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Autore: Omega chan    20/05/2015    2 recensioni
Mi chiamo Einamu, ma il mio cognome l’ho dimenticato da molto: I miei genitori mi hanno abbandonato quando ero molto piccolo, forse troppo per poter ricordare qualcosa della mia vita passata. Ora ho undici anni, sono nell’orfanotrofio da dieci. Tutto quello che so del mio passato, me lo hanno detto le ragazze che badano a noi: So che i miei genitori si sono suicidati subito dopo avermi abbandonato, e che non ho altri parenti, o se li ho, non si vogliono occupare di me.
Genere: Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alpha, Einamu, Gamma, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(pov Reiza)
 
Con estrema lentezza, mi allontano dalla porta, chiudendola. Non posso ancora credere ai miei occhi. Quei due si sono baciati. Non voglio crederci, farebbe troppo male. Ma cosa dico? Fa già un male cane.
Mi sento tradita, delusa, arrabbiata. La mia bocca si contrae in una smorfia amareggiata e sospiro. “Sei stata un’illusa Reiza. Una povera illusa.” Mi dico, mentre sento le calde lacrime arrivarmi agli occhi. Ma non piangerò. Non qui. Non davanti alla stanza. Einamu potrebbe sentirmi e venire a chiedermi che succede. E vederlo, è l’ultima cosa che voglio.
Perché gli ho ceduto la mia stanza? Perché gli ho permesso di andare a salvare Alpha? Troppe domande. Una sola risposta : “Sono stata una stupida.”
Attraverso con estrema lentezza il corridoio, dirigendomi verso la stanza che condivido con Orca. Mi aspettavo che lei si mettesse in stanza con Beta, ma a quanto pare i capitani hanno diritto ad una stanza più grande. I capitani hanno tanti privilegi, se vincono ed eseguono gli ordini, ma quando perdono o disobbediscono, sono guai per loro. Nessuno di noi “comuni giocatori” sa cosa succede, quando Toudou o Sakamaki convocano un capitano, solo, nel loro ufficio. Nessuno. E forse è meglio così.
Molti sono curiosi di scoprire cosa accade, ma io sinceramente no. Non sono mai stata una ragazza curiosa, mai, o meglio, lo sono stata. Penso che la curiosità porti solo guai.  E ne ho la prova. Tutti si chiedono come sono finita all’orfanotrofio, io rispondo che i miei genitori mi hanno abbandonata, in un certo senso è vero, ma nell’altro è tutta una bugia. L’abbandono è la causa della curiosità. Solo gli insegnanti ed alcuni psicologi della scuola lo sanno: Avevo sei anni, stavo passeggiando per le vie di Tokyo con i miei genitori. Era una bella giornata: Il sole alto nel cielo, le nuvole bianche, il cielo azzurro ed il canto degli uccelli. Era Maggio, e l’estate stava per esplodere. Sentii una musica, mi ricordo ancora il motivetto. Era dolce, intonata e rilassante, ma ripensandoci oggi mi vengono i brividi. Scappai dalla mano di mia madre, e corsi verso la musica. Infondo ad un vicolo abbastanza malfamato e totalmente isolato, c’era un uomo. Era seduto per terra, i jeans strappati, una maglietta a maniche corte che lasciava vedere le braccia. Su di esse, c’erano vari buchi, segni di siringa. La barba era lunga ed incolta, i capelli grigi tutti arruffati. Non ho mai visto i suoi occhi. Aveva gli occhiali da sole e teneva una chitarra tra le mani, e suonava. Mi avvicinai un po’di più, anche se in lontananza i miei genitori mi dicevano di tornare indietro. Mi chiese se mi piaceva la musica. Feci segno di si con la testa. Proprio in quel momento, l’uomo mi prese per un polso, stringendomi sempre più forte. Iniziai a piangere, ma lui mi mise una mano sulla bocca. Annusai un odore forte, molto forte. I suoni erano ovattati, ed io non mi sentivo più il corpo. Mi ricordo il ghigno dell’uomo, poi mio padre, che scansa l’uomo da me. Io cado per terra, mia mamma mi prende in braccio e corre via. L’ultima cosa che mi ricordo, è l’urlo in lontananza di mio padre. Sono stata in ospedale per tre giorni. Per mio padre non c’è stato nulla da fare. Causa del decesso: Una pugnalata al petto. Ma non solo. Io e la mia curiosità siamo i responsabili. Dopo essere uscita dall’ospedale, mia madre era cambiata. Era fredda e mi odiava. Come l’ho capito? Mi sgridava per ogni cosa, non le andava mai bene quello che facevo ed a volte, la sentivo parlare in lacrime al telefono. Tre parole erano le più frequenti “ È colpa sua!”. In una mattina di Giugno, mi disse che mi avrebbe portato in un campo estivo, mi sarebbe venuta a prendere due settimane dopo. Ma dopo due settimane non venne, e nemmeno quella dopo. Compresi che ero in un orfanotrofio solo perché Beta me lo disse. La sua spiegazione di “orfanotrofio” mi da ancora i brividi. Aveva solo sei anni, come me, eppure, mi disse: “Questo è un posto per bambini sbagliati.”
È così che mi sento in questo momento. Sbagliata.
Sono sbagliata non solo perché non riesco a fare innamorare uno sfigato di me, ma anche perché è stato quello sfigato a farmi innamorare di lui.
Forse non lo capisce, ma è impossibile, l’ho baciato, dovrebbe avere capito quello che provo per lui. Ma forse è stupido. “No…non è lui ad essere stupido. Sono io la stupida.” Sono io che ho fatto di tutto perché quei due stessero assieme, sono io che gli ho lasciati soli. Mi sono sconfitta da sola. Ho allontanato io Einamu da me, e tutto questo solo a causa della mia infinita gentilezza. Ho commesso un errore ed ora ne pago le conseguenze.
Metto la faccia sul cuscino, piangendo in silenzio. Penso a quanto sono stata vicina ad Einamu quando Alpha non c’era ancora: Avevamo un rapporto bellissimo, che è stato rovinato da quel koala. È iniziato tutto solo perché Alpha non si è fatto i fatti suoi, e ha voluto difendere Einamu da Gamma. Ma ripensandoci, è sempre colpa mia: sono io che in infermeria gli ho lasciati soli. È grazie a me che si sono fidanzati. È inutile provare a scaricare la colpa su Alpha, o su Einamu. La colpa è solo mia, ho dato il via a qualcosa che non può essere interrotto…
Un’idea mi viene in mente. Mi tiro su e mi asciugo le lacrime. Inizio a ridere. Mi è venuta un’idea, ma adesso è veramente colpa di Einamu: se ti fossi innamorato di me, questo non sarebbe mai successo. Mi alzo dal letto, mi sistemo i capelli ed esco dalla camera ghignando:
-Vorrei dirti che  mi dispiace, ma non è così. Ti auguro di essere felice Einamu-kun.
 
 
(pov Alpha)
Vengo svegliato dalla leggera luce che filtra dalle tapparelle non ben abbassate. La testa sembra volermi scoppiare, e ho così tanta sete che potrei bermi minimo due bottiglie d’acqua. La mia permanenza nel MUGEN, anche se non troppo lunga, mi ha completamente sfinito. È stato diverso dalla prima volta: C’erano regole molto più severe, e le punizioni sono state molto dure. Forse è solo grazie ad Einamu e a Gamma che sono vivo: se Gamma non mi avesse curato il braccio ed Einamu non mi avesse salvato, forse sarei morto per infezione del sangue.
Mi giro e vedo Einamu che mi stringe come un peluche e nel mentre dorme come un bambino. Accenno un piccolo sorriso e gli scosto i capelli dalla fronte. Ricordandomi di ieri notte, arrossisco: ci siamo davvero baciati? La nostra amicizia si è davvero trasformata in amore?
Per tutta la mia vita mi sono detto che nessuno avrebbe potuto cambiarmi, essermi amico, figuriamoci farmi innamorare. Ma queste tre certezze, sono crollate tutte appena ho conosciuto questo ragazzo. Prima era solo un’amicizia, ma solo dal suo punto di vista. Tre anni fa, non volevo amici, pensavo di non averne bisogno. E pensare che è iniziato tutto solo a causa di un mio gesto assolutamente spontaneo: Io non volevo aiutarlo per farmelo amico, ma perché ne aveva bisogno lui, nient’altro. Lui invece, è arrivato addirittura a salvarmi la vita.
Ora mi chiedo: se quel giorno di tre anni fa, io non avessi difeso Einamu? Se l’avessi lasciato lì, per terra, con Reiza al suo fianco? Mi avrebbe salvato comunque? Oppure no?
Non sono sicuro della risposta, perché lui è cambiato molto dopo avermi conosciuto. Non dico sia merito mio che sia un po’più sicuro di se, ma forse gli ha fatto bene trovare una persona che fosse un minimo in grado di scontrarsi con Gamma, essendo al suo pari.
Sono immerso nei miei pensieri, e non mi accorgo nemmeno che Einamu si è svegliato. Con un espressione ancora mezzo addormentata, si solleva e si stropiccia gli occhi. I capelli castani sono totalmente sconvolti, e il pigiama troppo grande per lui, gli lascia una spalla scoperta.
-Buongiorno…
Mi dice dandomi un bacio sulla guancia. Io ricambio e gli sorrido leggermente. Mi poggia una mano sulla fronte, spostandomi i capelli. Non mi ero reso conto di quanto fossi sudato.
-Sei sudato come uno che ha fatto la maratona di New York.
Io ridacchio, asciugandomi il sudore con la mano. Non m’importa di avere ancora la febbre. Almeno siamo insieme, ed ora sarà tutto più facile.
-Avrei ancora la febbre, a dire il vero.
Lui sospira sorridendo e mi abbraccia con delicatezza, come se avesse paura di farmi male. Appoggia la testa sulla mia spalla, siamo così vicini che sento il suo respiro caldo sul mio collo. Ma non mi spiace tutta questa vicinanza con lui.
-Mi sei mancato…
Mi sussurra ad un orecchio. Sento un brivido lungo tutta la schiena, e ricambio il suo abbraccio, accarezzandogli i capelli.
-Anche tu. Ma ora siamo insieme.
Lui annuisce leggermente, per poi iniziare a piangere debolmente. Mi separo dal suo abbraccio, e lo fisso confuso. Non sono mai stato bravo a consolare le persone, anzi, in genere peggioro sempre la situazione quando ci provo.
-Non sai quanta paura ho avuto…pensavo che fosse colpa mia che tu fossi andato al MUGEN, volevo mantenere alto il tuo onore, e non sopportavo che Beta avesse preso il tuo posto…con lei…tutto quello che avevo costruito in tre anni è andato in frantumi. Sono di nuovo uno sfigato…
Non capisco perché pensa questo. Non è colpa sua se sono andato al MUGEN, affatto. Toudou ha mandato solo coloro che avevano giocato peggio e anche me, che sono quello che ha fatto l’errore più grande: non ho saputo gestire la squadra. La cosa che mi dispiace di più, è che sia nuovamente dentro il bullismo, una cosa orribile. Poi non capisco perché Beta si accanisca così tanto su di lui. Cosa ci trova di bello? E se si trovasse lei al suo posto? Come reagirebbe? Il problema del bullo è che, oltre a fare qualcosa di sbagliato, non si mette nei panni della vittima: non capisce come si sente questa, il terrore che gli scorre nelle vene quando vede il bullo. Questa è una sensazione che può essere provata solo in prima persona, e sono poche che capiscono cosa provi la vittima solo sentendo i suoi racconti. Normalmente la capiscono perché forse anche loro sono stati vittime di bullismo, o forse perché sono solo più sensibili.
-Tu non sei uno sfigato. Sei dotato di molto coraggio, e devi imparare a tirarlo fuori, anche con una come Beta.
Rispondo asciugandogli le lacrime con il dorso della mano. Lui singhiozza ancora un po’, poi alza lo sguardo. I suoi occhi viola mi hanno colpiti fin da subito. Sono molto belli, e il loro taglio è bellissimo. Inoltre, nei suoi occhi si riflette il suo stato d’animo. Nei suoi occhi vedo sofferenza, insicurezza, ma anche la forza di volontà che non riesce a tirare fuori. Vedo l’innocenza . La beata innocenza che, per fortuna, non gli è stata portata via totalmente, nonostante tutto. Chissà cosa faremo quando tutto questo sarà finito. Chissà se finirà mai. Einamu appoggia la testa alla mia spalla, sospirando.
-Grazie. Solo questo. Grazie di essere sempre vicino a me.
Gli circondo le spalle con un braccio, stringendolo a me, come se volessi proteggerlo. Ma è quello che farò. Io prometto solennemente a me stesso, che farò qualunque cosa per tenerlo al sicuro.
-Grazie a te.
Sussurro solo. Restiamo abbracciati per un po’, poi mi alzo. Sono grondante di sudore, ancora peggio di prima. Fa troppo caldo in questa stanza e comportarmi in questo modo –non come amico, ma come fidanzato- con Einamu, è una situazione totalmente nuova per me, e devo dire che mi mette abbastanza in imbarazzo. Ma non è spiacevole, come quando la prof ti fa una domanda e tu non la sai, oppure starnutisci quando c’è il silenzio più assoluto. Affatto. È quell’imbarazzo che ti fa battere il cuore molto forte  e l’unica cosa che riesci a fare è sorridere. È una sensazione totalmente nuova per me, un’emozione mai provata. O almeno, io ricordo così. Comunque tra caldo, imbarazzo e febbre, sono rosso come un peperone e totalmente sudato, così decido di farmi una doccia. Sorrido ad Einamu, e chiudo la porta del bagno. Mi sfilo delicatamente la maglietta ed i pantaloni, poi mi metto sotto la doccia e mi lavo con l’acqua gelida. Man mano che l’acqua scorre sulle mie ferite, mi mordo le labbra dal dolore. La tentazione di chiudere l’acqua è alta, ma il mio desiderio di farmi una doccia mi dice che posso sopportate il dolore. Ho sempre pensato che la doccia fosse uno dei posti migliori per riflettere, insieme ai finestrini, ovvio. Rifletto su quanto Toudou ci abbia sfruttati, di quanto mi abbia fatto sentire inutile per la seconda volta. Lui ci giudica solo dei burattini da usare a suo piacimento. Noi ci siamo sentiti onorati inizialmente, quando le cose andavano bene. Ma poi…è cambiato tutto. Ci ha trattato come giocattoli: da usare fino a quando sono funzionati, belli e nuovi. Poi, quando smettono di funzionare, vengono buttati da parte e sostituiti. Esco dalla doccia, e mi rivesto. Come esco dal bagno, noto che Einamu è già vestito, ma sta lottando per districare i nodi nei suoi capelli. Ha sempre avuto difficoltà a pettinarsi i capelli. Io sinceramente, non lo capisco.  Ha i capelli liscissimi, non dovrebbe avere grosse difficoltà. Con estrema lentezza, gli prendo la spazzola dalle mani e gli pettino i capelli.
-Non devi metterci troppa forza. Quante volte te lo devo dire?
Lui arrossisce, imbarazzato. In effetti, non è una cosa esattamente normale che un ragazzo, a tredici anni, non si sappia pettinare i capelli.
-Non lo faccio a posta! I nodi si formano da soli!
-Smettila. Non fare il testardo e ammetti la tua ignoranza in materia.
Lui gonfia le guance e si lascia pettinare i capelli, ma qualcuno bussa alla porta. Io ed Einamu ci paralizziamo.
 
(pov Einamu)
Alpha smette all’istante di pettinarmi, gli faccio un cenno di nascondersi e lui va dentro il bagno. Vado ad aprire, e quando vedo la persona che ha bussato, il mio cuore perde un battito. Beta.
Il cuore mi batte talmente veloce, che io stesso ho paura di svenire. Perché è qua? Cosa vuole? Oggi non ci dobbiamo allenare! Mi sorride dolcemente, fissandomi con i suoi occhi viola, che mi fanno gelare il sangue nelle vene con un solo sguardo. Il suo sguardo è ambiguo: sembra dolce, ma infondo noto che cela della cattiveria. Si accarezza i capelli con delicatezza, senza smettere di guardarmi. Sento il sudore colarmi lungo la schiena. Sto tremando.
-Oh, Einamu-kun, perché quella faccia?
Mi chiede, fingendo indifferenza e assoluta innocenza. Io deglutisco, sperando con tutto il cuore che la mia voce non risulti tremante. Non voglio apparire più debole di quanto lei creda.
-B-beta…come mai qua?
Primo errore, ho balbettato. Secondo errore, ho risposto ad una domanda con un’altra domanda, segno evidente che voglio evitare la risposta alla sua domanda.
-Facevo un giro. E dato che sei abbastanza sconvolto in questo periodo, volevo vedere come stavi.
Punta gli occhi sui miei, distolgo lo sguardo. Terzo errore, mai distogliere lo sguardo, è simbolo di ansia, disagio e a volte tristezza ed imbarazzo. Spero solo che Beta non conosca il linguaggio del corpo, altrimenti è la mia fine.
-S-sto bene, grazie Leader.
Lei si lascia andare in una piccola risata. Dolce alle orecchie di tutti, minacciosa per me.
-Oh. Hai capito chi rispettare. Era ora sai? Mi stavo un po’ seccando del tuo comportamento.
Chiude gli occhi e muove la mano da destra a sinistra. –Alpha di qua, Alpha di là.- chiude la mano in un pugno –Hai finalmente capito che era solo un perdente.-  Dice con noncuranza, guardandosi le unghie. Mi sta provocando. Lo percepisco. Mi mordo le labbra, e stringo i pugni per costringermi a non reagire.
-È solo buona educazione, Leader.
Non mi piace il fatto che abbia insultato Alpha, per nulla. Sento la rabbia crescere dentro di me. Ma mi costringo ad essere più calmo, a rallentare il respiro. Se riesco a convincerla che va tutto bene, Alpha sarà salvo, e anche io lo sarò.
-Einamu, tu menti?
La voce di Beta mi riporta alla realtà. Ha la testa piegata da un lato, e mi fissa. Deglutisco. Non sono bravo a mentire.
-N-no…come le viene in mente?
Le do del lei, sperando che la convinca. Ma sembra non voglia cedere. Si mette una ciocca di capelli dietro le orecchie, chiude gli occhi e sospira, scuotendo la testa.
-Non si fa Einamu. Non si fa.
Sgrano gli occhi. Ha capito tutto. Cosa mi farà ora? Cosa farà ad Alpha?
Apre gli occhi, che sono diventati più scuri, e con forza incredibile mi spinge dentro la stanza spalancando la porta  e mi attaccandomi  al muro.
-Non sono stupida Einamu. Dovresti saperlo. Non capisco perché ti ostini tanto a sfidarmi.
Deglutisco a vuoto, mentre lei fa un cenno a delle guardie, che entrano. Sono tutti molto robusti, con delle tute nere, il casco con la visiera scura, il logo dell’organizzazione El Dorado sotto la spalla destra. Hanno delle pistole, in un attimo setacciano tutta la stanza, buttando all’aria libri, rovesciando mobili, buttando a terra il contenuto dei cassetti, disfano il letto. In un attimo tutta la stanza è nel caos più totale. Alpha non fa nemmeno in tempo ad uscire dal bagno, per consegnarsi, che le guardie entrano e lo spingono fuori, facendolo cadere a terra. Inizio a piangere in silenzio, senza nemmeno accorgermene. I singhiozzi mi escono da soli, mentre guardo Alpha che viene ammanettato senza opporre la minima resistenza. Beta ghigna e gli va vicino.
-La tua fuga è durata poco Alpha-kun.
Lui si limita ad alzarsi e a fissarla dall’alto al basso. –Niente dura per sempre.-
Dice solo. È così sicuro, così calmo. Non esprime nemmeno un po’di paura, di stupore. Nulla. Il suo sguardo si sposta sul mio. Sussulto ed abbasso lo sguardo. Mi avvicino, ma Beta mi spintona per allontanarmi. Io la aggiro e abbraccio Alpha. Lo sento che sussulta, fa per abbracciarmi, senza tenere conto delle manette, e chiaramente non ci riesce.
-Mi dispiace…
Sussurro. Le lacrime che mi scendono copiose dagli occhi, che non oso alzare. Non riesco a guardarlo negli occhi. Non ce la faccio. Sento che sospira, ma non mi sembra arrabbiato.
-Guardami.
Alzo lo sguardo, sta sorridendo. È un sorriso tiratissimo e molto forzato. Anche se non si vede, ha paura. Non sa come andrà a finire, quelli del MUGEN potrebbero anche ucciderlo. È un sorriso per rassicurarmi, anche se sa benissimo che non serve a nulla.
-Alpha…è solo colpa mia…
-No. L’avevo già messo in conto che sarebbe potuto accadere. Per questo…
Si volta verso Beta, e la guarda con aria di sfida. –Mi assumo tutta la responsabilità. Voglio che non venga torto un capello a lui.
Dice senza guardarmi. Beta annuisce, incrociando le braccia.
-Mi basta che tu stia dentro. Com’è giusto che sia.
Lui annuisce, poi mi fissa, un po’più rilassato –Ti prometto che ci rivedremo. Te lo giuro.- Le guardie lo fanno uscire dalla stanza, ghignando tra loro. Beta incrocia le braccia –Ne dubito mio caro.- Molti giocatori sono usciti dalla loro stanza, e sussurrano tra di loro incomprensibilmente. Il mio sguardo cerca Reiza, e quando la vedo, sospiro. Mi avvicino a lei, e le stringo la mano. Lei non fa lo stesso. Sembra sconvolta.
-Una sola cosa Beta.- dice Alpha, freddo. –Come mi hai scoperto?-
Lei sorride e guarda verso noi  –Oh. Devi ringraziare lei.-
 
Mi giro verso Reiza, lasciandole la mano e guardandola disgustato. Lei abbassa lo sguardo, dispiaciuta. L’espressione di Alpha, cambia. Guarda Reiza stupito, fa una smorfia amareggiata e delusa allo stesso tempo, poi lo portano via.
 
(pov Alpha)
Mi portano nell’ufficio di Toudou, che siede nella scrivania con le braccia conserte. Mi fissa ghignando, ma non mi sembra molto rilassato. Personalmente, non ho paura di finire nel MUGEN di nuovo, l’avevo messo in conto.
-Sei stato stupido. Molto stupido. Dovevi saperlo che ti avremmo scoperto, prima o poi.
Lo guardo dritto negli occhi, sostenendo il suo sguardo.
-In realtà, non mi avreste mai scoperto se non fosse stato per Reiza.
Solo pronunciare il suo nome mi crea una fitta nello stomaco, una fitta di delusione. Toudou sembra accorgersene, e si alza dalla sedia, venendomi vicino.
-Oh già. Deve essere stato brutto per te essere tradito dalla tua ex compagna di squadra. Questo dovrebbe farti capire che per loro, tu non vali più nulla.
Mi mordo le labbra per non ribattere. Non servirebbe a nulla, e poi, nella mia posizione attuale sarebbe sconveniente.
-Il ribelle è stato zittito. Portatelo via.
Dice, facendo un gesto di nonchalance con la mano. Le guardie mi tirano fuori dall’ufficio, attraversando i corridoi e scendendo sempre più in profondità. Destinazione: MUGEN.
Cammino svelto, le guardie che mi tengono le braccia, per farmi aumentare il passo. Non oppongo nemmeno un po’di resistenza, e a momenti gli uomini mi trascinano. Sono abbastanza scosso dagli eventi, anche se penso che scosso, non sia il termine giusto. Mi sento tradito, deluso, arrabbiato. Non riesco ancora a credere che Reiza abbia fatto una cosa del genere, non ci voglio credere. Lei, era tra i giocatori a me più fedeli, mi fidavo ciecamente di lei. Era mia amica. La verità è che sono stato uno stupido, a fidarmi. Non avrei dovuto. Fidarsi è come giocare con il fuoco. Prima o poi ti bruci.
Le guardie mi spingono dentro la cella. È diversa da quella in cui ero prima. Credo sia la cella di massima sicurezza, ce n’è una in ogni ala, e vi mandano i criminali più pericolosi. Anche se non credo di essere considerato tale, penso invece che Toudou più che per la mia fuga, sia preoccupato per tutti i soldi che dovrà spendere per ristrutturare le celle: Se sono scappato io con qualche aiuto, figuriamoci criminali professionisti. Diciamo che ho messo in guardia Toudou. Non penso sia arrabbiato, perché in fondo gli sono stato utile, ma mi deve comunque punire, per dare l’esempio. Mi sollevo da terra e mi appoggio al muro. Sono davanti alla cella di Gamma, che mi guarda con gli occhi sbarrati. Non ci crede nemmeno lui. Percependo la voglia di fare domande nel suo sguardo, incrocio le braccia e liquido la sua curiosità:
-Non fare domande.
Lui si sporge verso di me, sollevando un sopracciglio e guardandomi scettico
-Ora dimmi. Io ti reputavo una persona intelligente, come hanno fatto a scoprirti?
Lo fulmino con lo sguardo e lo vedo sobbalzare.
-Mi sono presentato davanti all’ufficio di Toudou e ho detto “sono scappato”.
Ribatto sarcastico –secondo te sono così stupido da consegnarmi?-
Continuo, senza dargli il tempo di rispondere. A volte –sempre- mi irrita il suo smisurato ego. Crede di essere il più intelligente di tutti, e quindi, di conseguenza, solo lui sa come fare le cose in maniera esatta. O almeno così crede.
-Avanti, cosa è successo?
Ora il suo tono è diverso. Oserei dire che nasconde compassione. Quanto odio quello sguardo. Mi fa sentire inferiore, dannatamente stupido e incapace. Non lo guardo nemmeno. Resto fermo, guardando il muro davanti a me, restando senza rispondere per un po’.
-Reiza mi ha tradito.
Lui sgrana gli occhi. Non ci crede nemmeno lui. È stupito e si vede. Tiene gli occhi fissi su di me. Sento il suo sguardo. Sorrido amaramente, per sdrammatizzare. Il silenzio cade tra noi due. Esso è talmente forte che potrei addirittura sentire i battiti del mio cuore, se non respirassi.
-Perché?
Dice solo questo, senza aggiungere altro. In realtà la cosa che mi da più fastidio è che non so rispondere alla sua domanda.
-Non lo so. Non me lo so spiegare, ad essere sincero.
-Non avrebbe avuto motivo…
-Forse, ma non mi interessa.
Taglio corto. Mi maledico per la freddezza del mio tono, ma credo di essere ritornato quello di una volta. Non è vero che ti puoi fidare, non è vero che gli amici faranno sempre il tuo bene. Bugie. Tutte bugie. Ti puoi fidare solo di te stesso nel mondo. Sono poche le persone che tra la loro e la tua sopravvivenza, scelgono quest’ultima.
-Secondo te perché?
Insiste Gamma. Sospiro, non ne voglio parlare, e lui continua a fare domande irritanti e inutili.
-Non lo so e non mi interessa. Smettila di fare domande.
Lui rimane fermo, ferito. Fa una smorfia dispiaciuta e delusa. Non si aspettava una risposta così da me, che fino a qualche giorno prima, gli ho svelato il mio passato e lo abbracciato. Ci siamo confidati l’un l’altro, ma sento di non potermi –e volermi- più fidare di nessuno. Ho sbagliato a riprovare, sono stato un ingenuo. Uno stupido. L’amicizia non esiste. Le amicizie ti illudono, e ti fanno soffrire. Non puoi fidarti di nessuno in questo mondo, nemmeno delle persone a te più care. Perché alla fine sono tutti egoisti, tutti pensano principalmente a se stessi. Diciamocelo, pochi tra il proprio piacere e quello dei propri amici, sceglierebbe quest’ultimo. Le cose sono identiche a quando i miei genitori mi hanno abbandonato. La penso di nuovo come allora. Però…qualcosa è cambiato. Tre anni fa, non avrei mai voluto sapere perché i miei genitori mi avessero abbandonato. Sia perché lo sapevo, sia perché non volevo crederci. Questa volta voglio scoprire i motivi, ad ogni costo. Anche se penso che questo avvenimento abbia segnato per sempre la mia vita ed il mio carattere. Sorrido amaramente, poggio la testa contro il muro e chiudo gli occhi. Si ritorna alla vita passata.
 
(pov Reiza)
Dopo che Alpha viene portato via, resto ferma. Non mi muovo, non alzo lo sguardo. A momenti non respiro. Sono tutti rientrati nelle loro camere, tranne me ed Einamu. Questo, guarda in basso e respira appena. Non ho nemmeno la forza di allontanarmi da lui, quando invece è l’unica cosa che vorrei fare. Il silenzio tra di noi è esageratamente imbarazzante, si sente solo il suono del vento, che muove le foglie delle piante. Sono io a fare la prima mossa. Glielo devo.
-Einamu, io…
Mi avvicino, e faccio per mettergli una mano sulla spalla, ma lui si scosta bruscamente, senza nemmeno guardarmi.
-Non serve che tu dica nulla. Reiza. I fatti dicono tutto.
Mi mordo le labbra, e sento gli occhi bruciare. Non ho la forza di alzare lo sguardo, ho paura di incrociare i suoi occhi e di vedere la delusione, la tristezza e la rabbia, che però percepisco nella voce.
-Mi…
-Basta. Non dire nulla. Ti detesto, non farti più vedere da me.
Detto questo, si allontana, sparendo nella camera di Zanou. Rimango ferma nel corridoio, fissando il pavimento in parquet. Mi lascio cadere per terra, mettendomi seduta sul tappeto lungo rosso che percorre tutto il corridoio. Avvicino le ginocchia al petto e ci appoggio la fronte. Le lacrime mi escono da sole, copiose, senza fine. Sono stata una persona orribile, ho fatto qualcosa di terribile verso il mio ex-capitano, che contava sulla mia fiducia. Io stessa ho fatto parte dell’A5, ovvero la squadra composta dai cinque giocatori più fedeli ad Alpha. E l’ho tradito. Per cosa poi? Il mio obbiettivo era quello di stare con Einamu, ma in realtà, l’ho solo allontanato. Ho perso un amico, forse due. Forse di più. L’Amore non può essere controllato, se una persona non ti ama, tu non puoi fare nulla per cambiare le cose. Purtroppo non sono stata tanto sveglia da capirlo prima. Se avessi tenuto a bada la mia gelosia, la mia sete d’amore, sarei stata ancora la migliore amica di Einamu, e almeno avrei occupato un posto nella sua vita. Così invece non sono nulla. Anzi, ancora peggio: Ora mi odia.  Inoltre, forse ho perso gli unici amici che avevo qua. Gli altri membri dell’A5 non avrebbero mai voltato le spalle ad Alpha, per nessuna ragione. Quindi ora sono davvero sola. I membri della Protocollo Omega 2.0 non mi accetteranno facilmente. Forse non lo faranno proprio.
Non so quanto sto rannicchiata su me stessa, credo molto tempo però, perché il corridoio è molto meno illuminato rispetto a prima. Sento dei passi. Leggeri e lenti, tranquilli. Qualcuno si inginocchia davanti a me, e mi fissa. Forse è Einamu, magari è venuto per chiedere spiegazioni, ma se fosse così, non voglio assolutamente vederlo negli occhi, non ne ho la forza. Ma devo trovarla, prima o poi lo dovrò affrontare! Mi armo di coraggio e sollevo gli occhi ancora pieni di lacrime. Il mio sguardo incrocia degli occhi viola, ma non sono quelli di Einamu, sono quelli di Beta.
-Oh…Leader…
Mi asciugo le lacrime, e poco dopo abbasso lo sguardo. Lei mi fissa senza dire nulla, in silenzio religioso.
-Alzati.
Mi dice solo. Io faccio come mi dice, mi sollevo in piedi, anche se temo che le mie gambe cederanno da un momento all’altro. Sto tremando. Poco dopo, mi alza il volto con una mano, fissandomi dritta negli occhi. Vedendo il suo sguardo, rabbrividisco. Mette paura solo a guardarlo: così freddo, indifferente, vendicativo, ambiguo. Mi mette le mani sulle spalle. Tra noi due non c’è differenza di altezza e per me è una buona cosa, dato che il medico mi ha classificata come: “Troppo bassa per la sua età.”
-Cosa le serve?
Lei fa una smorfia, e mi fissa. Mi mette dietro le orecchie una ciocca di capelli e ferma la mano nella mia guancia. La sua pelle, così candida, fa un perfetto contrasto con la mia pelle scura.
-Vieni con me.
Senza dire altro, mi porta verso la sua camera. È molto più grande rispetto alla mia, quasi il doppio. È arredata con un letto ad una piazza e mezza, ci sono poster di cantanti e attori in quasi tutte le pareti appesi in maniera disordinata. Tramite una finestra, si accede al balcone. Al contrario di quanto pensassi, ha molte librerie piene di libri, una scrivania con dei fogli sopra e un comodino grande con uno specchio sopra. Nel comodino ci sono trucchi di ogni tipo: Fondotinta, Fard, ombretti di tutti colori, smalti con le sfumature di ogni colore. Due armadi si trovano appoggiati alla parete destra della stanza, uno di loro è aperto, e mostra moltissimi vestiti buttati dentro senza alcuna grazia. Non ero mai stata in una stanza di un capitano. Mi fa sedere davanti ad uno specchio, mi disfa la treccia e inizia a pettinarmi i capelli.
-Problemi con lo sfigato?
Dice solo. Il suo tocco è gentile, la voce calma e seria. Mi volto verso di lei e la guardo male.
-Non è uno sfigato…è mio amico.
Mi spazzola i capelli, sciogliendo tutti i nodi con facilità. Ogni mattina io impazzisco per domarli.
-Sbagliate entrambe le cose. Lui è uno sfigato, e non siete più amici.

Mi mordo le labbra e arrossisco imbarazzata. Ha ragione. Ma sono abituata a considerarlo come amico per scontato, ed ora è così difficile credere che mi odi. Ma non ha tutti torti. Cade un profondo silenzio tra me e lei, che ha smesso di pettinarmi i capelli ed ha iniziato a farmi la treccia. Per qualche secondo, nessuno parla, ma Beta, rompe il silenzio.

-Anche io ho fatto la mia parte, ma sei tu quella che ha fatto la cosa più brutta.
-Spiegati meglio.
Chiedo con la voce che mi trema. Sto per rimettermi a piangere, lo sento. Lei sospira, mi fa cenno di alzarmi, e poi si siede al mio posto, iniziando a pettinarsi i capelli.
-Intendo, che tu hai tradito la sua fiducia, lui si fidava di te. Di me, invece, non si è mai fidato.
Beta parla tranquilla, guardandosi allo specchio e sistemandosi i capelli.
-Ma non importa. Quel che fatto è fatto. Puoi sempre contare sulla tua nuova  squadra.
Credo di notare ambiguità nella sua voce. Non so cosa fare. Magari potrei provare a fidarmi di Beta. Infondo non ho alti amici, ho perso tutti. Magari se divento sua amica, in caso di perdita, mi risparmierà il MUGEN. Però…non voglio lasciare andare Einamu senza lottare. Le parole mi escono da sole, senza nemmeno pensarci.
-No.
Alza lo sguardo, stupita. Si alza e mi viene vicina. Gli occhi diventano più scuri, più paurosi.
-Non ti credevo così stupida, ma fai come vuoi. Poi non venire a piangere da me.
La sua frase mi pare quasi una minaccia. Sento un brivido lungo la schiena, ma lo ignoro. Esco dalla stanza mentre mi asciugo le ultime lacrime. Cammino in silenzio per il corridoio, che sembra improvvisamente lunghissimo. Eppure, la camera di Beta e quella di Zanou, sono separate da sole cinque camere. Einamu, sto arrivando. Farò ogni cosa per farmi perdonare.
 
Angolo Autrice
Macciao bellissima gente!
Eh si, sono riuscita nel mio intento, ovvero quello di pubblicare questo capitolo entro Giugno ^-^
Ho deciso di dividere il capitolo in due per motivi di struttura del prossimo capitolo. E nulla. Spero che vi sia piaciuto, e che non ci siano errori e se ci sono –ovvio- fatemeli notare ed io gli correggerò. Scusate se il capitolo è corto, ma avevo bisogno di staccare ;)
Quella frase che dice Alpha sul fuoco mi è stata consigliata da mio padre XD Et Rien, adesso vado, Alec e Jace mi aspettano per cacciare i demoni u.u
Au revoir à tous
 
 
  
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