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Autore: winterlover97    25/05/2015    0 recensioni
dal capitolo 5
Il gancio del sacco si sta per rompere, almeno credo, ma continuo imperterrita. Ho bisogno di sfogarmi, di lasciare fluire tutta la rabbia repressa fuori dal mio corpo. Le lacrime ora scorrono copiose lungo le guance. Le gambe si fanno pesanti, così come le braccia. Percepisco gli atomi del sacco da boxe e dell'imbottitura muoversi sotto le mie dita e i miei colpi. Il gancio salta e il sacco sbalza a terra, finendo contro il muro. Cado come un peso morto. Cado come le foglie in autunno e la neve in inverno.
capitolo 11
"Proviamo" sollevai lo sguardo e incontrai i suoi occhi, verde in blu "proviamo a capirlo, a definirlo, come si fa con i termini che ci sono sconosciuti, solo che questo non è una parola, un termine, è qualcosa di forte, di diverso, che sento il bisogno di definire" disse tutto d'un fiato, senza nemmeno prendere fiato, avevo ancora gli occhi suoi fissi nei miei, sbattei le palpebre e dissi "Proviamo".
capitolo 18
Un tuono squarciò l'aria.
E lei sorrise.
Un lampo.
E lei rise guardando l'orizzonte.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Pietro Maximoff/Quicksilver, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'You didn't see that coming ?'
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Capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016

 

 

Lo SHIELD non era cambiato affatto. Avete presente quella sensazione di de-javù? Ecco ero così ora, sorpresa, come la prima volta che avevo solcato la porta della sede dello SHIELD, che, come una fenice, era risorta dalle ceneri.

L'altra sensazione che la faceva da padrone nel mio animo era anche inquietudine. Da una parte perché credevo che Coulson fosse morto durante lo scontro con i Chitauri, dall'altra perché avevo paura. Ero ben consapevole di avere un potere molto potente, anche distruttivo, ma ero altresì consapevole di essere ormai in grado di controllarlo e solo in casi eccezionali non ci riuscivo. La mia più grande paura era quella di perdere il controllo e di fare del male alle persone che amo e a cui voglio bene, non me lo perdonerei mai.

 

Detti un'occhiata agli scatoloni che erano sul retro della macchina di Phil, poi cominciai a torturare il manico dello zaino con una mano, mentre con l'altra accennavo a suonare un pianoforte immaginario sulla portiera tamburellando le dita per scaricare la tensione. 
Ci eravamo ormai allontanati dalla sede dello SHIELD e capii ben presto la nuova destinazione: la torre degli Avengers.

Si stagliava su tutta la città, illuminata dal sole cocente di una giornata primaverile, aveva una grande A sulla parte sommitale. All'ingresso due guardie, una per parte, stavano immobili, quasi senza sentire stanchezza. Erano agenti dello SHIELD. Probabilmente conoscevano Phil, e, dopo aver passato una vetrata, io caracollante sotto il peso dello zaino e del borsone, Phil sotto quello dei due scatoloni, entrammo nell'edificio, e ci dirigemmo verso l'ascensore, poi percorrendo i 97 piani della torre, arrivammo all'attico, dove le porte si aprirono e noi potremmo uscire dall'angusto e super tecnologico ascensore, rigorosamente in vetro e super tecnologico, come quello della fabbrica di Willy Wonka, sotto la guida della voce di JARVIS.

Percepii il mio cuore battere più furiosamente, quasi dopo una lunga corsa, inspirai e buttai fuori l'aria, tranquillizzandomi per quanto possibile, poi entrammo nella stanza. 
Ciò che mi colpii subito fu sia il soffitto molto alto dell'attico, che sembrava sfidare il cielo, sia l'accoglienza che riservarono a Phil. 

Nove persone erano sedute su delle poltroncine di pelle bianca, le guardai una a una, il dottor Banner, esperto in fisica nucleare e occasionalmente Hulk e supereroe, Tony Stark e consorte, non che genio per lui e amministratrice delegata e moglie per lei, Capitano Steven Rogers, noto anche come Capitan America, o ossessione di Phil Coulson (si potrebbe definire una fangirl sotto certi aspetti), o leggenda vivente, Thor figlio di Odino, ovvero dio di Asgard, Natasha Romanoff e Clint Barton, assassini provetti e coppia consolidata nel lavoro, Wanda Maximoff, mutante con poteri telecinetici e mentali e Pietro Maximoff, mutante con super velocità, super metabolismo, processo di guarigione accelerato e dai capelli quasi bianchi. 
Mi guardavano quasi incuriositi e amichevoli, mentre parlavano con Phil. Al costo di apparire maleducata, non volevo sentire i loro discorsi, volevo estraniarmi dal mondo, odiavo sentirmi al centro degli sguardi e dell'attenzione di tutti. Avanzai verso la grande vetrata e guardai il panorama: vita, centinaia di persone, che dall'alto sembravano formiche, brulicavano ed erano indaffarati nella vita di ogni giorno, tra lavoro, tempo libero e famiglia, in alto i grattacieli più alti e maestosi si sfidavano per toccare il cielo.

"Eve?"

L'incanto si spezzò. La mia mente cominciò a lavorare, a ritmo vertiginoso, come quando sto scrivendo una risposta per un esame di università, per poter tirare le somme di un discorso mai ascoltato e per accennare una qualsiasi risposta.

"Si?

Dubitavo. Mi girai sui talloni, mentre con ancora in mano il blocco da disegno tirato fuori in un momento di pura spensieratezza e ora cosparso di disegni molto disordinati. 

"Salve comunque

Agitai la mano, quasi a voler simulare un saluto e sbattei le palpebre, sollevando lo sguardo che si era chinato sulle punte delle scarpe.

"Non è molto estroversa, con il tempo lo diventa di solito, oppure quando deve parlare di qualcosa che la interessa in particolare. Potreste spaventarvi.

"Tranquillo, secondo me è normale che sia spaesata, insomma lo sarebbe chiunque al suo posto.

Una voce che mi era sconosciuta pronunciò quelle parole, sembrava irreale, mi voltai e feci saettare lo sguardo verso tutti.
La voce misteriosa era appartenuta al quel ragazzo dalla supervelocità, Pietro Maximoff.

"Sono felice di conoscervi 
Accennai ad un timido sorriso prima di ritornare nei miei pensieri, vidi una sedia, la avvicinai e mi sedetti, poi, cercando di essere il più naturale possibile, presi una pallina anti stress e il blocco da disegno e ricominciai a rioccupare la mente, così da non pensare troppo.
Come si dice? 
Pensare troppo fa male, preferisco agire. 

Passò un po' di tempo, dieci, quindici minuti massimo, che mi mostrarono la camera, lussuosa, ordinata, con il soffitto scuro, come piaceva a me, il modo in cui l'avevano scoperto era un mistero, il letto era sul lato destro, sembrava comodo, a due piazze, poi corsi verso la vetrata, ampia e luminosa, un po' di spazio libero sul balcone, era perfetto per piante, sdraio, sedie e relax.

"Spero ti piaccia

Tony Stark, o meglio, Tony, a quanto aveva insistito, mi guardava appoggiato ad uno stipite.

"Certo

"Allora se ti va ti faccio vedere la sala test, nonché tuo laboratorio.

Spalancai gli occhi, elettrizzata e pensai

'Finalmente ci si diverte.

   
 
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