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Autore: Jordan Hemingway    20/05/2015    4 recensioni
La Terra è stata conquistata: i nuovi padroni si fanno chiamare dèi e usano gli esseri umani come pedine nel loro eterno gioco di dominio. Solo due fratelli possono rovesciare la sorte, un uomo e una donna in grado di cambiare le carte in tavola… Se solo i loro eserciti non li considerassero empi traditori.
Si dice che siano gli dèi a governare il fato del mondo e, come dio, non ho mai avuto dubbi al riguardo: questo fino a quando il destino di Electra Bianca Lama non ha incrociato il mio.
Non che ne avessimo discusso: il vocabolario della ragazza, squisitamente vario per quel che concerneva armi e strumenti di distruzione di massa, era purtroppo limitato in ogni altro tipo di conversazione, soprattutto riguardo la filosofia.
Forse per questo quando introducevo l’argomento la sua spada si conficcava sempre a pochi millimetri dal mio orecchio destro.
Sto correndo troppo.
Prima che diventassimo così intimi, di Electra conoscevo solo quello che i suoi compagni dicevano di lei.
Traditrice della propria stirpe, assassina di regine.
La sorella dell’uomo che per un trono aveva ucciso la madre.

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Genere: Drammatico, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando gli schiavi chiudono gli occhi


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6.
 
 
ἅπαξ ἔτ' εἰπεῖν ῥῆσιν, ἢ θρῆνον θέλω  ἐμὸν τὸν αὐτῆς. ἡλίου δ' ἐπεύχομαι πρὸς ὕστατον φῶς
Ancora una volta voglio dire parole distese, non cantilene di lutto per la mia morte. Al sole va la preghiera, sul viso questa sua luce, l’ultima per me.
Agamennone, Eschilo
 
 
Strano a dirsi, ma il destino di noi dèi è cambiato per sempre nell’istante in cui le nostre vite hanno iniziato ad incrociarsi con quelle di voi esseri umani.
Avremmo fatto meglio a proseguire la nostra rotta verso universi più remoti?
Una volta non avrei esitato a rispondere sì a questa domanda, perché niente di quello che avevate da offrire sembrava adatto alla salute mentale della maggior parte di noi. Prendete la dea sapiente: anche se ora ama atteggiarsi a psicopatica egomaniaca (e lo dico con tutto l’affetto che posso provare per lei), c’è stato un tempo in cui ha meritato il suo appellativo.
Oggi, tuttavia, sono giunto alla conclusione che l’umanità non ha colpe: è stata essenzialmente colpa degli dèi se le nostre nature si sono corrotte.
 
 
Oreste uscì dal tubo di aerazione: il sistema di sorveglianza della Poseidon non aveva risposto bene alla presa di controllo da parte dell’Athena. Per bypassare la scheda madre la nave della dea sapiente doveva aver usato quasi tutto il suo potenziale informatico: anche questo sarebbe andato a vantaggio della loro missione.
Il re di Argo aspettò che Pilade lo raggiungesse: avrebbe potuto congedarlo ancora sul campo di battaglia, avrebbe dovuto fare in modo che almeno lui avesse una via di fuga, invece lo aveva portato con sé, ignorando il fatto che ogni fibra del suo corpo urlava all’irrazionalità di quella decisione.
La verità era che Oreste era troppo egoista per poter rinunciare a quell’ultimo conforto, se si poteva parlare di egoismo in un essere come lui.
Accantonò quei pensieri: ci sarebbe stato tempo e modo di analizzarli prima della fine.
Pilade accennò alla porta alla fine del corridoio: non avevano più molto tempo.
“Sbrighiamoci.”
 
 
“Concepire implica una madre e un padre.”
“Ci sono molti modi in cui un uomo e una donna possono generare.” La porta si aprì. “Questo è solo uno dei tanti.” Davanti a noi si stagliava la sagoma di una capsula coperta di tubi, inglobata in un enorme macchinario che occupava l’intera stanza, o forse era la stanza ad essere un macchinario, fu il mio pensiero successivo.
Avevo letto una volta della tecnologia umana in grado di riprodurre integralmente un corpo vivente: i disegni che avevo recuperato erano simili a quel che avevo davanti.
“Una cabina di clonazione?”
Electra accarezzò il coperchio trasparente della capsula. “Non proprio.” Sembrava cercare qualcosa al suo interno. “Chi ha costruito questo posto conosceva la scienza della creazione genetica. Grazie a due donatori è stato possibile avere i semi su cui impiantare i geni adatti, scelti in secoli e secoli di esperimenti.”
“E tu saresti il risultato? Un essere umano selezionato geneticamente?”
“Non ho mai detto di essere del tutto umana.”
 
La sala comandi della Poseidon era simile a quella dell’Athena: ampia e vuota, interamente controllata  da un sistema informatico che al momento presentava grosse lacune.
Le somiglianze si fermavano a questo: guardando i comandi Oreste si lasciò sfuggire un sospiro.
“Sono più complessi di quelli dell’Athena.” Iniziò a ridere piano.
Pilade lo guardò allarmato: non era tempo di farsi prendere dalle emozioni.
Anche se Oreste non era come Electra.
“Non preoccuparti. Funzionerà.”
“Che cosa funzionerà, umano?” Una coltre di paura, timore e disperazione calò sui due intrusi.
Il dio marino era finalmente comparso.
 
 
“Non è possibile.” Lykos attivò i propri sensi alieni, esaminando con essi Electra. “Tu non sei una dea. Nemmeno un atomo nel tuo corpo è simile a ciò di cui siamo fatti.”
“Non sono una dea.” La donna trovò una piccola increspatura nel vetro e vi si soffermò con le dita. “Il vostro genoma non è stato usato su di me.” Con una piccola pressione, la capsula si aprì. Le pareti interne erano rivestite di quel che sembrava essere materiale organico: vasi, corpuscoli, fasci di vene. Un utero di carne e di elementi sconosciuti.
“Millenni fa, per sopravvivere alla più grande catastrofe ecologica mai vissuta da questo pianeta gli scienziati umani svilupparono una tecnologia in grado di modificare tutti gli embrioni. I nuovi nati avrebbero avuto le caratteristiche per sopravvivere in condizioni estreme, e l’intelligenza necessaria a rimediare agli errori di chi li aveva preceduti.”
 
 
Pilade si appoggiò ai congegni che lo circondavano, nel tentativo di non cadere. L’aura di terrore che proveniva dal dio marino aveva attecchito nella sua testa e ora non desiderava nient’altro che scappare, deporre le armi e fuggire il più lontano possibile, prima che il dio decidesse di servirsi di lui come esempio per gli altri umani, abbandonare Oreste…
“Non cedere Pilade.” Da qualche parte, qualcuno lo stava chiamando. “Non lasciarti dominare.” Una voce conosciuta? Gli sembrava di sì. “So che puoi farlo.” La voce di colui per il quale aveva giurato di sconfiggere anche il Tartaro.
La voce di colui che amava più della vita stessa.
Fu come se le braccia di Oreste lo avvolgessero per proteggerlo.
A fatica si rialzò in piedi, combattendo contro il potere mentale del dio.
 
 
“Mi riesce difficile credere che ogni donna umana abbia fatto espiantare il proprio feto in macchine come questa.” Era impossibile. Da quel poco che sapevo della Terra prima dell’arrivo di noi dèi, avevo capito che non solo i problemi etici, ma anche quelli derivati dalla differenza di classe sociale e ricchezza avrebbero impedito un piano simile.
“Non fu necessario.” La mano di Electra si insinuò in una delle cavità del finto utero. “A quell’epoca le onde gamma venivano utilizzate per scopi migliori delle armi. La Terra venne irradiata dai raggi dei satelliti per mesi: alla fine del processo gli embrioni sopravvissuti erano cambiati. La nuova specie umana è quella che voi avete incontrato.”
“Ricordo.” Ripensai ai primi giorni dello sbarco su questo pianeta, alla meraviglia nei confronti di quella tecnologia così avanzata, in grado di resuscitare un pianeta quasi morto, e allo stupore che fossero stati esseri apparentemente tanto deboli a elaborarla.
L’invidia e il desiderio di essere come loro.
“Non erano dèi, ma potevano disporre di tecnologia superiore alla vostra. Potevano comunicare con il solo pensiero, e accedere all’archivio di informazioni più grande dell’universo: bastava chiudere gli occhi e si sarebbero collegati ai dati immagazzinati nel pianeta stesso. Questa era la loro forza.”
Questo era quello che noi dèi avevamo tolto loro.
 
Oreste poteva sentire su di sé lo sguardo del dio nonostante egli non fosse in forma umana.
Era come se la sala fosse pervasa da una nebbia cristallina, che penetrava ovunque e cambiava la percezione di ogni cosa.
L’impulso ad arrendersi e il terrore erano insostenibili: l’arma più letale di un dio. Pilade gemette alle sue spalle.
Il re di Argo respinse i colpi mentali del dio marino. “Il tuo tempo è finito, kyrios.”
Poteva percepire il divertimento dell’entità attorno a lui.
Umano, il mio tempo non ha fine.
“Puoi essere ucciso: gli dèi non sono immortali.”
Davvero? E dimmi, tu saresti in grado di farlo?
Dietro di lui, Oreste udì il rumore di un corpo che cadeva. Pilade.
Decidi in fretta le tue azioni, umano.
Doveva agire subito. Con un movimento rapido azionò il congegno sul polso affidatogli dalla dea sapiente.
“Solo gli dèi possono uccidere altri dèi.” La voce della comandante dell’Athena si sparse nella sala.
Tu! Non puoi entrare nella mia nave: gli scudi genetici te lo impediscono.
“Chi ha parlato di entrare, dio marino?” Oreste poté intuire il sogghigno della dea. “Mi basta usare un piccolo umano per cancellarti dall’universo.”
La potenza distruttiva del dio si scagliò contro il re di Argo. Muori, umano! Le sinapsi stavano per collassare, il battito cardiaco era quasi fermo.
Eppure Oreste viveva ancora.
“Sei sempre stato precipitoso.” Dall’Athena provenne il suono di una risata. “Mai sottovalutare le pedine.”
Il dio marino non fece in tempo a capire cosa stava per succedere: sul corpo di Pilade, riverso a terra, si accese una luce abbagliante che invase ogni angolo della sala e della nave, annullando l’esistenza del dio.
 
 
“Che cosa sei, Bianca Lama?”
“Ha importanza?” Scrollò le spalle. “All’alba dei tempi quelli come me e mio fratello erano fatti di metallo e acciaio, poi la tecnologia è stata in grado di sostituire la carne al metallo, il sangue al plasma. Siamo ancora droidi, ma completamente umani.”
Droidi: schiavi provenienti da secoli che sarebbe stato meglio dimenticare.
“Quella medicina…”
“Un droide non è immortale: molte cose danneggiano il mio corpo. Le medicine lo mantengono intatto.”
Come sospettavo.
“E il tuo obiettivo è riportare l’umanità agli antichi splendori, come voleva Agamennone?” Commentai, cercando di capire cosa Electra avesse tolto dalla capsula.
“Questo era il piano di Agamennone.” Una chiave, ecco cos’era l’oggetto che aveva recuperato. “Questo laboratorio è stato costruito sulle rovine di un complesso più antico: uno dei centri che controllavano il trasferimento di dati nella struttura molecolare del pianeta.”
“Una banca dati.”
“Molto di più: da qui si monitorava il flusso di informazioni a cui gli umani avevano accesso, e qui si è sviluppata la tecnologia a raggi gamma.”
“Vuoi irradiare di nuovo gli esseri umani con quella roba?”
“Non ce n’è bisogno.” Electra inserì la chiave in una delle macchine alle pareti, e il laboratorio prese vita. “Tutti gli esseri umani che vivono oggi sono i discendenti di chi ha subito la mutazione millenni fa: i loro corpi sono già in grado di ricevere e trasmettere informazioni. Quello che manca è il flusso telepatico.”
Sapevo a cosa si riferiva.
La Bianca Lama mi voltò le spalle e iniziò a premere pulsanti.
“Per disperdere gli esseri umani abbiamo distrutto ciò che li rendeva uniti: senza centrali di controllo le conoscenze tecnologiche sarebbero andate disperse in pochi secoli, e noi potevamo aspettare.” Mormorai a me stesso.
“Ma non bastava distruggerle: le informazioni globali erano scritte nel pianeta, avreste dovuto distruggere la Terra stessa.”
“Allora abbiamo deciso che le avremmo tenute sotto chiave.”
“La Poseidon si trova esattamente sopra il più grande centro dati del pianeta. Chi controlla la Poseidon,” Electra iniziò a inserire una sequenza numerica nei computer, “controlla l’intera umanità. Se la Poseidon venisse distrutta la Terra avrebbe una speranza. Non lo posso permettere.”
 
 
Pilade riaprì gli occhi, e accanto a sé non trovò nessuno.
Il dolore che provava al petto era trascurabile se confrontato al pensiero che Oreste potesse essere morto prima di lui, e che tutto fosse stato inutile.
Lentamente, cercò di alzarsi, ignorando il ronzio alla testa.
“Non ti muovere.” Il sollievo riuscì dove la volontà aveva fallito: di nuovo in piedi, Pilade si avvicinò alla postazione di comando.
“Gli ordini del tuo re non hanno più valore?”
“Non quando si sta per morire.” Sorrise Pilade: a terra notò il congegno con cui avevano comunicato con la dea sapiente, infranto. L’altro scosse la testa, continuando ad armeggiare con i cavi e con le leve dei macchinari. “Electra è entrata?” Ormai non serviva misurare le parole e fingere di non sapere.
“Mezz’ora fa ho perso la sua traccia.” Con un pugnale, Oreste tagliò un lembo di pelle dal proprio collo: assieme al sangue zampillarono fuori due lunghi fili sottili color argento, che il re di Argo collegò alla macchina. “In compenso, il segnale della centrale ausiliaria è in linea. Debole, ma di nuovo in funzione dopo mille anni.”
“Ce l’ha fatta.” Cercando di trattenere un gemito, Pilade avanzò verso Oreste. Sapeva che era questione di poco prima che il proprio corpo collassasse per effetto dell’arma genetica che la dea sapiente gli aveva installato nello scheletro. “Ce l’avete fatta.”
“L’attenzione di tutte le divinità si è fissata sulla Poseidon. Neppure la dea sapiente sospetta dell’esistenza di una centrale ausiliaria: è convinta che adesso cercheremo di prendere il controllo della Poseidon per ripristinare l’Acropoli.” Le mani di Oreste volavano sulla tastiera. “Da quando ho interrotto le comunicazioni sta cercando di bypassare il sistema di difesa della sala comandi. Capirà troppo tardi che l’Acropoli non è mai stata un obiettivo da salvare.”
Il tempo sta finendo.
“Quanto ci rimane?”
“Cinque minuti prima dell’esplosione.” Le sirene d’allarme avevano iniziato ad riecheggiare in tutta la nave. Oreste si aggrappò a Pilade, facendo cadere entrami a terra. “Ora possiamo lasciare a Electra la mossa finale.”
Le luci si spegnevano ad intermittenza; dai fasci di cavi agli angoli della sala cadevano scintille sempre più numerose.
Con le ultime forze, Oreste afferrò le spalle di Pilade e premette le proprie labbra sulle sue. “Ti ringrazio.” Sussurrò. “Senza di te non sarebbe stato possibile. Senza di te sarei stato solo un droide dal cervello malfunzionante: tu mi hai reso umano.”
“Per me tu sei sempre stato umano.”
Oreste sorrise.
Il mondo esplose attorno al loro abbraccio.
 
 
“Che cosa significa?”
“Se la Poseidon venisse distrutta , e con essa l’Acropoli, il centro di controllo ausiliario potrebbe prenderne il posto e riattivare i flussi telepatici di informazioni. Quindi distruggerò questa centrale.” Electra continuava ad inserire sequenze numeriche nei computer. “In questo modo, quando Oreste distruggerà la Poseidon non ci sarà nessuna sostituzione.”
“Vuoi dire che gli esseri umani perderanno ogni possibilità di accedere ai dati.”
“Esatto. Gli dèi domineranno la Terra senza più timori.” La sua voce era fredda anche in un momento simile: capivo perché Oreste aveva desiderato essere come lei.
Infallibile, intangibile.
“Dopotutto non è per questo che sei qui, dio luminoso?” Raddrizzai le spalle, come se mi avesse colpito con una frusta. “Ti hanno mandato a controllare che io non tradissi il piano.”
“Per questo non hai detto nulla.”
“La dea sapiente ha confermato quel che avevo intuito. Avevo il permesso di ucciderti se tu avessi intralciato il piano.”
Ovviamente l’Athena non avrebbe tollerato imprevisti nel suo cammino di conquista. E chi meglio di un dio privo di nave, quindi senza possibilità di prendere il controllo poteva garantire una sorveglianza tanto rischiosa?
“Perché?”
Si girò. “Guardami. Sono stata creata per un compito preciso, programmata per portarlo a termine senza che niente mi distraesse dal mio incarico.”
“Anche tuo fratello.”
“Oreste era difettoso: il suo codice genetico era troppo umano. Un droide non ha emozioni. Io sono perfetta: non provo nulla. Sai che cosa significa vivere così?”
Il suo viso era freddo e inespressivo come sempre, e questa era la cosa più tremenda.
“E’ come camminare senza poter vedere o sentire, ma sapendo che attorno a te c’è un mondo di cui tu non puoi far parte. Agamennone e i suoi scienziati non hanno pensato a questo.”
“La dea sapiente invece sì?”
“Mi ha offerto un nuovo corpo.” Intuivo la sua speranza anche dietro al tono piatto della sua voce. “Un corpo come quello che voi dèi utilizzate per sembrare umani: un corpo in grado di provare emozioni.” Ritornò a girarsi verso i computer.
“E quali emozioni proverai? Sarai messa al bando dagli uomini e disprezzata dagli dei: farà male.” L’avvisai.
“Qualsiasi cosa è meglio del vuoto.”
Non potevo replicare, perché la capivo anche troppo bene: per questo quel che successe fu doloroso per me.
Electra spinse un ultimo bottone. “Fra un’ora esploderà tutto, come mi avete ordinato.”
Il mio colpo la raggiunse allo sterno: in fin dei conti la Bianca Lama non era infallibile come aveva creduto.
Cassandra aveva ragione su ogni cosa.
 
 
Il fato del mondo è qualcosa di così complesso che noi dèi possiamo solo illuderci di reggerne le fila.
Se però chiedete la mia opinione, vi dirò che gli unici che riescono a determinare le sorti della Terra sono gli esseri umani.
Senza Cassandra non sarei diventato quel che oggi sono: mi ha insegnato molto più di ciò che io ho mai potuto insegnarle. Grazie a lei ho imparato che gli esseri umani non sono creature misere e sottomesse, come crede la dea sapiente, che la Terra contiene molto più di quel che appare all’esterno, che anche gli dèi possono amare come gli umani.
E’ per lei che oggi sto tradendo la mia stessa specie.
Cassandra aveva un sogno: spezzare le catene con cui noi dèi avevamo sottomesso l’umanità. Le sue domande, le sue discussioni, il suo aiuto per forgiare il mio corpo umano avevano come scopo la raccolta del maggior numero possibile di informazioni. Io lo sapevo, e le davo quel che voleva per poter ottenere da lei ciò che desideravo.
Come avrei potuto prevedere che tra due specie così diverse potesse nascere qualcosa di diverso dall’odio?
Volle combattere durante l’attacco ad Ilio: avrei dovuto sapere che nel profondo era rimasta una guerriera, avrei dovuto prevederlo e tenerla con me.
E’ colpa mia se la sua mente fu spezzata dalla mia gente.
Agamennone la raccolse durante il saccheggio e la portò con sé ad Argo: nei suoi vaneggiamenti aveva colto qualcosa che nemmeno la dea sapiente era riuscita a carpire. I numeri e le cifre che svelavano i segreti della Poseidon, e che solo le menti  artificiali di Electra e Oreste avrebbero potuto decifrare.
Fu per questo che non riuscirono ad arrivare in tempo per salvare il padre, la notte in cui Clitemnestra conquistò il trono: avevano memorizzato gli schemi di Cassandra prima che la loro madre decidesse di sbarazzarsi di lei.
Non riuscii ad arrivare in tempo per salvarla nemmeno quella volta.
Gli dèi non comprendono come si possa arrivare ad amare qualcuno più di se stessi: io l’ho capito grazie a Cassandra.
Nessuno della mia specie ha mai capito che cosa abbia significato per me la sua perdita: per questo la dea sapiente non ha mai avuto sospetti . Quale dio si schiererebbe dalla parte degli uomini?
Vendicarla è stata la mia ragione di vita fino ad ora: tuttavia la vendetta non è stata dolce come speravo. Non ho provato nessun sollievo nell’uccidere Electra, nel vedere quel corpo creato con ogni artificio della genetica cadere a terra e morire.
E dire che avevo programmato la sua morte già da tempo, sostituendo il contenuto della sua fiasca con il liquido che la dea sapiente mi aveva affidato.
Nessuno dovrebbe fidarsi di un dio.
Ho incrociato i suoi occhi mentre la vita scorreva via da lei: mi è sembrato di vederci qualcosa, un ombra di quel che avrebbe potuto essere se fosse stata creata in modo diverso.
Mi piace credere che, prima della fine, la Bianca Lama sia riuscita a provare qualcosa.
 
 
Cassandra direbbe che sto divagando: è tempo di chiudere questa cronaca.
Nel momento in cui queste mie parole vi raggiungeranno la centrale ausiliaria sarà distrutta, proprio come l’Acropoli: non sono riuscito a invertire il conto alla rovescia attivato da Electra.
Ho scoperto però che i flussi di informazione, una volta riaperti, funzionano da sé.
Intanto ho fatto in modo che nessuno possa penetrare qui dentro prima dell’esplosione: la dea sapiente non rovinerà il sogno di Cassandra, ve lo garantisco personalmente.
Questo significa che, quando riuscirete a sentirmi, sarò già morto, e il mio corpo proprio ora si starà consumando nel fuoco sotto le nevi della Tessaglia.
Dovunque andrà la mia anima spero che Cassandra mi stia aspettando.
Notate la poesia del destino: Electra Bianca Lama ha tradito gli uomini da cui è stata creata, un dio ha tradito la propria stirpe per amore di un singolo essere umano.
Dimenticavo: forse fra qualche decennio i flussi avranno bisogno di manutenzione, ma confido che per quel momento sarete già tornati in possesso delle conoscenze sufficienti a ricostruire una banca dati di supporto.
Vi basterà chiudere gli occhi.

 

NdA: E siamo alla fine! ^^ Come dire, ringrazio tutti coloro che sono arrivati fin qui: meritate una medaglia alla pazienza. Nonostante la confusione, spero si sia capito che mi son divertita a scrivere questa storia, e spero di essere riuscita a trasmettere almeno in parte il mio entusiasmo per la saga degli Atridi (a cui la storia è sfacciatamente ispirata). Probabilmente non l'avrei mai scritta se non fosse stato per il contest This is War II di ManuFury, per cui ringrazio anche la GiudiciA per aver indetto una cosa tanto ispirante (a prescindere dal risultato, è stata una sfida fantastica).
Ecco, forse in futuro utilizzerò di nuovo queste ambientazioni, dato che mi piacciono molto, ma con una riflessione più attenta sulla coerenza del testo. Per ora vi ringrazio di nuovo e vi saluto. Alla prossima!^^

 
  
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