Ciao a tutte!
Ragazze, dopodomani si torna a scuola e questo ha rovinato
irrimediabilmente il mio umore… e non credo solo il
mio…
Capirete quindi che vi scrivo con il cuore in gola…
Dato che però per un po’ dovrei riuscire a stare
al passo.
Devo dirvi che per una serie di fraintendimenti, in realtà
questo non è l’ultimo capitolo… non ne
mancano molti, ma questo non è l’ultimo…
Per rimediare alla depressione pre-scuola, mi sono data ai
saldi. Io di solito odio lo shopping ma con i saldi…
Pagando le cose la metà, sono tornata a casa con sacchetti
pieni di lingerie… ho svaligiato tutti i negozi tezenis,
golden point, yamamay,
etam… e ho trovato delle cose bellissime che solitamente
sono inavvicinabili. C’era
una camicetta da notte di yamamay che volevo dal giorno del mio
compleanno ma
nessuno me l’aveva presa. Fortuna che c’era la mia
taglia!!!
Questo ha contribuito a migliorare il mio umore XD
Questo però ha comportato che trascorressi tutto il tempo
fuori casa e (come al solito) mi sono messa a scrivere ad orari
assurdi. Prometto
che per il prossimo capito mi ci impegnerò al massimo.
Spero che questo vi piaccia e che vi incuriosisca.
Ora scappo a cominciare l’altro e poi a fare
latino…
Un bacio a tutte, ci vediamo giovedì o venerdì con due personaggi che
era un po’ che si facevano desiderare!!!
Erika (che NON vuole tornare a
scuola!!! Sigh sob)
PS: scusate ma non sono riuscita a rileggere il cap. spero non sia proprio illeggibile... scusate...
Bella’s POV
Delle centinaia che avevamo scattato quei giorni e che
avevamo messo sul PC, doveva scegliere quella che le piaceva di
più. Volevamo
farne l’ingrandimento e appenderlo vicino alla foto enorme di
lei appena nata
che faceva bella mostra di sé in sala.
Rosalie, che insieme ad Alice aveva scattato la
maggior parte delle foto, l’aiutava consigliandola. Alla
fine, l’avrebbe scelta
mia sorella facendo credere a Liz il contrario.
Cercando di non farmi notare da loro, tentai di
sgattaiolare in cucina.
La risata cristallina di mia figlia ruppe il silenzio facendomi
sobbalzare ed immaginai che stesse ridendo dopo aver visto qualche foto
divertente…
In quel momento però, la voce di Rose mi fece
trasalire…
< Bella, se Edward ti trova in piedi si arrabbia.
Hai l’obbligo assoluto di restare a letto. Lo sai
quant’è ansioso… E puoi
mangiare solo le cose che ti ha detto Carlisle, quindi è
inutile che tu vada in
cucina. Non troverai niente. Hanno fatto sparire tutto... >
Sconfitta, smisi di cercare di fare piano e tornai
indietro, affacciandomi allo studio.
< Rose, per favore… sono quasi due settimane che mi
state obbligando a restare in camera. Diventerò
claustrofobia! >
A quelle parole mia sorella si voltò e, sempre tenendo
Liz sulle ginocchia, mi squadrò da capo a piedi.
Mordendosi il labbro, cercò sul mio volto i segni del
cedimento. Temeva di vedermi nello stesso stato in cui ero al momento
del mio
ritorno da Volterra.
< Beh, senti, io non voglio far arrabbiare Edward
ma se proprio insisti… vuoi che ti prepari qualcosa? >
< No, non preoccuparti, un the sono capace anche io
di farmelo. > le risposi più acidamente di quanto non
avrei voluto. In
fondo, Rose non c’entrava niente…
Non era colpa sua se mi ero ammalata.
E nemmeno se,per questo, Edward era
diventato persino
più ansioso del solito.
Mi aveva costretta a restare a
letto per otto giorni.
Effettivamente, stanca per il parto ed oltre tutto con
la febbre, non che ne avessi avuto una gran voglia…
Contro ogni mia aspettativa e desiderio però, per una
settimana avevamo dovuto dare ai bambini il latte artificiale.
Carlisle non si fidava a dargli il mio. Avevo avuto 38
e mezzo di febbre per quattro giorni e io stessa non volevo rischiare
di
trasmettere loro qualche malattia.
Vedere però Rose spostare la culla in camera di Esme e
Carlsile era stato un dolore. Li avevo tenuti con me per neanche un
giorno e
già me li portavano via…
Persino Liz, per una settimana, non
aveva potuto stare
con me.
Certo, la salute dei bambini andava preservata, ma
impedirmi di vederli mi aveva fatto leggermente alterare. Edward, non
appena la
febbre mi fu scesa, ed io fui in grado
di “ragionare” si era dovuto sorbire una
mia sfuriata culminata in un bel pianto. Da vero gentelman mi aveva
lasciato
gridare, sfogare e alla fine mi aveva stretto tra le braccia
consolandomi.
Arrabbiarsi con lui era orribile. Quel suo
comportamento così comprensivo mi faceva sentire in colpa.
Fortuna che da cinque giorni era finito il periodo di
“quarantena”,come lo avevo chiamato io.
Carlisle, dopo avermi visitato, aveva assicurato
Edward che ero perfettamente guarita e che, comunque, quello che avevo
avuto
non era infettivo. Avevo potuto riabbracciare Liz e prendere in braccio
i
gemellini.
Appena la piccolina fu tra le mie
braccia si rifugiò
nel calore del mio seno sfregando la testolina contro la mia pelle. Lo
stesso
aveva fatto il fratellino. Le loro manine si erano strette intorno alla
mia
vestaglia ed io, seduta sulla sedia a dondolo, ero rimasta a lungo
incantata,
costretta a guardarli da qualcosa, un sentimento molto strano, quasi
totalizzante, che mi nasceva da dentro il cuore.
Con mia somma gioia avevo
constatato inoltre che i
gemelli preferivano il mio seno al latte artificiale. Avevo letto che
di
solito, una volta cominciato con il latte in polvere, era difficile
tornare a
quello della madre ma fortunatamente così non era stato.
Appena li appoggiai alla pelle nuda del petto, cercarono
il mio seno e vi si avvinghiarono con una forza impressionante.
Le loro gengiva mi facevano male ma non lo avrei mai
detto ad Edward, che mi osservava rapito, per paura che decidesse di
passare ai
biberon, sebbene riempiti con il mio latte…
A me piaceva quel contatto fisico con i miei figli.
Proprio come era stato con Liz, me li faceva sentire
vicini, in qualche modo, solo miei…
Era un sentimento egoista, ma non potevo ignorarlo.
Sapere che loro dipendessero da me, che loro
cercassero me, mi faceva sentire completa.
Il senso di vuoto che provavo da quando li avevo
partoriti si attenuava, dandomi un senso di pace e
tranquillità.
Fuori dal mio ventre, non potevo proteggerli come
avrei voluto.
Ecco, pensare ai miei due piccoli mocciosi (così li
chiamava affettuosamente Emmett) mi fece sentire triste. Appena fosse
stato
pronto il the, sarei salita in camera di Esme a controllarli.
Speravo che sarebbero tornati in camera mia presto.
Ero stufa di intrufolarmi nella vita privata dei miei
suoceri…
Mentre mettevo a scaldare
l’acqua entrò in cucina Esme
che mi rivolse un sorriso smagliante.
< Allora, cara, dopodomani riportiamo le tue cose
al piano di sopra, nella vostra camera. >
Sorrisi e poi decisi di chiederle direttamente quello
che volevo.
< Esme, vero che i bambini li metterete in camera
mia? >
< Certo… la cameretta è già
pronta ma le culle sono
già affianco al vostro letto matrimoniale. Non preoccuparti,
tesoro. Avranno bisogno
della culla calda,secondo Alice e Carlisle, almeno per
un’altra settimana. Ci
stanno ancora larghi. Dopo sposteremo anche quella in camera vostra.
>
Sorrise ed io feci altrettanto.
Era strano pensare che adesso, io, mio marito e i miei
tre figli, occupavamo tutto un corridoio. O meglio, occupavamo tutta la
parte
finale del corridoio del piano superiore. Camera mia, un bagno, camera
di Liz,
camera dei gemellini e inoltre, una camera vuota che, una volta
cresciuti i due
piccoli, sarebbe andata ad uno di loro. In pratica, tutta la parte
destra del
corridoio del secondo piano...
In quei giorni in cui ero rimasta in
camera, Edward mi aveva fatto una proposta molto allettante.
Tenendo lo sguardo fisso sulle mie
mani che teneva fra
le sue in un gesto motlo intimo e dolce, mi aveva chiesto:
< Bella, che ne diresti se
tu, io e i bambini
andassimo a stare in una casetta tutta nostra?
Non lontano da quella degli altri… pensavamo che, tra
qualche anno dovremo trasferirci di nuovo.
Potremmo comprare una casa grande con vicino una un
po’ più piccola, per noi.
Esme ne avrebbe già individuata una.
Ha già preparato i piani del restauro…
Naturalmente,
ci sarà abbastanza spazio per tutti noi. E il posto
è molto carino. Ovviamente,
è isolato ed immerso nel verde. Casa nostra disterebbe circa
cento metri da
quella principale. Era quella del giardiniere della villa. Spero che
non ti
dispiaccia. È molto graziosa, a due piani. Non è
enorme… Esme ha comunque
progettato di ampliarla, ma se vuoi, possiamo aggiungere qualche
stanza. Per
ora c’è spazio per una cucina abitabile piuttosto
ampia, un piccolo studio e un
soggiorno al pian terreno e quattro camere a quello superiore. Ah,
naturalmente, un bagno per piano. Se Esme allarga un pochino, dovrebbe
starci
la vasca idromassaggio. E se no, al massimo, per quella andremo nel
bagno di
Alice… Le stanze non saranno giganti, ma ci dovremmo stare
abbastanza
comodamente. Dovrei riuscire anche ad infilare il mio pianoforte nel
soggiorno.
Rinunceremo alla poltrona… >
Poi titubante aveva alzato lo
sguardo verso di me e
aveva sorriso speranzoso.
In quel momento gli ero
praticamente saltata addosso,
buttandogli le braccia al collo.
< Ti piace come idea? > mi aveva domandato
cauto, carezzandomi i capelli.
< Sì! Sì! Mi piace tantissimo! >
gli avevo
sussurrato in preda ad una gioia profonda.
Avremmo avuto un posto… nostro, nostro per davvero.
Che non avremmo dovuto condividere con nessun altro. E tutto questo,
senza
rinunciare alla nostra famiglia che sarebbe restata poco lontano da noi.
In effetti, non credo che Edward si sarebbe
arrischiato ad allontanarsi troppo.
Il suo clan di vampiri era forte, ma solo se unito…
Era bello pensare che saremmo stati
una famiglia
normale, almeno per quanto permettessero le circostanze…
Una mamma, un papà, i nostri bambini…
Prima di concepire Liz, non mi
rendevo conto di quanto
volessi tutto questo.
Anzi, non è che volessi propriamente creare questo
tipo di famiglia. il cardine su cui tutto si basa e girava intorno era
il
crearla con Edward…
Esme mi passò una tazza ed io feci attenzione a non
rovesciarmi l’acqua bollente addosso.
A tavola, mia suocera facendo un sorriso colpevole e
dispiaciuto, mi passò dei biscotti integrali con le vitamine.
< Esme, fanno schifo. > mi lagnai dopo averne
addentato uno.
< Dai, non fare così. Prima guarisci, prima potrai
tornare a mangiare cibo normale. >
Poi squillò il cellulare nuovo di zecca che Edward mi
aveva regalato. Diceva che era un regalo di anniversario anticipato. Ad
agosto
sarebbero stati quattro anni da quando ci eravamo sposati.
Velocemente lo tirai fuori dalla
tasca del pigiama e
risposi: < Pronto? >
< Pronto amore, come va?
>
A sentire quella voce angelica mi sciolsi. < Bene…
e la caccia, com’è andata? >
< Mh, normale… senti, dovremmo incontrare Jacob fra
poco. Saremo di ritorno questa sera… >
< Vi aspetto… >
< No. Vai a dormire. Riposati. Noi arriveremo piuttosto
tardi. >
< Edward, adesso sto bene. E non voglio che Jake
arrivi e mi trovi a dormire. >
< Jacob capirà. Gli conviene. > Sentii
Carlisle
sghignazzare ed arrossii. Lui ed Edward erano partiti per andare a
caccia e poi
per incontrare Jacob che da due settimane stressava Edward per poter
venire a
trovarmi.
Alice e Jasper invece erano andati incontro ad Alec.
Mia sorella aveva previsto che si sarebbero incontrati a Vancouver
proprio in
questi giorni, ma non sapeva la data precisa. Per questo si era
allontanata da
casa tre giorni prima. Non voleva rischiare di arrivare tardi. Era
necessario
che quegli incontri avvenissero senza che lui venisse a cercare
noi… sarebbe
stato rischioso.
A casa con me e i bambini erano
rimasti Emmett, Rose
ed Esme.
Sospirai e dissi: < Edward,
torna presto. Mi
manchi. >
< Anche tu… sapevo che avrei dovuto mandare solo
Carlisle… >
< Non dire sciocchezze. Sai che non vai a caccia da
prima che partorissi? Sono quasi tre settimane dall’ultima
volta. >
Non rispose. Cambiò
direttamente argomento.
< Liz che sta facendo?
>
< Sta scegliendo le foto. Sai, per
l’ingrandimento…
>
< Mh… dì a Rose che a me piace quella in
cui
Elizabeth è sul letto e tiene a destra Alec e a sinistra
Mel. Secondo me,
quella sarebbe perfetta. >
< Edward, ce ne saranno una trentina di loro sul
letto… >
Ridacchiò e poi aggiunse: < quella in cui ci sei
anche tu. L’abbiamo scattata ieri
l’altro… >
< Edward, avevamo detto: Solo i bambini. > lo ripresi.
Sospirò borbottando qualcosa sul fatto che secondo lui
quella era una regola che avevo imposto io e poi mi disse: <
Dille di
scegliere quella in cui sono in giardino. Liz è sdraiata
nell’erba e su una
copertina affianco a lei ci sono i due gemelli. È molto
carina. >
< Edward… dovrebbe sceglierla Liz. >
< Tanto lo sai, alla fine la sceglierà
Rose… >
< spero che non sia un vizio di famiglia… >
gli
dissi sarcastica poi aggiunsi: < Ti amo. >
< Anche io. Non preoccuparti, torno presto… quando
ti sveglierai, domani mattina, sarò già
lì da te. >
< Ti aspetto. > e poi ci salutammo. Vidi Emmett
che passava per la sala fare a Rose il gesto di vomitare. Si
chinò versò Liz e
le disse all’orecchio, abbastanza forte perchè io
sentissi: < Che smanciosi.
> risero tutti e tre e poi Liz si fece prendere in braccio da
suo zio.
< Dove andate? > chiesi sospettosa notando il
fare cospiratorio.
< In piscina. Ovvio. > mi rispose Emmett
innocentemente.
< Mhm, vediamo di non rompere nessun osso oggi. Va
bene? >
< Sarò attentissimo. > promise solennemente
prima di porgere la mano a Rose. In pratica sapevo già come
sarebbe finita…
Emmett e Rose avrebbero fatto i cretini e pomiciato tutto il tempo
nella
piscina. E come scusa per usarla usavano Liz.
Rose la adorava. La trattava come se fosse figlia sua.
La figlia che non avrebbe mai potuto avere…
Quel pensiero mi mise tristezza e Rose lo notò. Mi
venne vicina e mi accarezzò la guancia.
< Perché non vieni anche tu? Magari non fare il
bagno… prendi un po’ di sole, una volta che
c’è… >
Mh… l’idea di vedere il corpo da urlo di Rose in
bikini e di confrontarlo con il mio che, già di suo non era
di certo
paragonabile ma che oltretutto era reduce da una gravidanza gemellare
mi fece
desistere dall’accettare.
< No, grazie… preferisco restare in casa. Non
vorrei prendere freddo e ammalarmi di nuovo. Mi raccomando, bada te a
Liz. >
Mi sorrise radiosa e annuì, prima di prendere la
bambina dalle braccia di suo marito e sparire al piano di sopra. Quando
tornarono,pochi minuti dopo, lei indossava un costumino minuscolo che
metteva
in risalto il suo corpo perfetto. Liz era troppo tenera con il suo
semplice
costumino colorato.
Entrambe erano avvolte in un ampio asciugamano.
Liz ebbe un brivido e
sussurrò: < Scei fredda! >
Rose rimase interdetta per alcuni
istanti poi il suo
volto si aprì in un sorriso radioso e le sfiorò
il naso con la punta del dito.
Emmett le raggiunse sfogiando dei boxer
lunghi fin sopra il ginocchio e color marrone chiaro… Un bel
corpo effettivamente...
Notevole…
Feci mente locale ricordandomi che: Uno, ero sposata
con Edward; Due, Edward era suo fratello; tre, Emmett era come se fosse
mio
fratello; quattro, Rose mi avrebbe squartata viva.
Nonostante tutto, devo ammettere
che era proprio un
bel ragazzo…
certo, Edward era meglio... e sopratutto, era mio...
Trascorsi il resto della giornata
in modo molto poco
interessante.
Telefonai a mia madre e poi mangiai leggero, prima di
telefonare a Charlie.
Il pomeriggio mi misi a studiare. Ah, naturalmente
ogni tre ore e mezza i gemelli reclamavano il mio seno con pianti che
avrebbero
distrutto i timpani.
Fortuna che Esme era una donna paziente… mi aiutava
con i pannolini e con i bagnetti.
Dato che la sera erano inquieti, la trascorsi in sala,
con loro tra le braccia. dovevo cullari in continuazione... Ogni volta
che li mettevo nella culla ricominciavano a
piangere, anche se si stavano per addormentare. Come se non bastasse
Liz era
particolarmente malinconica. Mi restava attaccata in maniera quasi
snervante…
Al momento di metterla a letto non
c’era stato verso.
Voleva restare sveglia fino a tardi ad aspettare il rientro del padre.
< No, Liz, ti prego. Fa la brava bambina… lo sai
che il papà non vuole. >
< Ma papà no c’è. >
< Lo so… ma per favore, va a dormire. >
< No… mammi! >
< Dai, non fare i capricci… >
Lei aveva abbassato lo sguardo e cominciato a
singhiozzare. Grossi lacrimosi le scendevano lungo le gote arrossate.
< Mammi, alloa posscio domire con te? Pe favore!!!
Mammi!!! >
Dopo vari tentativi fui costretta a cedere.
< Va bene, dormi dove vuoi, basta che lo fai
subito. > Lei si era messa a saltellare e mi aveva dato un bacio
sulla
guancia prima di scappare in camera sua a prendere il suo pigiama e il
suo
pupazzo.
Pochi minuti dopo essere riuscita ad addormentarla telefonò
Alice… Ero in sala con il libro in mano e la sentivo parlare
con Esme. Emmett e Rose, facendo finta di giocare a
carte, ascoltavano proprio come me che fingevo di studiare…
< Va bene cara…
Domani? >
< Sì Esme. Ci siamo incontrati due ore fa. Ho
già
avvisato Edward. >
< Ma ci sarà anche Jacob… >
< Lo so… ma andrà tutto bene. >
< E come fai a dirlo? Non riesci a vedere i
licantropi… >
< Infatti. È per questo che ne ho parlato prima ad
Alec, che pur di rivedere Bella ne affronterebbe un branco di
licantropi, e poi
con Edward. Lui dice che Jake è d’accordo. In
fondo, deve essere riconoscente
ad Alec… >
< Ma sarà sicuro? >
< Sì. Si sono parlati e hanno messo in chiaro le
loro “posizioni”. Nessuno attaccherà
nessuno. >
< Allora vi aspettiamo. >
< Va bene. A domani. >
Quando mise giù la cornetta sia io che Rose che Emmett
eravamo con le orecchie tese ed era palese che non stessimo facendo
quello che
fingevamo.
Il mio libro era aperto sulle
ginocchia, troppo
lontano perché riuscissi a leggere. Le carte di Rose ed
Emmett erano sparse sul
tavolo.
< Beh, la buona educazione vorrebbe che non si
origliasse, ma per lo meno non dovrò ripetervi quello che mi
ah detto Alice.
> Disse Esme dolce. Io fui l’unica ad arrossire ma
Rose si morse il labbro.
Lo faceva sempre quando era in imbarazzo.
Stanca, sbadigliai ed Esme mi disse: < Bella, forse
sarebbe meglio se andassi a dormire… >
< Sì, forse è meglio. Sono stravolta. stare dietro a due gemellini è davvero
pesante... senza il vostro aiuto non saprei proprio come fare. >
dissi
riconoscente e salutai tutti prima di infilarmi sotto le
coperte
spostando Liz verso il lato di Edward. Aveva il brutto vizio di
occupare tutto
il letto nonostante fosse piccola. Si metteva di traverso…
Era così tenera. I capelli
le ricadevano morbidi sulle spalle e il contrasto tra il rosso e il
bianco
delle federe era delicato ed impressionante. Sorrideva tranquilla. Mi
sedetti
vicino a lei, accarezzandole il capo e sistemandole una ciocca ribelle
dietro l’orecchio.
In quel momento strinse i pugni e mugugnò qualcosa. Capii
solo: < Mammi…
papà… > poi si accoccolò su se
stessa. La presi tra le braccia facendo
attenzione a non svegliarla e mi sistemai meglio le coperte, dopo
averla
stretta a me per sentire il calore del suo piccolo corpo.
Non appena chiusi però gli occhi uno dei bambini
cominciò a piangere. Nel tempo di un battito di ciglia,
anche l’altro diede
aria ai polmoni.
Sbuffai e spostai Liz. Possibile che appena mi mettevo
a letto quelli cominciavano a piangere? Eppure, li avevo allattati
prima. Erano
sempre affamati…
Le urla si facevano sempre
più forti e più vicine
Svogliatamente mi alzai ed aprii la
porta della mia
camera. Esme teneva in braccio Alec e lo cullava dolcemente mentre Rose
coccolava Mel.
< Credo che abbia fame… > sussurrò
Rose
indicando la bambina.
Sussurrai sorridente: < Beh, posso dirle di no?
>
< Mhm, a giudicare da quanto stanno piangendo,
direi di no… > ridacchio Rose avvicinandosi. Presi la
bimba dalle sue
braccia e andai ad accovacciarmi sul divano. Prima allattai lei e poi
presi il
piccolo dalle mani di Esme. Quando finalmente mi lasciarono in pace il
seno, li
riportai in camera di Esme e li adagiai nella culla. Non feci neanche
lo sforzo
di tornare in camera mia. Diedi un’occhiata al copriletto di
seta verde sul
matrimoniale dei miei suoceri, diedi un’occhiata alla porta
chiusa e senza
realmente essere cosciente mi lasciai cadere sul letto morbido. Rotolai
fino al
centro dove mi rannicchiai su me stessa.
Pochi minuti dopo sentii delle mani
gelide
accarezzarmi e mettermi qualcosa di morbido sulla schiena. Socchiusi
appena gli
occhi quel tanto che bastava per vedere Esme uscire dalla sua camera.
Dopo quell’immagine,
nella mia mente c’era solo il
ricordo vago di un sonno lungo e tormentato.
Ad un certo punto,
nell’incoscienza della notte e del
sogno, sentii delle labbra gelate lambirmi la pelle e delle mani
delicate
accarezzarmi le spalle… poco dopo, perso
nell’incongruenza del sonno, una
risata calda e profonda che risvegliava in me ricordi di tempi passati,
felici
ed amari al contempo.
Jacob...
quanto mi era mancato il mio migliore amico...