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Autore: Fireslot    26/05/2015    2 recensioni
[http://it.wikipedia.org/wiki/Bang!_%28gioco_di_carte%29]
Seguito della Prima Stagione: Willy indaga ancora sul losco Lucky Duke, dopo essere stato coinvolto in travagliate peripezie a suon di pallottole! Riuscirà a scoprire qualcosa? Il suo viaggio sarà un buco nell'acqua? E chi è il misterioso cecchino in nero? Carlson gli da ancora la caccia? Dove sono tutti gli altri personaggi, tra buoni e cattivi?
Ogni carta verrà scoperta in "Bang! - L'avventura di Willy the Kid"
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4: Scopri le carte, Black Jack
 
Sulle rive dell’Austin Lake oscillava lievemente un enorme battello ormeggiato a riva, il Great Western* Casinò. L’imbarcazione era così ampia che ospitava la più grande sala da gioco della città: anfiteatri verdi e pullulanti di incalliti scommettitori portavano in scena dadi truccati, carte francesi e roulette, tutto sotto una lieve cappa di fumo passivo che opacizzava la luce delle lampade a olio.
Nella tumultuante folla che incrinava le assi del ponte, Willy scrutava ogni ospite alla ricerca della sua preda: una vera sequoia ambulante dalle foglie nere come la pece, un individuo con una tale stazza da non passare di certo inosservato.
Le sue iridi scure caddero su una tonda tavolata di poker all’italiana; dei cinque uomini seduti, uno si alzò imprecando considerevolmente e il vincitore trascinò verso di sé le fiches del piatto.  Proprio quest’ultimo era Black Jack^.
Kid si fece strada sgomitando per occupare quel posto vacante. Non appena giunse in prossimità del tavolo, posò il palmo della mano sopra il panno verde ed esclamò: «Vorrei poter raccontare in giro che Black Jack ha giocato con me*»
La falda nera di un cappello sgualcito si sollevò per rivelare un volto carnoso, abbronzato e irto di pelo incolto: in quel bosco di barba due umettate bilie grigie e un largo sorriso sdentato si aprirono per accogliere la luce.
«Accomodati, straniero!» esclamò con tripudio l’omaccione, «In cinque si gioca sempre meglio.»
Willy sfilò dal taschino del panciotto un mazzo da cinquemila dollari e li mutò in fiches colorate. Sistemò il suo gruzzolo e si sedette di fronte alla sua preda, che sorrideva ignara di tutto.
«Sei prudente, ragazzo.» lo stuzzicò Black Jack.
«I soldi non crescono sugli alberi.» Tagliò corto Willy.
«Dalle nostre parti, oltre ai soldi, nel piatto mettiamo anche il nome.»
«Gli amici mi chiamano Willy. Piatto piange?»
Lanciando un’occhiataccia al baro, Kid fece capire che il suo nomignolo sarebbe dovuto bastare per dare il via alla sua prima mano di poker. Jack impugnò il mazzo con le mani voluminose e iniziò a far danzare le carte tra le dita, il che costrinse Willy a stare all’erta: mescolare le carte in quel modo poteva nascondere qualche imbroglio. Il suo dubbio si dileguò quando il mazziere porse la pila di carte alla sua sinistra per farla dividere in due. Con la medesima abilità di croupier, Jack divise le carte tra i giocatori e diede inizio alla partita. All’apertura di duecento dollari, che tutti videro, il gigante propose una posta due volte più alta, che per la sua montagna era un’inezia. Un avversario abbandonò il gioco, gli altri accettarono la sfida. Willy scambiò due carte per portare il suo tris di fanti al full, ma non ebbe fortuna. Jack si dichiarò servito, posando le sue carte a faccia in giù sul tavolo. Incerto sul da farsi, il primo uomo bussò, Kid lo seguì e il quarto depositò il suo punteggio in segno di resa. Come previsto dal copione di un uomo che annuncia un buon punteggio in partenza, Black posò mille dollari al centro del tavolo.
Restarono in due quando l’ultimo dei tre si arrese; Willy posò altri cinquecento dollari e l’omaccione lo provocò rialzando di altrettanti. Con una cifra pari a decenni di duro lavoro giacenti sul panno verde, Kid si offrì di scoprire il suo misero punteggio.
«Giochi male, straniero: il bluff non ti è riuscito granché.» lo canzonò l’avversario, mostrando fiero la sua famigerata scala reale di quadri.
«No, gioco per vincere, Black Jack, come in questo caso. Perché, dalle nostre parti, chi bara perde e tu hai barato!» rispose Willy con una sfumatura di sadismo nella voce.
«Tu hai le traveggole, ragazzo!» ridacchiò Jack, pressato dagli sguardi sospettosi del casinò.
«Le carte che stai mostrando erano nella tua manica destra dall’inizio della partita. Il tuo punteggio reale è nel fondo del mazzo.»
«Balle, ti arrampichi sugli specchi perché non sai ammettere la sconfitta!»
Al ruggito dell’omaccione, Kid estrasse la sua Dragoon^ con rapidità fulminante, costringendolo a sollevare le mani: lo scatto del movimento fece guizzare dalla manica destra un braccio metallico dotato di una pinza all’estremità, adatta a reggere le carte. Tutti rimasero imbambolati ad ammirare il luccichio dell’aggeggio a molla, mentre Kid rinfoderò la Colt con disinvoltura.
Ebbe appena il tempo di alzarsi e allontanarsi dal tavolo: tutti i giocatori seduti si lanciarono sul collo del baro, fermamente intenzionati a stritolarlo. L’enorme mole di Jack si eresse, trascinando con sé i fastidiosi avversari appesi alle sue spalle come addobbi di Natale su un albero di muscoli.
Willy, seduto sullo schienale di una sedia, sebbene trovasse la scenetta esilarante, iniziò a preoccuparsi: il suo trucco aveva attecchito ma l’indiziato stava per rimetterci la pelle.
In alcuni secondi, dieci uomini erano già addosso al corpulento imbroglione, che sventolava manate e rovesciava avversari come fuscelli, incassando, però, altrettante batoste. Erano in troppi contro uno solo e, per quanto la sequoia dimenasse i suoi rami, presto o tardi sarebbe stato sopraffatto.
Così Kid decise di passare alla seconda fase del piano attentamente premeditato, chiamando Jack ad alta voce: «Ti serve una mano, Black?»
«No!» abbaiò l’omaccione, schiantando due teste tra di loro.
«Posso tirarti fuori da lì, in cambio dovrai solo rispondere ad un paio di domande.»
«Appena esco da questo inferno, ti cambio i connotati!» rispose incassando un cazzotto.
«Dubito che ci riuscirai: sei solo contro dieci. Quando non ce la farai più, sarai appeso come un salame. Ultima offerta: se ti salvo, tu parli.»
«Va bene, carogna! Tirami fuori da qui!» esalò disperato, quando in quattro lo bloccarono per esporlo a un feroce pestaggio.
Willy discese dall’alto del suo trespolo e si avvicinò al branco di aggressori. Quel che avvenne dopo lasciò il pubblico sconcertato: se il bruto Jack e i tanti avversari sferravano pugni a casaccio, i movimenti e i colpi di Kid erano le mosse di un guerriero. Non si batteva con foga, ma osservava, calcolava e poi reagiva: rispetto al baro era esile ma, non appena qualcuno capitava tra le sue mani, in qualche secondo era a terra tramortito.
Willy schivava, afferrava e colpiva, con una sequenza sinuosa e precisa di pugni, calci e prese. In pochi minuti, dei dieci uomini che si erano avventati su Jack rimasero solo quell’esigua squadra intenta a bloccare il nerboruto baro. Gli altri sei erano crollati come bambole di pezza lasciate in disordine, chi su un tavolo, chi per terra.
I quattro superstiti della rissa decisero di dedicarsi al letale cacciatore, estraendo dagli stivali il loro coltello Bowie*. Si avvicinarono cautamente all’intruso ma non riuscivano a nascondere il terrore nei loro occhi: le iridi scure di Kid li squadravano iniettate di sangue.
«Avete appena commesso un errore madornale.» li minacciò atone, piegandosi sull’ultimo avversario messo al tappeto e rubandogli il coltello dallo stivale, «Il primo che si avvicina con quegli stuzzicadenti, lo sminuzzo in fette fini e lo essicco per farne pemmican*.»
Alla sua sinistra un uomo si avventò con il coltello dall’alto, ma Kid ne arrestò il braccio incrociando il polso e, con precisione letale, infilò il coltello nell’incavo dei pantaloni, senza recidere né la pelle né gli abiti. Rigirò la lama e tirò a sé il Bowie, stracciando la fitta cucitura dell’indumento dell’avversario, che si ritrovò in mutande.
Intento a ricoprire le proprie nudità, non prestò attenzione a Willy, intento a strappargli l’arma di mano e assestargli un calcio in faccia.
Con due lame alla mano e un uomo disteso e svestito, ammonì il trio rimasto per l’ultima volta: «Non sarò più così clemente! Se vi avvicinerete di un altro passo, mi procuro uno scalpo con le vostre teste vuote. E, come avete visto, so essere molto preciso.»
Ignorando l’avvertimento, in due provarono a sopraffarlo, ma Willy si abbassò sulle ginocchia per evitare i fendenti e infilzò i loro stivali con un movimento simultaneo dei coltelli.
Tra le urla di dolore, ebbe tutto il tempo di rialzarsi, rubare loro le armi e inchiodare le maniche delle loro giacche al tavolo più vicino.
Rimasto un solo farabutto con la lama in mano, Kid lo attese con una sinistra espressione assassina stampata in faccia, che atterrì l’avversario a tal punto da convincerlo a posare il coltello al suolo e alzare le mani in segno di resa. Raccolto il Bowie, il cacciatore guardò l’omaccione che aveva salvato e gli fece cenno di seguirlo verso l’uscita. Il suo orecchio felino captò il tremolio del tamburo di un revolver alle sue spalle: anticipò l’ultimo assalitore, già con la mano alla fondina, lanciando il coltellaccio, che roteò nell’aria fino a piantarsi su uno stipite e infilzare il cappello del vigliacco. Quando finalmente intese di non avere altra alternativa alla resa, l’ultimo sconfitto lasciò il casinò a gambe levate.
«Però!» esclamò Jack, «Ci sai fare con i coltelli.»
«Ho imparato dai migliori. Leviamo le tende, ci sono troppe orecchie qui.»
Presa distanza dallo specchio d’acqua, Willy trovò un’insenatura nella roccia, nella quale sarebbe stato impossibile essere colpiti dai proiettili del misterioso sicario in nero.
«Dunque, straniero,» principiò il salvato, «cosa vorresti sapere da me? Non sono che un umile baro che vive alla giornata, baciato dalla dea bendata.»
«Viste come si sono svolte le cose là dentro, è evidente che la fortuna ha girato le sue labbra in un’altra direzione. Anzi, c’è chi gironzola con l’epiteto “Fortunato” nel nome, convinto di essere il prediletto della dea.»
Black Jack raddrizzò la schiena, senza che un muscolo del suo volto da esperto giocatore di poker facesse una piega. Mascherando al meglio il suo stupore, domandò: «Come fai a sapere di me e Duke?»
«Beh, non bisogna essere illuminati per scoprirlo.» spiegò Willy, stentando a credere di doversi servire delle stesse parole di Sid, «Sei stato bandito da Amarillo e ricercato in ogni stato in cui il governatore è stato beccato a barare. Due più due fa quattro.»
«Ti faccio i complimenti, Willy, sai davvero il fatto tuo.» si complimentò Jack, persuaso a vuotare il sacco, «Quel gran figlio di buona donna ed io avevamo un piano molto semplice: durante le partite lui mi accusava di barare e scatenava risse nei saloon. Io picchiavo tutti i contendenti e lo intimavo a ridarmi i soldi, così fregavamo ogni denaro dai tavoli da gioco e lo spartivamo equamente. Col passare del tempo, questo trucco non ci fece incassare granché: per guadagnare verdoni, occorre rimettercene altrettanti.»
«Insomma, investivate i soldi rubati per giocare a tavoli con poste più alte.»
Jack alzò le spalle: «Esatto, però era un investimento senza ritorno certo, i guadagni non si rivelarono fruttuosi. Tuttavia, alla fine dell’anno scorso, Duke si presentò con somme molto più alte di quelle incassate; all’inizio non feci domande, perché con tanto denaro a disposizione potevamo sederci in sale da gioco dove si scommettevano intere proprietà. Ma mi resi conto che la sua parte andava via via aumentando rispetto alla mia, perciò gli chiesi con quale diavolo avesse stretto un patto. Immagina la mia sorpresa quando mi confidò che intascava un sacco di soldi con il mercato degli schiavi.»
Willy dovette resistere alla tentazione di scoppiare. Dopo mesi d’interminabili cavalcate e battaglie all’ultimo sangue, non solo aveva finalmente scoperto chi fosse a capo della rete dell’illegale vendita di schiavi, ma si era liberato dell’opprimente dubbio sul sinistro governatore. Però non era ancora soddisfatto, così invitò Jack a continuare.
«Sarò franco, Willy: le sanzioni del governo degli Stati Uniti sono pesanti. Non volevo collaborare con Duke: ormai il commercio di schiavi è illegale e ti appendono per il collo se ti beccano. In più il rischio è elevato, perché tutti i neri e i pellirosse che baratti possono essere testimoni affidabili in un processo. Sebbene da quel versante macinasse grana come fosse frumento, io continuai ad averci a che fare solo per fregare qualche ricco giocatore. Iniziarono i problemi quando ci bandirono da alcune città, perché si stavano diffondendo voci secondo le quali io e lui fossimo in combutta. Fu allora che avemmo grosse gatte da pelare: lui fu processato ma, con tutti i soldi che aveva a disposizione, corruppe chiunque ficcasse il naso in quell’affare. Non solo, per guadagnare affidabilità si mise in testa di vincere le elezioni come governatore.»
«Fammi indovinare: fece moltissime opere di bene per assicurarsi l’appoggio del popolo e della giuria?»
«Proprio così. Il processo terminò dopo tre mesi, nei quali la popolarità di Duke in Texas salì alle stelle. Qualche mese dopo aveva ormai vinto le elezioni e così Lucky usò il suo potere per sbarazzarsi di me, l’unico a conoscere tutti i suoi scheletri nell’armadio osso per osso.»
«Quando dici sbarazzarsi di te, ti riferisci alle taglie nei sette stati e al divieto di accesso alle sale da gioco di Amarillo?»
«Diamine, se sai tutta la storia, io a che ti servo?»
«A darmi conferme, Jack. Ora ho tutto quel che mi serve per sbattere l’amato governatore dietro robuste sbarre di ferro.»
«Ma cosa blateri? Quali sarebbero queste prove schiaccianti? La testimonianza di un reietto come me? Ti occorre molto di più.»
«Hai ragione, seguirò il tuo consiglio: risalirò al luogo del traffico di schiavi e guadagnerò testimoni per il processo.»
«Questo sarà un colpo basso. Permettimi di consigliarti dove assestarlo.»
«In cambio di cosa?»
«Mettere dietro le sbarre quella carogna sarà una ricompensa più che sufficiente, imparerà cosa significa fregare Black Jack.»
«Bene, allora, dove dovrei assestarlo?»
«Per quanto interpreti la parte del monarca ad Amarillo, il cuore della sua attività è molto più a nord. Devi dirigerti in Kansas, lassù troverai il suo impero coloniale. Non chiedermi in quale città, non credo che un commercio così ampio si possa fare in una semplice cittadella.»
«C’è nient’altro che dovrei sapere?»
«Se davvero ci fosse te l’avrei detto, purtroppo non so altro.»
Kid salutò il baro con la promessa di accompagnare il suo vecchio socio in affari al cospetto di Belzebù per scegliere in che girone d’inferno sbatterlo. E ci sarebbe riuscito, anche se fosse stato costretto a divenire giudice, giuria e boia.
 
*Note
  • Il Great Western fu uno dei due battelli a vapore che affrontarono la traversata dell’Oceano Atlantico nel 1838. Furono in due: il Sirius e, appunto, il Great Western. Vinse il primo, arrivando a destinazione dopo aver dovuto bruciare i mobili delle cabine per poter mantenere in funzione la caldaia.
  • Citazione dal film “Continuavano a chiamarlo Trinità”.
  • Il coltello Bowie è l’arma da taglio di riserva che ogni buon cowboy doveva avere con sé. Il suo nome deriva dall’ideatore Jim Bowie, che si salvò da un’aggressione armata proprio con questo coltello. Lungo quasi dodici pollici, è acuminato in cima e taglia solo da un lato; oggi si realizza con l’altro lato seghettato. Indovinate chi realizzò il primo modello del Bowie knife? l’armaiolo James Black… coincidenze?
  • Il Pemmican è la saporita carne essiccata che si mangia in America, la stringa di carne. Nacque durante la conquista del West poiché era una fetta di carne di bufalo essiccata e, perciò, conservabile per lungo tempo.
 
^Rimandi alla prima stagione
  1. Per conoscere meglio Black Jack leggete il “Capitolo 14: due birre e una sfida”
  2. Willy recupera la Colt Dragoon nel “Capitolo 8: un’altra birra, Sid Ketchum”
 
Penso che questa dea bendata guardi tutti meno che me: il mio computer è andato in panne quindi ho perso tutti i capitoli successivi a questo! (Yeah!). E anche questo capitolo è gentilmente offerto dalla mia pazienza di volerlo riscrivere (Yeah!).
Ma non struggiamoci nel dolore! Ora Kid ha finalmente messo punto alla sua estenuante indagine che per tutta la prima stagione lo ha torturato. Il cattivo è Lucky Duke (come se non si fosse capito, noooooo)! Per scontate ragioni, da qui in poi aspettatevi azione a palate.
Ditemi se la scena della scazzottata e dei coltelli vi è piaciuta, ci tengo molto alle scene di sangue, botte, lotta e sparatorie.
Non ho letto granché in queste settimane, perciò vi consiglio un autore tra la mia rosa dei preferiti: il suo nickname è DeadlyPain , ottimo per tutti coloro che adorano le storie truculente, piene di dettagli anatomici macabri e per chi prova un certo sadismo nel vedere i Pokémon maciullati (You’re a Monster!). Per quanto lugubre, ha uno stile di scrittura degno di nota, quindi andate e leggetene tutti.
 
 
Howdy! 
   
 
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