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Autore: ki_ra    27/05/2015    2 recensioni
Un amore magico che cresce e si moltiplica.
E a disposizione solo una vita
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Sabbia e polvere


La sera giunse serena e profumata, tra una manciata di stelle e le scintille dei ceppi accesi nelle pire.

Una musica lentissima e soffusa, quasi venisse da lontano, aveva fatto da controcanto al brontolio del mare, alle risa dei ragazzi, agli schiocchi del fuoco, relegando Jacob e Renesmee in una specie di bolla di sapone, sottile e permeabile, che li aveva separati dal mondo.

- Non ti spiace se te lo rubo un attimo, vero. – li interruppe Edward, poggiando delicatamente il palmo aperto sulla schiena nuda di Renesmee e riportando entrambi alla realtà.

- Che sia davvero solo un attimo! – gli raccomandò, lasciando un sorriso furbo negli occhi di Jacob, - Non ho più a disposizione l’eternità … io! – aggiunse, sciogliendo la stretta nella quale si era rintanata negli ultimi minuti.

- Sono felice per voi. – cominciò il vampiro, mentre l’uno di fianco all’altro, camminavano sulla battigia.

- Davvero? Onestamente, faccio fatica a crederlo. – ribatté il mezzo lupo.

- Mi stai dando del bugiardo, Jacob? – ironizzò, un sopracciglio alzato e i piedi fermi nella sabbia bagnata.

Jacob fece un sorriso storto: bugiardo non era esattamente l’epiteto che avrebbe voluto riservargli. Ma quando sul viso del vampiro comparve una smorfia di disappunto per i suoi pensieri, il mezzo lupo aggiustò il tiro.

- Semplicemente, non credo che sia così semplice accettare di sopravvivere al proprio figlio e al figlio di suo figlio ... –

- Nessun genitore potrebbe. Ma i nostri figli non sono nostri*: non possiamo imporre le nostre idee, né decidere della loro vita come fosse nostra … -

- Tu l’hai fatto! – gli ricordò, nessun risentimento nella voce, solo l’eco del dolore che ancora sentiva al ricordo di quei mesi di separazione.

- Lo so e ti chiedo scusa, ma credevo di essere nel giusto allora. Credevo di dover proteggere Renesmee … - cercò di far comprendere le proprie ragioni e aggiunse: -
Quando anche tu sarai padre … -

- Ti sbagli, io non farò mai a mio figlio ciò che tu hai fatto a lei! – lo interruppe.

- Allora sarai un padre migliore di me. Motivo in più per essere felice! – gli sorrise storto, ma con una sincera limpidezza negli occhi d’ambra.

Anche Jacob sorrise contagiato, riprese a camminare e, quando gli fu di schiena, lo provocò: - Di’ la verità, Eddy: in fondo mi hai sempre voluto bene! –

- Non tirare troppo la corda, lupo. – replicò e, divenendo improvvisamente serio, aggiunse: - E ricorda: hai nelle mani il mio bene più grande, abbine sempre cura. –

- O mi verrai a cercare in capo al mondo. Lo so, lo so. – sembrò canzonarlo, mentre nella sua testa, tutti i suoi pensieri, puliti e dolcissimi, confidavano al vampiro l’amore grande, la dedizione assoluta, il desiderio inestinguibile di proteggere e custodire, come fossero sacri, corpo e anima di Renesmee.

- Fila da tua moglie adesso … - replicò, con il cuore riempito dalle promesse silenziose del lupo.



Lo squittio di un topo gli squarciò i timpani assuefatti al silenzio, i respiri ansanti e affannosi che gli opprimevano il petto si adeguarono a un gocciolio continuo, come di un rubinetto che perde. Gli occhi erano gonfi e tumefatti e si aprivano in piccole fessure che cercavano uno spiraglio di luce per orientarsi. Ma il buio era assoluto padrone di quella prigione, come della sua mente.

Qualunque cosa gli fosse successa, la forza del lupo avrebbe dovuto già soccorrerlo, invece i sensi, i muscoli, le ossa e persino il cervello facevano fatica a divincolarsi dalla morsa di dolore che lo teneva a terra. La gola era invasa da sangue raggrumato, così fece schioccare la lingua sotto il palato arso per la sete, lisciò i denti alla ricerca di una ferita e si accorse che il labbro inferiore era tagliato in due.

Non aveva provato mai tanto dolore.

La mente si perse nella nebbia del delirio, come i malati in preda alla febbre, fino a che il ricordo formicolante delle labbra di Renesmee lo riportò ai loro ultimi baci.


- Puoi aprire gli occhi adesso, signora Black! – le sussurrò all’orecchio, mentre Renesmee teneva il viso nascosto nell’incavo del suo collo.

Le aveva chiesto di non guardare, mentre la portava in braccio dalla spiaggia in un posto per lei ancora segreto.

Avevano percorso, per diversi minuti, il sentiero che saliva alla riserva, in mezzo alle felci e nel profumo del muschio del sottobosco che divideva la scogliera dalla spianata dove sorgevano le case dei Quileutes.

Non era ancora totalmente umana, dunque l’olfatto acuto della sua metà vampira, aveva potuto crogiolarsi negli odori della sera, dal salmastro del mare, che andava via, via assottigliandosi, alle sfumature profumate delle piante notturne, ma soprattutto dell’odore denso della pelle di Jacob.  

Quando giunsero a destinazione, la fece scivolare lungo il proprio corpo, fino a che i piedi ancora nudi non toccarono terra.

Renesmee aprì gli occhi, sbattendo le ciglia lunghe e nere e si guardò intorno. Un vialetto di terra battuta giungeva, come un serpentello d'acqua, fino ai quattro gradini che conducevano al piccolo portico di una casa di pietra e legno. Un dondolo, di ferro battuto e impreziosito da cuscini dalle mille righe verdi e bianchi, cigolava in un angolo e piccoli vasi di piantine profumate pendevano dai travetti del tetto. Ai lati della porta d'ingresso, due ampie finestre spiccavano tra la calce bianca che legava il legno.

Renesmee pestò un gradino alla volta, appoggiandosi alla balaustra e godendo dell'allegro scricchiolio sotto il suo seppur esile peso.

- Ferma, ferma! - la richiamò Jacob, raggiungendola prima che potesse aprire la porta. - Le cose a casa Black si fanno per bene! - ammiccò, sollevandola di nuovo e abbassando la maniglia.

La stanza era in penombra, mille candele di svariate forme e dimensioni  la illuminavano a tratti tremolanti, lasciando intuire solo vagamente gli arredi e la grandezza.

Un camino divorava un fuoco allegro e scoppiettante e davanti ad esso un grande tappeto coloratissimo spiccava sul pavimento di legno sbiancato.

- Era di mia madre … - le rivelò, mentre le lasciava esplorare la stanza, - Ci ha vissuto fino a che non ha sposato Billy … - aggiunse, seguendone i movimenti curiosi. – Ci abbiamo lavorato io e i ragazzi. –

- Quindi, se il tetto dovesse venir giù, so con chi prendermela! – ammiccò.

Jacob sorrise mordendosi il labbro inferiore, un po’ in ansia per il giudizio di Renesmee che tardava ad arrivare.

- L’arredamento non è farina del mio sacco, però. – sollevò le mani con i palmi aperti in un gesto teatrale fingendo di giustificarsi.

- Riconosco la mano di Esmee, infatti! Non ci resta che controllare la stanza da letto ... sai, tanto per essere sicuri che sia tutto al proprio posto! - disse con un sorriso malizioso, mentre camminando all'indietro si avvicinava alla porta della camera.

Jacob la guardò, reclinando il capo; gli occhi divennero ancora più profondi, come l'oceano sotto un cielo cinerino; il desiderio di consumarsi sulla pelle e sulle labbra di lei, gli passò sul volto, come un'ombra, gli incendiò la bocca e bruciò le mani, fino alle punte delle dita, come le fiamme che si arrotolano intorno al legno.

- Non mi importa di cosa ci sia in quella stanza ... - sussurrò con la voce lenta, come il veleno che si espande, - Tutto quello che voglio è già sotto le mie dita! - aggiunse sfiorandole con l'indice lo zigomo, poi la linea del collo sottile, la clavicola, fino a fermarsi sullo sterno.

In quel punto, dove la pelle sembrava un velo, il cuore di Renesmee pulsava sempre più veloce, tanto che l'uomo ne percepì i battiti sotto il palmo della mano.

Fu per il lupo come il richiamo delle sirene per i marinai. Fu attrazione gravitazionale, il precipizio per una cascata.

Le labbra di lui si riversarono su quelle di Renesmee, tirandosi dietro il peso di tutto il resto del corpo; le mani la cinsero, gli occhi si chiusero e la mente si perse nel cuore.

 

Eccomi!
Con enorme difficoltà e ritardo, sono riuscita a pubblicare.
Se vi è piaciuto il capitolo, recensite, recensite, recensite!
Un bacio!
*La frase: "i nostri figli non sono nostri" è l'adattamento di un verso di una famosa e bellissima poesia di Gibran.
  
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