Sleep when you're dead
E c’è gente che pensa di avere sbagliato tutto nella vita e pensa solo
al passato
che non comprende che si può
rinascere ogni giorno se fai la cosa giusta adesso.
E’ facile svegliarsi la mattina e credere che il motivo
dell’ombra a destra del naso, poco sopra le labbra, sia colpa di un senso di
vuoto al centro del petto. E’ facile sentirsi pesantemente leggeri e credere
che sia dovuto alla gravità che ruota malinconica attorno ai sogni che ti son
girati tutta la notte sotto le palpebre. E’ facile anche credere di poter
essere soli, al mondo, crederci per davvero, come credi in poche cose.
La malinconia dei ricordi che hai seppellito nei cassetti o
nel cesto dei panni sporchi insieme ai pantaloni che hai comprato ad ottobre,
strappati sul ginocchio. La tristezza della pioggia quando non puoi uscire e berne
un po’. La mancanza di un qualcuno giustificata da una presenza assente che
sorride nella cornice sul comodino. Il totale non senso del cercare se stessi
nello sguardo degli altri e non riconoscersi, mai, negli schiaffi che ti senti
sulle guance e nei ganci destri diretti nello stomaco.
E’ facile giustificare un vuoto quando vivi in una scatola
che riempi di roba di cui non sei nemmeno convinto. E’ facile colmarla fino
all’orlo di esperienze che non ti appartengono; quando ti si chiede chi sei e
cosa vuoi portarti dietro prendi la prima uscita di emergenza e scappi via dal
pensiero costante di non avere nulla che sia davvero tuo.
E’ facile sentirsi
soli quando non lo si è affatto.
Perché è estremamente difficile ringraziare chi la
malinconia te l’assaggia col cucchiaino la sera prima di andare al letto; chi
la pioggia te la raccoglie in un bicchiere e te la porta in ascensore davanti
all’uscio; chi la mancanza di qualcuno non tenta nemmeno di riempirla, ma la
guarda da lontano e la sfiora leggermente; chi non ti guarda ma ti osserva e ti
accarezza l’anima che ti esce dall’angolo interno dell’occhio, quello
illuminato dalla matita bianca che ormai è diventata più tua che mia.
E’ difficile rendersi conto che la felicità te la danno
l’odore di caffè la mattina; il rumore basso dell’amplificazione dello stereo
che fischia per un’ora prima che qualcuno si renda conto che il disco è finito
e che continua a girare su se stesso; la centrifuga di notte quando hai da
lavare i jeans e c’è sempre chi arriva prima di te; il pepe nero sempre
presente e il fuoco in bocca a pranzo e a cena.
Tutto ciò da cui stavi fuggendo
Torna come valanga più grande che
Ti trascina al punto di partenza se vestirai
Vecchi difetti
Inciampi sempre sulla stessa parola, rotoli a terra e ti
trascini fino alla prossima occasione, credendo che le cose possano cambiare da
sé. Ti ritrovi sola a combattere contro qualcosa che non vuoi ma che hai
ricercato con molto impegno concentrandoti solo sulla sensazione di essere
impegnata in un obbiettivo.
Ma la storia si ripete, un paio di passi più avanti, e sei
di nuovo a terra a chiederti cos’hai sbagliato.
E sei, ti senti, lo sento, di nuovo sola.
Ci portiamo dietro i nostri sbagli e non tentiamo di
sfuggirgli, ci giriamo intorno, li coccoliamo, gli diamo da mangiare la notte
quando, prima di addormentarci, ripensiamo ad un’unica sera, che è la stessa.
Ci rendiamo conto di ripeterci da tempo le stesse cose, come
se ci provassimo pure a convincerci che tutto è esattamente come pensiamo possa
essere nella nostra testa.
E ci sentiamo come ci si sente quando un sorriso non è un
sorriso ma un ricordo che sgomita e tenta di uscirci di bocca perché ha bisogno
di essere raccontato e invece di lasciargli fare il suo corso lo rigettiamo
indietro serrandogli l’uscita tramutata in apparente tranquillità. Ci sono
cose, nella nostra testa, che camminano sole aspettando di essere liberate. Ci
sono cose, quelle cose, che abbiamo paura di dire e che ci chiudono a chiave
dietro una porta che non sappiamo aprire. Quelle cose sono la solitudine che ci
cerchiamo e con cui ci copriamo quando fa freddo.
Perché il freddo non è freddo se non te lo senti anche
dentro.
E ce lo metti tu, lì dentro, quel freddo.
Io non ho più freddo da un bel po’; e non parlo di quei
pochi rari casi in cui evito anche di guardarti perché ho paura che mi leggi
dentro un pensiero che non dovrebbe stare lì perché non ha nemmeno lo spazio
per respirare, lì dentro; io non ho più freddo da quell’unico momento in cui ho
dimenticato il modo, il tempo e il come, mi sia capitato d’incontrare qualcuno,
come te, in un posto, come una stazione. Non ho più smesso di raccontarti,
nonostante mi mancassero pezzi belli grossi della tua vita prima di…prima di
quello che non ricordo ma che non è importante.
Come se i pezzi mancanti della storia su di noi li avessimo
riempiti di bicchieri di plastica verdi, forchette storte e corridoi sempre
accesi.
Come se la normalità sia averti di fianco anche quando ci
sono solo aria fredda e silenzi agghiaccianti.
E’ facile scegliere di sentirsi soli quando rimangono solo i
problemi e la persona che li regge. Perché non puoi ringraziarla, non puoi
guardarla dritta in faccia e dirle io senza di te crollerei con tutto il peso
delle cazzate che mi porto addosso; non puoi dirle a volte mi chiudo di là
perché non voglio che tu scopra il mio sguardo raccogliendolo insieme agli
altri che ho gettato a terra per paura di lanciarli chissà dove.
Ed è difficile, quindi, scegliere di mettere da parte tutto
e per una volta, solo una, decidere di condividere anche l’ultima parte di te
con lei.
Quella che…
Grazie perché ci sei con tutti i tuoi sbagli e con tutti i
tuoi difetti, perché non sarei mai stata capace di sentirmi a casa ovunque
fossimo noi due e con la persona giusta qualsiasi cosa decidessimo di fare.
532012
L’inizio di una
dipendenza…e di un’amicizia.
“Mi guardava sconvolta,
confusa, come se fossi una totale imbecille a farmi sfuggire un'occasione del
genere.”
..Il riassunto di noi..