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Autore: reginamills    25/05/2015    4 recensioni
OutlawQueen AU: Regina Mills è un'insegnante, sposata, ma ha un marito che abusa di lei, la picchia e non le permette di chiedere il divorzio. La sua vita è un vero schifo e Dio sa quante volte ha provato a metterne fine. Ma forse, il principe azzurro non esiste solo nelle favole, e il nuovo preside della scuola in cui lavora, Robin Locksley, forse riuscirà a riportarle quel sorriso che ha perso ormai da troppo tempo.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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grazie, grazie come sempre per le bellissime recensioni che mi fanno sorridere ogni volta e mi spingono a pubblicare anche su questo sito. spero vi piaccia anche questo capitolo!
un bacio e buona lettura! :)

“Ti prego, entra tu a prendere le mie cose, io… non ce la faccio.” mormorò imbarazzata, tornando a fissare il pavimento. Erano ancora lì, davanti a quella casa che l’aveva tanto terrorizzata, la porta aperta e nessuno dei due aveva il coraggio di entrarvi. 
“Regina, io non sono mai stato in casa tua, e inoltre non saprei proprio dove cercare le tue cose, quindi… perché non ti fai coraggio e provi ad entrare? ne hai superate tante, puoi fare anche questo.” le sussurrò dolcemente, accarezzandole il braccio con le sue dita morbide che la facevano sentire al sicuro.
“i-io…” scosse leggermente la testa.
“verrò con te, sarò al tuo fianco, te lo prometto. non succederà niente. Vuoi?” le prese il mento fra due dita, portando gli occhi color caffè di Regina nel suo oceano meraviglioso. Vi lesse un’immensa paura al loro interno; tanto forte da far rabbrividire anche lui, ma riuscì a non far trapelare alcuna emozione. Doveva essere forte, quella donna aveva bisogno di lui.
Regina annuì, anche se riusciva perfettamente a capire quanto ancora incerta fosse realmente. Chiuse le mani attorno al suo braccio forte e, insieme, mossero i primi passi dentro la casa. 
Il divano, dove Victor usava dormire e mangiare tutto il giorno davanti alla tv, era un completo disastro: bibite versate a terra, briciole dappertutto; la cucina esattamente come l’aveva lasciata la mattina prima -un totale disordine; a destra c’era il bagno dove si rifugiava per dar sfogo alle sue lacrime, dove aveva pensato varie volte di farla finita. E laggiù c’era la loro camera da letto. Dove tutto succedeva. Senza volerlo, strinse forte le dita attorno al braccio di Robin, mentre diversi brividi le attraversavano il corpo.
Non poteva farlo, non poteva riviverlo. Non dopo neanche ventiquattro ore, non era forte abbastanza.

“ehi… sono qui.” sussurrò, come se avesse letto nella sua mente. Poggiò per un istante la sua fronte su quella di Regina, come a volerle infondere più sicurezza, come se volesse farle capire ancora una volta che lui era lì per proteggerla.
Entrarono nella stanza da letto e Regina non potè far a meno di guardare il letto: era nelle stesse esatte condizioni in cui, la notte prima, Victor l’aveva ridotto. C’era il cuscino nel quale aveva soffocato i suoi singhiozzi, le lenzuola sporche di chissà quale liquido e… c’era lui. Nella sua testa, lui era ancora lì. Si sentiva come se fosse pronto a comparirle dietro alle spalle per prenderla e sbatterla su quel letto un’altra volta, abusando del suo corpo ancora una volta mentre la insultava e la picchiava per aver parlato con Robin, per averlo mandato in prigione, per avergli rovinato la vita nel giro di poche ore. Maledetta puttana, ti ammazzo.
“Robin” lo chiamò non appena sentì le sue braccia abbandonarla.
“si?”
“stringimi, ti prego.” era sul punto di scoppiare in lacrime di nuovo e in quel momento gli ricordò l’angelo ferito e spaventato che aveva visto la notte prima, quando l’aveva implorato di portarla via di lì. Senza esitare, allargò di nuovo le braccia e la strinse in un caldo abbraccio, dal quale Regina non avrebbe mai voluto staccarsi.
“lo so che è difficile, ma devi pensare che presto tutto questo finirà definitivamente. Domattina chiamerò un agente immobiliare e qualcuno che sistemi questa casa e la prepari ad essere venduta. Non ti permetterò mai più di rivivere le cose orribili che quel maniaco ti ha fatto.” Robin stava usando un tono calmo, ma la rabbia nella sua voce era palpabile. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di prendere a pugni quel figlio di puttana; anche se sapeva che non gli sarebbe bastato, neanche ucciderlo sarebbe bastato. Niente avrebbe mai potuto cancellare dalla memoria o dal tempo le cose orribili che aveva fatto a Regina. Alla sua Regina.
Annuì, scuotendo quei leggeri riccioli scuri che gli piacevano da impazzire, quei riccioli che avrebbe ritrovato, da quel giorno, ad ogni risveglio, ogni mattina, ogni sera. 
“dove posso trovare una valigia per sistemarci la tua roba?” le chiese, regalandole un altro dei suoi sorrisi meravigliosamente dolci. Regina gli indicò il letto, e lui capì che dovevano trovarsi sotto di esso. Gli disse anche dove teneva la maggior parte dei suoi soldi, quindi lui li prese, sotto sua richiesta. C’erano anche quelli di Victor ma, inizialmente, Regina era contraria al prenderli, poi però lui le spiegò che non li avrebbe dovuti usare per altro se non per mettere in vendita quella casa e sbarazzarsi del suo ricordo per sempre. Fu solo allora che lei acconsentì.
Lo guidava in ogni movimento, gli diceva quali cassetti aprire per trovare i suoi vestiti -lei non voleva assolutamente toccare nulla, ne era terrorizzata- e quali prendere, le sue scarpe, la sua… biancheria.
“f-forse è meglio se…”
“Robin, siamo amici. E sono sicura che sai cosa una donna normalmente indossa sotto i vestiti.” non potè far a meno di sorridere alla sua stessa battuta, nonostante la tragicità della situazione. 
Robin annuì, anche se Regina poteva dire di vederlo abbastanza impacciato mentre apriva il cassetto e si ritrovava davanti decine di reggiseni e mutandine. Regina credeva, in tutta onestà, di trovarsi in una situazione meno imbarazzante, invece si sbagliava: gli suggerì di prendere tutto ciò che c'era, senza soffermarsi su ogni capo, così da rendere il tutto più facile ad entrambi. 
“ecco qui. c’è l’essenziale. Manderò a prendere le altre tue cose domani mattina.” 
“si. ah, aspetta! la mia cartella!” indicò ai piedi del tavolo la cartella che di solito Robin la vedeva portare al lavoro. “ci sono i compiti dei ragazzi che avrei dovuto correggere per oggi.” sorrise timidamente, rendendosi conto che era effettivamente la prima volta che parlava del suo lavoro a qualcuno disposto ad ascoltarla.
“e lo ha fatto, signorina Mills?” le sorrise, scherzando.
“me lo sta chiedendo il mio capo o il mio amico Robin?” risero assieme, poi lui prese la cartella che le aveva chiesto e gliela porse. Ora avevano davvero tutto. Erano pronti per aprire un nuovo capitolo; insieme.

“Ho liberato alcuni cassetti per i tuoi vestiti.” le disse uscendo dalla sua camera da letto. Regina lo stava aspettando in salotto, sul divano: stare sola con lui in una camera da letto una volta in una giornata poteva bastare.
“ti ringrazio, Robin, davvero. grazie mille.”
“ehi, non voglio che mi ringrazi mai più, ok?” le prese il viso tra le mani, facendola sorridere ed arrossire come un’idiota. 
“ok.” annuì impercettibilmente. Si sorrisero per un’ultima volta, poi lui la lasciò per entrare in cucina:
“cosa vuoi per cena?” le chiese, ma lei non stava ascoltando. Era entrata in camera da letto per sistemare le sue cose nei cassetti che Robin le aveva liberato ed era rimasta bloccata a guardare quel letto. Accarezzò le coperte con la punta delle sue dita, mentre la mente si perdeva in mille pensieri. Chiuse gli occhi, lasciò che le narici le si riempissero del suo profumo. Era ovunque; così buono, così diverso da quello di Victor, le entrava nell’anima, le penetrava in testa. Ne voleva di più, Dio mio, voleva rotolarsi in quelle lenzuola e perdersi con lui in quella magia. Corpo contro corpo, pelle contro pelle, labbra contro labbra.
Fu lì che Regina Mills realizzò di desiderare Robin Locksley. Di desiderarlo davvero, nel vero senso del termine; ma non al puro scopo del piacere fisico, voleva fare l’amore con lui. Fare di nuovo l’amore per la prima volta dopo tanto tempo -ammesso che avesse mai fatto realmente l’amore con qualcuno. Voleva sentirlo vicino a sé, contro di sé, dentro di sé.
“tutto bene?” la sua voce le arrivò come un sussurro leggero, ma fu comunque in grado di sorprenderla. Si voltò all’improvviso e gli sorrise dolcemente:
“si, io, stavo solo… ambientandomi, si.” non poté far a meno di arrossire, come se Robin avesse letteralmente visto lo scenario che aveva in mente. 
“sai, pensavo a una cosa” sussurrò avvicinandosi a lei con un meraviglioso sorriso. Regina deglutì con fatica, sentendo lo stomaco chiudersi di botto. Merda. Erano loro due, insieme, in una stanza da letto, da soli. Un’altra volta. E lui ora era così vicino, così dannatamente vicino…
“a-a cosa?”
“non ho voglia di cucinare quindi pensavo che…” le prese una ciocca di capelli e la fece rotolare attorno a due delle sue dita. Il cuore di Regina prese a battere con violenza. Oh mio… “forse potremmo… andare a cena fuori.” la vicinanza tra loro era davvero troppa, le labbra a neanche un centimetro di distanza, gli occhi di entrambi incatenati in uno sguardo apparentemente senza fine.
“si… potremmo.” 
Chiusero gli occhi, convinti di stare già assaporando il bacio che tanto avevano atteso e voluto, ma ancora una volta rimasero delusi ed interrotti dall’ennesimo squillo di telefono. Stavolta era di Robin.
Dannazione. Per un attimo Robin credette di averlo detto ad alta voce, poi capì -grazie a Dio- di non averlo fatto. 
Corse nell’altra stanza, lasciandola lì così, senza una parola, senza una spiegazione. Era stufa di quella situazione; era come avvicinarsi al cielo tanto da poterlo quasi toccare, per poi cadere a picco di nuovo sulla terra. 
“scusa, era Amanda” la vicepreside, lo sapeva bene. “voleva sapere soltanto se sarei andato al lavoro domani.” il sorriso sulle sue labbra era timido, Regina poteva quasi dire imbarazzato. Non era quel sorriso sfrontato e acceso che aveva di solito; forse era per l’ennesimo mancato bacio.
“e tornerai?” gli chiese, portando gli occhi nei suoi 
“assolutamente. E tu con me.” 
Fu sopresa da quella reazione; un uomo qualunque le avrebbe proposto di prendersi qualche giorno, specialmente dopo tutto quello che aveva passato. Ma lui, nonostante fosse così incredibilmente protettivo nei suoi confronti, non lo fece. Si chiese perché ma non fece in tempo a porgli la domanda che lui la anticipò: “Regina, oggi mi hai detto che non vuoi più essere trattata da vittima. Sarò il primo a non farlo; tu devi uscire, devi andare a lavorare, devi vivere la tua vita al meglio. Perché da oggi ricomincerai a vivere, Regina Mills, te lo posso garantire.” di nuovo quel sorriso fiero e splendente che, stavolta, Regina prontamente ricambiò. 
Oh, quell’uomo non era assolutamente “un uomo qualunque”.

Erano usciti a cena fuori, ma non si era trattato di quelle cene romantiche o eleganti che si vedono nei film. No, assolutamente. Regina aveva indossato un paio di jeans strappati ed una felpa di Robin -rubandola praticamente dal suo armadio e, quando se ne accorse, lui scoppiò a ridere come un matto- che era grande più del doppio rispetto alla sua taglia. Sembrava molto più giovane della sua età, non le avrebbe dato più di venticinque anni se l’avesse vista da fuori; era raggiante. Il pensiero di uscire con lui a cena la divertiva. Non la emozionava, non le faceva battere il cuore come quello di una liceale al suo primo appuntamento, la divertiva. 
E fu così che si ritrovarono a mangiare alette di pollo fritte alla paprika in uno sperduto ristorante messicano. Ridevano come pazzi, bevevano birra di bassa qualità, mangiavano con le mani e giocavano, rubandosi le salse a vicenda come i bambini. Le persone agli altri tavoli li guardavano male, ma a loro non importava, non vedevano nessun altro all'infuori di loro due. 
“Dio mio, è stata la serata più bella della mia vita!” esclamò quando rientrarono in casa. Era talmente brilla che neanche si rese conto di quanto fosse felice di tornare finalmente a casa con qualcuno di cui si fidasse, con qualcuno che amasse.
“già, ma adesso dobbiamo davvero dormire, è tardi… domani dobbiamo lavorare.” mentre diceva questo, gli occhi già mezzi socchiusi e la voce assonnata, non si rendeva conto del modo in cui Regina gli aveva chiuso le braccia attorno al collo e lo aveva abbracciato.
“mmh, davvero? dobbiamo proprio?”
“assolutamente sì.” anche le mani di lui presero a vagare lungo la sua schiena, ma da vero gentiluomo quale era, non andò troppo in là. Conosceva perfettamente i suoi limiti, anche da brillo. Dio, era decisamente troppo perfetto.
“non ho sonno, capo.” sussurrò nel suo orecchio prima di baciargli il collo e lasciarsi andare, poggiando la testa sulla sua spalla. Nonostante Robin ci stesse provando con tutto sé stesso, il suo corpo non potè far a meno di reagire e, in pochi secondi, Regina si rese conto di sentirlo contro di sé. Per la prima volta.
“Regina…”
“portami a letto.” gli sussurrò baciandogli il lobo, poi mordendolo, finché ciò che sentiva contro di sè non diventò completamente duro. Merda, merda, merda. La sentì ridere e gli sembrò di impazzire; continuava a ripetersi che Regina non lo voleva realmente, era ubriaca, stavano perdendo entrambi il controllo, ma lui non poteva permetterselo.
“ti prego.” gemette “portami a letto.” 
E portarla a letto fu esattamente ciò che fece; la prese in braccio come se fosse la sua sposa, facendola ridere, anche se non era esattamente ciò che lei si aspettava. Arrivò nella sua stanza da letto e, quando la mise giù per sistemare le coperte, lei lo fermò:
“non vorrai farmi dormire con questi vestiti… puzzo di pollo fritto.” sorrise, ma non era un sorriso giocoso. Alzò un sopracciglio maliziosamente quando lo vide arrossire:
“i-io…”
“spogliami.” sussurrò, facendogli vibrare lo stomaco “per favore.” 
“Regina, non posso.”
“puoi. Vuoi. Fallo, ti prego.” 
Non poteva lasciarla lì così, non poteva e forse la parte più grande di lui non voleva. Lentamente le prese le estremità della felpa e gliela sfilò con molta lentezza, assaporando ogni momento, ogni centimetro che scopriva. Sotto aveva -sfortunatamente, o fortunatamente, dipendeva dai punti di vista- una canottiera bianca, non troppo trasparente che gli lasciava intuire il colore del suo reggiseno. Da una parte era contento che non avrebbe visto il suo corpo quasi completamente nudo quella notte: voleva conservare la cosa per quando sarebbe stato tutto vero, voluto da entrambi, sul serio. 
Le tolse le scarpe e i calzini, poi passò ai jeans, sbottonandoglieli completamente e abbassandoli pian piano, arrossendo ad ogni centimetro delle sue mutandine che scopriva. Dio mio, sperava con tutto se stesso che non fossero trasparenti, lo sperava davvero. Non lo erano. Erano nere, come il buio di quella stanza, come gli occhi di Regina in quell’istante.
“tutto bene?” le chiese, ricordando a se stesso chi aveva davanti. Lei sorrise ed annuì, senza mai smettere di sperare che continuasse nel modo in cui lei voleva. Non lo fece, ma infondo se lo aspettava.
“avanti, sotto le coperte signorina Mills.” esclamò sorridendo. Lei obbedì ma, quando lo sentì lasciarla, gli afferrò il braccio:
“ti prego, rimani. Voglio dormire un’altra volta stretta a te.” non gli avrebbe mai, mai detto quelle parole da sobria, non ne avrebbe mai avuto il coraggio e lui lo sapeva bene. Ma il fatto che fosse ubriaca non le rendeva meno vere, quindi sorrise. Non disse nulla, semplicemente si fece spazio sotto le coperte, lasciando che Regina si mettesse sul fianco, poi la strinse in un morbido, caldo abbraccio protettivo. 
E lì si addormentarono, con il sorriso più sincero stampato sulle labbra.

fatemi sapere cosa ne pensate! :)

   
 
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