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Autore: Mallow92    04/01/2009    0 recensioni
"Odiavo il buio. Non perché mi facesse paura, ma perché mi ricordava che non avrei mai più potuto vedere la luce. Annunciava la fine di una giornata e l’inizio del mio incubo."
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The beginning

 

“It waits for the day, I will let it out
To give it a reason, to give it its might

It's the fear
Fear of the dark
It's growing inside of me,
they won they will come to life
Have to save
To save my beloved,
there is no escape,
because my fate is horror and doom”

Within Temptation – It’s The Fear

 

Questa non è una di quelle storie a cui siete abituati in cui alla fine è il bene a trionfare. Quelle stupide favole che alla fine hanno un lieto fine le ho sentite anch’io.

Sono tutte stronzate.

La mia storia non ha un lieto fine.

Quindi sappiate che il bene non trionferà sul male, in verità qui non esiste giusto o sbagliato, esistono solo le tenebre e la luce ed io, purtroppo, faccio parte delle ombre.

Non sono la buona e non sono la cattiva.

Sono una creatura delle tenebre, portata così dai fatti della mia vita, se la possiamo ancora definire tale.

Io sono Primrose e sono quello che voi chiamate vampiro.

E sì, mi nutro di sangue umano.

Sono e rimarrò per sempre intrappolata nel corpo di una diciottenne, benché sia in questo mondo da almeno cento anni.

Siete ancora convinti di voler sentire la mia storia? Io fossi in voi tornerei alle fiabe, in cui, alla fine, i cattivi vengono uccisi.

No?

Bene.

 

Parigi 1875

 

Eccola lì.

Oramai la stavo seguendo da tre notti. Sapevo perfettamente dove volesse andare e cosa volesse fare, ma lei non aveva idea che non sarebbe mai arrivata a destinazione.

La vedevo avvicinarsi, con quel suo sorrisetto beffardo, il volto alto e fiero, tipico di quelle sciocche ragazzine che credono che tutto il mondo ruoti intorno a loro.

Lasciai che si godesse quegli ultimi attimi di falsa libertà.

Poi lo spettacolo cominciò.

Mi inginocchiai a terra e incominciai ad urlare e a piangere.

Sentii i passi frettolosi della ragazza e dei suoi due accompagnatori avvicinarsi a me.

I fastidiosi tacchetti della ragazza irritarono ancora di più la mia già precaria pazienza, per cui decisi di saltare delle battute.

Avevo molta sete.

“Signorina, si sente bene?” Chiese uno dei due uomini.

Continuai a singhiozzare, come se non lo avessi sentito.

“Francis, non vedi che è sconvolta?” Perfino la sua voce era insopportabile.

Persi la pazienza.

Non fu difficile afferrare il più vicino dei tre e scaraventarlo a terra.

Dopo di che mi alzai in piedi e mi preoccupai dell’altro ragazzo: era giovane, era anche molto bello. Mi avvicinai a lui sorridendo, non ebbe il tempo di scappare perché io gli fui subito accanto per spezzargli il collo.

L’odore del sangue fresco mi penetrò nelle radici e mi fece bruciare la gola in maniera insopportabile, ma non era il suo quello che volevo.

Mi voltai verso la mia vera vittima che stava tentando di correre via.

Scoppiai a ridere e, senza alcuno sforzo, la raggiunsi all’istante.

“No, ti prego!!”

Continuai a fissarla con disprezzo: odiavo quella stupida ragazzina.

La cosa divertente degli umani è che, a volte, sanno essere addirittura convincenti.

Ma io non mi impietosisco tanto facilmente.

Le afferrai con forza i capelli e scoprii finalmente il collo in cui affondai i denti.

Bevvi avidamente, fino a lasciarle solo un’ultima goccia di sangue.

Infine lasciai scivolare il cadavere dalle mie braccia fino a terra osservandola per un’ultima volta: quei suoi capelli, quella sua faccia, quegli occhi che poco prima erano stati così vivi, così umani, finalmente si erano spenti.

Finalmente anche lei era stata privata di quello che avevano tolto a me.

La vita.

 

Parigi 1857

 

Ero davvero felice quel giorno: finalmente ero riuscita ad incontrare François da sola.

Lui era davvero il massimo che una ragazza avesse mai potuto desiderare! Sapevo che le mie amiche ne sarebbero state gelosissime, al solo pensiero sorridevo.

Peccato, però, che mio padre si sarebbe arrabbiato perché avevo perso la cognizione del tempo e, oramai, si era già fatto buio..

Camminavo per le stradine, diretta a casa mia, quasi mi sarei messa a canticchiare e a saltellare per la gioia e, magari, avrei anche potuto farlo visto che non c’era nessuno nei dintorni, però, con la fortuna che mi ritrovavo sarebbe sbucato qualcuno da un angolo e sarebbe scoppiato a ridere.

Non era la prima volta che mi capitava.

Ridacchiai un po’ ripensando a quell’episodio della mia vita, ma, qualche secondo dopo, sentii uno strano fruscio alle mie spalle.

Incominciai a preoccuparmi, effettivamente era un po’ troppo buio, per questo motivo mi misi a camminare più velocemente possibile, con la sensazione di essere spiata.

Mi ripetevo che era impossibile che ci fosse qualcuno nei dintorni, perché, in quel caso, me ne sarei sicuramente accorta prima, ma continuavo a lanciarmi occhiate intorno.

Ero sola nella strada, non poteva essere altrimenti.

Svoltai l’angolo affrettando sempre più il passo e cercando di rincuorarmi al pensiero che oramai mancava poco per arrivare a casa.

Ma non sapevo cosa mi attendeva.

Tutto accadde troppo velocemente perché me ne potessi rendere conto: all’improvviso sentii un ringhio disumano alle mie spalle e subito dopo qualcosa mi sbatté violentemente a terra. Rimasi senza sensi per qualche secondo, poi riaprii gli occhi e sentii qualcuno, o qualcosa, avvicinarsi a me e avvertii dolore al collo, come se qualcuno mi ci avesse infilato un coltello. Le forze mi vennero meno tanto velocemente che non ebbi nemmeno il tempo di cercare di gridare aiuto. L’ultima cosa che vidi furono due occhi neri come la notte.

Poi il buio.

Mi sentivo trascinare sempre più giù, verso quelle infinite tenebre, cercai di lottare, ma mi arresi quasi immediatamente, consapevole del fatto che nulla avrei potuto contro di loro.

Quindi lasciai che il nulla si impossessasse di me. Lo accolsi quasi con piacere, alla fine di quella lenta, ma inesorabile tortura.

Poi riemersi e conobbi quella che sarebbe stata la mia nuova e indesiderata vita.

Mi risvegliai qualche tempo dopo, da qualche parte nel cuore della notte, immersa in un profondo silenzio. Ogni rumore era scomparso e tutte le cose mi parevano spaventosamente tranquille. Ben presto mi accorsi che il mio cuore non batteva.

E mai più lo avrebbe fatto.

Ci sono delle cose nel corso della propria vita che vorresti non accadessero mai.

Poi accadono.

E non puoi fare nulla per evitarlo.

Quindi sei costretto ad accettare e ad andare avanti, anche quando non hai più la forza di farlo e sei consapevole che niente sarà mai come prima, perché il destino ha un percorso ben tracciato per ognuno di noi a cui non possiamo scampare.

O almeno a me piace pensarla così.

 

Sono costretta a vagare sola ogni notte per nutrirmi, qualcuno può biasimarmi se mi diverto facendolo?

Quella sera, non so ancora per quale assurdo motivo, mentre vagavo in un boschetto, dopo aver soddisfatto la mia incessante sete, mi avvicinai troppo ad un ruscello.

Erano mesi che non guardavo la mia faccia riflessa e mi curavo il più possibile di non farlo.

Invece mi prese una curiosità morbosa, o forse fu il residuo di un qualche sentimento umano che era ancora insito in me, anche se ne dubitavo fortemente, e osservai accuratamente le mie fattezze.

Nulla, ovviamente, era cambiato in me. Niente!

A rispondere al mio sguardo era una ragazza disgustosamente bella, a vederla, si sarebbe pensato ad un angelo, con quei suoi perfetti capelli biondi, quei perfetti occhi verdi e quelle pallide guance che erano perfette se non fosse stato per il sangue che le colava copioso dalle labbra.

Mi affrettai a ripulirlo, distogliendo lo sguardo dall’acqua, sicura che per molto altro tempo non mi sarei avvicinata ad una superficie riflettente.

Odiavo quel corpo più di ogni altra cosa, dopo l’essere dagli occhi neri, che lo aveva creato.

Ma oramai era andata così, non si può cambiare il passato.

Purtroppo.

 

Non capivo ancora ciò che era successo.

In un primo momento barcollai fino a casa: seppur non fossi ferita, mi sentivo debole e scossa. Ma, quando mi fu aperta la porta, nessuno mi riconobbe.

Non riuscivo davvero a capacitarmi di tutto quello.

Trascorsi quella serata camminando fino a notte inoltrata, senza sentire né il freddo né la stanchezza, poi trovai un vetro rotto per terra in cui mi specchiai e da allora ogni cosa cambiò nella mia vita.

Rimasi incredula, accasciata a terra, per tutto il resto della notte a fissare quella ragazza che non mi assomigliava per niente. Poi l’alba giunse senza che neppure me ne rendessi conto, così, non appena, i raggi del sole colpirono la mia pallida pelle avvertii il dolore più insopportabile che avessi mai provato: era come se tutte le parti del mio corpo stessero per prendere fuoco, anzi, stavano letteralmente bruciando.

Non so cosa mi spinse a ripararmi in un capannone abbandonato per proteggermi, chiamatelo istinto di sopravvivenza.

Da quel momento non ebbi più nemmeno il coraggio di guardare il sole, per paura di quello che avrebbe potuto farmi.

Poi vagai a lungo.

E la sete mi dilaniava fino a che quasi mi tolse il respiro.

Ma ero solo una ragazzina e ancora non comprendevo il perché provassi quel desiderio così ardente. Poi un giorno fu l’istinto a prevalere e ci fu la mia prima vittima.

Poi una seconda.

Poi una terza.

Niente sembrava placare il bisogno di sangue e, anche se ogni persona che uccidevo, ogni goccia di sangue che bevevo, mi faceva odiare sempre di più me stessa e mi rendeva più simile al mostro che sono diventata, non potevo trattenermi.

Dopo un po’ incominciai a provare piacere nello spegnere quelle stupide e frivole vite umane: non era giusto che loro potessero godere della vita che, invece, a me era stata violentemente strappata.

Ma, comunque fosse, preferivo vedere la luce spegnersi dai loro occhi, piuttosto che condannarli a quell’inferno.

La morte era liberatoria.

 

Quella era una di quelle notti in cui non sapevo davvero che fare, in effetti avrei potuto far durare un po’ di più la sceneggiata di poco prima.

Ma va beh, pazienza.

Mi distesi a pancia in su, sull’erba fresca, a contemplare la luna.

Stranamente quella ragazza mi aveva dissetata del tutto, di solito mi ci volevano almeno un paio di vittime a notte, però mi era passata la voglia di cacciare.

Non sapevo perché, ma non potevo smettere di pensare allo sguardo di quella ragazza, poco prima che la mordessi. Quasi mi sentivo in colpa.

Ma non potevo farci niente: era la legge del più forte a prevalere: meglio lei che io, senza contare che in qualche modo mi sarei pure dovuta nutrite, no?

All’improvviso sentii un rumore sospetto alle mie spalle. Mi voltai velocemente: non amavo essere spiata. Balzai in piedi e aguzzai la vista, ma, nel mezzo della foresta, non riuscivo a scorgere nessuno.

Ero sicura di essere spiata, quindi rimasi in allerta, ma senza darlo a vedere.

Per alcuni minuti ogni cosa rimase tranquilla, poi sentii un fruscio e, nel giro di un istante, feci un balzo veloce alla mia sinistra, in modo che qualunque cosa avesse tentato di attaccarmi, non riuscisse a colpirmi, ma, non ebbi nemmeno il tempo di voltarmi, che caddi a terra.

Per un attimo pensai che fossero in due, ma, guardandomi intorno notai un'unica figura che mi sorrideva beffarda.

“Sei veloce...”

Si alzò in piedi e, ancheggiando, mi raggiunse.

“Ma non abbastanza..."
 

 

Glassie Geneviev!! XD

Kissoni!!!
   
 
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