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Autore: Fausdakryma    25/05/2015    0 recensioni
Alba Melanie non sa mentire ma non sopporta la mancanza di cortesia, odia la violenza ma in caso di pericolo sa difendersi, fa amicizia facilmente ma quando perde la pazienza non esita a dire ciò che pensa, finendo spesso per litigare. Secondo Mark, un ragazzo di diciotto anni che Alba Melanie conosce da sempre ma che non ha mai frequentato molto, la ragazza ha un carattere “contraddittorio”. E Mark sa bene che avere una personalità sfaccettata può essere pericoloso nella città. Così, il giorno prima che la ragazza sostenga il test attitudinale, che dovrebbe rivelarle quale delle cinque fazioni della città sia più adatta per lei, Mark la invita ad uscire con lui, per avvertirla del pericolo che corre.
Il test conferma i timori del ragazzo, portando Alba Melanie ad un bivio: cosa dovrebbe scegliere? Una fazione sicura ma troppo tranquilla, o una esaltante ma pericolosa? Mark ovviamente cerca di convincere la ragazza a scegliere la sicurezza, ma non sa che in realtà nessun luogo è privo di pericoli, quando per non rischiare la vita bisogna nascondere ciò che si è davvero.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Four/Quattro (Tobias), Jeanine Matthews, Johanna Reyes, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 - Un amico mancato
 
 Sul tavolo davanti a me ci sono due ceste, in una c'è un pezzo di carne, nell'altra un lungo coltello, che mi provoca un senso di angoscia. 
"Scegli" dice una voce sopra la mia testa. 
 D'istinto prendo la cesta con la carne. Un attimo dopo l'altro cestino scompare. 
 Sento un rumore alle mie spalle. Un ringhio. 
 Mi volto e vedo un cane enorme che viene verso di me, e il panico mi assale. Io ho paura dei cani, di TUTTI i cani, anche di quelli piccoli e tranquilli. E questo qui non è né piccolo né tranquillo. 
Improvvisamente mi ricordo della cesta che ho in mano. Terrorizzata, butto la carne davanti al cane, sperando che la trovi più invitante di me. Nel frattempo indietreggio lentamente, fino a ritrovarmi con la schiena contro il tavolo. Adesso vorrei aver scelto il coltello. Stupidamente, stendo il braccio destro sul tavolo, senza smettere di guardare il cane, come se sperassi che l'arma fosse ancora lì. Sbalordita, mi accorgo di aver fatto bene, perché le mie dita toccano il manico del coltello. Lo stringo senza spostare il braccio da sopra al tavolo, non userò l'arma se il cane non mi si avvicinerà di più. 
 Il cane si ferma, annusa il pezzo di carne e poi inizia a mangiarlo. Io resto a guardarlo senza muovere un muscolo. Dopo aver finito la carne , il cane mi guarda ma non ringhia più, anzi tira fuori la lingua e scodinzola. 
 Tiro un sospiro di sollievo e rilasso un poco i muscoli, ma non cambio posizione. 
 All'improvviso di fronte a me, dall'altra parte della stanza, si apre una porta ed entra una bambina vestita di bianco. 
"Cucciolo!" grida la bimba correndo a braccia aperte verso il cane. Ma è un gravissimo errore, perché il cane si infastidisce e si gira verso di lei ringhiando. 
 La sbranerà! 
 Terrorizzata, mi lancio sulla schiena del cane gli dò una coltellata. Sento il cane accasciarsi sotto di me. 
 No! 
 Chiudo gli occhi, non voglio vedere il sangue. 
 È colpa mia. Questo cane è morto perché l'ho ucciso io. 
 Scoppio a piangere. 
 Trovo la forza di riaprire gli occhi, però il cane, la bambina, il coltello e l'intera stanza non ci sono più. 
 Ora sono seduta sul sedile di un autobus. Vicino a me c'è un uomo con il volto sfregiato. Mi sta fissando. La sua espressione mi fa paura. 
"Conosci questo tizio?" mi domanda, mostrandomi una foto che ritrae un uomo sui trent'anni. 
 Ho già visto questa persona da qualche parte. Non ricordo chi sia, ma so che l'ho già visto. 
 Guardo l'uomo sfregiato. Mi fa paura. L'ultima cosa che voglio è avere a che fare con lui. 
 Ma non so mentire. 
"Si" sussurro fissando il pavimento "Mi sembra di conoscerlo..." 
 Alzo gli occhi verso l'uomo sfregiato, ma è scomparso insieme all'autobus. 
 Sento della musica. Intorno a me vedo molte persone che ballano. C'è anche qualcuno che canta davanti ad un karaoke. Deve essere una festa. Mi sorprendo a sorridere, mi piace quest'atmosfera allegra. 
Qualcuno mi picchietta sulla spalla. Mi giro e vedo un ragazzo bellissimo che mi guarda. 
"Vuoi venire a cantare con me? Mi serve una voce femminile" mi dice tutto allegro. "Se poi questa voce appartenesse ad una ragazza bella come te, sarei ancora più contento" aggiunge poi con un sorriso tra il "seducente" e lo scherzoso. Il risultato è piuttosto buffo.
"Va bene, ma ti avverto che non so cantare" replico ridendo e prendendo la mano che il ragazzo mi porge, ma d'un tratto anche lui e le altre persone che ballano scompaiono. 
 Sono sdraiata su una poltrona di metallo. Sono nella stanza del test attitudinale, l'effetto del siero allucinogeno che ho dovuto bere deve essere finito. Mi metto seduta e mi tolgo gli elettrodi che collegano la mia testa a un computer. 
 Guardo verso la donna Abnegante che gestisce il test per chiederle il risultato, ma mi interrompo vedendo che sta armeggiando davanti al monitor. Per un attimo vedo sullo schermo un'immagine di me e il ragazzo della festa, ma subito dopo scompare. 
 La donna Abnegante si gira e mi si avvicina. Ha un'aria tesa. 
"Ho cancellato la registrazione del tuo test" dice sottovoce. "Nessuno deve sapere com'è andato, hai capito?" 
"Perché? Che è successo di strano? E qual è il risultato?" 
 Mi tornano in mente le parole di Mark. Oh, no. 
"Il tuo test è inconcludente. Sei risultata Pacifica, Intrepida e Candida" sussurra la donna con voce ancora più bassa. "Sei una..." 
"Divergente" concludo io. 
"Come lo sai?" domanda sorpresa l'Abnegante. 
"Me l'ha spiegato un amico" 
"Ascolta, non parlare a nessuno di com'è andato il tuo test, neanche al tuo amico o alla tua famiglia, è chiaro?" Il tono della donna è divenuto improvvisamente autoritario "Ci sono persone tra gli Eruditi e anche tra gli Intrepidi che vogliono uccidere i Divergenti. Ne hanno già ammazzati molti. Non sto scherzando." 
 Dunque Mark aveva ragione anche su questo. Sono davvero in pericolo. Per la prima volta la parola "Divergente" mi spaventa. 
"Ho inserito manualmente "Pacifici" come risultato del tuo test, visto che è il primo lato che si è manifestato. Ricorda, non una parola con nessuno!" mi intima la donna trascinandomi verso la porta. 
"E togliti quell'espressione ansiosa dalla faccia!" aggiunge. 
Apre la porta e mi spinge fuori, facendomi solletico su un fianco con l'altra mano. Scoppio a ridere, mio malgrado. 
Ci sono solo due Eruditi ancora in attesa di fare il test. Mi guardano con un'espressione tra lo stupito e lo schifato. 
Mi allontano in fretta, avvampando. 
Devo andare da Mark. 

Lo trovo di nuovo appoggiato a un albero del parco con le braccia incrociate. Appena mi vede si avvicina quasi correndo. 
"Avevo ragione?" domanda a bassa voce. 
"Si" sussurro. 
"Capito. Sta tranquilla, ora vediamo cosa fare. Andiamo a parlare da un'altra parte. E sorridi, fa' finta che sia un appuntamento, non vorrei che qualcuno si insospettisse" mormora Mark, poi sorride e mette un un braccio intorno alle mie spalle, probabilmente per rassicurarmi. Adesso invece mi sento ancora più agitata, e non per il test. Imbarazzata e, lo ammetto, felice, metto un braccio intorno alla sua vita. 
Anche lui sembra più nervoso ora, non so come ma lo sento. Non capisco in che modo dovrei interpretare questa sua tensione. Non è tranquillo perché sta abbracciando una ragazza o perché sta abbracciando me
 La prima motivazione è un po' bizzarra, dato che un "semiabbraccio" come questo è un gesto comune anche solo tra amici e quindi non indica necessariamente attrazione, ma è certamente più probabile della seconda. Anzi, forse non è corretta nessuna delle mie due ipotesi: Mark è agitato solo perché ha avuto la conferma che sono una Divergente. 
Divergente... Pacifica, Intrepida e Candida allo stesso tempo. Devo essere davvero strana. Gli Intrepidi e i Candidi hanno buoni rapporti tra loro, ma entrambi disprezzano i Pacifici. I primi infatti li sostengono che i Pacifici siano dei codardi,  i secondi invece li ritengono dei bugiardi, in quanto pronti a mentire pur di mantenere la pace.
 E forse qualcuno vuole uccidermi. È assurdo, ma adesso ho davvero paura che sia vero. 
 Siamo arrivati nello stesso posto di ieri, vicino alla zona degli Esclusi. Mark smette di abbracciarmi e anch'io faccio lo stesso. Un po' mi dispiace. 
"Cosa è successo durante il test?" mi domanda Mark. 
 Gli riferisco tutto nei minimi dettagli. Quando arrivo al punto in cui ho accoltellato il cane, per poco non mi metto a piangere di nuovo. Che cosa mi succede oggi, ho un attacco di “piagnucolite” acuta?
 Dopo la fine del mio resoconto, Mark resta un attimo in silenzio, pensieroso. 
"Scegliendo subito la carne, senza neppure guardarti intorno per capire di chi fosse la voce che ti aveva ordinato di scegliere, ti sei comportata come una Pacifica o come un'Abnegante" spiega infine il ragazzo. "Poi però hai fatto riapparire il coltello, quindi hai manipolato la simulazione e questo possono farlo solo i Divergenti. Dopo hai usato l'arma per difendere la bambina, una reazione da Intrepidi. Poi però hai pianto, dimostrando che la violenza ti fa sempre orrore, e questo può essere considerato una reazione da Pacifici ma anche da Abneganti. Sull'autobus hai detto subito la verità e questo indica la predisposizione per i Candidi." 
"E quindi perché la donna mi ha detto che sono una Pacifica e non un'Abnegante?" lo interrompo io con impazienza. 
"Ci stavo arrivando, Alba Melanie" ribatte Mark un po' scocciato. "Questo è stato chiarito alla fine del test. La parte della festa è stata ideata apposta per distinguere i Pacifici dagli Abneganti, che per certi versi sono simili. Ma tra questi solo i Pacifici si sentono a loro agio durante una festa, accettano le attenzioni di una persona dell'altro sesso che non conoscono e non si fanno problemi a cantare davanti a tutti." 
"Capito" rispondo. "Ma quindi cosa dovrei scegliere?" 
 Domani dovrò decidere quale sarà la mia vita e mi ritrovo con tre possibilità di scelta, nessuna delle quali è interamente giusta per me. Che devo fare? 
 Mark sospira. 
"Se scegli i Candidi dovrai rivelare la tua Divergenza, non si possono avere segreti in quella fazione. Quindi con loro sarai in pericolo di vita" sentenzia Mark. "Se scegli gli Intrepidi, ti sarà difficilissimo superare la loro iniziazione, perché dovrai combattere dei corpo a corpo contro gli altri iniziati e imparare ad usare le armi. Inoltre credo che tra gli Intrepidi ci siano persone che stanno aiutando gli Eruditi ad uccidere i Divergenti." 
"Anche la donna del test me l'ha detto" confermo io pensierosa. 
"Quindi rimangono i Pacifici. Lì non dovrai mai usare la violenza e potrai vivere all'aria aperta, cosa che, a quanto ne so, ti è sempre piaciuta. E soprattutto lì nessuno scoprirà che sei una Divergente e, nella remota eventualità che lo venissero a sapere, proteggeranno il tuo segreto" conclude Mark. 
 Resto in silenzio. Il suo ragionamento è corretto, però... 
 Certo, non ho mai realmente preso in considerazione i Candidi, che non mi piacciono molto. 
 Inoltre la violenza degli Intrepidi mi spaventa. 
 Ma non so se voglio davvero vivere come i Pacifici. La loro vita è troppo… tranquilla. In più c'è qualcosa nel loro atteggiamento sempre calmo che non mi convince. 
 Gli Intrepidi saranno violenti e incoscienti, ma almeno sono... Vivi. E mi sembrano più "veri" dei Pacifici. Ma scegliere gli Intrepidi significherebbe dover come minimo picchiare i miei compagni di iniziazione, e questo non voglio farlo. 
Cosa devo scegliere? 
“Ascolta, Alba Melanie” mi dice Mark mettendomi le sue mani sulle spalle e avvicinando il suo viso al mio “So che forse i Pacifici ti sembrano una scelta noiosa, ma non hai altra scelta. Non voglio che tu metta in pericolo la tua vita per andare tra quei pazzi degli Intrepidi. In quella fazione si può morire molto facilmente anche senza essere Divergenti. Tu sei gentile e non vuoi fare del male a nessuno, non scegliere una fazione che sta diventando sempre più crudele ogni anno che passa. Non ce la faresti mai lì.”
“Mi stai dicendo che sono fragile? Debole?” replico punta sul vivo.
“Assolutamente no! Se gli Intrepidi fossero davvero la fazione che premia il coraggio, te la caveresti senza problemi. Ma negli ultimi anni sono cambiati, sono diventati incoscienti e crudeli. Ti prego, non fare una scelta avventata.”
 E’ preoccupato per me, lo so. Ma mi da comunque fastidio l’idea che non mi reputi abbastanza forte da resistere tra gli Intrepidi. Una parte di me vorrebbe dirgli che sceglierò proprio loro, giusto per fargli capire che non mi lascio intimorire facilmente.
 Ma un’altra parte di me sa che lui ha ragione. Sono scoppiata a piangere quando ho ucciso il cane del test e si trattava solo di una simulazione. Come potrei combattere contro qualcuno nella vita reale? No, non posso scegliere gli Intrepidi.
 Devo rassegnarmi ad una vita facile, prevedibile, monotona insieme ai Pacifici. Le regole di questa città non mi lasciano alternative. Per la prima volta in vita mia mi ritrovo ad odiare il sistema delle fazioni.
 “Ho capito, Mark. Sceglierò i Pacifici, sta tranquillo. Non posso vivere nella violenza” acconsento infine.
 Mark sorride raggiante e sollevato.
“Grazie, Alba Melanie, mi sento davvero meglio ora. Starai benissimo tra i Pacifici, vedrai” mi dice lasciando la presa sulle mie spalle. “Ti va un frullato?”
 “Ok” accetto sorridendo.
Arriviamo in centro sempre chiacchierando e ci prendiamo un frullato a testa. Io gli parlo di episodi buffi accaduti a scuola, dei pomeriggi con Ivy, del corso di danza e Mark mi racconta del suo lavoro di ricercatore nel campo della didattica, della sua passione per la fotografia e delle stranezze di Jason, il suo coinquilino.
  “Non ha un orario fisso per i pasti, ieri si è preparato un piatto di spaghetti alle quattro del pomeriggio, a cena  ha mangiato solo un mandarino e verso mezzanotte si è cucinato una bistecca!” mi dice ridendo. “E a casa sta sempre in pigiama. Dice che ci sta comodo.”
 “Beh, i pigiami effettivamente sono comodi” osservo io. “E spesso somigliano a delle tute, quindi non sono poi così strani.”
pij “Ma sul suo ci sono disegnati degli orsacchiotti celesti!”
“Cavolo… Però almeno gli orsacchiotti sono carini, dai!” replico ridendo.
“Mi stai dicendo che secondo te Jason è normale?!”
“Sicuramente lo è più di te, che pur avendo un coinquilino del genere non stai cercando un altro appartamento!”
 Passiamo molto tempo così, a chiacchierare e scherzare. Probabilmente questa è la conversazione “normale” più lunga che abbiamo mai avuto in sedici anni di conoscenza (e per “normale” intendo non finalizzata a mettermi in guardia contro qualche pericolo mortale).
All’improvviso sentiamo delle urla provenienti dalla biblioteca centrale. Sorrido. So benissimo si chi si tratta. Un attimo dopo infatti dalla biblioteca escono correndo e gridando cinque ragazzi Intrepidi, inseguiti dai bibliotecari indignati. Ogni tanto gli Intrepidi vengono a fare confusione nel quartiere degli Eruditi, o meglio dei “Lassi”, come ci chiamano loro, solo per divertimento. La maggior parte della mia fazione li detesta per questo, mentre io lo trovo divertente, c’è troppa monotonia in questo quartiere.
 Mi accorgo che gli Intrepidi stanno correndo nella nostra direzione. Non faccio in tempo a scansarmi e così uno di loro mi viene addosso, facendomi cadere a terra. Quando mi aiuta a rialzarmi, mi accorgo che è lo stesso ragazzo con cui mi sono scontrata ieri mentre uscivo da scuola.
“Scusami tanto. Ah, ma sei tu? Allora adesso siamo pari, no?” mi dice ammiccando. “Mi piacerebbe restare, ma devo riprendere il treno. Inoltre non credo che i tuoi amici Lassi abbiano gradito il nostro saluto” aggiunge poi indicando i bibliotecari che stanno correndo verso la nostra direzione.
 Un attimo dopo l’Intrepido è già lontano. I bibliotecari si arrendono dopo pochi metri.
“Chi era quello?” mi domanda Mark.
“Uno con cui mi sono scontrata ieri mentre uscivo da scuola, non lo conosco.”
“Ho capito” replica lui, di nuovo pensieroso.
Per un attimo resta in silenzio.
“Siamo vicini a casa mia adesso. Potresti salire per qualche minuto, per favore? Devo parlarti in privato” propone poi.
La sua richiesta mi ha spiazzata.
“Perché?” domando imbarazzata.
“Tranquilla, voglio solo parlarti, è solo che qui c’è troppa gente. A quest’ora Jason non c’è mai, quindi casa mia è l’unico posto dove possiamo parlare di tutto senza problemi.”
“Va bene” acconsento.
L’idea di andare a casa di un ragazzo che in fin dei conti conosco poco mi rende un po’ tesa, ma sono sicura che Mark voglia davvero soltanto parlare. Probabilmente vuole dirmi qualcos’altro riguardo alla mia Divergenza… Cavolo, vorrei tanto dimenticarmela quella parola.
Raggiungiamo l’appartamento di Mark in pochi minuti ed entriamo. E’ piccolo ma molto ordinato. Ci sediamo su un divano blu in salotto.
“Volevo solo dirti” inizia Mark, ma si interrompe sentendo un rumore.
 Un attimo dopo entra nel salotto un ragazzo alto, magro, con i capelli rossi ricci scompigliati, tante lentiggini sul volto pallido e un pigiama ad orsacchiotti celesti. Tiene in mano un grosso cheeseburger.
Devo fare un certo sforzo per non scoppiare a ridere.
“Oh, ciao! Questa è la tua nuova ragazza, Mark?” domanda Jason (non può che essere lui) con un’espressione allegra.
(Che significa “la tua nuova ragazza”?)
“Più o meno” risponde Mark con aria infastidita. “Ti presento Alba Melanie. Alba Melanie, lui è il mio coinquilino, Jason. Ma tu come mai sei qui a quest’ora?”
“Oggi non avevo voglia di stare a casa. Scusate l’interruzione, ora vi lascio in pace. Ciao Alba… Beh, ti chiamo solo Alba, l’altro nome l’ho già scordato” dice Jason uscendo dal salotto.
 Mark sospira.
 “Ecco, ora hai conosciuto il mio fantastico coinquilino” mi dice. “A questo punto cerco di essere breve. Volevo solo chiederti di nuovo di non fare scelte azzardate domani, capisci cosa intendo?”
 “Si” rispondo io, un pochino delusa. Una parte di me sperava che Mark mi volesse dire qualcosa di più. Ma in fin dei conti non è che me ne importi più di tanto.
 “Perfetto. So che la tranquillità non è sempre allettante, ma è meglio vivere annoiandosi un po’ che rischiare di non vivere affatto”  sussurra Mark. “Ti prego, non fare scelte azzardate.”
E’ davvero preoccupato per me. La cosa in parte mi infastidisce, in parte mi fa tenerezza.
 “Non preoccuparti, farò quello che mi hai consigliato tu” lo rassicuro.
 Anche stavolta Mark sembra sollevato.
 Guardo l’orologio. Sono le 18:30. D’un tratto mi ricordo che questa è l’ultima sera che passo con i miei genitori. Ora mi sento tristissima e anche in colpa: come ho potuto passare tutto il pomeriggio con Mark se domani dovrò lasciare la mia famiglia per sempre? Cerco di convincermi che troverò un modo per vederli ancora, ma non questo non basta a farmi sentire meglio.
 “Tutto bene?” mi domanda Mark, notando il mio cambio d’umore.
 “Devo tornare a casa” rispondo. “Questa è l’ultima sera che posso passare con la mia famiglia.”
 “Accidenti, è vero, scusami per averti trattenuto così a lungo!” esclama Mark. “Vieni, ti accompagno con la mia macchina.”
 Durante il tragitto verso casa mia non parlo quasi per niente. Domani dovrò lasciare la mia famiglia.
 “I tuoi non sono medici?” domanda d’un tratto Mark.
 “Si, e allora?”
 “Potresti diventare infermiera. Molti Pacifici lo fanno. Così tu e i tuoi potrete lavorare insieme.”
Mark è un grande.
 “Non ci avevo pensato per niente! Sei un genio, Mark, grazie!”
 In questo momento lo abbraccerei, ma decido di evitare, non vorrei che pensasse che voglio davvero essere la sua ragazza. Del resto non lo voglio, giusto?
 Siamo arrivati a casa mia.
 “Grazie di tutto, Mark” dico mentre scendo dalla macchina.
 “Grazie a te. In bocca al lupo per domani” risponde Mark. “Sii prudente.”
 “Stai tranquillo. Ciao, Mark!”
 “Ciao, Alba Melanie.”
 Solo mentre la macchina si allontana realizzo che molto probabilmente non rivedrò mai più Mark. Mi dispiace che ci siamo parlati così poco in questi sedici anni. Forse non ci saremmo mai messi insieme, ma sicuramente lui sarebbe stato un buon amico. 
 Trovo un biglietto sul tavolo del salotto: “Torneremo un po’ tardi, purtroppo abbiamo avuto un’emergenza in ospedale. Ci dispiace tantissimo. A dopo, tesoro.”
 Almeno ora so che, passando il pomeriggio con Mark, non ho perso del tempo da dedicare ai miei genitori.
 Mi metto a preparare la cena. Quando ho finito, mi sento improvvisamente molto stanca. Mi stendo sul divano, pensando di rimanerci solo cinque minuti. Invece mi sveglio solo quando i miei sono già tornati, cioè verso alle 21:30.
“Melanie, tesoro, va tutto bene?” mi domanda la mamma vedendomi con la faccia ancora stravolta dal sonno.
“Si, mamma, grazie, sono solo un po’ stanca.”
“Com’è andato il test?” si informa mio padre.
 “Non puoi parlare di questa storia a nessuno, nemmeno ai tuoi genitori.”
Se dico “bene”, i miei capiranno che sto mentendo. Decido di non rispondere.
 “Vi dispiace se non ve ne parlo? Non è stata una bella esperienza, preferirei evitare di pensarci ora.”
 Su questo sono sincera. Uccidere un cane e incontrare un uomo sfregiato e minaccioso non sono esattamente le mie attività preferite.
“D’accordo, Alba” risponde papà. Mia madre sembra sul punto di chiedere di più, ma si trattiene.
 Passiamo una bella serata, parlando di tutto fuorché della Scelta di domani. E’ così che voglio ricordare la mia famiglia: serena e scherzosa, anche se so che adesso non lo è davvero.
 Ma al momento di andare a letto, mi sciolgo. Abbraccio forte i miei genitori e per un attimo ho paura di scoppiare a piangere. Oggi sono diventata una piagnucolona insopportabile. Poi però mi ricordo del suggerimento di Mark.
“Comunque credo che ci vedremo abbastanza spesso, sapete? Molto probabilmente diventerò infermiera” annuncio.
“Quindi sceglierai i Pacifici?” domanda mio padre.
“Credo di si.”
“Visto, Jane? Per fortuna nostra figlia ha ripreso il lato buono della famiglia!” esclama papà trionfante.
“Melanie, non puoi farmi questo! Tra tante fazioni proprio quella di tuo padre dovevi scegliere? Adesso chi lo vuole sentire?” si lamenta mia madre.
“Guarda  che sto scherzando” aggiunge poi la mamma. “Preferisco davvero che tu passi la vita a coltivare verdure e a canticchiare piuttosto che a saltare dai treni. Non voglio che rischi la vita inutilmente.”
 Bene, anche questa è fatta. Tutti sono felici della mia scelta.
 Do un bacio ai miei e vado a letto.
 Domani me ne andrò ma tutti sono felici della mia scelta: mamma, papà, Mark…
 L’unica che non è sicura di esserne felice sono io.
 
 
 
   
 
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