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Autore: Blue Sunshine    22/05/2015    3 recensioni
Emma è rilegata nella razionalità che il padre le ha sempre costruito intorno.
Le ha cucito nel cuore quella sicurezza che la rende una forza della natura.
Lei, ha imparato da subito cosa fosse male e cosa fosse bene.
Nella compostezza del suo essere, Emma è normale.
Magari un po’ più forte, un po’ più sicura, un po’ più spavalda.
Evita ciò che cataloga come sbagliato, e abbraccia solo ciò che è sicuro, palpabile, evidente.
Emma Harrison e il suo ordinato mondo.
Ma lui è sbagliato. Eppure, Emma non lo scaccia.
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IN REVISIONE
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Amami prima del successo

Prima che tu possa dare un volto a tutto il resto intorno a me. 
 

Niall lo osservò per bene, continuando a tenere le distanze. Zayn era più magro di quanto ricordasse, aveva la barba e i capelli più lunghi e sul viso aveva delle ferite che, sebbene stessero scomparendo lentamente, ancora potevano essere notate. Non indossava la divisa arancione con cui lo aveva visto la prima volta, ma portava una maglietta bianca sporca e dei jeans strappati. 

-Non fissarmi- la voce era calda, forse bassa per il silenzio a cui era costretto là dentro. Aveva davanti un’assassino ed era stato lui stesso a volerlo. Dimenticando finalmente l’iniziale timore, Niall gli si avvicinò; erano alti uguali, sebbene Niall sembrasse svettare su Zayn per l’eccessiva magrezza di quest’ultimo. 

-Vuoi dirmi chi sei o devo risolvere un indovinello?- Niall sapeva che tutta quella sicurezza era falsa ostentazione e che, in realtà, il ragazzo era spaventato. Ma da cosa? 

-No, ti dirò chi sono. Ma sarà inutile, visto che non mi conosci- Zayn sbuffò e si passò una mano fra i capelli nerissimi. Niall notò le ferite sanguinanti sui suoi polsi, saldamente ammanettati. Seguendo il suo sguardo, Zayn sorrise mesto.

-Non mi lasciano libero nemmeno quando vado in bagno-

-Ovvio, sei un pericoloso assassino- sputò queste parole con rabbia, perché voleva colpirlo e fargli male. Ancora più male di quelle ferite e dei ricordi. 

-Affondato- commentò solo Zayn, allungando le gambe sul pavimento.

-Chi sei?- ripeté di nuovo, fissandolo e tentando di ricordare se mai lo avesse incontrato prima. 

-Sono Niall, il migliore amico di Emma- vide gli occhi di Zayn cambiare quando nominò la ragazza: da scuri e vuoti quali erano, sembrarono illuminarsi e vibrare, tornando a essere vivi. Niall osservò il cambiamento che avvenne fra i lineamenti del ragazzo attentamente, senza dire una parola. 

-Che cosa vuoi?- il suo tono non era più minaccioso, né annoiato. Piuttosto curioso e forse, anche spaventato. 

-Che tu la lasci in pace- Niall si inginocchiò, ponendosi alla stessa altezza di Zayn. Conosceva Emma da dieci anni e sapeva perfettamente che dietro la maschera da ragazza forte, indistruttibile e inflessibile si nascondeva una Emma totalmente diversa, fragile, vulnerabile e soprattutto ingenua. E nessuno sapeva quanto in realtà potesse risultare facile manovrarla, anche solo con uno sguardo, una parola dolce e un sorriso timido. Niall non sapeva come, ma Zayn c’era riuscito a capirla e la stava ingannando. 

-Puoi fregare lei con la tua falsa disperazione e il tuo fottuto vittimismo ma non me, Malik. Smettila di usarla per i tuoi loschi fini perché il commissario Harrison non permetterà mai che tu torni in libertà. Smettila di farle credere chissà cosa, quando lei pensa di essere innamorata di te- quell’ultima frase non avrebbe mai voluto dirla e innescò nel giovane che aveva davanti una reazione strana; sembrò sollevato, quasi sbalordito a quel pensiero. E Niall si infuriò ancora di più.

-Lei è mia- sibilò fra i denti, sebbene quella fosse solo una bugia. Emma non era sua; aveva avuto la sua possibilità di poterla avere, forse per sempre. Ma oramai era tardi e lui lo sapeva. Le aveva letto nello sguardo la volontà di lottare per la causa di Zayn quando gli aveva dato le spalle e se ne era andata. Aveva capito che Emma era diventata di qualcun altro quando l’aveva vista parlare di Zayn: aveva negli occhi una luce particolare, quasi fosse una parte a sé stante che abitava nelle sue iridi, e che le aveva visto solamente una volta in vita sua; era la volta che lo stava guardando mentre gli confessava il suo amore. Zayn si alzò dalla sedia, mordendosi il labbro inferiore. Niall fece lo stesso, fissandolo in cagnesco. 

-Non azzardarti a ripetere che lei è tua o io … Io …-

-Tu cosa? Tu cosa, Malik? Prendi un fottuto coltello e mi uccidi come hai fatto con quella povera ragazza?- Niall si rendeva conto che stava rischiando molto a dirgli certe cose, ma non voleva che Emma facesse la fine di quella Emily. Non avrebbe retto la vita senza di lei. Poteva accettare il fatto che non fosse più innamorata di lui, poteva accettare di vederla costruirsi un futuro con qualcuno che non fosse lui, poteva resistere a viverle accanto senza mai poterla ritenere sua. Ma non avrebbe potuto reggere la sua assenza, la sua morte. E Niall quello temeva, mentre osservava il braccio ammanettato di Zayn alzarsi verso di lui e colpirlo sul viso. Niall fece un passo indietro, portandosi una mano al volto. 

-TU NON SAI NIENTE DI ME, RAGAZZINO!- le urla attirarono le guardie e in meno di un secondo Niall si ritrovò in piedi; la testa gli pulsava e sentiva il sangue colargli lungo il mento. Alzò lo sguardo su Zayn che veniva spinto fuori dalla stanza. Ma questo non gli impedì di osservarlo dritto negli occhi prima di parlare.

-Se davvero ami Emma, lasciala andare- 

-Tu non sai niente di me-
 

 

 

Harry osservava la sedia vuota dietro la scrivania che gli stava di fronte, mentre con le mani si torturava le labbra. Charlotte non rispondeva alle sue telefonate né ai messaggi. Non andava più al lavoro e Adrian gli aveva detto che si era presa dei giorni di malattia. All’inizio l’idea che stesse male lo aveva reso pazzo e non seppe mai cosa davvero gli avesse impedito di scappare a casa sua e attaccarsi al citofono finché lei non avesse aperto la porta e lo avesse abbracciato. Il cellulare iniziò a vibrare e lui lo prese senza neanche guardare chi lo stesse chiamando: aveva smesso di correre al cellulare ogni volta che squillava, speranzoso di vedere il suo nome lampeggiare sullo schermo. 

-Sì?- chiese svogliatamente, passandosi una mano fra i capelli. 

-Ciao Harry, sono io- la voce dall’altra parte suonò indecisa ma Harry non ci fece nemmeno caso, troppo preso dalle emozioni che quelle poche parole stavano suscitando in lui. Sembrava passato tanto tempo, troppo, dall’ultima volta che aveva potuto guardarla in quegli occhi tanto burrascosi. Era passato troppo tempo da quando l’aveva avuta fra le braccia per l’ultima volta. Ma forse quel pensiero non era tanto adeguato nei confronti di quella che era una sua amica. 

-Harry? Se ti sto disturbando richiamo dopo- 

-No! No Charlotte, assolutamente non disturbi. E’ che non ci posso credere- si bloccò all’istante, dandosi dell’idiota. In realtà, lo era e basta. Il respiro di lei divenne appena più cadenzato, o forse era solo la sua impressione. 

-Come stai?- chiesero all’unisono, scoppiando poi a ridere insieme. 

-Io sto bene, Char. Tu?- anche lui si rese conto del cambio di tono nella sua voce. Non era una semplice domanda di circostanza, ma era molto di più: cosa ti è successo? Perché non hai risposto alle mie chiamate? Perché non mi hai scritto un messaggio? Perché non ti fai più vedere? E’ colpa mia? C’è un altro? Dio, quell’ultima domanda da dove gli era uscita? 

-Sto bene anch’io, credo- 

-Charlotte …-

-No Harry stammi a sentire. Ti ho chiamato sì, ma non voglio parlare di nulla. Volevo solamente dirti che oggi pomeriggio torno in servizio. -Silenzio-Ci sarai o hai il turno libero?- Harry chiuse per un attimo gli occhi, per poi osservare  il biglietto del cinema poggiato sul legno della scrivania. Hollie era passata poche ore prima per lasciarglielo. Lo prese in mano e lo stropicciò, non pensandoci troppo. 

-No, ci sarò anche io- e la immaginò sorridere, magari spostandosi un riccio dietro l’orecchio. 

-Allora a dopo Styles-

-Ti aspetto- ma forse aveva già attaccato.

 

Hollie era rimasta molto delusa dal cambio repentino di piani. A detta sua, aveva pianificato un pomeriggio molto romantico tanto che Harry temette di essersi dimenticato qualcosa; era forse il suo compleanno ? O magari il loro anniversario? No, i calcoli non tornavano. Fortunatamente era riuscito a cavarsela con la promessa che la domenica successiva l’avrebbe portata a Londra. Guardò per l’ennesima volta l’orologio sulla parete, che sembrava prendersi gioco di lui: possibile che fossero passati solo due minuti dall’ultima volta che aveva controllato? Sbuffò seccato, stiracchiandosi sulla sedia e prendendo uno dei fascicoli che stava per essere archiviato. Ironia della sorte, il fascicolo apparteneva al caso dell’uomo ucciso nel capannone che si trovava vicino al casolare saltato in aria. Si trattava del giorno dell’ incidente di Charlotte. Aprì il documento e cominciò a leggerlo bene: nessun segno di lotta sul corpo della vittima, nessuna traccia di resistenza da parte dell’anziano, soltanto il buco in fronte che aveva causato il suo dissanguamento. Ken Mcartey, 77 anni, pensionato. 

Scomparso cinque giorni prima del ritrovamento del cadavere …

La moglie aveva notato un cambiamento in lui …

Aveva lavorato per circa 50 anni come inserviente personale … 

Osservò attentamente la foto della vittima, il mento poggiato alla mano. E forse perché si era perso di nuovo fra i suoi pensieri, forse perché lei aveva aperto la porta in modo troppo delicato, ma non si accorse subito della ragazza che era entrata. Solo quando gettò malamente il foglio sulla scrivania, la vide. Charlotte era poggiata contro la porta chiusa, le mani dietro la schiena. Teneva lo sguardo fisso su di lui e un sorriso timido faceva capolino sul suo viso, più pallido del solito. Osservandola bene, notò quanto in realtà fosse molto diversa: era dimagrita visibilmente, forse troppo e aveva scurito i capelli, che adesso erano neri. Si alzò e le si avvicinò lentamente, osservando l’unica cosa che era rimasta uguale e che forse mai sarebbero cambiata: i suoi occhi. Aveva dimenticato quanto gli piacesse averli addosso. Senza dire una parola coprì la distanza fra loro, catturandola fra le braccia e premendosela al petto. Charlotte, molto più bassa, sembrò perdersi in lui quando gli circondò la vita con il suo abbraccio e sorrise contro la sua maglietta quando Harry fece scivolare una mano sotto i suoi capelli, accarezzandole il collo. 

-Dio, quanto mi sei mancata- E se possibile, si strinsero ancora di più, entrambi non pensando a quanto quel loro abbraccio fosse troppo intimo per due semplici colleghi. 

-Se continui a ripeterlo, finirò per crederci- lui si staccò appena, guardandola sbalordito. 

-Dopo quelle innumerevoli chiamate e non so quanti messaggi, davvero non hai ancora capito quanto volessi vederti?- Ma Charlotte non rispose alla domanda, limitandosi ad accarezzargli il viso. Harry sembrò irrigidirsi sotto il suo tocco, semplicemente perché non l’aveva mai fatto. Era confuso, assolutamente confuso: quella era Charlotte, ma una Charlotte diversa. Forse, meno dura? Più vulnerabile? 

-Muovi il culo Styles, che dobbiamo fare?- in un secondo si allontanò da lui, poggiando la sua pistola sulla scrivania. E Harry sorrise perché no, Charlotte non sarebbe cambiata mai. Almeno, non del tutto. 

-La finezza fatta persona proprio-

-175 e 89- Harry la fissò incredulo, con una faccia che fece scoppiare a ridere la ragazza. 

-Sono state 175 chiamate e 89 messaggi- disse solamente, non reggendo più il suo sguardo. 

 

Adrain entrò nel loro ufficio con l’aria stanca, massaggiandosi il collo. 

-Ragazzi, abbiamo una signora di là che vorrebbe denunciare la scomparsa della figlia. Ci pensate voi? Siete gli unici disponibili- Harry annuì semplicemente, attendendo che Charlotte finisse di leggere il fascicolo che gli aveva passato.

-Sicura di ricordare come si faccia il tuo lavoro?- la schernì, mentre lei lo raggiungeva e gli dava una leggera gomitata al fianco. 

-Ehi scolaretto, devo ricordarti che sto in questa squadra da prima di te?- Harry scoppiò a ridere di gusto, piegandosi leggermente. Fortunatamente quando rideva era solito chiudere gli occhi, altrimenti avrebbe sicuramente notato il sorriso genuino che nacque sul viso della collega al sentirlo di nuovo ridere. 

-Signora, da quanto sua figlia è scomparsa?- Harry era inginocchiato davanti alla donna sconvolta e che aveva sul viso i segni di un pianto ininterrotto. 

-Sono circa cinque ore. E’ uscita di casa per andare a scuola, ma non ci è mai arrivata e non è nemmeno tornata a casa. Non è a casa di amici, né parenti e nessuno sa dove sia. Il cellulare è spento- si interruppe e Charlotte repentinamente le allungò un bicchiere d’acqua che la signora accettò volentieri. 

-Non le sembra prematuro pensare alla scomparsa? In fondo, non è una cosa tanto strana alla sua età voler saltare la scuola- la donna scosse la testa, alzando poi lo sguardo lucido su di lui. 

-Questa mattina Sarah ha lasciato scritto questo biglietto- e allungò un foglio piegato. Harry lo prese e appena lo lesse, lo passò a Charlotte. 

Scusatemi, non ce la faccio più 

Charlotte fissò Harry che sospirò.

-Avviamo la procedura salvavita con un controllo ogni dieci minuti- e Charlotte semplicemente annuì e uscì di corsa dalla stanza. 

-Che significa? Salvavita? Cosa vuol dire?- Harry mise una mano sulla spalla della donna, cercando di tranquillizzarla. 

-Signora Johnson , non si preoccupi. E’ solo una procedura che ci permette di monitorare il numero di sua figlia ogni dieci minuti. Così, appena accenderà il suo cellulare, sapremo dove si trova- la signora Johnson annuì, iniziando a piangere di nuovo e Harry si morse il labbro, dispiaciuto di non poter fare nulla di più. 

-Ha notato un qualche cambiamento in lei ultimamente?- Charlotte era tornata e si piegò all’altezza del viso della donna, parlandole dolcemente.

-I-io, non lo so. Non parlavamo molto, era sempre fuori-

-Sa dirci il nome di qualcuno che potrebbe sapere qualcosa?- La signora Johnson ci pensò un momento, per poi annuire. 

-C’è Madison, la migliore amica di Sarah- e Harry si affrettò a prendere il nome e il cognome della ragazza. 

Nel giro di mezz’ora, Charlotte e Harry accolsero Madison nel loro ufficio dove anche la signora Johnson era impaziente di sapere qualcosa. Appena la ragazzina entrò si fiondò fra le braccia della donna, stringendola forte. 

-Madison?- la richiamò Harry e lei annuì, accomodandosi sulla sedia. 

-Come ti abbiamo detto, Sarah è scomparsa da circa cinque ore. Noi non possiamo fare molto, dal momento che è passato troppo poco tempo per mobilitare le squadre di ricerca. Ma se tu possedessi anche un singolo indizio, forse potremmo fare qualcosa per capire- Alle parole di Harry, Madison rimase zitta continuando a guardare i suoi piedi. 

-Madison?-

-Io non so nulla, non so dove possa essere. Dico sul serio- ma poi guardò di sfuggita la signora Johnson e Harry capì.

-Signora, può lasciarci  un momento soli con lei?- la donna sembrò spiazzata ma poi, accompagnata dalla mano di Charlotte, uscì. Allora Harry si inginocchiò davanti a lei, posandole una mano sulla testa. 

-Madison, abbiamo bisogno di te. Forse Sarah è nei guai e noi vorremo davvero aiutarla-

-Sei sicura di non sapere nulla, tesoro?- Charlotte si avvicinò a loro e Harry sentì il suo profumo inondarlo. 

Non ora.

-Effettivamente qualcosa è successo- si bloccò appena e recuperò il suo cellulare dalla tasca dei jeans- due giorni fa circa, sono uscite queste foto su Internet. E … non è stata Sarah a caricarle- Harry prese il cellulare e scorse le foto, iniziando a respirare più forte. Charlotte si sporse dalla sua spalla osservando con orrore quelle foto che ritraevano Sarah seminuda che sorrideva all’obiettivo. Proprio in quel momento irruppe nella stanza un altro agente.

-Harry, Charlotte la ragazza ha acceso il telefono- e simultaneamente il cellulare di Madison squillò.

-Guarda chi è- le disse Charlotte. Madison tremò appena e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Velocemente Charlotte l’abbracciò, mentre Harry recuperava il cellulare.

Scusami, ma non posso più vivere

-Madison, parlaci. Tienila occupata, va bene? Nel frattempo vieni con noi, abbiamo rintracciato il luogo dove si trova Sarah- 

 

-Sarah, per favore scendi da lì. E’ pericoloso- Harry si avvicinò lentamente alla ragazza che si trovava arrampicata al bordo di un ponte che dava su un fiumiciattolo. L’acqua scorreva sotto di loro, dirompente e procurando talmente tanto rumore che Harry dovette urlare per farsi sentire. Come se non bastasse, la pioggia scendeva scrosciante, bagnandolo tutto. 

-Sarah, non fare questa stupidaggine. Qualsiasi cosa è successa, non è nulla di irrisolvibile-

-Io voglio solo che tutto questo finisca. Non riesco a guardare in faccia nemmeno mia mamma, come potrò farmi vedere ancora in giro?-

-Abbiamo tolto quelle foto Sarah, non le vedrà più nessuno-

-Ma le hanno viste le persone che contano per me, tutta la mia scuola, come farò?- 

-Sarah, guarda là. C’è Madison e la stai spaventando. La vedi, è lì con una mia amica. Non farla preoccupare ancora, vieni verso di me- la vedeva piangere Harry, mentre lentamente le si avvicinava.

-Non voglio più provare dolore-

-Non è la soluzione a tutto. Faresti del male a troppe persone, saresti causa di sofferenza. Vuoi esserlo davvero?- 

-Starò male- un altro passo, ancora più vicino. Fortunatamente Sarah guardava avanti e non si accorgeva della vicinanza del giovane. 

-Ma starai con le persone che ti vogliono bene- in quel momento, Sarah lo guardò e Harry avrebbe tanto voluto abbracciarla. Oramai era a poca distanza e avrebbe potuto raggiungerla con un balzo ma era troppo rischioso: avrebbe potuto spaventarla e farla cadere. Così si limitò a sorriderle calorosamente, tendendole la mano. 

-Vieni qui Sarah, vieni da me. Sarò il primo ad abbracciarti e vedrai che i pezzi torneranno al loro posto e non farà più così male- trattenne il respiro mentre osservava la guerra negli occhi della ragazza e odiò qualsiasi persona fosse stata a farle così male. Lentamente Sarah si girò verso di lui mentre Harry, sospirando di sollievo, le si accostò. Ma proprio mentre le loro mani stavano per intrecciarsi, Sarah mise male il piede e scivolò. Le sue grida si aggiunsero a quelle di Charlotte e Madison. Harry non ci pensò due volte, saltò sul muretto del ponte e si gettò nell’acqua fangosa. L’impatto con l’acqua fu più doloroso di quanto potesse immaginare, mentre la corrente lo sballottava da una parte all’altra. Riaffiorando in superficie, vide Charlotte sporta dal ponte che urlava il suo nome. Lui le fece solo un cenno, cominciando a nuotare verso la voce di Sarah. Non riusciva a vederla e per questo, sputando acqua, tentò di parlarle. 

-Sarah, continua a gridare che ti raggiungo. Mi senti Sarah?-

-Sì ti sento, sono qui- Harry fu sommerso per un momento da un’ onda particolarmente forte mentre la pioggia peggiorava la sua visuale. Mentre la ragazza continuava a gridare, interrompendosi le volte che non riusciva a tenersi a galla, Harry nuotava come un ossesso per raggiungerla. E in quel momento, quando il fiato gli mancava, i muscoli gli bruciavano e l’aria non era abbastanza pensò che davvero fosse tutto finito: gli dispiaceva solamente che non fosse riuscito a salvare quella povera ragazza. In fondo, lui non poteva lamentarsi. Mentre lentamente smetteva di nuotare, in balìa della corrente troppo forte, gli venne in mente qualcosa per cui non doveva smettere di lottare, perché c’era qualcuno che si aspettava che salvasse la ragazza e uscisse indenne da tutta quella storia. 

-Charlotte- riuscì solamente a dire e si diede dello stupido. Le persone di solito lo adulavano, ritenendolo un ragazzo molto intelligente. Ma in realtà, era un fottuto idiota. Chi mai avrebbe capito così tardi? 

Quasi non si accorse di essere giunto vicino a Sarah che tentava con sempre più difficoltà di rimanere a galla. Lui la raggiunse e finalmente la strinse a sé. 

-Andrà tutto bene, okay?- lei annuì, stringendoglisi contro. 

Charlotte, Charlotte, Charlotte. 

 

Charlotte aveva chiamato l’ambulanza e i soccorsi per poi precipitarsi alla riva del fiume, cercando di non piangere, di avere fiducia in lui. Lo vedeva lì , nell’acqua, mentre veniva travolto dalla corrente e aveva paura. Non poteva finire così, non poteva andarsene in quel modo. Quando non riuscì più a vederlo crollò in ginocchio sulla fanghiglia, nascondendosi il viso fra le mani. Pianse senza controllo, rialzando lo sguardo verso il fiume. Non si vedeva più, non riusciva più a vederlo e lei sentiva dolore, tanto dolore. Nel cuore, nei polmoni, alla testa. 

-HARRY!-

-HARRY!-

-HARRY!-la gola bruciava ma non le importava. Le importava solo che riuscisse a scorgerlo, mentre non si arrendeva e lottava per salvare sé stesso e la ragazza. 

Styles, non fare scherzi. 

E poi, lo vide. Aveva raggiunto Sarah e nuotava lentamente verso di loro, ostacolato dallo scrosciare del fiume. Si alzò da terra, mentre le sirene giungevano a tutta velocità. Guardò Harry e poi l’ambulanza: doveva farsi vedere. 

-Madison rimani qui ad aspettare Harry, io vado sulla strada- la ragazzina annuì e prese a urlare il suo nome, forse affinché lui sentisse che lo stavano aspettando. Lei velocemente risalì la scalinata e quando vide l’ambulanza si sentì più leggera. 

-Qui, da questa parte. Stavano per affogare- li guidò di nuovo giù e giunsero proprio nel momento in cui Harry usciva dall’acqua, tenendosi in piedi per miracolo, con Sarah in braccio. La pose gentilmente a terra, mentre i paramedici le si affollarono intorno. Qualcuno tentò di curare anche lui, ma Harry scosse la testa.

-Occupatevi di lei, sto bene- ma lei lo vedeva tremare convulsamente e la sua voce era troppo bassa. Si piegò appena, cominciando a tossire e forse rigettando parte dell’acqua che aveva ingerito. Charlotte non riusciva a muoversi e rimase ferma a qualche metro di distanza da quello che era stato un miracolo, mentre fissava Harry alzare il viso verso il cielo, socchiudendo gli occhi a causa della pioggia; poi scosse la testa, passandosi una mano fra i ricci bagnati e sporchi di fango. Charlotte nel frattempo piangeva, ma non se ne curava perché sapeva che la pioggia avrebbe nascosto le sue lacrime. Poi lui la cercò con lo sguardo e la trovò. Quando i loro occhi si incrociarono, entrambi lucidi, seppero di essere stati degli idioti entrambi. Troppo tempo avevano fatto passare, quando si erano innamorati praticamente dal primo secondo in cui si erano conosciuti. Tutto andò a posto, forse, perché forse entrambi avevano pezzi spezzati del loro cuore che non sapevano di possedere. Charlotte sorrise e allora Harry si mosse, raggiungendola velocemente. Quando a separarli ci furono solo pochi centimetri il ragazzo si fermò, continuando a fissare quegli occhi che erano il suo inferno ma anche il suo paradiso. Attese che fosse lei a decidere e quando gli catturò il viso fra le mani, Harry seppe che lei lo voleva quanto lui. Quindi la prese dai fianchi e la alzò da terra leggermente, facendo finalmente scontrare le loro labbra. Fu un bacio disperato ma anche dolce, con le mani di Charlotte sul volto di Harry e le sue che la tenevano stretta a sé, perché ci aveva messo troppo tempo per capire. Poi la poggiò di nuovo a terra, piegandosi per non rompere il bacio e le spostò i ricci bagnati dal viso, iniziando ad accarezzarla anche lui. 

-Styles, è un sogno?- 

-No Char, questa volta no- e la baciò di nuovo. 

 

 

Clare non ricordava quanto potesse essere bello Louis Tomlinson; erano passati solamente due giorni da quando lui l’ aveva lasciata senza alcuna spiegazione e quando le era arrivato un suo messaggio contenente il nome di una via e di un bar, aveva ritrovato una briciola di speranza. In fondo, toccare con mano ciò che significava averlo al suo fianco e poi esserne privata all’improvviso, non era stato affatto facile e i suoi occhi, tanto bui quanto luminosi, l’avevano perseguitata in quelle quarantotto ore di pianti, rimorsi, ricordi. Trovarselo di nuovo davanti, bello e perfetto come sempre, forse anche di più, le provocò un forte dolore al cuore. Non si mosse di un centimetro, mentre la porta del locale si chiudeva alle sue spalle e la lasciava sola con quello sguardo fisso che la paralizzava. Louis tentò un timido sorriso, forse per incoraggiarla ma ciò che non poteva sapere era quanto in realtà l’unica cosa che l’avrebbe davvero aiutata sarebbe stato un suo bacio.

-Tutto bene signorina Malik?- quelle parole furono una doccia fredda e Clare sentì senza alcuna difficoltà quel suo cuore malandato rompersi definitivamente.

Signorina Malik. Oh, Louis. 

Lentamente si sedette di fronte a lui, studiando il suo sguardo velato dalle lenti dei suoi occhiali. Avrebbe tanto voluto toglierli, stringere le mani ai suoi capelli e baciarlo, mostrandogli quanto lo desiderasse e lo volesse al suo fianco. 

-L’ho chiamata per riferirle una buona notizia-

-Louis…-

-Sono andato a parlare con il giudice in persona-

-Lou…- 

-E anche con il commissario Harrison-

-Ti prego…-

-Sono riuscito a farle avere un colloquio con suo fratello- 

-Non farmi questo, non trattarmi come un’estranea- Ma Louis scosse semplicemente la testa. 

 

 

Angolo autrice:

eccoci con un nuovo capitolo. Sono stata abbastanza veloce, no? In realtà avrei anche pubblicato prima, visto che il capitolo era pronto, ma sono immersa nella sessione estiva e ho pochissimo tempo libero. Comunque, bando alle ciance: troviamo l'incontro fra Niall e Zayn. Il nostro irlandese proprio non riesce a fidarsi di lui, sebbene effettivamente non abbia mai presentato comportamenti contrari nei confronti di Zayn. Ma come ben si capisce, è tutto dettato dalla gelosia per Emma. Come andrà a finire questo triangolo amoroso? Idee? Poi, il pezzo che personalmente stavo aspettando da mooolto tempo: il bacio fra Harry e Charlotte? Cosa ne pensate di loro? Non sono bellissimi? E, infine, troviamo di nuovo Clare, appena abbandonata da Louis. Vedete che oramai la storia è avviata con un fitto intreccio e non è affatto semplice condurre tutti questi fili narrativi: spero di riuscirci nel migliore dei modi senza risultare scendente. Un bacione grazie a tutte quelle che mi seguono e recensiscono. A presto,

Sonia. 

 
  
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