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Autore: Final_Sophie_Fantasy    26/05/2015    6 recensioni
Il Fato creò gli Dei; gli Dei l'Universo. La pace saturò in guerra; la guerra frantumò mondi e li convogliò in una dimensione. Un ciclo destinato a durare in eterno, Armonia e Discordia in lotta tra loro. Guerrieri convocati per porre fine al conflitto. Al tredicesimo ciclo, lo scontro sembra giungere al termine con la sconfitta della Discordia. Ma poiché senza l’ordine non si distinguerebbe il caos, senza quest’ultimo il primo cesserebbe. Così Shinryu tornò a purificare i guerrieri, invocati di nuovo a combattere al fianco dell’Armonia e della Discordia. Ma questa volta agli Dei è sfuggito qualcosa… o qualcuno…
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Aggiunta Copertina
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Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scivolò appena il suo piede cercò un punto su cui appoggiare. Quella maledetta roccia si sgretolava. Rotolò giù dalla collina insieme ai detriti e alla polvere mentre il mondo le vorticava intorno. Ogni colpo era un supplizio. Con le mani sbucciate tastò per un appiglio ma le dure pietre appuntite le ferivano e cadeva dalla collina troppo in fretta per riuscire a fermarsi.
All’improvviso batté violentemente la schiena contro un grande masso che la bloccò. Gemette mentre si contorceva dal dolore. Rimase immobile, aspettando di sentirsi meglio. Ma non appena quel rumore di ruggine tornò, si costrinse ad alzarsi in fretta e puntando i piedi per non scivolare di nuovo giù per la ripidissima collina si portò dietro il masso. Poggiò la schiena sulla roccia e controllò il respiro per non farsi sentire.
Dalla cima della collina vennero passi, tanti, decine, forse di più. Dietro si portavano lo sferragliare del ferro arrugginito e un tintinnio cristallino. Seguirono versi simili a rocchi rantoli.
Quando una voce distorta e gracchiante le giunse alle orecchie s’appiattì ancora di più contro il masso.
« Dove sono? DOVE SONO?! »
Lei tremò a quel grido tanto distorto da far male alle orecchie.
« Li voglio! Tutti! » Seguì un verso di rabbia.
Sentì movimento di ferraglia, un verso strozzato. Seguirono pochi secondi che vide cadere qualcosa a poca distanza da lei. Volle gridare quando capì che era un corpo… ma… strano. Non era fatto come lei, non aveva la pelle rosea. Era di una tonalità violacea, con riflessi cristallini, trasparente come il vetro. Non scorse altri particolari tranne che le ricordò un pagliaccio, perché la misteriosa “cosa” sparì dietro le rocce appuntite della collina.
Si costrinse alla calma e ascoltò nuove voci distorte venire dall’alto.
« Finalmente! Non ne potevo più di quel pagliaccio! Idiota... tra tutti quelli che ci sono quello era proprio quello che più non sopportavo. Non che gli altri siano diversi, ma… »
Una seconda voce lo zittì, sempre quel tono gracchiante:
« ZITTO! Imbecille! » Seguì un minuto di silenzio « Lo senti? »
Sentì lievemente qualcuno che fiutava l’aria, come un cane:
« Sì… questo è… »
L’altro continuò e lei era quasi sicuro che sul volto di quella voce ci potesse essere un ghigno di soddisfazione:
« … respiro di un vivo… sentila! Quella sporca aria piena di ossigeno che entra nei polmoni… esce… entra…esce… è veloce! »
Lei, con già una mezza ida di cosa intendeva, smise di respirare e la voce smise di farle l’eco.
Si sentì impallidire come un lenzuolo.
Un nuovo ghigno, ancora più aperto:
« Ha paura… »
L’altro rispose:
« E ne avrà ancora di più… »
Entrambe le due voci scoppiarono in una risata fragorosa tanto agghiacciante per quel tono distorto e gracchiante che lei volle tapparsi le orecchie. E raggelò quando sentì altre voci aggiungersi a quella terribile risata. Non volle sapere quanti altri esseri c’erano alle sue spalle.
All’improvviso una delle due voci urlò:
« SILENZIO! IDIOTE! STUPIDE BESTIE! » La risata di gruppo cessò in un istante « Spaventeremo la preda… » seguì un minuto ancora di silenzio
« TROVATELA! E ricordate: se alleato, inchinatevi! Se nemico… massacratelo… Faremo vedere noi ai bastardi dell’Armonia di cosa siamo capaci! Noi, creature del Nulla! »
Versi e grida eccitate si sparsero per le valli.
Lei tremò, mentre sentiva passi di ruggine avvicinarsi e vedeva il pulviscolo sollevato da quei piedi rotolare intorno a lei.
Doveva fare qualcosa, qualcosa, in fretta. Restare lì non se ne parlava neanche.
Guardò ai suoi piedi.
Poteva sfruttare la ripida inclinazione della collina per un iniziale slancio e darsela a gambe.
Decise così e preparò le gambe.
Si fece coraggio. Poi si diede lo slancio in avanti saltando. S’aspettò di ricadere a terra dopo poco e invece continuò a sfrecciare in avanti di metri.
Santo cielo! Ma sto volando!
Lentamente prese a rallentare a scendere verso i piedi della collina. Cadde a terra come se l’avessero spinta. Si mise in ginocchio e rimase basita.
Ma cosa è successo? Io non mi sono data una spinta così forte… e poi… nessuno può saltare così lontano!
Una voce alle sue spalle la distrasse dai suoi pensieri:
« Eccola! Inseguitela! Veloci, stupidi! »
Si voltò verso la collina e vide con orrore una truppa intera di uomini trasparenti come il vetro e coperti da armature arrugginite correre giù per i ripidi e scoscesi fianchi rocciosi. Nelle loro mani vide armi di ogni tipo e forma. In cima, due di quegli esseri stavano a fissarla. Poi vide scendere anche loro. Fu allora che prese a correre.
E mentre scappava alla cieca, cercando con gli occhi un qualunque nascondiglio, cercò di ricordarsi come aveva fatto a saltare in quel modo. Ma in realtà non aveva fatto niente di particolare. Aveva semplicemente fatto un passo più lungo.
Guardò i suoi piedi muoversi veloci come dei razzi.
Tentò la sorte e balzò.
Vide il terreno sfrecciare sotto i suoi piedi che rimanevano sospesi sul vuoto. Quando notò che tornava ad atterrare, riprese a correre, incespicando non appena ritrovò la pietra sotto i suoi stivali. Non poté fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso.
Ma non appena si guardò alle sue spalle, quel suo senso di soddisfazione scomparve.
Si era aspettata di vedere quelle creature sparire all’orizzonte dopo quel balzo. E invece le vide saltare esattamente come aveva fatto lei, balzando con agilità su rocce e dandosi lo slancio con una corsa fatta solo di salti. Erano vicini, una decina di metri.
Sentì il cuore batterle a mille e salirle in gola dalla paura.
Intanto, qualcosa dentro le premeva, come un peso che lentamente le saliva lungo il corpo. Una sensazione di stritolamento. Una spira che saliva lungo le sue viscere, che premeva per arrivare al collo.
Corse più veloce, il fiato pesante. Saltò. Ancora, di nuovo. Prendeva la rincorsa, di nuovo quel balzo.
Presto s’accorse di aver quasi percorso una valle intera. E quelle bestie erano ancora dietro di lei, per niente affaticate. Erano un’onda di colori sbiaditi, cristallini, trasparenti e di ferro arrugginito che la seguiva a pochi metri di distanza.
Incontrò una gola tra le montagne e saltando il più in lungo possibile vi si infilò dentro.
Un’oscura penombra la accolse, creata dalle alte montagne che la circondavano. La percorse fino alla fine con il fianco sinistro tanto dolorante che aveva l’impressione che una lama la stesse trafiggendo in quel punto. L’aria quasi non arrivava ai polmoni. Le stava venendo l’asma.
Si fermò.
Scosse il capo mentre gli occhi le diventavano lucidi.
Un vicolo ceco.
Un’alta, piatta parete di roccia.
Si voltò e l’onda di creatura bloccò la sua unica via di fuga. Quelli che erano ancora in aria, atterrarono.
Nella massa si fecero avanti i due presunti capi della truppa.
Li guardò e con terrore vide che i loro occhi non avevano pupille né iridi. Erano bianchi. Vuoti. Non trasmettevano espressioni.
E anche il sorriso che uno dei due le rivolse era spento. E la sua voce fu per lei una spilla di dolore nel petto:
« Tienila ferma. »
All’improvviso sentì un rumore alle sue spalle e due mani trasparenti le afferrarono le braccia. Anche se non si era aspettata che uno di loro arrivasse così all’improvviso dietro di lei, non si diede per vinta e tentò di ribellarsi. Come risposta ricevette un calcio di ferro arrugginito dietro le ginocchia che la lasciò barcollante, appesa alla stretta di quelle mani.
Il capo di quelle creature le si avvicinò e lei tenne lo sguardo fissò a terra per non incontrare quegli orribili occhi vitrei. Nel petto sentiva quella sensazione di stritolamento stringersi. Era come se qualcosa volesse uscire dalla sua gola e premeva alla base di essa, sempre con più insistenza mentre la sua paura cresceva.
La creatura parlò da sopra la sua testa china:
« Troppo tenera e dolce per essere un guerriero della Discordia. » Sputò ai suoi piedi « Uccidetela. Saziatevi delle sue suppliche, solo guardarla mi viene la nausea… animale rosa e viscido… » 
Lei ruotò gli occhi verso di lui, guardandolo con odio mentre si voltava e tornava verso la sua truppa.
Te lo do io il viscido…
Quel nodo alla gola esplose ed ebbe l’impressione che qualcosa le stesse per uscire dalla bocca.
Dalla schiena sentì i muscoli tendersi, qualcosa cambiava e mentre muta ascoltava quella sensazione, la rabbia le oscurava la mente, rendendola quasi incosciente a ciò che le stava accadendo.
Le presa delle mani sulle sue braccia lentamente si indeboliva. Fino a quando lei non si sentì improvvisamente forte, strattonò con tutte le sue forze la creatura alle sue spalle, sbattendola contro il muro di roccia. Si voltò e allungò la mano contro di lei.
Artigli lunghi quanto pugnali ancorarono l’essere alla parete per il collo. Quello emise rantoli strozzati e invano cercò di liberarsi. Dopo pochi secondi lei si trovò a stringere la gola del mostro soffocato… ma… al posto della sua mano rosea e nuda… c’era…
O cavolo!
Allontanò all’istante la mano dal cadavere che cadde atterra come un burattino a cui tagliano i fili. La guardò e non volle credere ai suoi occhi.
Era una zampa coperta da spesse squame bianche-giallognole e lunghi artigli acuminati brillarono come il metallo.
Il capo delle creature si voltò e lei pure.
Incrociarono gli sguardi, entrambi spaventati per quel mutamento. Ma lei era sicura che negli occhi bianchi dell’essere, per quanto inespressivi essi fossero, c’era vero terrore. Furono quegli occhi a ingrossare quella sensazione che provava dentro. La paura crebbe con essa.
Sentì il corpo cambiare, vide le gambe mutare anche loro in zampe, il suo corpo venire coperto da spesse squame, sulle tempie sentì le ossa del cranio muoversi.
Con un urlo di terrore cadde a carponi davanti agli occhi inespressivi degli esseri spaventati e stupefatti.
Un dolore lanciante la prese alle spalle e anche le ossa della schiena e le vertebre la fecero gemere per la sofferenza che provava.
All’improvviso qualcosa esplose sul dorso.
Con la coda dell’occhio vide qualcosa muoversi. Voltò lo sguardo, spaventata.
E le vide. Grandi, spalancate, bianche.
Ali!
Squame di ogni dimensione che avevano la forma di piume bianche candide. si muovevano senza coordinazione, attaccate alle sue spalle come un altro paio di braccia.
Dolore. Provò un immenso dolore.
Urlò e alle sue orecchie giunse il suono di un ruggito.
Con gli occhi che lacrimavano vide le creature arretrare, atterrite e terrorizzate che la guardavano.
Guardò le sue mani poggiate sul terreno per sostenere il corpo tremante… o meglio guardò le zampe artigliate. Si sentiva terribilmente cambiata. Sentiva che quel corpo non apparteneva a lei. Non sapeva nemmeno cosa era diventata.
Il capo degli esseri si riprese e puntò la sua arma contro di lei, urlando con la sua voce distorta:
« Eliminatela finché è debole! »
L’onda di creature si riversò addosso a lei con un urlo di battaglia.
La rabbia e la paura montarono in lei come un torrente in piena.
Alzò gli occhi verso di loro, lo sguardo demoniaco e mostruoso, lo sapeva che lo stava trasmettendo e sapeva anche che lo stava facendo apposta.
Si alzò sulle quattro zampe e aspettò l’impatto dell’onda.
Richiuse le ali intorno al corpo.
Sentì i corpi degli esseri accalcarsi come formiche sopra di esse, cercando di trafiggere con le armi le spesse squame. Quando il peso raggiunse il limite di sopportazione, con ogni suo briciolo di forza, dispiegò violentemente le ali con un sonoro sciocco delle squame che sbattevano l’una contro l’altra. Le creature furono scaraventate via con immane potenza, sbattendo contro le pareti rocciose e rotolando a terra. Ma come se niente fosse, si rialzarono indenni e partirono di nuovo alla carica.
Li vide avanzare e allora mise in atto artigli, zanne, ali e, con sua enorme sorpresa, una coda munita di spunzoni trafisse diversi degli assalitori. Con un colpo di testa scoprì sul capo delle corna e la spinosa, spessa e resistente pelle coriacea che le contornava il muso.
Erano troppi, numerosi come le formiche di un formicaio, invincibili, nessuna ferita li fermava. Le salivano sul corpo come zecche, aumentando il peso sulle sue spalle.
Era stremata, combatté ancora. Le armi presero a rompere le squame a squarciare la pelle rosea sotto di esse, combatté con ancora più rabbia. Sentiva il sangue correrle per il corpo, lottò per la vita. Con quel corpo che imparava a conoscere solo massacrando, con quella paura venire convertita in rabbia, con quella furia indomabile che sentiva premerle nel petto e animarla.
Eppure, quando sentì le forze venire improvvisamente a meno, tutto crollò ai suoi piedi. La tempesta che fino a quel momento la teneva in piedi cessò.
Con un ruggito di frustrazione, cadde a terra, sfinita.
La voce distorta del capo fece allontanare all’istante gli altri esseri che si erano già preparati a massacrarla con le armi:
« FERMI! IDIOTI SENZA CERVELLO! »
Lo vide avanzare trionfante verso di lei, in mano vide che teneva un’arma di grandezza spropositata. Era una punta in metallo attraversata da linee scure, rompendola in pezzi che, probabilmente potevano essere staccati.
Lo guardò troneggiare su di lei e con un ringhio sperò di spaventarlo. Ma da dietro l’elmo munito di lunghe corna, sempre che ci fosse qualcosa dietro,  venne solo una risata agghiacciante:
« Il signore della Disperazione apprezzerà di certo una nuova, stupida, pedina viva. I Manikins, finalmente, mostreranno all’Onnipotente Oscuro che le creature del Nulla valgono molto di più che semplici, deboli, mortali! »
Vide la sua immagine sdoppiarsi e sfocare. La testa doleva.
Le sue palpebre calarono sugli occhi, facendola sprofondare nel buio mentre la voce della creatura sussurrava come un eco lontano:
« Odiosi, stupidi, draghi… »
Draghi… draghi?
Un lampo le attraversò la mente.
Fu allora che capì.
Ricordò.
Ginevra von Darnus…

 

Salve a tutti!
Ansia? Sì, ne avevo anch'io mentre scrivevo, come se non sapessi come sarebbe andata a finire. E invece lo so benissimo. Finalmente adesso sapete il nome della tipa di cui avete seguito la vicenda per due capitoli. Mi piace tenere le persone sulle spine fino a quando non ci sclerano. e molto spsso lo faccio più nelle storie che nella vita reale... ma enso sia un ottimo espediente per interessare le persone. Alcuni si arrendono e mollano il colpo. Spero che con questa storia non valga lo stesso.
Che fine avrà fatto Ginevra? Cosa ci nasconde questa sua trasformazione? Perchè diavolo, tu, scrittrice dei miei stiavali, aggiungi draghi dove cavolo ti capita quando in Dissidia praticamente non ce ne sono? (Risposta: Aspettate e vedrete) Lo scopriremo insieme nel prossimo capitolo.
P.S. per coloro che conocono Dissidia: capito chi è il Manikin a capo della truppa? Si capisce abbastanza chiaramente? 
 
   
 
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