Lasciò andare Fred, senza avere il coraggio di chiedere scusa ma rendendosi conto di avere sbagliato, e se ne sarebbe andata, se Harry non fosse comparso sulla porta insieme a Ron ed Hermione, sventolando una lettera indirizzata a lei e osservando la situazione tesa con aria interrogativa.
“Va tutto bene?” chiese la Granger.
“Tutto bene.” Rispose Fred. “La lettera è di Blanca?”
“Si.” Rispose Ron. “Ha risposto subito!”
Harry porse la lettera a Jo, che storse il naso leggendo che era indirizzata a Jessica Amanda Wilson.
Si rimise a sedere, aprendo la busta con lo stemma degli Wilson e quello dei Serpeverde.

Jessica,
mi fa piacere che tu ti sia fatta sentire. Quando è la prossima partita? Io ed Amos vorremmo venirti a vedere, il signor Malfoy ci ha riferito che hai preso suo figlio Draco in squadra.
I preparativi per il matrimonio vanno benissimo, e ti pregherei di tornare a casa, a Natale, per la prova del tuo abito da damigella. Mamma e papà sono disposti a dimenticare il tuo atteggiamento per rendere perfetto il matrimonio, e ho convinto anche zia Amanda a cercare di essere gentile.
Mi chiedi della Camera dei Segreti: mamma ne ha parlato proprio ieri sera. Ha detto che Lucius ha ricevuto una lettera da Draco che lo avvertiva della stessa, strana, scritta sul muro di cui mi parli nella tua lettera.
Non so dirti molto così su due piedi, ma mi premeva risponderti subito. Ricordo anche io quella discussione, ma vagamente. Dopotutto, non sono troppo più vecchia di te. Posso dirti, però, che ho sentito papà borbottare qualcosa a proposito di un diario e dell’erede di Salazar, dicendo che Lucius è uno dei servi migliori che Vold Tu-Sai-Chi potesse desiderare, e che la Camera era già stata aperta, mezzo secolo fa, ed era morta una Sanguesporco. Sull’erede non so dire altro, francamente, se non che, ad intuito, si trova al castello ... Guardati le spalle.
Tomas mi ha detto che stai legando con dei Grifondoro. Attenta al nemico, Jessica.
Ti darò maggiori informazioni appena potrò,
tua
Blanca C. W.
P.S. simpatica la civetta.


“Malfoy!” esclamò Ron. “Ecco perché ha detto …”
“Pensate che l’erede sia lui?” chiese Caty.
Jo era bloccata, come paralizzata. Oliver lo notò subito. Le sfiorò una spalla e lei scattò come se avesse preso la scossa, guardandolo terrorizzata. Il suo dito era rimasto sul quel ‘Vold’ cancellato e sostituito dalle parole Tu-Sai-Chi.
“Jo, lui … è morto.”
Lei finse di tranquillizzarsi. “Si, certo, è … morto.”
Oliver sorrise, ma lei non rispose al sorriso.


Fuori dalla Sala Grande, Jo Wilson camminava assorta nei suoi pensieri, mentre Flora le raccontava nei minimi dettagli la sua ultima avventura con Marcus, e lei non ascoltava. Sembrò tornare sulla terra ferma solo quando Oliver Baston le sfiorò una spalla. “Scusa, Carrow, posso rubartela qualche minuto?” chiese.
Flora rispose che non c’era problema e cercò qualcun altro a cui raccontare la sua vita privata, mentre Jo osservava Oliver senza vederlo, mentre si appoggiava al muro e si guardava attorno.
“Va tutto bene, Jo?” le chiese.
“Si, certo.” Rispose lei, automaticamente.
“Perché non hai cenato con noi?”
“Non sono stata invitata.”
Oliver fece un mezzo sorriso. “Con la presente, ti comunico che sei invitata a sederti con noi ogni giorno, e a entrare nella Sala Comune quando ti pare. Ti dirò io la parola d’ordine. Questa settimana è Acquaviola, o almeno fino a quando Paciock non se la dimentica.”
Lei abbassò gli occhi e finse un sorriso. “Grazie.”
“È … è per la lettera di Blanca, vero? Non era mia intenzione costringerti a scriverle, nel senso …”
“Si, tranquillo.” Tagliò corto lei, mantenendo uno sguardo triste e preoccupato.
“Jo … lui … Voldemort è morto.”
La ragazza rabbrividì al suono di quel nome e si spense un po’ di più. “Nessuno di loro è mai stato convinto che sia morto, nessuno. E io li conosco tutti, quei Mangiamorte schifosi. È nascosto, perché è debole, ma non è morto.”
Lui le accarezzò una guancia. “Non avere paura. Hai noi, ora. Hai me.”
In quel momento, quelle parole le sembrarono così vere che non trovò un valido motivo per avere paura. E, per questo, sorrise di cuore. “Ti batto comunque in volo, Oliver.”
Lui, vedendo che Jo era tornata ad essere se stessa, iniziò a prenderla in giro, camminando, si ritrovarono sulla Torre di Astronomia, a parlare del più e del meno, come se fossero amici di vecchia data che si rivedono dopo tanto tempo, e Jo si sentì libera, leggera e pura.

Nella settimana seguente, Jo, Oliver, Caty, Angelina, Fred e George formarono quello che era a tutti gli effetti, un gruppo di amici. Passavano insieme ogni minuti libero, e Jo arrivò a sedersi con Oliver anche a lezione. Dopotutto, non stava scritto da nessuna parte che non si potesse fare, ma anche se ci fosse stata una regola che lo impediva, lei lo avrebbe fatto ugualmente. Non si notava né la differenza di Casa, né la differenza d'età, (Oliver e Jo erano al sesto anno, mentre tutti gli altri erano al quarto) e spesso anche Harry, Ron ed Hermione sedevano in Sala Comune accanto a loro.
Quel giorno, però, Jo aveva allenamento, e Caty e Angelina avevano costretto i ragazzi a seguirle in biblioteca.
Fred e George si sedettero davanti ad Oliver.
“Dì un po’, Capitano.” Lo chiamò George.
“Hai intenzione di chiedere a Jo di uscire o aspetterai di invecchiare e perdere il tuo fascino?”
“E sarebbe un peccato, perché a quel punto il suo leggendario c…”
“Idioti.” Si intromise Caty, sedensosi accanto a Oliver, mentre Allock si elogiava da solo leggendo i suoi libri, seduto poco più in là.
“Perché dovete pensare solo a quello?” chiese Angelina. “C’è altro in una ragazza. Soprattutto in Jo.”
“Esatto.” Affermò Oliver. “È intelligente, simpatica, bellissima, e …”
“E tu sei cotto a puntino.”
“Io sto bene da solo, Fred.”
“Sei un bugiardo.” Lo schernì Angelina. “Lei ti piace.”
Oliver scosse la testa e fece finta di prestare atenzione all'argomento di Trasfigurazione che i gemelli avrebbero dovuto recuperare.
“Posso metterti una buona parola, se ti va.” Sussurrò Caty, con un sorriso. “Anche se non credo che ce ne sarà bisogno.”
“Che intendi?” chiese Oliver, voltandosi verso di lei.
“Che tu le piaci, no? È ovvio.”
“Come fai a dire che è ovvio?”
Fu Angelina a rispondere. “Ti fa i compiti, si siede sempre accanto a te, sa ogni cosa di te, e …”
“Perché siamo amici.”
“Questo non è essere amici, Oliver. E tu faresti meglio a non fartela scappare.” Lo mise in guardia Caty.


Gli allenamenti del giorno dopo avevano sfinito i cinque Grifondoro, ma Oliver sembrava davvero entusiasta, e Jo sembrava seriamente divertirsi a prendersi gioco dei suoi amici, in Sala Comune davanti al camino. Gli atri Grifondoro ormai erano abituati al fatto che lei fosse lì, come se fosse ovvio e assolutamente naturale. Mentre Fred e George alimentavano le battute di Jo, Ron entrò in Sala Comune di corsa, sventolando una busta con lo stemma degli Wilson, con dietro di lui Harry ed Hermione.
Jo si fece seria, afferrò la lettera, invitò i tre a rimanere, e aprì la lettera.

Jessica,
confermo quanto scritto nella lettera precedente: la Camera dei Segreti fu aperta esattamente cinquant’anni fa dall’erede di Salazar Serpeverde in persona. Non so altro, ma sarò al castello per la tua prossima partita. Mi piacerebbe parlare con te di questa cosa. Sono sicura che sarete fortissimi.
Blanca C. Wilson.


“Verrà qui.” Disse, poi, tornando ad essere fredda.
“Può farlo?” chiese Fred.
Jo scosse la testa. “No, ma lei … ottiene tutto ciò che vuole. Lei è Blanca, la figlia prediletta.”
“Sembri preoccupata.” Le disse Oliver.
“Questa sua gentilezza mi puzza. Mi chiederà un sacco di favori al matrimonio.”
“Si sposa?”
“A giugno, il giorno del suo compleanno. Mi ha chiesto di tornare a casa a Natale, per le prove dell’abito.”
Oliver le fece l’occhiolino. “Se ti trattano di nuovo male, puoi sempre scappare di nuovo.”
“Non … non ho più dove andare.” Ammise lei , con una punta di tristezza. Perché il ricordo di quell’estate a zonzo per Londra riusciva sempre ad intrufolarsi nei loro discorsi?
Oliver sorrise con naturalezza. “Puoi venire da me.”
“E poi potete venire da noi.” aggiunse Fred. “Nel caso la mamma di Oliver non ti faccia mangiare, nostra madre cucina porzioni doppie.”
Jo sorrise. “Grazie, davvero.”
“Ti apro la porta di casa mia solo se ti presenti con il vestito che ti farà provare Blanca, però.” Aggiunse Oliver, scompigliandole i capelli con affetto. 
   
 
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