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Autore: Mimi18    04/01/2009    7 recensioni
«Sasuke?», una vocina bassa che potrebbe appartenere una bambina lo chiama dall’alto, da una finestra aperta dove le tende azzurrine volano per il vento. Lui intravede una lunga chioma di capelli corvini ed un viso di bellezza eterea, di quelle che nemmeno si vedono alla TV, ma solo nei dipinti.
I suoi occhi e le sue mani non ci pensano un attimo, ed è già lassù, come se arrampicarsi su un muro fosse la cosa più facile del mondo, come bere un bicchiere d’acqua.
[Sasuke x Hinata]
[Per le Black Cats e Lee, in particolar modo.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Ho notato che ci sono davvero pochissime FF su Sasuke Uchiha e Ino Yamanaka

Don’t care about the rest

 

A Lee,

Perchè ho voglia di dedicargliela.

 

Past

 

Le mura sono aperte. Sono alte, colorate; non un singolo graffito che rovini la loro bellezza fresca, appena nata. Bambini vestiti eleganti le osservano un po’ scettici, i nasi arricciati di chi ha visto di meglio, di chi crede che le mura della proprio casa siano migliori.

Non c’è nessuno schiamazzo in quella mattina di primavera, mattina in cui le foglie sono ancora bagnate dalla rugiada, in cui i fiori ti osservano incuriositi e più belli che mai. C’è solo una bambina dai corti capelli neri che giocherella con un sassolino, ignorando il fatto che questo potrebbe sporcarle le mani bianche.

Lo sguardo vacuo di chi non ha a cuore nulla di quella città. Gli occhi spenti e poco luminosi di chi ancora non ha conosciuto l’affetto di un padre o di un amico.

Nessuno porge una domanda tanto ovvia, che dovrebbe affluire alle labbra come se fosse la cosa più naturale del mondo: che cosa ci fa da sola, su un marciapiedi, la primogenita della famiglia Hyuuga?

Nessuno lo sa, nessuno lo chiede. A nessuno interessa la vita dei privilegiati. Chi se ne importa se quella bambina si è perduta e non trova la strada di casa? La villa è grande, potrebbe benissimo vederla da sé. Un’acidità inumana quasi, per un qualche motivo che gli occhi appena aperti sul mondo di Hinata Hyuuga non riesco a scorgere.

Poi così dal niente, si passa a un tutto. Passi leggeri di un altro bambino, passi che sicuramente, pensa un po’ triste forse, la supereranno e correranno dai proprio genitori a farsi abbracciare, a farsi coccolare e elogiare.

E le scenderebbe una lacrima, amica ormai delle sue guance pallide, se non fosse che una testa la scruta, curiosa, forse un po’ indifferente, ma di quell’indifferenza da bambino che fa sorridere sempre un adulto.

«Tu sei una Hyuuga», dice arricciando le labbra in una smorfia, e no, non è una domanda, ma una semplice constatazione di chi sa e vuole far vedere, di un bambino un po’ più carino della media, che però lei, Hinata, ha già visto.

Non se ne ricorda e annuisce, piano, incerta, lasciando cadere il sasso che teneva stretto fra le manine, la mente contratta nello sforzo di capire.

«Io sono Sasuke. Sasuke Uchiha. Non te lo dimenticare, perché non te lo dirò un’altra volta», sbotta come se fosse stata lei la prima a presentarsi, un po’ presuntuoso ma comunque fiero di quel cognome che porta sulle spalle da quasi otto anni.

E Hinata annuisce ancora, incapace di fare altro, spostandosi un po’ di lato, invitandolo a sedersi con lei.

«La mamma mi sta aspettando», fa Sasuke mostrando un foglio con un bel numero scritto in rosso, un voto di scuola, da mostrare perché si è impegnato tanto per ottenerlo. Allora Hinata capisce che rimarrà ancora sola e gli occhi le pizzicano, di nuovo, in modo più fastidioso.

E forse Sasuke se ne accorge perché con uno sbuffo di chi sembra che abbia mille altre cose da fare, si butta di peso di fianco a lei.

«Tsk, tutte così le bambine, frignone e imbranate».

 

Present

 

Con dei gemiti di dolore nelle orecchie, una donna passa davanti ad un vicolo imbruttito dal tempo buio, ignorando l’invocazione d’aiuto a mezza voce che chiamava proprio lei.

Chi fa da sé fa per tre, dice il detto, e lei non ha intenzione di ignorarlo, anche quando sente il rumore di una bottiglia spaccata, il tintinnio del vetro che cade a terra, pericoloso, ma ormai non ci sono più bambini che rischiano di farsi male giocandoci.

Konoha è ancora la stessa, la solita acidità ed indifferenza che la porta ad essere un quartiere odiato dall’alto, pur ospitando i personaggi più illustri della città come abitanti.

Ed uno di loro – il figlio minore, a voler essere precisi – è proprio dentro a quel vicolo, un rivolo di sangue che cade dal labbro inferiore spaccato, nessuna emozione che traspare dagli occhi scuri.

Chiudete gli occhi se non volete vedere la scena. Se non volete vedere le mani dure, decise, maschili che afferrano il collo del ragazzo di fronte e che con una forza fin troppo cattiva lo sbattono a terra. E il corpo afflosciato dal dolore, da cui provengono gemiti rauchi di sofferenza, viene riempito di calci. E i sonori crack delle costole non toccano minimamente Sasuke Uchiha, la divisa scolastica slacciata macchiata di sangue: non è un problema, un paio di mani bianche gliela spoglieranno con imbarazzo e la laveranno con una cura che gli farà venire un groppo in gola, e la voglia di macchiarsi di nuovo, per poter rivivere quella scena d’affetto all’infinito.

Quando i rumori spariscono e le sue orecchie riescono finalmente a riempirsi solamente del frinire delle cicale, capisce che la tortura può finire, e che è ora di farsi vedere in giro, per fare venire un colpo agli occhi che curiosi e avidi di chiacchiere lo osserveranno, fino a captare anche un livido che nemmeno lui aveva notato.

Assottiglia gli occhi quando incrocia gli occhi di ghiaccio del giovane Neji Hyuuga, perfetto ed impeccabile come suo solito nella divisa verde dell’armata militare giapponese: lei gli aveva detto che era tornato a casa per un periodo di pausa, lo ricordava bene. Ricordava anche di aver udito dei rumori proveniente dalla sua stanza quando aveva messo piedi in casa Hyuuga, e Sasuke aveva compreso che non era solo la pace che cercava, lì da loro.

La calura estiva lo fa sudare e si leva la camicia, buttandola all’interno della borsa a tracolla, ignorando le spiegazzature che si sarebbe fatta e l’inutilità il giorno dopo.

Con la velocità di un battito d’ali che una farfalla compie, salta il cancello d’entrata principale, dando un buffetto ad uno dei cani da guardia che guardia non fanno, se l’intruso è Sasuke Uchiha. Li sente mugugnare e sa che vorrebbero di più di quello che lui sta dando, come fanno tutti. Ed è seccato quando scuote la testa un po’ spazientito, un po’ stanco, un po’ voglioso di un abbraccio pieno d’affetto. E forse di un bacio e di qualche carezza.

«Sasuke?», una vocina bassa che potrebbe appartenere una bambina lo chiama dall’alto, da una finestra aperta dove le tende azzurrine volano per il vento. Lui intravede una lunga chioma di capelli corvini ed un viso di bellezza eterea, di quelle che nemmeno si vedono alla TV, ma solo nei dipinti.

I suoi occhi e le sue mani non ci pensano un attimo, ed è già lassù, come se arrampicarsi su un muro fosse la cosa più facile del mondo, come bere un bicchiere d’acqua.

Sente subito una mano leggera, fresca, un po’ tremante forse che tocca piano la ferita sul labbro, e lui pensa che di medicinali non ce n’è bisogno, perché quel gesto gli basta e avanza, nella sua semplice efficacia.

«Ti fa male?», domanda con la stessa voce di sempre, non un accento che sbava quella pronuncia semplicemente perfetta. Come potrebbe rispondere sì, agli occhi più preoccupati del mondo, al corpo che è tutto teso per lui come nemmeno sua madre aveva mai fatto?

Fa scivolare piano, delicato, senza fretta come nessuno avrebbe mai scommesso le mani sui fianchi di Hinata – perché l’avevate riconosciuta, no? – e l’attira a sé, forse un po’ sdolcinato, forse copia un gesto visto in strada da altri ragazzi con altre ragazze, che su di lui stona un po’ ma che la fa rabbrividire, e gli fa capire che in fondo va bene così.

«Sto bene», sussurra un po’ roco, la voce cambiata dall’età, più da uomo, che fa rabbrividire e fa perdere il corso dei pensieri alle donne che non sono abituate ad udirla. Ma non a Hinata, che annuisce non del tutto convinta, perché lei sa che Sasuke dice bugie per non farla preoccupare. E le fa piacere, inutile inventarsi balle, perché quando quel ragazzo un po’ violento, un po’ solo, un po’ presuntuoso le fa battere il cuore. A volte per affetto, a volte per paura. Ed è amore in entrambi i casi, non ci sono dubbi: niente, nemmeno le occhiate cattive, indignate, sconcertate che la osservano per strada potrebbero farle cambiare idea.

Perché Hinata lo ricorda ancora che lui è stato l’unico fra i bambini a fermarsi anche se per curiosità e presunzione, perché lui è stato quello che la prima mattina di scuola superiore aveva cambiato classe per stare con lei [l’ho fatto solo perché non volevo stare con quell’idiota di Naruto, eh], per lui che era così orgoglioso, ma che quando la baciava perdeva tutto e lasciava correre.

Ed è con naturalezza infinita, come ogni giorno ormai, che lei fa l’amore con lui. Chiude gli occhi alle carezze delle sue mani, lasciando che i sospiri, gli affanni, i gemiti soffocati, troppo volgari per una bocca così pulita, così bella sfuggano da lei, per arrivare a lui; un letto cigolante che non ha nulla di romantico, che suona al ritmo dei loro corpi danzanti: due ballerini perfetti, incastonati l’uno nell’altra, mentre gioielli scuri cercano di trovare quelli candidi dell’amante. E lei lo chiama, sottovoce, titubante, aggrappandosi alle spalle larghe del compagno: sussulta ancora, quando lui cerca la sua mano, unico gesto che potrebbe sembrare affettivo, in quello scambio di anime.

E ancora capisce che i “no” secchi di suo padre, quando lei gli parla e tenta di spiegare la presenza di Sasuke al suo ritorno di scuola, quelli invidiosi delle compagne, le spinte e le violenze che silenziosa subisce per quell’amore che tante pensano non faccia per una perfettina come lei, scivolano via, come acqua di ruscello, come tutte le preoccupazione di Sasuke, come ogni cosa.

Si sentono perfetti ed imperfetti, giusti e sbagliati, ma tutto non ha importanza.

Hinata capisce abbracciando il collo di Sasuke, imperlato da uno strato di sudore leggero, inebriandosi del suo profumo, del calore di quelle lenzuola che non c’è niente che potrebbe desiderare all’infuori di ciò.

 

Future

Non troppo lontano, forse troppo vicino

 

Camminano l’uno di fianco all’altra, la mano bianca che esibisce un anello che non è costoso né ricercato con fierezza, ignorando i sussurri che le donne si scambiano alle orecchie.

Sasuke se le immagina quelle parole: era l’erede ed è rimasta incinta, disonore per la famiglia, provo ribrezzo solo a guardarli.

Nessuno al di fuori di qualche anima ha provato a capirli, ma a loro non importa mentre Hinata si sfiora il pancione prosperoso e sorride nell’udire un colpetto che sa tanto di “ehi, sono qui!”.

E niente è più perfetto di così, e chissene frega se non si possiede una casa meravigliosa, un conto in banca da far invidia se c’è amore e c’è felicità.

 

 

N/a

Sinceramente non ho nulla da aggiungere.

Potrebbe facilmente alla mia “Mura di carta”, sul finale, per chi l’avesse letta.

Diciamo che sì, mi sono impegnata e fortunatamente ho trovato Sil disposta a leggerla anche se la coppia non le piace...molto.

Sasuke e Hinata li vedo così. Non ci sono altri termini con cui io stessa potrei descriverli.

Ringrazio chiunque leggerà o lascerà un commento.

Con affetto,

Mimi.

 

   
 
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