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Autore: Lissa Bryan    23/05/2015    2 recensioni
Ambientato durante il regno di "Maria la Sanguinaria" Tudor. Bella viene catturata da Edward per crescere sua figlia. Lui le promette di liberarla, un giorno, ma lo farà veramente? Intrighi di corte e pericoli dietro ogni angolo. Potranno, loro e il loro nuovo amore, sopravvivere?
Dal cap. 1
«Non aver paura, Selkie. Non ti farò del male.»
Lei emise un piagnucolio e raddoppiò gli sforzi per trovare la sua pelliccia, le mani che grattavano le rocce, come potessero aprirsi per darle la salvezza.
«Ho io la tua pelliccia», annunciò lui.
Lei si sedette, come se le avessero ceduto le ginocchia. «Ti prego», sussurrò. «Ti prego, ridammela.» I suoi enormi occhi scuri lo imploravano.
«No, non credo.» Lui la studiò per un momento.
«Farò qualunque cosa mi chiederai. Ti prego, però, ridammela.»
Lui scosse la testa e gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Ho bisogno di te», disse lui.”
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Emmett Cullen, Jasper Hale, Rosalie Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/17/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  17

 

Bella andò alla Torre pochi giorni dopo, avendo ottenuto da Maria un permesso a denti stretti. La sua rabbia verso Elisabetta si era un po’ raffreddata, e a Bella piaceva pensare che fosse un poco a causa sua e di Edward. Bella e Edward avevano avuto qualche cena privata con la Regina (‘privata’ era un termine relativo, dato che c’erano almeno venti domestici nella sala), in cui avevano blandito Maria e l’avevano indotta al ‘perdono’ verso la sorella, dato che lei era assolutamente convinta della colpevolezza di Elisabetta. Edward ricordò a Maria i pochi anni di Elisabetta. Era una ragazza di solo vent’anni, che aveva avuto per tutta la vita solo consiglieri protestanti. Non aveva avuto il beneficio di essere allevata come Maria.

Uno dei più grandi difetti di Maria era che non riusciva a vedere le cose dalla prospettiva degli altri. Per lei, la verità era così ovvia che chiunque non fosse d’accordo con la sua opinione sulle cose, doveva farlo per ostinazione, o in alcuni casi, per malvagità. Erano state emesse le nuove monete che Maria aveva fatto disegnare. Portavano il motto latino che Maria aveva scelto per sé: Veritas, Temporis Filia, “ Verità, Figlia del Tempo”. Era un incapsulamento perfetto di ciò che credeva, che le verità del cattolicesimo, la saggezza del suo matrimonio, tutto ciò in cui credeva, si sarebbe rivelato come verità nel tempo.

Bella ebbe il permesso di andare e venire come voleva nella Torre. Sorrideva e salutava sempre Bridges, quando lo vedeva. Sapeva che stava facendo tutto quello che era in suo potere per rendere confortevole la cattività di Elisabetta.

Quel pomeriggio, andò prima nella cappella di St.Peter ad Vincula, dove era stata seppellita Jane. Edward era stato riluttante a darle tutti i dettagli della sepoltura di Jane, e una volta che li aveva sentiti, aveva capito perché. Non c’era stato nessun funerale, le aveva detto lui alla fine. Il corpo della povera Jane era rimasto dove era caduto sul patibolo, solo con la camicia e la sottoveste, per quattro ore, mentre tutti cercavano di scoprire cosa avrebbero dovuto farne dei suoi resti. Non era stata data nessuna istruzione. Forse sua madre, l’unico membro della sua famiglia ancora in libertà, voleva prendere Jane per seppellirla nella sua casa d’infanzia a Bradgate? Forse Maria voleva che fosse seppellita secondo il suo rango? Se doveva essere seppellita nella cappella con le altre anime sfortunate che erano perite qui, bisognava ottenere un permesso speciale da Maria, che era ancora Capo della Chiesa, anche se lei disprezzava il titolo. Inoltre la cappella era cattolica e Jane era una protestante che non poteva essere seppellita in terra consacrata. Alla fine, nessuno aveva reclamato i suoi resti. Alle sue dame, infine, fu dato il permesso di prendersi cura del suo corpo, fu infilata in una cassa di legno e seppellita nella cappella vicino all’altare.

Bella aveva portato un fiore per ognuna delle persone che riposavano sotto il pavimento con Jane: Anna Bolena, Kathryn Howard, Thomas More, Margaret Pole … Lasciò un fiore per ognuno, in una fila ordinata. Bella pensava che Jane fosse in buona compagnia con Thomas More, e le piaceva immaginarseli, seduti, nell’aldilà, a discutere di teologia, come Jane aveva fatto con Jasper.

Aveva portato con sé un sacchetto di sabbia da spargere sulle loro tombe, una tradizione selkie. Doveva aiutare i morti a connettersi con il mare, l’origine di tutta la vita. Dato che nessuno aveva onorato Jane con preghiere o letture mentre veniva interrata, Bella ne disse una delle sue. Sperava che Jane capisse la sincerità del suo intento, anche se non era diretta al Dio in cui lei credeva in maniera tanto fervente, ma le selkie credevano che la morte liberasse l’anima dalle sua catene terrene, le nozioni preconcette, i pregiudizi e le idee sbagliate. Jane avrebbe potuto vedere cosa c’era nel suo cuore.

Bella versò la sabbia dal sacchetto nella sua mano e soffiò piano, mandando i granelli sulle pietre del pavimento tutto intorno all’altare. Sorrise e si voltò per andarsene, e vide Sir Bridges sul portone che la guardava in modo strano. Gelò per un attimo. L’aveva vista spargere la sabbia? Bella non sapeva bene come avrebbe potuto spiegarlo, forse come un rituale delle sue terre lontane del Nuovo Mondo, ma se lui l’avesse vista come una cosa anticristiana?

Finì che non disse nulla, semplicemente piegando il capo educatamente quando gli passò vicino. Lui rispose con un profondo inchino e fu tutto. Bella rilasciò un respiro tremante e andò dritta verso la Torre Campanaria dove era alloggiata Elisabetta. Era così intenta nella sua missione che andò a sbattere dritta contro l’uomo che stava attraversando il prato.

«Oh, chiedo scusa», boccheggiò Bella. «Non vi avevo visto, mio lord.»

Era giovane e bello, con occhi scuri e capelli ricci. Lui le fece un sorriso disinvolto. «No, l’unica cosa che stavate guardando era la punta delle vostre scarpe. Robert Dudley, al vostro servizio, Madame.» Si tolse il cappello e fece un inchino aggraziato, quasi come se stesse per mettersi a danzare.

«Oh. Il fratello di Guildford», disse lei, e immediatamente avrebbe voluto ritirare le parole. Bella, non imparerai mai a controllare la tua lingua?

Lui sorrise. «Lo sono, ma non usatelo contro di me. E voi sareste?»

«Oh! Io sono Bella. La Duchessa di Cullen.»

Lui sgranò gli occhi. «Ohhh, la principessa indiana che ha sposato il cugino Edward.»

Bella arrossì.

Il sorriso malizioso di lui si addolcì quando vide che lei era davvero agitata. «Chiedo perdono, piccola Duchessa. Sono abituato ad allenarmi con Bess e non ho pensato a rinfoderare gli artigli.»

«Bess?» chiese, il tono un po’ incredulo. «Voi avete familiarità?»

Lui rise. «Mio padre dice che la mia impertinenza mi costerà la testa un giorno di questi. Se capita, spero che sia per essere sfacciato con una bella ragazza.»

«I-io devo andare,» disse Bella e fece per oltrepassarlo.

Lui girò sulla strada di lei, come se stesse danzando. «Aspettate solo un momento, vi prego, piccola Duchessa. Vorrei che portaste un messaggio alla Principessa per me.»

Bella esitò. Maria voleva Elisabetta guardata a vista per evitare che ricevesse messaggi. Aveva fiducia che Bella si attenesse alle regole, che era il motivo per cui le aveva dato un così ampio permesso (Maria pensava anche che Bella avesse una buona influenza su Elisabetta).

«Solo il verso di una poesia», disse lui facendo spallucce disinvolto.

«Oh, va bene.» Che male poteva esserci in questo?

«Ditele,  I am but a deer, stalked in your wood/ Early summer pomegranates, I’d taste if I could. (Non sono che un cervo inseguito nella tua foresta/ le melegrane della prima estate, le assaggerei se potessi)

Bella ripeté le parole nella sua testa. «Va bene. Buona giornata a voi, mio lord.» Stavolta, quando gli passò accanto, lui si voltò semplicemente a guardarla andar via, un piccolo sorriso in faccia.

Chinò la testa con un sorriso alle guardie alla porta e loro aprirono per lei. Entrò, sbattendo gli occhi per aggiustarli nella fioca luce all’interno.

«Bella!» La Principessa Elisabetta era acciambellata su una seggiola e leggeva un libro, i piedi tirati su di fianco. Si alzò quando Bella entrò nella stanza e la baciò leggermente sulle labbra. «Come stai? Mio Dio, sei più grassa ogni volta che ti vedo.»

Bella rise. «Con quella tua lingua d’argento andrai lontano, Elisabetta.»

«Siedi, siedi», offrì Elisabetta. Tornò alla sua seggiola, infilando un dito tra le pagine del libro per tenere il segno. «Come sta mia sorella?»

«Languisce su Filippo, ancora. E la gente sta diventando inquieta, per questo, così lei è diventata molto suscettibile nel percepire gli insulti. Ho sentito ieri che un gruppo di bambini giocava a “La Regina contro Wyatt”, e c’era uno dei ragazzi che faceva il Principe Filippo, che alla fine della scena veniva catturato e impiccato.»

«Tutto per scherzo, naturalmente.»

«Sì, certo, ma il povero ragazzo è rimasto quasi strangolato perché il suo cappio finto non era finto abbastanza. Ma non è questo il punto della storia. Maria ha sentito questa storia e ha fatto arrestare il povero ragazzo e i suoi genitori, e il ragazzo è stato frustato.» E con ‘frustato’ Bella non intendeva che il ragazzo era stato preso a sculacciate. Una lunga frusta intrecciata e annodata alle estremità era stata usata sul ragazzo. Avrebbe portato le cicatrici per il resto dei suoi giorni, sempre che non fosse morto prima per le infezioni nella sua cella.

«Non è possibile che l’abbia fatto!» disse Elisabetta indignata.

Bella annuì.

Bess si strofinò la fronte. «Ho provato a parlargliene. Non capisce che un monarca deve corteggiare l’amore del popolo. Non puoi pretenderlo come se ti fosse dovuto o punire in questo modo lo spregio.»

«Ci sono un sacco di cose che ho provato a spiegarle», confessò Bella. «Ma lei è in uno stato d’animo più indulgente, adesso. Forse se tu …»

«Non farò una falsa confessione per lei, Bella», disse Bess tagliente. «Non ho fatto nulla di sbagliato e non chiederò il suo perdono per colpe che non ho. Dio sa se ne ho già abbastanza di vere. Lei va dichiarando che se io confesso mi abbraccerà di nuovo come una sorella, ma Bella, sta mentendo. Io non so se sta mentendo solo a me o anche a se stessa, ma se io confessassi lei ci si avventerebbe subito sopra e penserebbe Vedi, ho sempre avuto ragione su di lei. Non mi perdonerebbe. Me lo farebbe pendere sulla testa per il resto dei miei giorni e lo userebbe come scusa per fare in modo che io non veda più la luce del giorno. Lo renderebbe pubblico in tutte le corti straniere, probabilmente lo pubblicherebbe in forma di pamphlet in modo che tutta l’Inghilterra lo legga, e lei potrebbe dire a se stessa che lo fa solo perché il popolo veda quanto è misericordiosa verso qualcuno che ha confessato atti di tradimento, ma in realtà sarebbe perché lei ha un desiderio segreto, profondo dentro di sé, di vedermi sottomettermi a lei, come lei un tempo si è sottomessa a nostro padre, negando l’autorità del Papa per sfuggire agli arresti domiciliari e tornare nelle buone grazie del monarca. E lo farebbe per provare a sgretolare la mia popolarità. Ma questo le si ritorcerebbe contro, e lei finirebbe più smarrita e arrabbiata di prima.»

Bella scosse la testa. «Non finirà mai di stupirmi come tu possa vedere così tante sfumature di intrigo in una volta sola.»

«Tutti abbiamo i nostri talenti», disse Bess con un sorriso. «Io posso anche tradurre la poesia greca.»

«Oh, ora che ci penso. Mi ero quasi dimenticata», disse Bella schioccando le dita. «Ho un messaggio per te da Robert Dudley.»

Il sorriso di Elisabetta si gelò. «Davvero?»

«Oh, solo il verso di una poesia», disse Bella. «Sai come diventano sciocchi i giovani uomini con le belle ragazze.»

Bess inclinò la testa. «Sì, sì certo. Di che si tratta?»

Bella ripeté il verso che le era stato detto. «Non ho riconosciuto la poesia», disse lei.

Elisabetta guardò il fuoco pensosa. «Nemmeno io. Comunque, come sta tuo mari…» Si immobilizzò, gli occhi sgranati mentre un suono terribile raggiungeva le sue orecchie: il calpestio ritmico di stivali. Il tintinnare delle spade e il rumore metallico delle armature, più forte a ogni secondo.

Elisabetta si alzò, la faccia completamente bianca, gli occhi scuri enormi nella faccia ossuta. Bella pensò che non era mai stata tanto simile a sua madre, Anna Bolena, come in quel momento. I suoi occhi si appuntarono su Bella. «Prega per me», disse. «Perché penso che stanotte morirò.»

Kat Ashley lasciò cadere il suo telaio da ricamo. Emise un gemito e si torse le mani, e Alice sembrava volesse strisciare sotto il tavolo.

«No!» Bella afferrò Elisabetta in un abbraccio, come se potesse proteggerla con il suo piccolo corpo.

La porta si aprì, i cardini scricchiolarono. «Principessa Elisabetta, prego, venite con me.»

Elisabetta sibilò nell’orecchio di Bella, «Chiama Edward!» e la spinse via. Drizzò le spalle magre e uscì dalla porta, la testa alta, regale come tutte le regine che avevano calcato quella via.

Ma non stavano portando Elisabetta al patibolo. La stavano portando fuori dalla Torre. Fuori dai cancelli, fu presentata a Sir Henry Bedingfield, che era stato intendente per la madre di Maria, Caterina d’Aragona, e quindi aveva impeccabili credenziali di lealtà. Aveva fatto venire una portantina per la comodità di Elisabetta. Quando Kat fece per salire dietro alla sua signora, fu fermata. Le sue stanze erano state perquisite ed erano stati trovati dei pamphlet anti-cattolici. Con ciò, era congedata dal servizio della Principessa.

Bella non aveva mai visto Elisabetta piangere, ma mentre Kat veniva portata via, la donna che l’aveva cresciuta come una figlia ed era stata al suo fianco attraverso tutte le tribolazioni, lei pianse. Pianse come se il cuore le si stesse spezzando, ma fu forte abbastanza da frenarsi dopo qualche momento.

«Vai con Bella», istruì Kat, sorridendole attraverso le lacrime. «Lei ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei. È perfino abbastanza sciocca da andare alla Torre a visitare chi è accusato di tradimento.»

Bella pensò ironicamente che casa sua stava diventando un rifugio per domestici ribelli. Ellen, la balia di Jane, si era trasferita da loro e si era assunta la cura della piccola Elizabeth, e la bambina la amava già. E per Ellen, insegnare a una bambina allegra e felice (come Jane avrebbe dovuto essere) la aiutava a superare il lutto.

Maria aveva dato istruzioni che la Principessa Elisabetta fosse guardata a vista, ma trattata come l’Altezza Reale che era. E così Elisabetta partì per il suo viaggio a Woodstock, un casino di caccia reale, con tutta la pomposità di un trasloco reale. Bella la guardò andare con un sospiro e poi si voltò verso Kat. «Andiamo a casa.»

Alice e Kat si guardarono l’un l’altra, dubbiose. «Non hai intenzione di andare a corte, oggi?» chiese Alice.

Bella scosse la testa. «Voglio solo andare a casa.»

I nobili non facevano mai i loro pacchi. Semplicemente lasciavano una casa e arrivavano in un’altra per trovare tutte le loro cose già sistemate all’interno. Le centinaia di domestici che venivano impiegati facevano in modo che questa magia accadesse dietro la scena. Kat, anche se non era una nobile, avrebbe avuto ben presto tutte le sue cose impacchettate e trasportate  nella casa del Duca e della Duchessa di Cullen.

«A cosa stavi pensando con quei pamphlet, Kat?»

A Kat vennero un po’ le lacrime agli occhi. «Non erano anti-cattolici. Erano solo dei trattatelli protestanti.»

«Tutto quello che non è cattolico, è anti-cattolico, di questi tempi», disse Alice.

«La mia povera bambina, là fuori tutta sola …» sussurrò Kat. «Volevo solo un po’ di conforto dalla mia fede. Li avrei bruciati, una volta finito di leggerli.»

«Sei fortunata a non ritrovarti con un’accusa di eresia», le disse Alice. «Quando arriverà Filippo, le cose peggioreranno per i protestanti. Almeno, questo è quello che dice Padre Jasper.»

Bella era curiosa. «Ti ha detto perché?»

Alice scosse la testa. «Deve essere stato uno dei suoi …» si interruppe e guardò Kat.

«Puoi anche dirlo. Kat è una statua di pietra, quando si tratta di tenere un segreto.»

«Lui ha questi … presentimenti», disse Alice a Kat. «E ha quasi sempre ragione.»

Kat non sembrava minimamente turbata all’idea di un prete che poteva prevedere il futuro. «Conoscevo un uomo così quando ero piccola», commentò Kat. «Mi disse che la mia bambina sarebbe stata la Regina d’Inghilterra. Io risi, naturalmente, ma … forse lui non intendeva una bambina della mia carne, ma la bambina del mio cuore.»

I portatori fermarono la portantina proprio di fronte alla casa, ma le donne dovettero comunque correre sotto la pioggia per entrare. Si preannunciava una primavera molto umida. Bella sperava che smettesse di piovere presto così che gli agricoltori potessero seminare i loro campi. Entrò in casa e chiese alla giovane cameriera di toglierle il mantello  e preparare una stanza per Kat.

«Bess starà bene», le disse Bella e le diede un bacio sulla guancia. «L’hai cresciuta bene. È forte ed astuta. Scommetto che metterà Bedingfield a testa in giù legato mani e piedi prima che lui se ne renda conto.»

Kat le fece un piccolo sorriso e disse con sincerità, «Grazie, vostra grazia.»

«Riposati», ordinò Bella. «Ne avrai bisogno se hai intenzione di rincorrere la giovane omonima della tua signora.»

Quando entrò nella camera da letto, trovò Ellen e la piccola Elizabeth che giocavano con i suoi gioielli. Ellen stava abilmente insegnando a Elizabeth della matematica semplice chiedendole quante collane stesse indossando. «E se io ne tolgo una, quante saranno?»

«Cinque!» esclamò la piccola Elizabeth.

Bella rimase gelata per un momento. Non le importava che giocassero con i gioielli. Quello che la preoccupava era che la scatola dei gioielli era nell’armadietto di Edward, quello che teneva chiuso. Quello che conteneva la sua pelliccia.

Andò velocemente all’armadietto e lo aprì. Emise un piagnucolio soffocato quando non la vide. «Signora Ellen!» chiamò. Provò a mantenere la voce calma e regolare. «C’era un pezzo di pelliccia, qui. L’avete presa voi?»

Ellen pensò per un momento. «Oh, sì, Elizabeth voleva usarla per fare un mantello per la sua bambola.»

«Non l’avete tagliata, vero?» sussurrò Bella sbiancando. La sua pelliccia non aveva protezioni soprannaturali. Quando non era in mano sua, era semplicemente un ordinario pezzo di pelliccia, vulnerabile ai danni come qualunque altro.

Ellen si rese conto alla fine che Bella era preoccupata a morte. «Oh, no, vostra grazia. Nessun danno. La vado subito a prendere.»

Bella si sedette sullo sgabello lasciato vuoto da Ellen. Sentiva le ginocchia molli. Elizabeth lasciò i gioielli per il suo nuovo passatempo preferito, accarezzare il ventre rotondo di Bella. La sua gravidanza era andata abbastanza avanti da potersene andare in giro con vestiti allacciati molto lenti, il che era molto più confortevole.

«Buonasera, bambino!» disse Elizabeth alla pancia di Bella. Aspettò, e dopo un momento fu ricompensata da un colpetto contro le sue mani. Strillò deliziata.

«Quanto manca prima che possa vedere il bambino?» chiese a Bella, come faceva quasi ogni giorno. Elizabeth era ancora un po’ confusa sul concetto del tempo.

«Ancora un po’», disse Bella.

Elizabeth considerò. «Domani?»

Bella scosse la testa. «Di più.»

Ellen ritornò con la pelliccia di Bella in mano. «Mi dispiace che vi siate preoccupata, vostra grazia», disse. «Non sapevo che fosse qualcosa di importante.»

«Per favore, rimettetela nell’armadietto», disse Bella. Lei non poteva toccarla finché non le fosse stata restituita volontariamente. Se avesse provato, le sua mani l’avrebbero attraversata come se la pelliccia fosse stata di fumo. Ellen la ripose nell’armadietto.

«È una bellissima pelliccia, vostra grazia», disse Ellen. «Avete intenzione di farne qualcosa? Un cappello, forse?»

Bella fece un sorriso tirato. «Forse.»

«Dove sono le mie due ragazze preferite?» chiamò Edward dalla porta. Elizabeth strillò e corse da suo padre con le braccia tese. Lui la prese su e la baciò con una risata. Bella si sollevò dallo sgabello e camminò verso Edward (forse dondolò è più accurato). Lui la baciò. «Ho una sorpresa per te», disse. «Ho parlato con la Re…» si interruppe quando notò lo sportello dell’armadietto aperto e gli strati di collane su sua figlia.

Guardò Bella con una strana espressione in faccia. «Hai aperto l’armadietto?»

«No, mio signor marito. Quando sono venuta a casa era già aperto e la piccola Elizabeth stava giocando con le pie… con i gioielli.»

Ellen era inorridita. Si inchinò profondamente. «Chiedo perdono, vostra grazia. Non sapevo che alla bambina non fosse permesso giocare con le gemme.»

«Non sono arrabbiato», le assicurò Edward. «Voglio solo sapere come è successo. Era aperto quando siete entrata?»

«L’armadietto era socchiuso, mio lord. Elizabeth ha tirato fuori la scatola e ha cominciato a giocare con le gemme, così ho pensato che le fosse permesso, o non sarebbe stata così audace.»

Edward sorrise a sua figlia. «Ti piace giocare con i gioielli di tua madre?»

«Sì!» rispose Elizabeth con enfasi. Prese una delle collane e la alzò perché prendesse la luce. «È bella!»

«Sì, molto bella. Chi ha giocato con te con le gemme l’ultima volta?»

Elizabeth si mise in bocca una perla pendente e la rosicchiò un momento prima di rispondere. «La balia», disse alla fine. «Io e la balia abbiamo giocato.»

«Ah», disse Edward come se questo desse risposta a un grande e lieto mistero. «Sei una brava bambina, amore. Ma adesso è meglio che metti via queste cose prima che qualcuno ti scambi per la Regina e ti porti a Whitehall!»

Elizabeth ridacchiò ma permise a Ellen di portare via tutta la massa dei gioielli e di portarla in camera sua.

«Rosalie ha la chiave del mio armadietto», disse Edward. «Probabilmente l’ha rubata ad Emmett.»

«Perché dovrebbe usarla per far giocare Elizabeth con i gioielli?»

«Probabilmente per tenerla occupata mentre lei cercava qualcos’altro. Cosa stesse cercando, questo non lo so.»

«Pamphlet, come quelli che hanno trovato nella stanza di Kat?»

Dovevano averne già parlato in consiglio, perché sapeva a cosa si riferisse. «Forse. Il primo passo sarà chiedere a mio fratello quando ha smarrito le sue chiavi.»

«Ellen ha visto la mia pelliccia. Elizabeth ci ha giocato.»

Edward era inorridito. «Non è rovinata, vero?»

Il cuore di Bella si sciolse. L’Edward che aveva incontrato il primo giorno della sua prigionia sarebbe stato preoccupato che sua figlia si fosse contaminata con qualche magia pagana o qualcosa di questo genere. Ma adesso la sua preoccupazione era per l’integrità della pelliccia e, per estensione, per la sicurezza di lei. Doveva pensare di ridargliela, prima o poi, o non sarebbe stato così preoccupato che fosse rimasta intatta. Se Bella non l’avesse già amato, quella sua preoccupazione l’avrebbe spinta ad amarlo perdutamente.

Una delle amiche selkie di Bella, anni prima, era stata catturata da un uomo che aveva bruciato la sua pelliccia. Rimase intrappolata nella vita sulla terraferma, vita che fu misericordiosamente breve. Aveva languito fino alla morte nel giro di pochi mesi.

«È a posto», lo rassicurò lei. «Ti amo, Edward.»

Lui le fece un sorriso dolce. «Ti amo anch’io, Bella, e ti amerò sempre.» Le sorrise e poi sbatté gli occhi. «Per i denti di Dio, mi stavo dimenticando della sorpresa per te.»

«Cos’è?»

Lui si chinò finché il suo naso toccò quello di lei. «Ce ne andiamo a casa.»

Bella boccheggiò. «Cosa intendi …» cominciò.

«Intendo che lasciamo la corte e torniamo a Cullen Hall. La Regina ci ha dato il permesso di andarcene fino al suo matrimonio. Probabilmente potrai partorire a casa e …»

Bella strillò eccitata come una ragazzina buttandogli le braccia al collo. «Andiamo a casa! Andiamo a casa!»

Lui rise e la prese su finché il viso di lei fu all’altezza del suo. «Sì, amore mio. Andiamo a casa.»

 

 

 

 

Note storiche

-          La storia che Jane Grey sia stata lasciata sul patibolo per quattro ore ci arriva dai rapporti dell’ambasciatore francese. Potrebbe non essere vero (io spero che non sia vero). Inoltre, non si sa con sicurezza, in realtà, dove sia stata seppellita Jane Grey. La cappella della Torre sembra probabile, ma, come ho sottolineato anche nella storia, quella era una cappella cattolica, al tempo, e non ci sono registrazioni che una richiesta di dispensa perché Jane vi fosse seppellita sia stata presentata o esaudita. Non ci sono rapporti contemporanei sulla sua sepoltura. C’è una relazione contemporanea di qualcuno che dichiarava di aver visto i corpi di Jane e Guildford caricati su un carro e portati via dalla Torre, forse alla chiesa dove fu sepolto il padre di lei, vicino Tower Hill (la chiesa fu distrutta durante la Battaglia d’Inghilterra). Quando furono eseguiti degli scavi nel pavimento di St.Peter ad Vincula, nel 1870, furono trovate delle ossa che furono attribuite ad Anna Bolena, a suo fratello e a sua cognata (la spregevole Lady Rochford), ma nessun resto che fosse attribuibile a Jane Grey. In aggiunta alle difficoltà di identificazione in un periodo di poche o nulle competenze forensi, c’era il fatto che la cappella era stata usata come chiesa parrocchiale e un sacco di gente vi era stata sepolta dentro. Presumibilmente, molti resti erano stati tolti perché il terreno potesse ospitare nuovi occupanti. Il rapporto degli scavi è chiamato Notifica delle Persone Storiche Seppellite nella Cappella di St.Peter ad Vincula nella Torre di Londra, ed è disponibile nella sua interezza in Google Books. È una lettura interessante, in senso macabro.

 

 

  
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