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Autore: _Frame_    26/05/2015    1 recensioni
1 settembre 1939 – 2 settembre 1945
Tutta la Seconda Guerra Mondiale dal punto di vista di Hetalia.
Niente dittatori, capi di governo o ideologie politiche. I protagonisti sono le nazioni.
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[On going: dicembre 1941]
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[AVVISO all'interno!]
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Miele&Bicchiere'
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37. Vic Formation e Finger Four

 

 

agosto 1940

 

L’elica del Messerschmitt Bf 109 si immerse tra gli sbuffi di una nuvola. Inclinò il muso, i motori ruggirono, e scese in picchiata verso il suolo. La nuvola inghiottì l’aereo, la scia bianca che tagliava il cielo trafisse il cumulo di vapore. Silenzio. Il sottile ronzio dell’elica vorticante si riaccese in un eco lontano. La nuvola si aprì. Il muso e le ali del Messerschmitt trafissero il cumulo bianco, il caccia squagliò gli ultimi sbuffi in violenti spruzzi di nuvola che si unirono alla scia dei motori stesa dietro la coda. La punta dell’aereo si inclinò, mise il mezzo in verticale, il corpo del Messerschmitt perpendicolare al suolo. Accelerò con un ronzio più acuto. Il terreno si avvicinava, il vento soffiava via ogni sputo di nuvola, creando un vortice d’aria attorno al caccia.

Inghilterra stese il braccio, palmo rivolto verso l’alto, dita aperte e irrigidite.

Un secondo rombo sfrecciò nel cielo. Una sagoma scura passò attraverso il foro nella nuvola aperto dal Messerschmitt. L’ovale che divaricava gli sbuffi di vapore si allargò, i riccioli bianchi svanirono sotto il getto d’aria che li aveva divisi. La sagoma nera a forma di freccia divenne più sottile, il fischio dell’elica più acuto, il vortice di vento più rapido e violento. L’ombra dello Spitfire coprì il Messerschmitt in picchiata.

Inghilterra ritirò indice e medio, i polpastrelli sfiorarono il palmo. Le falangi restarono flesse.

Le ali dello Spitfire brillarono. Lampi a ripetizione seguiti da scoppi splendettero nel cielo come una raffica di petardi. Il Messerschmitt virò di scatto. Entrò in un’altra nuvola, la sventrò in due aprendo il vapore come un secondo paio d’ali. I cumuli bianchi vorticarono, si rimescolarono in un turbine finendo sul muso dello Spitfire. I lampi delle mitragliate brillarono dentro la nuvola come le saette di un temporale. Rombo. Lo Spitfire sfrecciò fuori dalla gabbia bianca.

Le ombre dei due caccia si sovrapposero sul suolo, le sagome nere si rincorsero nei campi verdi come lo scorrere di una pellicola. La resistenza dell’aria contro il corpo dello Spitfire si fece più debole, l’aereo prese velocità, le ali traballarono sospinte dal vento.

Le dita di Inghilterra tremarono per lo sforzo. Il dorso della mano si imperlò di goccioline di sudore che lacrimavano tra le ossa in tensione. Stese di nuovo indice e medio, le punte flesse in avanti. La pelle divenne bianca. Con uno scatto violento piegò le dita a pugno e toccò il palmo con le unghie.

Un’altra raffica di spari eruttò dalle ali dello Spitfire. Il Messerschmitt si inclinò di lato, i proiettili passarono sopra e sotto le ali, trafissero il terreno disegnando una doppia scia di crateri scoppiettanti che seguiva il volo dei due caccia. Messerschmitt e Spitfire continuarono a volare immergendosi nelle nubi di fumo marrone che saliva da terra come i vapori di una catena di geyser. Le ombre si ingrandirono. Il vento dell’elica del Messerschmitt agitò i fasci di erba alta, inclinandoli sotto il suo passaggio. Il muso si raddrizzò, la pancia del caccia sfiorò il campo, le erbe piegate dalla risacca di vento divennero dorate sotto l’abbaglio del sole. Il motore ruggì, il Messerschmitt disegnò una parabola e puntò il cielo, immergendosi nei fumi dei bombardamenti.

Inghilterra piegò il gomito. Richiamò il braccio, chiuse il pugno avvicinandolo alla spalla, e stette fermo.

Lo Spitfire seguì la traiettoria di fumo, si immerse nella scia della parabola del nemico e impennò il muso. La sagoma nera del Messerschmitt si aprì davanti alla luce del sole. Era davanti a lui. Le grandi ali larghe e sottili in bella vista, il riverbero bianco del sole che splendeva come una corona di luce.

Inghilterra aprì il pugno e tornò a serrare le dita.

Altra raffica di scoppi e lampi.

Grappoli di fori bucherellarono le ali del Messerschmitt, la luce del sole penetrò gli ovali, aprì fasci di raggi che trafiggevano l’aereo come spesse lance bianche. Una fumata grigia sbuffò fuori dall’ala sinistra. Il fiotto si ingrossò, il fumo divenne grigio, poi nero, e una lingua di fuoco strisciò tra i riccioli, leccando il metallo forato. Il caccia tedesco inclinò la traiettoria verso sinistra, perse stabilità, il rombo del motore singhiozzò come una marmitta catalitica. Lo Spitfire ruggì. Si fece spazio tra la scia del motore e gli sbuffi neri dell’ala guasta, e si avvicinò. Ala sinistra racchiusa nel mirino.

Pugno chiuso. Inghilterra aprì le dita, strizzò l’aria. Pugno serrato.

Sotto l’ultima mitragliata, l’ala del Messerschmitt si spezzò in due. La punta rotolò tra i fumi e precipitò a terra. Il mozzicone fumante aveva il metallo lacerato, come addentato da una belva selvatica.

Inghilterra stese il braccio in uno scatto rapido. Aprì il palmo, socchiuse le dita a forma di ovale, come stesse sorreggendo una sfera, e spostò il braccio sul fianco.

Lo Spitfire virò con uno scatto, pancia rivolta tutta a sinistra, ali perpendicolari al suolo. Sfrecciò via dalla scia del Messerschmitt prima di vederlo schiantare a terra.

La bolla di fumo e fuoco esplose nel campo, arrostì erba e arbusti, pezzi di zolle e sassi schizzarono come una raffica di proiettili incandescenti.

Lo Spitfire stabilizzò il volo. Puntò uno sprazzo di cielo limpido, accelerò, e sfrecciò verso l’alto.

Inghilterra rilassò la mano, le dita si riaprirono lentamente, una gocciolina di sudore scorse sul dorso, tracciò un sottile rivolo tra le nocche. Inspirò, trattenne l’aria, espirò piano dalla bocca.

La vocina della fatina squillò direttamente in testa. “Squadrone completo abbattuto, Inghilterra.”

Inghilterra sollevò un angolo delle labbra. Il sorrisetto si infossò nella guancia ancora rossa e umida per la fatica. Agitò la mano a mezz’aria scrollando via il formicolio e le dita ripresero sensibilità. Tese il braccio, palmo rivolto a terra. Allargò pollice e indice. In uno scatto unì i polpastrelli, e il campo di battaglia si restrinse.

I muri della camera di comando inghiottirono il cielo e il sole nascosto dalle nuvole. Le quattro lampade a muro incrociarono i fasci di luce sul tavolo della planimetria sorvolato da spennellate di fumo fluttuante.

Inghilterra immerse il braccio dentro la luce, tese la mano e agitò il pennacchio di fumo che si innalzava dalla parte meridionale dell’isola britannica. Le dita rimestarono gli sbuffi grigi, dispersero la colonna vaporosa e scoprirono la piccola isoletta nel canale della Manica racchiusa in un’insenatura della costa. ‘Portsmouth’ era scritto alla base della colonna di fumo. La lucetta rossa di una stazione radar lampeggiava vicino alla base aerea, il riflesso rosso colorava i riccioli di fumo.

Inghilterra sparse gli ultimi getti di vapore e piegò il braccio davanti alla bocca, riparando le narici.

“Si sta velocizzando,” mormorò contro il braccio.

Il fumo calò dalla mappa. Scivolò dai bordi del tavolo svanendo a terra come un muro di nebbia evanescente. Solo qualche spruzzo di nuvola rimase a tappezzare la planimetria.

Inghilterra sollevò gli occhi, assottigliò le palpebre forzandosi di vedere oltre la fine barriera che appannava l’aria della camera di comando. Una figura alta e scura emerse dalla nebbia, il fumo scese, scivolò dal suo braccio – anche quello piegato davanti alla bocca – e scoprì una lunga e sottile scintilla d’argento. Il filo metallico stretto al polso. Germania abbassò il braccio, scoprì il viso scurito dal fumo e dalla penombra. Il filo legato al polso si flesse, la scintilla passò dal cavo al modellino metallico del Junker stretto dalla sua mano. La scintilla sulla punta dell’elica traballava, il braccio era scosso, lenti e profondi tremori salivano dal petto, raggiungevano la spalla, e scendevano verso la mano.

Inghilterra sbatté le palpebre, fece scendere il sudore pungente dalle ciglia e i rivoli salmastri corsero lungo le guance. Guardò Germania, in cerca dei suoi occhi. Anche lui respirava a fatica. Il viso rigido e pallido, la fronte aggrottata, il corpo costantemente scosso da piccoli tremori che lo facevano vibrare a ogni sospiro. Il velo di fumo volteggiava ancora davanti a lui.

Inghilterra strinse i denti. Erano più vicini. Sentiva il suono del pesante fiato di Germania che passava attraverso le labbra, riusciva a distinguere i colori delle targhette cucite sull’uniforme tedesca e a vedere ogni singola piega sulla sua fronte contratta dalla fatica.

Un dolce profumo di lavanda spazzò via l’intensa e acre puzza di fumo e di carburante esploso. La fatina sbatté le ali davanti ai suoi occhi, l’orlo dell’abito sventolò attorno alle caviglie attorcigliate al cavo delle cuffie, e i piedini nudi saltarono sulle punte da uno sbuffo di fumo all’altro.

La fatina strinse le mani sui padiglioni imbottiti delle cuffie, rivolse lo sguardo a Inghilterra. “Ti segnalo subito i movimenti.”

Accelerò il battito d’ali, volò sopra la mappa tendendo il braccio verso il basso. Al suo passaggio, le luci rosse dei radar lampeggiarono, le due onde che racchiudevano le bande di frequenza si accesero e il riflesso scarlatto brillò contro gli aereoplanini già sparpagliati sul campo dai turni precedenti.

Inghilterra agitò il pennacchio di fumo per la seconda volta, scoprendone la base. Era tornato a formarsi.

“Portsmouth è ancora intatta?” chiese.

La fatina fermò il volo davanti a lui e scosse il capo.

“No.” La polverina magica viola le sporcava la pelle dei piedini fino alle caviglie. La fatina puntò l’indice verso l’isoletta di Portsmouth che ancora fumava accanto alla lucetta. “Germania è riuscito a colpire i magazzini. La base è fuori uso, non possiamo dare ordini di decollo, sarebbe troppo rischioso.”

Inghilterra infilò una mano sotto il tavolo. Acchiappò una manciata di aerei dal contenitore dei modellini e li rigirò tra le dita.

“Trasferiamo i superstiti e iniziamo subito i lavori di riassemblamento.”

La fatina si irrigidì sull’attenti. Tese il palmo e batté il saluto militare sulla fronte. “Agli ordini!” Diede due battiti d’ali, lanciò il cavo delle cuffie dietro la spalla, e schizzò verso la radio lasciandosi dietro una scia al profumo di lavanda.

Qualcosa spalmò un fruscio lungo la superficie della mappa. Germania tese il braccio, accompagnò il movimento di uno squadrone tenendo due dita premute sulle ali di un caccia. Inghilterra seguì con gli occhi la traiettoria. Era partito da Leigescourt, base della Luftflotte 2, stabilimento di Junker Ju 87. Aggrottò le sopracciglia sentendo un nodo allo stomaco. Bombardieri. Il muso del Junker toccò la seconda linea rossa che segnava la banda di segnalazione radar. Germania tolse le dita dall’aereo e sollevò gli occhi. Il respiro era tornato regolare. Così pallido, freddo e composto, sembrava un blocco di ghiaccio. Fece un passo all’indietro, si immerse nella penombra, mani dietro la schiena.

Cambio turno.

Inghilterra fece risalire uno dei tre modellini che aveva afferrato dal palmo alla punta delle dita. Lo rigirò tra indice e medio.

“Ha aumentato i bombardamenti a terra.” Abbassò la mano. Tuc. Piazzò lo Spitfire davanti a Pevensey. “È chiaro che sta cercando di bucherellarmi come una fetta di formaggio prima di passare al vero attacco e disintegrarmi definitivamente.” Si spostò sul lato sinistro della carta e spinse in avanti di una casella lo squadrone piazzato davanti a Canterbury.

Uno spostamento d’aria gli rinfrescò la base del collo, sudata e accaldata.

“Io ho paura.” Il coniglietto chiuse le ali sulla schiena e si adagiò tra i capelli di Inghilterra. Le zampette tremanti si aggrapparono sopra le tempie. Tutto il corpicino fu scosso da un violento brivido. “Non si era mai avvicinato così tanto durante gli attacchi, e ora si è anche messo a bombardarti direttamente a terra, senza limitarsi al combattimento aereo.”

Inghilterra scrollò le spalle. Un forte respiro gli gonfiò il petto. “Humpf, io mi sento benissimo.” Rigirò il secondo Spitfire tra le dita. Tese il braccio, l’ombra della mano si allargò lungo la costa. “Credi che ci voglia così poco per mettermi fuori combattimento?” Arricciò le labbra, socchiuse una palpebra battendo il pollice sull’ala del caccia. Scelse la base di Portland e piazzò l’aereo. “Si è solo avvicinato, tutto qui. Per il resto...” Fece scivolare l’ultimo modellino dal palmo. Un altro Spitfire. Lo lasciò cadere sul quadretto che racchiudeva Warmwell e annodò le braccia al petto. “Siamo sempre noi ad avere il comando.”

Il musetto umido del coniglietto gli sfiorò la fronte, le orecchie ciondolarono. “Ma se colpisce le basi e gli stabilimenti, poi rimarremo senza aerei.”

Inghilterra sorrise. “Non ti preoccupare.” Lanciò una rapida occhiata sotto il bordo del tavolo. “Le scorte di aerei sono il nostro ultimo problema.” Tornò a guardare in avanti. Le guance arrossate, le palpebre grigie e sciupate, i capelli spettinati sulla fronte. Gli occhi bruciavano sotto la luce artificiale delle lampade. Inghilterra strinse le mani sugli avambracci. “Adesso non ci resta che combattere e andare avanti.”

Gli ultimi strati di nebbia che toccavano la superficie del tavolo si dispersero, restarono solo le nuvole ad alta quota. Sagome più lunghe e strette rispetto agli aerei emergevano dalle acque del canale, restando racchiuse tra i rettangoli divisori. Una nave mercantile per casella.

Il coniglietto si sporse, le orecchie ciondolarono sulle guance di Inghilterra.

“Le navi che ci ha regalato America sono ancora tutte intere?”

“Nessun danno.” Inghilterra tornò a guardare Germania. Lui mosse qualcosa nel buio e la prima banda rossa dei radar lampeggiò. “Come vedi, sta solo pensando a demolire il mio attacco, e non a valicare la difesa.”

“Se hai deciso di mettere le navi sulla costa, però, vuol dire che hai davvero paura che ti invada lì.” Il coniglietto si lasciò scivolare in avanti, tenendosi aggrappato con le zampette. La punta del musino sfiorò Inghilterra sotto la fronte, in mezzo agli occhi. Le vibrisse fecero solletico alla pelle. “Oppure lo hai fatto solo per far piacere ad America?”

Inghilterra irrigidì. Fece un balzo all’indietro come sperando di sfuggire allo sguardo del coniglietto. “I-idiota!” Girò il viso. Strizzò le palpebre spremendo tutto il rosso fuori dalle guance. “È ovvio che l’ho fatto solo per difendermi! E poi...” Guardò per terra, gli occhi saettarono da un angolo all’altro della parete. Si chiuse nelle spalle e borbottò. “È solo perché quelle navi sono piene di armamenti e...” Dietro di lui, sentì squillare la risata cristallina della fatina. Inghilterra scosse il capo, tossicchiò tenendo il pugno davanti alla bocca. Lo sguardo di nuovo serio e concentrato, ma le guance ancora rosse. “Comunque, anche attirare Germania più vicino a noi ha i suoi vantaggi, nonostante il rischio.”

“Ah sì?” rispose il coniglietto. Una nota di stupore gli storpiava la voce.

Inghilterra non rispose. Tornò ad avvicinarsi all’orlo del tavolo.

Le nubi sopra la mappa si ingrossarono. I Gruppi di Comando 10 e 11 di Inghilterra erano ricoperti dalla coltre bianca. Le luci dei radar lampeggiavano dentro i cumuli ramificando radici rosse come i fulmini di un temporale. Il coniglietto gonfiò le guanciotte e soffiò contro le nuvole che sovrastavano il canale della Manica. Un ricciolo bianco si srotolò verso l’esterno scoprendo uno spicchio di mare.

“Quante nuvole,” disse il coniglietto.

Inghilterra annuì. “Ottimo.” Sorrise. Il tono fiero e soddisfatto. “Così possiamo preparare gli attacchi dall’alto.”

Il coniglietto tornò a sporgersi allungando le zampette sulla sua fronte. Sbatté le palpebre, cercò gli occhi di Inghilterra, e piegò il capo di lato. Un’orecchia gli nascose metà musetto, celando l’espressione interrogativa.

Inghilterra raccolse un’altra manciata di aerei. Ne prese tre.

Fece scivolare in avanti di un quadretto i caccia già piazzati su Canterbury e Warmwell. Stese il braccio e la mano tornò vicino a Canterbury, sulla costa est. La punta dell’isola britannica più vicina alle coste nemiche.

“Piazziamo le difese su Hawkinge, Lympne, Manston.” Posò i tre aerei nei quadratini che circondavano Canterbury. Le eliche scintillanti rivolte al nemico. Inghilterra tenne l’indice e il medio premuti sul caccia fermo su Manston. Sollevò la fronte, sorrise scoprendo un angolo dell’arcata dentale. “E ora siamo pronti per tornare a sollevarci.”

La stanza si aprì anche senza il comando delle dita. Le pareti della camera precipitarono, sfiorarono terra e svanirono. Forti raffiche di vento scossero le nuvole che macchiavano il cielo azzurro, i raggi del sole passavano deboli e freddi.

Il vento soffiò addosso a Inghilterra, il coniglietto si tenne aggrappato con le zampette per non cadere dalla cima della sua testa, le orecchie ciondolanti sbatterono contro le guance. Inghilterra fece un passo all’indietro, mosse i piedi nel vuoto camminando nel cielo come sospeso su una lastra di vetro. Strati di nuvole si accumulavano sopra e sotto di lui. Un vortice d’aria abbassò la punta di una nube davanti a lui, scoprì la figura di Germania che lo guardava. Ombre più scure erano sospese alle sue spalle.

Inghilterra sollevò gli occhi, fece un altro passo all’indietro. Il coniglietto poggiò le zampe posteriori sulle sue spalle per non cadere.

Dodici Spitfire immobili tra le nuvole. I musi degli aerei rivolti a Germania.

Inghilterra sollevò il braccio, tese le dita come per afferrarli. Aprì il palmo, racchiuse le immagini dei primi tre aerei e li dispose a punta di freccia, spostandoli più avanti. Il caccia in punta finì sommerso da una nuvola. Tese il braccio all’indietro e diede la stessa formazione ai nove rimanenti. Quattro punte di freccia formate da tre Spitfire ciascuna.

Inghilterra abbassò il braccio e posò due dita su una tempia, senza staccare gli occhi dallo squadrone.

Parlò alla fatina. “Formazione a Vic pronta.”

“Obiettivi individuati,” rispose la voce di lei. “Sono direttamente davanti a te, Inghilterra.”

Quando Inghilterra spostò lo sguardo dove gli aveva indicato la fatina, Germania stava ancora spostando i suoi. Il braccio alzato verso le nuvole, le dita piegate verso il palmo, piccoli movimenti rotatori del polso, gli occhi freddi e attenti rivolti alle ombre degli aerei. Le nuvole nascondevano la sua formazione.

Inghilterra rimase con i polpastrelli sulle tempie. “Inviami un altro squadrone di supporto.” Sollevò anche lui gli occhi. I suoi caccia erano sagome nere contro la luce del sole. Sbuffi di nuvole scivolavano sul profilo delle ali, correvano lungo il corpo dell’aereo e svanivano sulla punta. Il vento soffiò, abbassò la punta di un cumulo, e un raggio di sole batté sulla vernice lucida dello Spitfire in punta alla seconda fila. Inghilterra socchiuse le palpebre, parlò più piano, con voce bassa e profonda. “Voglio approfittare delle nuvole per dargli una lezione come si deve.”

Gettò il braccio in avanti. Lo squadrone sopra di lui schizzò nel cielo come avesse scagliato una palla. Scie bianche forarono le nuvole portandosi dietro l’eco dei rombi. La raffica di vento investì Inghilterra da dietro, lo spinse in avanti di tre saltelli.

Germania chiuse il pugno, piegò il gomito, reclinò il braccio, e l’ombra della sua formazione si spostò di lato, inghiottita dal cielo. Il riflesso del cavo d’acciaio seguì il movimento del polso. Gli occhi fermi, rigidi, concentrati su Inghilterra.

Inghilterra tornò di due passi indietro, guardò i suoi stessi piedi camminare sospesi tra le nuvole che si rimestavano nel panorama azzurro.

Raffica. Il ronzio dei caccia fischiò nelle orecchie come il volo di un insetto incollato all’orecchio.

La formazione tedesca sfrecciò sotto di lui. Quattro file da quattro caccia ciascuno. Stukas bombardieri al centro, Messerschmitt di scorta sui lati esterni.

Inghilterra fece un passo di lato, gettò lo sguardo a sinistra. L’ombra e il suono del suo secondo squadrone comparvero tra le nubi. Inghilterra tese il braccio verso i suoi aerei, attirandoli nella mano.

“Disperdiamoli,” disse, rivolto alla fatina. Lanciò un’occhiata allo squadrone tedesco seguendo le scie dei motori. Chiuse lentamente le dita, il rombo dei suoi Spitfire accelerò. Il vento vorticò attorno alle sue gambe, risalì il busto e gli soffiò in faccia, agitando i capelli. “Formazione a Sweeps.” Inghilterra socchiuse un occhio per ripararsi dal vento e dalla frangia scompigliata. Si voltò di scatto. Il braccio teso tracciò un arco invisibile in aria. Il pugno accompagnò lo sfrecciare dello squadrone. Indirizzò lo stormo di Spitfire in perpendicolare rispetto ai caccia tedeschi. Gli aerei volarono sotto i suoi piedi. Le vibrazioni dell’aria risalirono le gambe, raggiunsero lo stomaco facendolo tremare. Inghilterra alzò la voce liberandosi dal formicolio. “Tagliamogli la strada!”

Aprì la mano. Sfrecciate bianche si intrecciarono sotto di lui, schizzarono verso i tedeschi.

“Uh?” Il coniglietto piegò il capo di lato. “Li sparpagliamo?” domandò. Il tono quasi deluso.

Inghilterra fece altri due passi all’indietro. Il braccio sempre teso e il pugno chiuso verso lo squadrone.

“Approfittiamo del fatto che la formazione di Germania sia così snodabile.” Abbassò gli occhi attirato da ronzii più profondi e pesanti. Caccia disposti in file da quattro per quattro. Tedeschi. Inghilterra aprì il braccio sul fianco, raccolse le vibrazioni nella mano, sentì il formicolio raccogliersi nel palmo e spargersi sulle dita. Richiamò lo stormo per colpirli di lato. “La nostra formazione sarà anche più rigida, ma allo stesso tempo non si farà mai disperdere come la Finger Four, perché siamo più compatti.”

Gettò il braccio sul fianco opposto toccandosi il petto con il gomito. Arrivò prima la zaffata di vento che gli fece socchiudere gli occhi. Barcollò di lato.

Le punte di freccia inglesi si infilarono negli spazi tra le quattro formazioni tedesche. Divisero gli squadroni. I caccia si separarono a gruppi di quattro. Dalla grande scia bianca dei gas dei motori partirono ramificazioni più sottili che schizzarono tra le nuvole.

Inghilterra si voltò in cerca di una delle quattro formazioni divise.

“Disperdiamo i Messerschmitt di difesa, teniamoli occupati mentre miriamo agli Stuka.” Il vento lo colpì di lato, una raffica giunse da sotto i piedi e lo investì in piena faccia, costringendolo a sollevare il mento. Il primo squadrone che aveva piazzato gli passò davanti agli occhi, attraversando la sagoma del sole. La formazione tre a quattro si riflesse nelle pupille. Inghilterra tirò su un ghigno. “Facciamo vedere a quegli stupidi elefanti con le eliche chi comanda sopra le nostre nuvole.”

Stese il palmo, tese in avanti le dita fino a far diventare la pelle bianca per lo sforzo. Sopra di lui, il ronzio divenne più acuto e penetrante. Inghilterra sollevò l’aria, richiamò i polpastrelli contro di sé. Le ombre dei suoi caccia rimpicciolirono.

“Solleviamoci.”

Il vento si acquietò, l’eco dei motori salì insieme agli aerei.

“Preparazione di un attacco a Bounce.”

Un Messerschmitt disperso volò sotto di lui. Due piccole e insignificanti strisce bianche di fumo si allungavano dalle ali, segnandone il passaggio.

Inghilterra mirò l’aereo. Guardò in alto, verso il suo squadrone sommerso dalle nubi.

“Le nuvole ci coprono.” Sorrise. “Più in alto siamo e meglio è.” Chiuse gli occhi. Un soffio di vento più debole gli rinfrescò il viso che pizzicava per il caldo e per il sudore. Aria fresca e frizzante del cielo aperto. Fissò il nero dietro le sue palpebre chiuse. Visualizzò l’immagine dei due caccia guidati dalle sue mani. Uno Spitfire sopra di lui e un Hurricane sotto i suoi piedi. La mano destra bassa. Inghilterra sollevò la sinistra, sfiorò un batuffolo di nuvola che si squagliò come un ricciolo di fumo tra i suoi polpastrelli. Era fredda e umida, gli lasciò la pelle bagnata. Tenne gli occhi chiusi, restrinse il campo immaginario sullo Spitfire, mosse le dita alte come a volerlo toccare. L’energia elettrica formicolò fluendo tra le vene. Ingollò. “Pronti...” Sollevò di più la mano sinistra. Lo Spitfire impennò il muso, le ali tagliarono una nuvola come due lame, il vapore finì squagliato dal ronzio dell’elica. Il motore ronzava. Il caccia salì, prese quota uscendo dalla nuvola, si stabilizzò. La luce del sole brillava sul vetro della cabina di pilotaggio. Inghilterra strinse il pugno. Le vene pulsarono nel palmo. Liberò la tensione e scagliò il braccio verso il basso. “Vai!”

Si sbilanciò in avanti stando in equilibrio su un piede solo. Riaprì gli occhi guardando in basso, puntò la vista sul Messerschmitt che volava sotto i suoi piedi. Inghilterra saltò all’indietro. Raccolse il braccio destro verso il petto. Strinse i denti, gonfiò le guance che divennero rosse per la fatica.

L’Hurricane che volava sotto i suoi piedi compì un’inversione a U. Il braccio sinistro di Inghilterra era sempre alto verso lo Spitfire.

La risacca di vento soffiò verso l’alto. Investì in pieno la nube che volteggiava attorno a Germania. Le spirali bianche scesero dal suo busto, turbinarono attorno alle gambe e si raggrumarono sui piedi. Germania teneva il braccio piegato davanti al viso, riparandosi dal vento. L’espressione contorta. Gli occhi annebbiati e confusi che seguivano l’inseguimento del suo caccia. La prima scintilla di esitazione balenò tra le palpebre, la pelle del viso sbiancò più delle nubi.

Inghilterra nascose nell’ombra un piccolo sorriso di soddisfazione.

La confusione divenne rabbia. Germania gettò il braccio di lato, allungò la mano verso il suo Messerschmitt, strinse il pugno, richiamò la mano verso il petto. Il caccia seguì la scia dell’Hurricane davanti a lui. Virarono, compirono una parabola laterale e salirono. Germania seguì con gli occhi il loro volo. Erano due sagome alle sue spalle. L’Hurricane in testa, il Messerschmitt dietro la sua coda.

Germania fissò Inghilterra di traverso, gli sguardi si incrociarono. Gli occhi di Germania brillavano, freddi, blu e limpidi come il cielo della battaglia. Qualcos’altro brillò sulla sua spalla.

La sagoma del caccia tedesco si avvicinò insieme al ronzio. Sulle ali scoppiarono lampi a ripetizione. Le esplosioni piombarono addosso a Inghilterra prima dei suoni.

Inghilterra incrociò le braccia davanti al viso, chinò il capo chiudendosi al riparo. L’aria vibrò attorno a lui. Le esplosioni lo circondarono, lingue di fumo e fuoco si allungarono, gli leccarono le braccia, le gambe. Spruzzi di scintille roventi bruciarono sulle guance e sul collo scoperto. La puzza dell’esplosivo bruciava la gola e il naso. Socchiuse un occhio, tenendo i denti stretti e il viso coperto.

Shum!

Il volo del Messerschmitt gli passò di fianco alla spalla. Il ronzio e il vento sollevato dalla sfrecciata gli entrò nell’orecchio facendolo rabbrividire. Abbassò il fumo nero delle esplosioni e le spirali che puzzavano di cherosene si ritirarono in mezzo ai suoi piedi. Inghilterra sollevò lo sguardo. L’Hurricane era intatto, ma il Messerschmitt non mollava l’inseguimento.

Si strofinò il viso. “Vuoi giocare a gatto col topo?”

Tese il palmo, impennò il braccio. Calò la mano aperta e piatta come imitando la discesa della lama di una ghigliottina.

Un terzo ronzare si unì al coro.

Lo Spitfire scese dalle nuvole. Reclinò le ali, invertì la traiettoria con una parabola. Si mise alle spalle del Messerschmitt e lo racchiuse tra lui e l’Hurricane. L’aereo tedesco era in trappola.

I tre caccia scesero alle spalle di Inghilterra. Tre piccole sagome lontane sospese sopra il suo braccio ancora aperto sul fianco.

Inghilterra guardò davanti a sé, aspettando il secondo sfrecciare sul suo fianco. Assottigliò le palpebre, occhi fini e taglienti si posarono sullo sguardo di Germania. Inghilterra inarcò le labbra verso l’alto. Un fuoco color smeraldo vorticò attorno alle pupille.

Chiuse il pugno. Partì la raffica di spari. I tre caccia sfrecciarono di fianco a lui, puntarono Germania. La spuma di fumo grigio e rosso si mescolò alla scia bianca dei motori.

Inghilterra stese il sorriso da guancia a guancia. Sollevò il pugno ancora stretto e spiccò un balzo su un piede solo.

“Centrato!”

“Inghilterra, Hawkinge e Manston sono state colpite!” La voce della fatina nella testa.

Inghilterra riatterrò. L’entusiasmo si sciolse come un grumo di neve sotto il sole. Sbarrò le palpebre e si guardò la spalla come cercando il profilo della fata.

“Cosa?”

Il campo si restrinse. Tornò la stanza di comando e il fumo delle esplosioni galleggiò sopra il tavolo assieme alle nubi.

Inghilterra guardò la sua posizione. Due rivoli di fumo salivano dalle posizioni segnalate dalla fatina, levitavano in una danza lenta e morbida per poi unirsi allo strato di fumo che avvolgeva la mappa come una coperta. I due modellini piazzati vicino alle lucette lampeggianti erano riversi su un fianco. Il metallo delle ali fuso e mangiucchiato, la pancia sventrata eruttava fiotti di fumo.

Il coniglietto si sporse. Le zampette che pizzicavano sulla fronte risvegliarono Inghilterra.

“Deve avere approfittato del fatto che eravamo distratti mentre combattevamo in aria,” disse il coniglietto. Chiuse le ali facendosi piccolo tra le piume. Rabbrividì come un cucciolo bagnato. “Vuole distruggere tutti i nostri porti e le nostre scorte per toglierci tutte le difese.”

Inghilterra strinse un respiro tra i denti. Il corpo tremava, i nervi a fior di pelle tenevano i muscoli rigidi in tensione. Il braccio teso lungo il fianco ebbe uno spasmo, una piccola scossa che punse la mano fino alla punta delle unghie. Le dita scattarono, sfiorarono le tasche. Inghilterra deglutì. Ispirò, espirò, rilassò il braccio. Tornò calmo.

“Lasciamoglielo credere.”

Il coniglietto abbassò il musetto. Piegò il capo di lato storcendo un’espressione interrogativa che gli fece scuotere il nasino umido.

Inghilterra strinse i pugni sui fianchi e guardò davanti a sé. “Lasciamogli credere che il suo piano funzionerà.”

Il coniglietto fece balzare le orecchie. “Ma...” Scivolò giù dalla testa di Inghilterra, diede un rapido battito d’ali e planò sulla mappa. Si accovacciò in uno spazio del Mare del Nord, in mezzo agli sbuffi di nuvola che volteggiavano sopra la cartina. Il colore del pelo si confondeva con quello del mare. “Ma non possiamo permettergli di continuare a bombardare per terra.” Gli occhietti assunsero una luce implorante. “Ci sono delle persone dentro le basi.”

Inghilterra piegò le spalle in avanti. “Non posso fermarmi davanti a questo!”

Il coniglietto sobbalzò.

Inghilterra sollevò la fronte, gli occhi socchiusi brillavano sotto l’ombra della frangia, lucidi e tremanti tra le palpebre scurite. Le pupille seguirono il lento ondeggiare del fumo nero che saliva dalla pancia sventrata dell’aeroplano di ferro.

“Siamo in guerra,” Inghilterra aprì e richiuse il pugno, “è ovvio che succeda.” Il suo corpo smise di tremare. La voce bassa e profonda, senza la minima traccia di esitazione o timore. “Il nostro scopo è solo quello di vincere. Cedere ed esitare solo per il timore di mietere altre vittime non porrà fine alla battaglia, la prolungherà e basta.”

Il coniglietto abbassò le orecchie, socchiuse gli occhietti in un’espressione triste. Si impennò sulle zampette posteriori, batté due volte le ali e si spinse verso l’alto. Volò oltre la testa di Inghilterra, si immerse nella parte in ombra della stanza, lontano dalle lampade che abbagliavano i fumi e i rilievi del campo di battaglia. Le luci verdi dei radar lampeggiavano nel buio. Il coniglietto seguì gli abbagli e si avvicinò alla sagoma della fatina sospesa sopra il quadrante rotondo della stazione di comando. Le ali trasparenti battevano frenetiche, i piedini sguazzavano nell’aria intrecciandosi ai cavi delle cuffie tenendo la piccola in equilibrio.

Il coniglietto ripiegò le ali e si lasciò scivolare sotto i pannelli. Le zampette si aggrapparono ai rilievi, avendo cura di non ruotare qualche manopola.

“Erano anni che non lo vedevo così teso,” disse.

La fatina sembrò non sentirlo. Chiuse le ali, si lasciò scivolare verso il basso, e atterrò sopra una pila di fogli pieni di schemi e calcoli. La fatina si mise gattoni, raccolse un mozzicone di matita e appuntò qualcosa sui bordi delle carte, tagliando parole e allungando frecce dalle scritte alla parte bianca del foglio. I capelli fluivano davanti alle spalle, seppellivano la mano che faceva scorrere la piccola matita.

Il coniglietto rabbrividì. “Tu...” Lanciò una rapida occhiata a Inghilterra. “Tu credi che stia bene?”

“Ha ragione.”

Il coniglietto sollevò un’orecchia.

La fatina appuntò qualcos’altro, raccolse i capelli che erano sparsi sul foglio e li lanciò dietro la spalla, in mezzo all’attaccatura delle ali. Si rimise in piedi aiutandosi con una spinta sulle ginocchia e si spolverò i palmi.

“Trattenersi e fare il gioco dei crucchi non servirebbe a nulla.” Spazzolò la gonna. I cavi delle cuffie scivolarono lungo i fianchi come lacci di liquirizia. La fatina guardò in direzione del tavolo. “Inghilterra non è stupido, sa quello che fa.” Annuì a se stessa e guardò il coniglietto. Occhietti fermi e incoraggianti. “Fidiamoci di lui.” Le ali batterono sulla schiena rilasciando una spruzzata di polverina alla lavanda.

Il coniglietto storse il musino, poco convinto. Entrambe le creature osservarono Inghilterra alle sue spalle, la sua piccola figura illuminata dall’abbaglio delle lampade, dritta, a schiena larga, che stendeva la sua ombra lungo tutta l’isola britannica.

 

.

 

Inghilterra abbassò gli occhi sulla planimetria. Aggrottò le sopracciglia, chiuse il pugno sotto il mento e fece tamburellare il pollice sulle labbra.

Le flotte della Luftwaffe erano racchiuse tra i due campi radar, le linee ondulate lampeggiavano impazzite, riflettevano il colore rosso contro le nuvole. I musi degli aerei tedeschi fronteggiavano i modellini inglesi in mezzo al mare. Solo una fila di caselle li separava dalla costa britannica.

Merda. Inghilterra strinse i denti in un gesto di stizza. Si sta avvicinando più del previsto.

Raccolse un aereo dalla base centrale di Uxbridge, lo tenne tra pollice e indice, grattandone la vernice con l’unghia. Lo rigirò nel palmo, il metallo stava già diventando tiepido per il calore della mano.

Credevo di riuscire a tenerlo impegnato sulla Manica, invece in poche settimane è riuscito addirittura ad addentrarsi direttamente nel mio territorio e prendere di mira le basi. Restrinse lo sguardo, forzò la vista oltre le nubi. Le navi di America che proteggevano le spiagge erano ferme, intatte. Le mie difese sulla costa sono inespugnabili, non temo attacchi marini, tuttavia...

Un lampeggio più intenso e luminoso richiamò la sua attenzione lungo le linee delle bande dei radar. File di modellini si allungavano dal territorio tedesco come una serie di raggi che si propagano da un unico punto centrale.

Grazie ai radar ho già individuato i principali punti di stazionamento della Luftwaffe, pensò Inghilterra. Avvicinò l’aeroplanino alle labbra. Sentì l’odore del ferro unito a quello del suo sudore, il sapore acre e metallico gli toccò la bocca. Potrei tenerlo a bada sul mio territorio, valicò gli aerei tedeschi con la vista, sorvolarlo a una quota più alta, nascondermi dietro le nuvole, mirò lo spazio di terra che intravedeva oltre la Manica, e raggiungere la costa per colpire le basi tedesche. Però...

Strinse il pugno sul modellino fino a far sbiancare le nocche. I rigonfiamenti metallici gli punsero la mano, entrarono nella carne. Inghilterra chiuse gli occhi, poggiò la mano serrata sulla fronte e aggrottò la fronte. Tremò di nuovo. Il braccio alzato nascondeva la sua espressione sofferente.

Colpire le basi lo indebolirebbe, è vero. Le immagini delle tre sedie, delle gambe che dondolavano dai bordi, dei cavi d’acciaio che risalivano i polsi, tornarono alla mente come uno sparo. Ma sarei costretto a ferire loro.

Strinse ancora il pugno.

Socchiuse gli occhi. Sbirciò l’immagine degli schieramenti da dietro lo strato sfocato che avvolgeva la vista.

Un lieve sibilo gli uscì dalla bocca. Maledizione. Restrinse le palpebre. Gli aerei immobili sullo schema, l’ombra di Germania ferma dall’altro lato del tavolo. Era il suo turno.

Cosa devo fare?

Sollevò gli occhi. Trovò quelli di Germania ad aspettarlo lanciandogli un profondo e freddo sguardo di sfida.

Lo sta facendo apposta... apposta... apposta... APPOSTA!

Inghilterra digrignò i denti trattenendo la rabbia a ribollire nel petto. Sentì le vene della mano salire in rilievo e battere le pulsazioni contro la pelle sbiancata dallo sforzo. Il pugno divenne rovente, cominciò a tremare.

Al diavolo!

Tese il braccio, sbatté l’aereo tra le nubi e lo spinse in avanti, verso lo spazio più breve dello stretto di mare. Direzione Calais e Gravelines.

 

   
 
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