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Autore: The Ghostface    22/05/2015    1 recensioni
Sono passati tredici anni…tredici lunghissimi anni da quando Ghostface è stato rinchiuso nel Tartaro.
Di lui non resta che un vago ricordo, voci, leggende urbane…tutto sbiadito dal tempo…dalla magia…
Sulla Terra le cose sono cambiate, nonostante il tempo trascorso i Titans sono rimasti uniti…e con un membro in più, un vecchio rivale pentito…
Alcuni si sono sposati, alcuni hanno avuto dei figli…alcuni nascondo terribili segreti nel profondo del loro animo che mai mai e poi mai dovranno essere svelati.
Il ritorno in circolazione di un noto avversario da un occhio solo terrà alta la guardia dei nostri eroi.
Ma quello che tutti loro non sanno…e che sono finiti tutti nel mirino dell’ormai leggendario…Ghostface.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Ghostface, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rigor Mortis'
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CAPITOLO 15
 
-Anche questa sera la luna è sorta affogata in un colore troppo rosso e vago…Vespero non si vede che offuscata…la punta del mio stilo si è spezzata. Che oroscopo puoi darmi questa sera, mamma?-
Corvina mise le mani sulle spalle di April, ed entrambe scrutarono lo sconfinato abisso di tenebra costellato di astri che era il cielo notturno.
Sospirò afflitta.
-È difficile da credere… io, una sacerdotessa di Azar, protomedica, maga oscura e astrologa…forse saggia; ridotta come una cieca a brancicare al buio.
Non ho la conoscenza, od il coraggio, per farti questo oroscopo, per divinar responso.
Osserva il cielo- le disse indicando le stelle- Gli astri stanno ruotando, l’equinozio è prossimo e il cielo si rinnova con gli astri delle nevi-
April osservò i misteriosi lumini nel cielo, così spendenti e così distanti, ipnotici –Perché non puoi leggermi il futuro?- insistette la ragazzina.
-Vorrei April, vorrei poter farlo davvero…- rispose calma ma con voce triste la madre, ripensò a tutto quello che le era successo, quanto l’aveva sconvolta e quanto poco ci aveva meditato sopra: stava perdendo il controllo di sé.
-Non sono in grado di farlo. Ho consumato la mia mente in chissà quale abuso dei tanti che ho fatto, sono troppo stanca. April tu capisci che sta succedendo? Ti ho introdotta da poco alla divinazione però anche tu lo vedi, in me e nei segni, che qualcosa sta cambiando.
Ma è un debole presagio che non dice come e quando!- Corvina strinse per la rabbia le dita sulle spalle di April, facendole male, ma lei non lo diede a vedere e sopportò in silenzio.
-Ogni oracolo può essere interpretato in mille e uno modi diversi, spesso anche contradditori….Vorrei che le stelle non fossero sempre così criptiche-
Osservarono in silenzio gli occhi della notte per qualche minuto, interrogandosi al cospetto della maestosità del cielo.
Le due figure si stagliavano contro l’infinito dal tetto della T-tower, avvolte nei loro mantelli svolazzanti nella brezza notturna, quello bianco di April che subito balzava all’occhio e quel di Corvina, scuro come la notte rendendola quasi invisibile :nero su nero, mimetismo perfetto.
-Guarda…- disse la mezzodemone spezzando quel silenzio di vetro, indicandole una stella appena apparsa nel cielo- Lucifero è già sorto, il tempo per gli oroscopi è finito. Si sta alzando il vento, c’è freddo sulla Torre e non voglio che ti prenda un  malore, torniamo dentro-
U po’ a malincuore April obbedì, seguendo la madre all’interno dell’edificio.
Poco dopo erano entrambe nella Ops-Mains Room.
-Tuo padre sarà qui tra poco, è meglio se ora me ne vado- disse Corvina calandosi il cappuccio dal viso.
-Aspetta!- esclamò April –Rimani ancora un po’, almeno finché non torna, ti prego- la supplicò con gli occhioni da cagnolina bastonata.
La maga sospirò –Non posso, April. Non ho voglia di vederlo. Non oggi. Ho già abbastanza cose per la testa non me la sento di litigare di nuovo. È già un miracolo che sia riuscita a far addormentare Rick e Ruby, è quasi l’alba e non ho dormito: sono esausta-
-Ma sentiti!- replicò April acida –Parli già come una donna divorziata!-
-Quella tra me e tuo padre è una situazione complicata, e tu sei abbastanza grande per capire che forse….forse potrebbe finire in quel modo, la parola con la “d” intendo-
-Forse? Forse?! Tu sai benissimo cosa  vuoi, mamma, e sé questo che vuoi allora perché non lo richiedi in tribunale! Divorzio! Si chiama, divorzio! Hai paura persino a pronunciarla!-
Corvina sopportò quelle crudeli frecciatine lanciatele dalla figlia senza batter ciglio – April, sei sconvolta. Lo siamo tutti. Da quanto non mediti? Io da settimane ormai e mi sembra di impazzire. Abbiamo bisogno di calmarci tutti- disse con voce calda e rassicurante –Perché adesso non ci prepariamo una tisana calda, poi ci chiudiamo in camera e raggiungiamo assieme la dimensione astrale? Come quando eri piccola, ti va?-
April rimase allibita.
-Il mondo intero sta cadendo a pezzi, le nostre vite vanno a puttane…e il meglio che sai fare è una seduta meditativa?- ogni sillaba era pronunciata con un tono così aspro da far arricciare le labbra.
-Quello che è successo…- rispose la madre con voce pesante per la tristezza -…non è colpa mia-
-Colpa tua!!? TUTTO È SOLO COLPA TUA!!!- strillò April in preda alla rabbia, dando sfogo a tutta la sua frustrazione repressa su chi effettivamente non ne era responsabile.
-TI ODIO!!!!- 
In quel momento entrò BB, piuttosto scioccato da quelle feroci parole uscite come fuoco dalla bocca di sua figlia.
Subito le si fece incontro, accarezzandole le guance paonazze e fissandola in quei neri occhi lucidi di pianto.
-Ehi, tesoro, che succede? Tu e mamma state di nuovo litigando?-
April restò in silenzio, limitandosi a storcere il viso verso sinistra.
BB la abbracciò, lei rimase immobile e gelida come una statua di ghiaccio, ma a poco a poco il calore dell’abbraccio riuscì a sciogliere l’armatura di pietra di quel cuore troppo tenero… April non riusciva a ricordare l’ultima volta che suo padre l’aveva abbracciata in quel modo, quanto la facesse sentire bene e sicura…solo ora si rese conto di quanto le mancassero quegli abbracci.
Gli saltò al collo, cingendolo con entrambe le braccia.
Restarono avvinghiati l’un l’altra per un tempo incalcolabile, BB non ne fu certo ma gli parve di sentire come delle piccole e silenziose gocce d’acqua che cadevano sulla sua schiena, assorbite dal vestito.
Quando si separarono April era tornata se non serena almeno un po’ più tranquilla.
-Fate la pace adesso- suggerì il verde.
Entrambe mossero i primi passi incerti l’una verso l’altra poi, persa la titubanza, si abbracciarono a loro volta stringendosi con quanta forza avevano, come se dovessero stritolarsi, un anaconda non avrebbe saputo fare di meglio.
-Scusa se ti ho detto quelle cose…non le pensavo davvero, è che sono così…esaurita. Mamma io non ce la faccio più!- singhiozzò la ragazzina immergendo la faccia nel body della maga.
-Perdonami tu se non riesco a starti vicino, a capirti…- rispose lei mentre chinava il capo sui capelli setosi della figlia.
-Nessuno mi capisce bene quanto te….non litighiamo più-
-Mai più- rispose Corvina rassicurante accarezzandole la nuca.
Per un momento, in quel commovente quadretto familiare, a tutti e tre sembrò di essere tornati a prima che tutto questo iniziasse, quando ancora vivevano come un’unica grande famiglia felice, quando April e Corvina non facevano che litigare e solo BB riusciva a riappacificarle a far tornare la voglia di sorridere a entrambe.
Ma quei tempi erano ormai morti.
Solo dopo molte, molte, molte svariate suppliche April riuscì ad ottenere di passare un paio d’ore assieme a entrambi i suoi genitori.
Restarono tutti e tre accoccolati sul divano semicircolare, mentre fuori iniziava a schiarirsi il cielo, BB a destra, Corvina a sinistra ed April nel mezzo.
April si sentì finalmente felice stretta tra quei due corpi così rassicuranti, pregò affinché il film che stavano guardando non finisse mai…ma tutto ha una fine, anche quell’incanto.
Come apparve la parola “The End” sullo schermo, April fu mandata a letto con la scusa che il giorno dopo aveva scuola, e la maghetta fu così costretta a chiudersi nella tenebrosa stanza un tempo appartenuta alla madre e a infilarsi sotto le coperte ma non dormì, non ne aveva la forza, restò sveglia con gli occhi spalancati, a scrutare il buio della stanza…vide tenebre e nulla più.
Cercò di origliare cosa accadeva oltre l’uscio ma non ci riuscì, le stanze della Torre erano tutte insonorizzate.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere cosa stava succedendo nel salone centrale, pregò Azar affinché tutta quella disastrata situazione finisse…ma non aveva specificato se bene o male.
 
Corvina e BB sedevano ancora sul divano, senza trovare il coraggio di guardarsi negli occhi, non senza arrossire come due sciocchi adolescenti alle prime armi.
Avevano fatto tante di quelle cose insieme, avevano persino avuto dei figli, Corvina si sentì stupida a pensare a quante volte si erano visti nudi, a quante volte lui le era venuto dentro, a quante volte lei aveva gridato nell’orgasmo parole che mai avrebbe pensato potesse dire, si sentì un idiota ripensando ai momenti della gravidanza, quando lui si alzava nel cuore della notte per portarle una bacinella in cui vomitare, quando accontentava ogni sua voglia all’istante, quando lui l’abbracciava da dietro mentre stava allattando April e le copriva il collo di baci sussurrandole frasi d’amore…e ora non riuscivano neppure a sostenere il reciproco sguardo.
-S-sei stato bravo prima con April…io non avrei saputo come calmarla…- disse ad un certo punto Corvina, mandando in frantumi il silenzio che pareva aver congelato il tempo, bloccando tutto.
-Non ho fatto niente- rispose BB grattandosi imbarazzato dietro la testa –Siete state voi a far tutto. Quell’abbraccio…è stato davvero commovente-
Corvina sorrise teneramente.
-Se non fossi arrivato tu non ci sarebbe stato nessun abbraccio. Grazie-
Anche il mutaforma accennò un sorriso –Di niente…sono sempre pronto a darne uno-
La maga tentennò, doveva dirlo oppure no? Forse era ancora troppo presto, la ferita poteva essere ancora aperta…o forse poteva essere la sua ultima occasione.
-L-lo daresti anche a me?- domandò titubante, tremando al pensiero di una possibile risposta negativa.
BB sghignazzò –Come quello in luna di miele? Te lo ricordi?-
-Eccome- gli fece eco Corvina –A Parigi. Ti eri trasformato in un pitone e per poco non mi stritolavi-
-Era un anaconda- precisò quello –Volevo far colpo su di te con qualcosa di “inquietante”, sai quelle cose che ti piacciono tanto, ero indeciso tra corvo o serpente, ma i corvi non son bravi a stringere la gente. E comunque non ci siamo solo abbracciati…- aggiunse sibilando con la lingua di fuori.
Questa volta fu la maga a ridacchiare sommessamente coprendosi il le labbra con una mano –Ammetto che è stato strano…un po’ perverso se vogliamo…ma molto divertente-
-Beh ne abbiam fatte tante di  cose divertenti assieme…- BB tamburellò imbarazzato le dita sui cuscini del divano –Senti…lo vuoi ancora quell’abbraccio?-
Corvina lo fissò dritto in quelle smeraldine iridi, così segnate da profonda tristezza.
Annuì.
Si avvicinarono a poco a poco l’uno all’altra, facendosi più sicuri ad ogni centimetro.
Coi volti coloriti di rosso si abbracciarono prima sfiorandosi appena, poi sempre con più forza e decisione fino a far combaciare perfettamente i loro corpi in un incastro indivisibile.
Fu un gesto spontaneo, nessuno dei due se ne rese conto finché non lo stavano già facendo…si stavano baciando!!
Si baciavano proprio come prima che tutto iniziasse, con passione, con voglia, con desiderio…con amore.
Adagio, lentamente, si separarono controvoglia, guardandosi negli occhi e arrossendo ancora di più…e le loro labbra tornarono ad incastrarsi senza più volersi separare, le loro lingue danzarono tra loro avvinghiandosi l’una all’altra mentre le mani di uno stringevano con dita rapaci il corpo dell’altra e viceversa, in modo possessivo, dopo la tanta sofferta lontananza.
Persino i loro cuori smisero di sanguinare e divennero una cosa sola, finché non batterono all’unisono…un ritmo in costante accelerazione.
-Cosa ci è successo BB? Come siamo potuti arrivare a tanto?- chiese Corvina, incredula al pensiero di tutto quello che si erano fatti.
-I-io non lo so…- rispose quello, si rivedeva in quei litigi, ricordò tutto quello che aveva fatto e detto a Corvina… neppure si riconobbe in sé stesso.
-Sono stato un idiota a non darti fiducia… quel bacio…so che ti ha obbligata, me l’ha detto April, e Robin...e tu. Avrei dovuto crederti più dall’inizio. Perdonami, amore, ti prego perdonami…ho voluto credere ai miei occhi ma me li strapperò se sarà necessario, così dovrò sempre fidarmi di te…-
-I tuoi occhi stanno benissimo dove sono…- sorrise Corvina- E il video? Quello che hai detto vale anche per questo?- chiese confidando che finalmente avesse ritrovato il lume della ragione.
Ma nulla è più difficile che dissipare le immense tenebre della diffidenza con un tenue e fioco barlume appena riacceso.
Tuttavia anche una misera fiammella può allontanare, seppur di poco, il buio più nero, mentre neppure le tenebre più soffocanti possono offuscare la luce.
La luce di speranza che brillava negli occhi della strega.
Ma BB restò in silenziò, abbassando il volto.
La maga capì al volo cosa intendeva dire con quel gesto, fulminea si staccò da lui – Credi ancora in quel filmato, non è così?! – disse mentre sentiva in se già crescere la rabbia.
Come poteva? Come, dopo tutto quello che si erano appena detti? Dopo quel bacio!? Come poteva ancora dubitare di lei?
-C-Corvina io…- balbettò quello senza però poter negare l’evidenza.
-Bene! Non credi alle mie parole? In questo caso ti porterò le prove! Le prove che è falso, lo farò ad ogni costo, anche se dovessi trascinare qui Ghostface per fargli confessare tutto! Io ti amo BB…ma se vuoi che tutto torni come prima…devi avere fiducia in me-
Detto questo un nero portale si aprì alla spalle di Corvina, inghiottendola.
La maga svanì nel nulla.
BB rimase solo, all’orizzonte il sole sorgeva infiammando tutta la vetrata della T-Tower, pareva che languide fiamme divorassero ogni cosa, un fuoco vivo e danzante che avvolgeva tutto e  non bruciava niente, un gioco di luci e colori stupendo…il mutaforma neppure lo notò.
Si maledisse, avrebbe dovuto dire “Mi fido dite” o qualcosa del genere…ma sarebbe stata una menzogna.
E lui era stufo di mentire.
Corvina gli avrebbe portato le prove della sua innocenza, aveva detto, sperò con tutto il cuore che ci riuscisse.
<Non ho ancora fiducia in te, Corvina…ma proverò ad averne>
 
Robin e Stella Rubia erano all’ospedale, Bruce si era sentito male, aveva problemi al terzo stomaco da quando Ghostface l’aveva colpito col basso, e lo avevano portalo lì  e dato che c’erano avevano anche fatto una visita a tutti i loro amici costretti in quel luogo.
Cyborg era ancora in coma, nessun peggioramento…nessun miglioramento. Stabile, come fosse morto eppure era vivo. Più vegetale che uomo.
Ciò che il mezzo robot temeva di più si stava avverando: stava perdendo quel poco di vita vera che gli rimaneva in corpo, ora era soltanto un pezzo di carne incapace del più piccolo movimento autonomo, tenuto in “vita” da una macchina: quella non era vita.
Vita è svegliarsi la mattina con l’odore delle cialde nel naso, vita è correre fino allo sfinimento dietro un pallone, vita è mangiare fino a star male, vita è fare delle assurde cazzate per una scommessa, vita è muoversi, ballare, ridere, soffrire, ubriacarsi e vomitare, fare gestacci all’arbitro e affondare il viso nel maggior numero di tette possibile….magari non solo il viso.
Tutte cose che Cyborg ora poteva solo sognare.
L’incidente aveva ulteriormente peggiorato la sua situazione: il braccio destro non aveva più nulla di umano, il naso era solcato da una cicatrice e aveva perso il senso del gusto: la sua lingua era rimasta troncata dai denti durante lo schianto, se l’era era mozzata di netto.
Non avrebbe mai più potuto assaporare un pezzo di pizza fumante.
Anche l’unico occhio buono era rimasto danneggiato dalle schegge, forse avrebbe perso la vista, nessuno poteva dirlo: quell’occhio non si era ancora riaperto dall’incidente.
Bumblebee se la passava peggio: era viva, cosciente…e mutilata.
Non c’era stato altro da fare per lei.
Le lunghe e formose cosce terminavano in due moncherini all’altezza del ginocchio che la ragazza non osava guardare per ribrezzo.
Il fatto di essere consapevole del suo stato era quasi peggiore delle ferite in sé, almeno Cyborg non sapeva cosa gli era successo, ciò che ora gli era negato,  lei sì… e la realtà le sembrò crudele come mai prima d’allora.
Quei due tronconi erano il marchio indelebile della sua sconfitta, tutta la sua vita era finita con quell’amputazione, cosa avrebbe potuto fare adesso? Non lo sapeva, non voleva pensarci, tutti i suoi progetti erano stati stroncati come le sue gambe.
<La mia vita è stroncata…> Bumblebee singhiozzò vedendo come Ghostface l’aveva ridotta.
Lui le aveva tolto le gambe…lei giurò di togliergli qualcosa di altrettanto prezioso.
 
Robin era stato guarito da Corvina e Stella si era completamente ripresa dalla neurotossina, era ben più coriacea di quanto sembrasse, la ragazza..
Loro almeno stavano bene.
Sedevano soli nella sala d’aspetto, senza sapere cosa dirsi, è da quando Ghostface era tornato in circolazione che il dialogo era morto tra i due…o meglio Robin sapeva perfettamente cosa dirle, voleva dirglielo…ma non poteva: aveva paura, tanta paura, la posta in gioco era terribilmente alta: sua moglie e suo figlio…ma è solo nella paura che può emergere il vero coraggio.
-Stella…- iniziò –Io devo confessarti una cosa…-
L’aliena lo guardò incuriosita e preoccupata –A me puoi dire tutto…-
-Il video…quel porno che ha distrutto BB e Corvina…è un falso-
-Io l’ho sempre detto.- replicò quella- Solo che BB non vuole capirlo-
Robin fece un grande respiro per calmarsi, col cuore in gola disse con voce fievole e vergognosa.
-Intendo dire che io l’ho sempre saputo che era un falso, anche prima di vederlo, Ghostface in persona me l’ha consegnato affinché io lo dessi a BB, scaricando la colpa su Cyborg. Io sapevo che lui era tornato già da prima che attaccasse il centro commerciale. Io non so cosa stia architettando, ma si comporta in modo più strano del solito, trama qualcosa, sono sicuro che tutto…”questo”…faccia parte del suo piano, qualunque esso sia-
Stella lo guardava incredula, spaventata…delusa.
Lo guardò con uno sguardo acido, carico di disprezzo.
-Come hai potuto fare una cosa del genere?! Ai nostri migliori amici!?- lo incalzò piena di sdegno, era la prima volta che vedeva un simile ripugnanza nei suoi confronti in quei profondi occhi verdi, neppure quando, preso d auna sbronza, l’aveva tradita con una sciacquetta bionda che era bella neanche la metà dell’aliena e decisamente molto molto molto meno soddisfacente, neppure in quell’occasione Robin aveva visto una tale repulsione negli occhi di Stella Rubia.
–Su Tamaran quelli come te li chiamiamo “Snorkalah”, non esiste una parola terrestre per esprimerlo ma “traditore” ci va abbastanza vicino! E nessuno snorkalah è mai morto di vecchiaia…o con qualcuno al suo fianco- Stella scattò in piedi e girò sui tacchi per andarsene, piena di rabbia e delusione.
Quello che sentiva era una terribile sensazione vuoto, come un vento che soffia nel deserto, e la faceva star male, le risucchiava le forze.
Suo marito, il loro leader, quello che lei e tutti i suoi amici avevano sempre visto come una guida e un modello…era un vigliacco venduto al soldo di un criminale, che aveva tradito i suoi amici riversando la colpa su di un altro, incapace di difendersi.
Robin sopportò in silenzio quelle parole, se le meritava tutte…ma non meritava quel disprezzo.
Tutto quello che aveva fatto lo aveva fatto per amore, per lei.
La prese per le spalle, senza lasciarla andar via, ma quella si girò verso di lui allontanandolo con le braccia, divincolandosi per liberarsi dalla presa, che però il ragazzo mantenne salda e delicata attorno a quel corpo sottile.
-Aspetta, lascia che ti spieghi. Lui mi ha obbligato!- esclamò mentre l’aliena rinnovava i suoi sforzi per separarsi da lui.
Stella lottò ancora qualche secondo, poi, continuando a guardarlo trucemente di traverso, decise di fermarsi e ascoltare, se l’accaduto tra BB e Corvina gli aveva insegnato qualcosa era che tutti avevano il diritto di giustificare le proprie azioni.
Incrociò le braccia, guardandolo con una durezza che mai prima d’ora era stata in quegli occhi scintillanti –Ti concedo cinque minuti, poi andrò a dire tutto a BB e Corvina-
Cinque minuti…un po’ pochi per raccontare tutto quello che gli era capitato ma se li sarebbe fatti bastare.
Robin prese a raccontare, le disse tutto dal suo primo incontro con Ghostface fino all’ultimo contatto avuto con lui, l’unica parte che tralasciò fu quella riguardante Mar’i…non poteva permettere che Stella soffrisse di nuovo come allora.
La principessa aliena ascoltò molto attentamente, non perse una sola sillaba di quelle che uscirono dalla bocca del ragazzo mascherato, e ad ogni parola la sua espressione si faceva sempre più stupita e angosciata.
 
-Ora sai tutto. Per questo ho dovuto obbedirgli…ha in pugno Bruce e i gemelli-
Stella era scioccata, non più arrabbiata con Robin ma tormentata, ora il suo cuore era oppresso da un’ansia senza confini…sapere che suo figlio poteva morire da un momento all’altro le toglieva il respiro… non sarebbe più riuscita a darsi pace in questa situazione.
-N-noi dobbiamo fare qualcosa…- balbettò svolazzando nervosamente avanti e indietro per la stanza –N-non resteremo c-con le mani in mano a s-subire e basta…d-dobbiamo dirlo a BB e a Corvina…-
-No, non possiamo- rispose Robin con la testa china tra le ginocchia –Ghostface mi ha ordinato di non dirlo a nessuno o lo avrebbe scoperto…e avrebbe punito i bambini per la mia disobbedienza.
Ho già corso un grande rischio a dirlo a te…ma non ce la facevo più a tenermi tutto dentro, mi sentivo come consumato da un tarlo, dall’interno, che continuava a scavare e scavare in me, rendendomi solo un guscio vuoto.
Hai sentito anche tu quello che ha detto al centro commerciale, lui ci osserva, ci spia…sa tutto di noi e noi non abbiamo neppure un indizio su dove si trovi adesso-
Un greve respiro risuonò come un sordo tonfo mentre usciva dalla sua bocca, una sottile fessura tra i denti –Mi sento sempre il suo sguardo addosso, se venisse a sapere che l’ho raccontato a qualcuno…non oso pensare a cosa farebbe…ma puoi immaginarlo anche tu.
Non possiamo rischiare, Stella-
Se solo Robin avesse saputo che Ghostface giaceva inerme in una tomba di cemento probabilmente avrebbe corso fino a farsi scoppiare il cuore e giunto alla T-Tower avrebbe raccontato tutto e tutto sarebbe finito in pace e armonia e tutti i Titans avrebbero vissuto per sempre felici e contenti…eppure per quell’unico dato mancante il lieto fine di quell’avventura si dissipava come un miraggio.
Cosa non avrebbe dato per sapere…
Il sapere è la chiave del potere.
Ogni volta che si scontrava con Ghostface, Robin, lo capiva sempre più a fondo: conosci il tuo avversario e sfrutta le sue debolezze.
Tuttavia era sempre il vecchio quello che sapeva più cose, quello più preparato…quello più esperto.
200 anni di esperienza…non c’era da stupirsi che fosse sempre venti passi avanti a loro.
-Che cosa possiamo fare, Robin?- più che una domanda era un’implorazione fatta dalla voce spezzata di una madre che rischiava di perdere ciò che più amava al mondo…di nuovo.
A Robin parve di rivivere gli orribili momenti della morte di Mar’i, uno spaventoso deja-vu, tutto era come allora, tutto era così simile e così diverso.
-Non lo so, amore…non lo so- mormorò lui , trovando la forza per guardarla negli occhi e dirle quelle meste parole –S-se fossero delle normali sonde, come quelle utilizzate da Slade quand’eravamo ragazzi, potremmo disattivarle con lo stesso macchinario, o far passare i bambini in un campo elettromagnetico che disattiverebbe le sonde…ma qui si tratta di bio-sonde, virus latenti tenuti sotto controllo dalle parti meccaniche, se le disattiviamo il virus si sveglia…e uccide in pochi secondi.
Dobbiamo trovare il modo di estrarle completamente dal loro corpo, o di trovare un antidoto abbastanza veloce ed efficace- picchiò i pugni contro la parete con forza tale da farsi sanguinare le nocche – Ho decine di antidoti nel mio studio, Stella, ma tutti con un margine di fallimento del 12%.....-
-Non mi sembra molto- disse la rossa quasi istintivamente, con un barlume di speranza, ma lui stroncò subito quelle aspettative con una semplice analogia –Se tu non sapessi volare…andresti su un aereo che ha il 12% di possibilità di precipitare? Non possiamo rischiare, se l’antidoto fallisse…Bruce morirebbe.
Ghostface ha pensato proprio a tutto, ci tiene in scacco, sa che noi non possiamo disobbedirgli, ha fatto si che BB e Corvina si distruggessero l’un l’altra nella diffidenza…sapeva anche che Cyborg avrebbe potuto dimostrare che il video era falso, avrebbe potuto espellere le bio-sonde…per questo si è sbarazzato di lui per primo- ripensò a tutti i bei momenti passati con l’inseparabile robot dalla pelle scura –Se solo lui fosse sveglio saprebbe trovare una soluzione dove io non vedo altro che vicoli ciechi…-
Un’idea lampante illuminò la mente di Stella Rubia –Ho trovato! Se Cyborg non può aiutarci può farlo Gizmo! Ha già avuto a che fare con virus elettro-organici, ricordi? Forse lui ha la soluzione!-
Ancora una volta Robin smorzò l’entusiasmo della compagna –Credi che non ci abbia già pensato? Ho cercato disperatamente gli Hive Five, in lungo e in largo, ho tentato di contattarli in ogni modo ma sembrano essersi volatilizzati.
Non parlo solo di Jump-city ma anche di tutte le altre città dello stato. Nessuno li ha visti. L’ultimo di cui si abbia notizia sono stato io, al funerale di Iella…se solo avessi accettato la loro offerta ora forse Bruce e i gemelli sarebbero in salvo, BB e Corvina insieme e Cyborg sveglio....e magari Ghostface in una bara.
Sono stato un idiota, Stella, mi sono lasciato sfuggire quell’occasione tra le dita, ho avuto pietà di lui…un’altra volta.
Ho rovinato tutto….tutto questo è solo colpa mia…io sono il leader e guarda dove ci hanno portato le mie scelte, sono un disastro…è solo colpa mia…solo colpa mia.
Tu, Bruce, i nostri amici… tutti nel baratro per colpa mia…-
Si lasciò cadere sulla sedia, rannicchiato su se stesso, chiuso in una profonda e invalicabile depressione.
Tutta quell’enorme responsabilità, quell’immane fardello, gravava sulle sue spalle…e per la prima volta Robin sentì tutto quel peso farsi insostenibile, schiacciarlo.
Tutti contavano su di lui…e lui li aveva delusi.
Tutti…BB, Stella, Bruce, Corvina, April, Rick, Ruby, Cyborg, Bumblebee, Iella…tutti stavano pagando per la sua incompetenza.
Stella lo abbracciò consolandolo, accarezzandogli il viso dolcemente per quanto anche lei si sentisse partecipe di quel dolore –No, amore mio…non è vero. Non c’è da odiarsi per aver avuto pietà…non hai sbagliato, hai fatto ciò che ritenevi giusto.
Non potevi sapere dichi si trattasse allora, non potevi immaginare le conseguenze…non è colpa tua.-
Questa volta fu Robin a guardare dal basso verso l’alto la moglie e a chiederle con voce strozzata
–Cosa possiamo fare?-
-Solo aspettare e pregare-
  
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